Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. I.R. ricorre per cassazione avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Reggio Calabria in data 27-7-12, che ha rigettato l’appello proposto avverso l’ordinanza con cui il Gip del Tribunale della stessa città ha respinto l’istanza di declaratoria di inefficacia della misura cautelare per intervenuta decorrenza del termine di fase. Il Gip rappresentava che, con ordinanza del 24.12.2009, il Gip del Tribunale di Catania aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione al delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 e art. 80, comma 2.
Con sentenza pronunciata all’udienza del 16-12-10, il Gup del Tribunale di Catania dichiarava la propria incompetenza per territorio, ordinando la trasmissione degli atti alla Procura di Reggio Calabria. Con successiva ordinanza del 12-1-11, il Gip di Reggio Calabria revocava la misura coercitiva, sul presupposto che era ormai decorso il termine di 20 giorni previsto dall’art. 27 c.p.p., senza che fosse stata data esecuzione al provvedimento di trasmissione degli atti. A seguito di nuova istanza avanzata il 21.12.2011 dal PM di Reggio Calabria, il Gip, in data 2-1-12, emetteva una nuova ordinanza custodiale.
2. Il ricorrente deduce, con unico, articolato motivo, erronea interpretazione degli artt. 303 e 297 c.p.p. e vizio di motivazione.
La nuova misura cautelare è stata infatti applicata oltre il termine di 20 giorni, contrariamente a quanto dispone l’art. 27 c.p.p..
L’inosservanza di tale temine comporta l’applicazione della disciplina della contestazione a catena, ex art. 297 c.p.p., comma 3.
Infatti il provvedimento di custodia cautelare disposto dal giudice che si dichiari incompetente viene, a tutti gli effetti, sostituito dall’ordinanza purchè essa venga pronunciata nei termini di legge dal giudice competente: solo in tal caso i termini di custodia cautelare decorrono ex novo dall’emissione di quest’ultima.
E’ pertanto censurabile l’affermazione del giudice a quo, secondo cui, in caso di trasmissione degli atti al giudice competente, i termini di custodia cautelare decorrono nuovamente dall’applicazione della misura disposta da quest’ultima autorità. Qualora infatti la nuova misura venga disposta oltre il termine di 20 giorni, il nuovo provvedimento non sostituisce quello precedente, con la conseguenza che i termini decorrono dalla data di applicazione della precedente misura, a norma dell’art. 297 c.p.p., comma 3. Ne deriva la necessità giuridica di disporre la liberazione dell’indagato allorchè, partendo da quest’ultima data, risultino decorsi i temini custodiali, a pena di violazione dell’art. 3 Cost. e art. 13 Cost., comma 5. Nel caso di specie, infatti, l’ordinanza non è intervenuta nell’arco dei 20 giorni e la fase non è regredita, nell’ottica delineata dall’art. 303 c.p.p., comma 2, poichè la mancata emissione del decreto che dispone il giudizio impedisce il passaggio alla fase successiva del procedimento e dunque non può esser condivisa la tesi propugnata dal giudice a quo poichè la declaratoria di incompetenza è avvenuta prima dell’emissione del decreto disponente il giudizio.
Inoltre la trasmissione è avvenuta all’ufficio del PM competente e non ad altro giudice. In ogni caso, dalla circostanza che l’art. 303 c.p.p., richiami soltanto gli artt 23, 24 e 604 c.p.p. deriva l’impossibilità giuridica di applicare il disposto di cui all’art. 303 c.p.p., alle ipotesi di cui all’art. 27 c.p.p.. Ragion per cui, considerato che gli indagati sono stati arrestati il 19-1-10 e rimessi in libertà il 12-1-11, per decorrenza dei termini ex art. 27 c.p.p., e che la nuova misura è stata applicata il 21-12-11, devono ritenersi decorsi i termini di custodia cautelare, che, nel caso di specie, sono pari ad un anno. Si chiede pertanto annullamento dell’ordinanza impugnata.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è fondato. Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che, nell’ipotesi prevista dall’art. 27 c.p.p., il provvedimento cautelare emesso dal giudice competente si caratterizzi per la completa autonomia rispetto al precedente ad effetti interinali, in quanto viene emesso da altro giudice, sulla base di un’autonoma valutazione delle condizioni legittimanti, ancorchè desunte dagli stessi fatti. Corollario dell’autonomia del nuovo provvedimento cautelare rispetto a quello emanato dal giudice incompetente è che i termini decorrono ex novo (Sez 1, 12-3-2004, n. 17931,Balzano, rv n. 228288) dall’emissione del nuovo titolo custodiale da parte del giudice competente ( Sez 1, 1-2-2012 n. 5896, rv n. 251866) o, secondo un diverso orientamento, dalla data di emissione del provvedimento che dispone la trasmissione degli atti al giudice competente (Sez 6, 23-5-2012 n. 22035, rv 252882), a norma dell’art. 303 c.p.p., comma 2. Anche la declaratoria di incompetenza adottata dal giudice in sede di udienza preliminare rientra nell’ambito di applicabilità di quest’ultima disposizione, ricorrendo comunque, in tale evenienza, un caso di rinvio ad altro giudice, sia pure tecnicamente realizzato per il tramite del p.m. (Cass 9-10-1992, Durante, rv n 193992; Sez 6, 26-3-09, n. 27975, rv 244414). D’altronde,il periodo di custodia cautelare subito dall’imputato fino al momento del rinvio o della regressione del procedimento non perde comunque rilevanza, dovendo essere computato ai fini della durata complessiva della misura cautelare, a norma dell’art. 303 c.p.p., comma 4 (Sez 6, 4-2-2003 n. 5368, Pajo Kuitim, rv. n. 223730).
4. Tutto ciò però presuppone che la nuova ordinanza de liberiate venga emessa nel termine stabilito dall’art. 27 c.p.p.. Quid iuris nel caso in cui invece il termine di 20 giorni, come è avvenuto nella fattispecie concreta in disamina, scada senza l’emissione di nuovo titolo custodiale ? Nulla quaestio in ordine alla possibilità di emanare nuovo provvedimento coercitivo. Si è infatti ritenuto, in giurisprudenza, che, nell’ipotesi di cessazione dell’efficacia della misura cautelare della custodia in carcere disposta dal giudice incompetente, per infruttuoso decorso del termine di venti giorni stabilito dall’art. 27 c.p.p., il giudice competente può legittimamente emettere una nuova misura sulla base degli stessi presupposti, di fatto e di diritto, del precedente provvedimento (Cass 29-11-1996, Rinzivillo, rv. n. 206640). L’inutile decorrenza del termine di cui all’art. 27 c.p.p. determina infatti soltanto l’inefficacia del provvedimento emesso dal giudice incompetente ma non esplica alcun effetto sulla validità della misura autonomamente applicata, con successivo intervento del giudice competente, nel rispetto della normativa prevista dagli artt. 273 e 274 c.p.p. (Cass. 9-11-2000, Munnia, rv n. 218167). Il problema concerne però il dies a quo della decorrenza dei termini di custodia cautelare.
Al riguardo, non può ritenersi applicabile l’art. 303 c.p.p., comma 2, che presuppone la continuità dello status custodiae. Questa norma, infatti, prefigurando un dispositivo processuale di scansione dei termini di custodia cautelare, nelle ipotesi di regressione del procedimento o di translatio iudicii da un giudice all’altro, non può che applicarsi a casi in cui la custodia cautelare sia ancora in corso e non a casi in cui essa sia cessata. Una volta terminata la sequenza cautelare, infatti, l’emissione di un nuovo titolo custodiale rientra nell’ambito di applicabilità dell’art. 297 c.p.p., comma 3, che, per l’appunto, prevede, tra le varie ipotesi di "contestazione a catena", l’emanazione di più ordinanze cautelari che dispongono la medesima misura, per uno stesso fatto, come è avvenuto nel caso in disamina. In materia cautelare non vige infatti il divieto del bis in idem sicchè è legittima la reiterazione di una misura anche per il medesimo fatto (Sez. 5, 28-11-95, n. 2815, rv. n. 203590). Ma, in quest’ultima ipotesi, l’applicazione dell’art. 297 c.p.p., comma 3 comporta l’attivarsi del meccanismo di retrodatazione previsto per le fattispecie di "contestazione a catena". Costituisce infatti ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, che, ove il fatto per il quale sia stata applicata una misura cautelare rimanga identico nei suoi elementi caratterizzanti, costituiti da condotta, evento e nesso di causalità, il termine iniziale rimanga ancorato al momento di esecuzione o notificazione del primo provvedimento (Sez 2, 12-3-1998 n.1823, CED Cass. n. 21107). In questa ipotesi, come in quella nella quale ad un unico fatto si ricolleghi una pluralità di reati in concorso formale o la realizzazione di un’ ipotesi di aberratio ictus o di aberratio delicti plurilesiva, non vi è alcun dubbio che, conformemente al tenore testuale dell’art. 297 c.p.p., comma 3, la retrodatazione operi automaticamente e che pertanto i termini di custodia cautelare decorrano dall’esecuzione o dalla notificazione della prima ordinanza custodiale, a prescindere da ogni valutazione circa i motivi della pluralità di contestazioni relative ad un unico accadimento storico.
Pertanto, la circostanza che, già al momento dell’emissione della prima ordinanza cautelare, fossero o meno enucleabili dagli atti gli elementi sulla base dei quali è stata emessa la seconda, è irrilevante (Sez. un. 22-3-2005 n. 21597, Rahulia, CED Cass. n. 231057). A tale conclusione, del resto, la giurisprudenza era pervenuta già precedentemente alla modifica dell’art. 297 c.p.p., comma 3 (cfr, ad esempio, Sez 1, 8-7-91 n. 3121, C.E.D. Cass. n. 188060).
5. Nel caso di specie, ciò comporta l’inefficacia della misura cautelare, considerato che il dies a quo decorre dalla data di esecuzione della prima ordinanza cautelare. Il provvedimento impugnato va dunque annullato senza rinvio, con conseguente scarcerazione del ricorrente, se non detenuto per altra causa.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata e ordina l’immediata scarcerazione di I.R. se non detenuto per altra causa.
Così deciso in Roma, nella Udienza, il 10 dicembre 2012.
Depositato in Cancelleria il 18 marzo 2013
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