Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 23-01-2013) 06-06-2013, n. 24789 Esercizi pubblici

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1.1 Con sentenza del 26 marzo 2012, il Tribunale di Napoli – Sezione Distaccata di Ischia – dichiarava A.L., imputato dei reati di cui al R.D. 18 giugno 1931, artt. 110, 9 e 17 e artt. 88, 9 e 17 stesso D.P.R. – colpevole dei detti reati e lo condannava, ritenuta la continuazione e con le circostanze attenuanti generiche, alla pena di Euro 200,00, di ammenda.

1.2 Ricorre per l’annullamento della sentenza l’imputato A. L. a mezzo del proprio difensore fiduciario deducendo i vizi di inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e di mancanza e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla configurabilità del reato di installazione di apparecchiature per giochi all’interno di un pubblico locale, nonchè all’elemento soggettivo del reato ed alla attribuibilità della condotta – relativamente all’esercizio di scommesse senza la prescritta autorizzazione – all’imputato, piuttosto che al concessionario delegante.
Motivi della decisione

1. Il ricorso è manifestamente infondato. Va anzitutto precisato, in punto di fatto, che all’ A. sono state contestate due distinte condotte criminose la prima delle quali (capo A) della imputazione) "perchè, nella qualità di titolare della ditta individuale PIANETA SCOMMESSE, non esponeva, presso l’esercizio sito in (OMISSIS), la tabella vidimata dal Questore con l’indicazione dei giochi d’azzardo e di quelli proibiti" e la seconda (capo B) della imputazione) "perchè, nella qualità di titolare della ditta individuale PIANETA SCOMMESSE esercitava le scommesse presso il locale commerciale sito in (OMISSIS), in assenza della prescritta autorizzazione" fatti accertati l'(OMISSIS).

2. Il Tribunale nell’affermare – con riferimento alla prima delle due condotte contestate -la responsabilità dell’ A., ha fatto leva sulla concorde testimonianza dell’Ufficiale di P.G. che ebbe ad effettuare il sopralluogo constatando l’esistenza nel locale di pertinenza dell’imputato di apparecchiature per giochi (si trattava di slot-machine) prive della tabella riportante l’indicazione dei giochi proibiti e di tale A.S., responsabile del locale Ufficio per il Commercio che aveva ribadito il rilascio della autorizzazione (già richiesta) soltanto dopo l’accertamento di P.G..

La motivazione su cui si regge il giudizio di responsabilità è del tutto esente da vizi logici, appare completa ed oltretutto coerente con il dato normativo, posto che all’ A. è stata contestata la condotta di mancata esposizione della tabella indicante i giochi proibiti che costituisce reato a mente dell’art. 110 T.U.L.P.S..

3. Secondo la tesi del ricorrente la condotta de qua è stata erroneamente inquadrata dal Tribunale nell’art. 110 T.U.L.P.S., in relazione all’art. 17 dello stesso T.U.: in realtà il Tribunale ha inteso, correttamente, inquadrare la condotta contestata nell’ambito di una fattispecie penalmente rilevante ricollegabile all’art. 110 T.U.L.P.S., il quale al comma 1, testualmente recita: "In tutte le sale da biliardo o da gioco e negli altri esercizi, compresi i circoli privati, autorizzati alla pratica del gioco o all’installazione di apparecchi da gioco, è esposta in luogo visibile una tabella, predisposta ed approvata dal questore e vidimata dalle autorità competenti al rilascio della licenza, nella quale sono indicati, oltre ai giochi d’azzardo, anche quelli che lo stesso questore ritenga di vietare nel pubblico interesse, nonchè le prescrizioni ed i divieti specifici che ritenga di disporre. Nelle sale da biliardo deve essere, altresì, esposto in modo visibile il costo della singola partita ovvero quello orario".

