Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 30-01-2013) 10-04-2013, n. 16302

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/




Svolgimento del processo

1. Ricorre T.G. avverso l’ordinanza di archiviazione emessa ai sensi dell’art. 410 cod. proc. pen. dal Giudice delle indagini preliminari di Potenza in data 13-4-2012 nel procedimento contro M.P. + 5, previa convocazione della persona sottoposta ad indagini e del denunciante.

Il ricorrente lamenta l’erronea applicazione della legge penale e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato. Si duole, in particolare, del fatto che sia stata ritenuta tardiva la sua opposizione, stante l’ordinatorietà del termine previsto dall’art. 408 cod. proc. pen., e della valutazione effettuata, nel merito, dal Giudice delle indagini preliminari.

In data 24-1-2013 il T. ha fatto pervenire "memoria di replica" alle conclusioni del Procuratore generale della repubblica presso la Corte di Cassazione, con cui ribadisce le ragioni del ricorso, con la citazione di giurisprudenza di questa Corte, di giurisprudenza amministrativa, della Corte Costituzionale e della Corte di Giustizia.

Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile.

Il provvedimento impugnato è stato emesso a seguito della opposizione del ricorrente, all’esito della rituale instaurazione e celebrazione dell’udienza partecipata in camera di consiglio. Ciò posto, si rileva che il primo motivo è inammissibile per carenza di interesse, in quanto il Tribunale, pur rilevando che l’opposizione era stata proposta oltre il termine di cui all’art. 408 c.p.p., comma 3, ha tuttavia esaminato il merito della stessa e lo ha ritenuto inammissibile con motivazione non censurabile in questa sede.

Invero, la violazione del contraddittorio è l’unico vizio denunziabile con il ricorso avverso il provvedimento di archiviazione, vuoi preso de plano vuoi, a maggior ragione, emesso a seguito di camera di consiglio (S.U., sent. 24 del 1995, citata, e tra molte, Sez. 6, n. 436 del 05/12/2002, Mione; Sez. 1, n. 8842 del 07/02/2006, Laurino; Sez. 6, n. 3896 del 26/10/1995, Ronchetti; Sez. 6, n. 3018 del 20/09/1991, Di Salvo). Osta a una diversa lettura il principio di tassatività dei mezzi d’impugnazione e non v’è ragione costituzionalmente imposta di un ampliamento della piattaforma dei vizi denunziabili mediante ricorso. La natura, "interlocutoria e sommaria… finalizzata a un controllo di legalità sull’esercizio dell’azione penale e non a un accertamento sul merito dell’imputazione" (C. cost. ord. nn. 153 del 1999, 150 del 1998, 54 del 2003-sent. n. 319 del 1993), la ratio, esclusivamente servente il controllo di legalità è obbligatorietà dell’azione penale, che tradizionalmente si riconosce assistere lo ius ad loquendum e gli strumenti di tutela dell’offeso ("negli stretti limiti in cui corrisponda" a tale funzione di controllo: C. cost. ord. n. 95 del 1998) consentono d’affermare difatti che alla pretesa sostanziale dei denunziante/querelante offrono comunque adeguata garanzia: da un lato la possibilità di sollecitar, una riapertura delle indagini anche sulla scorta di indagini difensive; dall’altro l’intatta facoltà esercitare i propri diritti d’azione e difesa, ampiamente e senza preclusione alcuna, nella sede (civile) propria.

Non è possibile per tali ragioni denunziare la nullità del provvedimento di archiviazione per vizi di motivazione che non si risolvano in violazioni del contraddicono e neppure è possibile impugnare il provvedimento assertivamente affetto da errori di giudizio, in quanto basato su non condivisibili interazioni della legge sostanziale (cfr. Sez. 5, n. 5052 de. 21/10/1999, Andreucci;

Sez 6 n. 1416 del 22/03/2000).

Alla dichiarazione di inammissibilità consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende, che si reputa equo quantificare in Euro 1.000.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente ai pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 a favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 30 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 10 aprile 2013

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