4. Secondo il prevalente orientamento di questa Corte, la mancata esposizione della tabella con la indicazione dei giochi proibiti di cui all’art. 110 T.U.L.P.S., continua ad essere penalmente sanzionata in relazione al combinato disposto dell’art. 221, comma 2 del predetto T.U. e art. 195 del relativo regolamento. Più in particolare, l’art. 221 cit., per tutte le violazioni alle disposizioni del Regolamento di esecuzione del medesimo T.u.l.p.s.

prevede "salvo quanto previsto dall’art. 221 bis" la sanzione alternativa dell’arresto fino a due mesi o dell’ammenda fino ad 103;

a sua volta il R.D. 6 maggio 1940, n. 635, art. 195, comma 1, (Reg.

es. T.u.l.p.s.), prevede che "La tabella dei giuochi proibiti, prescritta dall’art. 110 della legge, deve essere tenuta esposta in luogo visibile nell’esercizio", (in termini, tra le più recenti, Cass. Sez. 3^ 14.6.2007 n. 33821, Angeletti, Rv. 237538; Cass. Sez. 3^ 26.1.2006 n. 16289, Angilletta, Rv. 234314).

4.1 Vero è che un indirizzo isolato di questa Corte ritiene che in relazione a quanto previsto dell’art. 110 T.U.L.P.S., comma 1, enunciante l’obbligo di esposizione della tabella dei giochi d’azzardo e proibiti, la mancata esposizione della tabella assume diretta rilevanza e deve ritenersi sanzionabile ai sensi dell’art. 17 della medesima Legge, disposizione che, salvo quanto previsto dal successivo art. 17 bis, punisce le violazioni alle disposizioni del testo unico che non ricevano pena o sanzione amministrativa o che non siano sanzionate dal Codice penale (Cass. Sez. 3^ 19.9.2008 n. 42719, P.G. in proc. Castaldi, Rv. 241615) 4.2 Ma, con riferimento ai motivi indicati nel ricorso in merito alla erronea applicazione della legge penale, il Tribunale ha fatto buon governo dei principi elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte, correttamente ritenendo condotta penalmente rilevante la mancata esposizione della tabella ed infliggendo, coerentemente, la pena (alternativa) dell’ammenda.

5. Con riferimento alla seconda delle due condotte contestate, altrettanto correttamente il Tribunale ha richiamato il testo dell’art. 88 del T.U.L.P.S., a tenore del quale la licenza per l’esercizio delle scommesse può essere concessa esclusivamente a soggetti concessionari o autorizzati da parte di ministeri o altri enti ai quali la legge riserva la facoltà di organizzare e gestire le scommesse, nonchè a soggetti incaricati dal concessionario o dal titolare di autorizzazione in forza della stessa concessione o autorizzazione. Da tanto consegue, come esattamente rilevato dal Tribunale, la necessità della licenza (oltre che per i concessionari) anche per i c.d. "affiliati" – come l’ A. – che hanno ottenuto dal concessionario l’incarico di gestire, come "punto periferico", la raccolta e la trasmissione delle giocate.

5.1 Si legge nella sentenza che in realtà le persone incaricate dal soggetto concessionario (tale T.M.) erano diverse dall’ A., sicchè non avendo questi alcuna autorizzazione, il Tribunale ne ha affermato la colpevolezza in quanto non inserito tra i soggetti espressamente incaricati dal concessionario di esercitare l’attività.

5.2 La giurisprudenza di questa Corte, cui questo Collegio ritiene di dover aderire, ha, sul punto, affermato che la licenza per l’esercizio di attività di scommesse prevista dall’art. 88 del T.U.L.P.S. è necessaria non solo per i soggetti che hanno ottenuto la concessione da parte della competenza autorità amministrativa, ma anche per coloro che hanno ricevuto dal concessionario l’incarico di gestire la raccolta e trasmissione delle giocate (Cass. Sez. 3^ 4.7.2006 n. 33949, P.M. in proc. Casuscelli, Rv. 235053).

5.3 Ai detti principi si è uniformato il Tribunale posto che, avendo individuato l’ A. come titolare e gestore della sala giochi, ha esattamente affermato che questi dovesse munirsi dell’autorizzazione non bastando all’uopo la inclusione tra gli "incaricati" di tale S.S. in quanto direttore – e non gestore – della sala suddetta.

6. Alla inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi atti ad escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma – ritenuta congrua ex art. 616 c.p.p., – di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00, in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 6 giugno 2013
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *