Cass. civ. Sez. lavoro, Sent., 06-08-2012, n. 14150

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Svolgimento del processo
Con la sentenza impugnata la Corte d’appello di l’Aquila, in parziale riforma della statuizione di primo grado, dichiarava il diritto di R.A. nei confronti dell’XXX, di percepire la pensione di inabilità a decorrere dal 28 gennaio 1999. La Corte adita – premessa la ritualità della procura dell’appellante XXXe rilevato che il primo giudice aveva riconosciuto il diritto alla pensione dalla domanda, ossia dal 16 aprile 1997, ricavando la data da altra documentazione, giacchè il ricorrente non la aveva indicata – rilevava che per un breve periodo il R. aveva goduto della pensione erogatagli dalla Cassa Ragionieri, in quanto il Tribunale di Chieti l’aveva revocata proprio in considerazione della sua iscrizione all’XXX; che il R. non poteva godere della pensione XXXe della pensione della Cassa Ragionieri nel medesimo periodo, onde la pensione XXX doveva essere erogata dal 28 gennaio 1999, data della nuova domanda di iscrizione all’XXX.
Avverso detta sentenza il R. ricorre con sette motivi, illustrati da memoria.
Resiste l’XXX con controricorso.
Motivi della decisione
Vanno preliminarmente disattese le eccezioni di inammissibilità del ricorso spiegate dal controricorrente, dal momento che i fatti di causa sono stati ritualmente esposti; inoltre con la ulteriore eccezione non si precisa di quali documenti sia stata omessa la precisa indicazione. Parimenti infondate sono le eccezioni concernenti la irritualità di quesiti ex art. 366 bis cod. proc. civ., giacchè questi sono conformi al dettato di legge.
1. Con il primo motivo si denunzia violazione degli artt. 83, 182, 75 e 77 cod. proc. civ. perchè sarebbe nulla la procura dell’XXX nel giudizio d’appello, in quanto rilasciata con scrittura privata autenticata.
Il motivo è infondato giacchè il tenore letterale dell’art. 83 c.p.c. prevede che la procura venga rilasciata con scrittura privata autenticata.
2. Infondato è anche il secondo motivo con cui, denunziando violazione degli artt. 416 e 437 cod. proc. civ., si lamenta che sarebbero tardivi i fatti impeditivi, ossia la titolarità di altra pensione e la mancata cancellazione dall’albo dedotti solo in appello dall’XXX, che era rimasto contumace in primo grado.
La censura è infondata giacchè si tratta, non già di fatti impeditivi del diritto a pensione, ma di fatti costitutivi del diritto medesimo, la cui esistenza doveva essere verificata d’ufficio.
3. Con il terzo mezzo si censura la sentenza per avere ammesso il deposito i nuovi documenti in appello, ossia la delibera della Cassa Ragionieri di riconoscimento della pensione di inabilità e il provvedimento di cancellazione dall’albo da parte dell’XXX.
Anche questo motivo è infondato.
Quanto alla produzione di documenti in appello, è stato da ultimo affermato (Cass. n. 6498 del 22/03/2011) che "Nel rito del lavoro, in deroga al generale divieto di nuove prove in appello, è possibile l’ammissione di nuovi documenti, su richiesta di parte o anche d’ufficio, solo nel caso in cui essi abbiano una speciale efficacia dimostrativa e siano ritenuti dal giudice indispensabili ai fini della decisione della causa.".
Con detta sentenza, richiamando quella precedente delle Sezioni unite n. 8203/2005 cit., relativa al rito ordinario, si è affermato che per "indispensabilita" delle nuove prove ai fini della decisione della causa, rilevando che si intende fare riferimento a una loro "influenza causale più incisiva" rispetto alle prove in genere ammissibili in quanto "rilevanti", ovvero a "prove che, per il loro spessore contenutistico, sono idonee a fornire un contributo decisivo all’accertamento della verità materiale". Appare evidente che la nozione in esame si può attagliare innanzitutto e in via emblematica a quei documenti, idonei ad assumere valore di prova legale, quali gli atti pubblici e le scritture private suscettibili di riconoscimento, attestanti il fatto costitutivo del diritto azionato, o un fatto estintivo o impeditivo del medesimo … Appare anche importante rilevare che privilegiare la potenziale incontrovertibilità e decisività probatoria dei documenti aventi una speciale incidenza probatoria ai fini di un superamento delle preclusioni processuali è giustificato dal fatto che, da un lato, in ragione della loro assorbente decisività, la loro ammissione in linea di massima non comporta l’esigenza di una complessiva riapertura dell’istruttoria, e, dall’altro, che, se la decisione non tenesse conto dei medesimi documenti, sarebbe evidente e incontestabile, sempre in ragione della loro efficacia probatoria, il contrasto tra decisione e verità materiale (per il riferimento nella giurisprudenza delle sezioni semplici alla nozione di influenza causale più incisiva rispetto alle prove semplicemente rilevanti, cfr. Cass. n. 9120/2006, n. 12179/2008, n. 21980/2009; n. 14133/2006 con riferimento al rito del lavoro). Il discorso essenziale è dunque che la nuova produzione in appello può far superare le preclusioni che il codice di rito prevede per il giudizio di primo grado, solo se è dotata di un grado di decisività e certezza tale che da sola considerata, e quindi a prescindere dal suo collegamento con altri elementi e da altre indagini, conduca ad un esito "necessario" della controversia: la prova principe o la prova regina.
D’altra parte così prescrive il tenore letterale dell’art. 437 c.p.c., comma 2, che non è consentito al giudice di disattendere, il quale, nel vietare l’ammissione di nuovi mezzi di prova, li consente però nei casi in cui il collegio "anche d’ufficio" li ritenga indispensabili.
Sembra che anche i documenti prodotti in appello nel caso in esame siano dotati di tale "decisività" essendo da soli sufficienti, senza necessità di accertamenti ulteriori, a dimostrare che la pensione pretesa non compete prima della data indicata in sentenza, stante la mancata cancellazione dall’albo ed il godimento di pensione da parte della Cassa Ragionieri.
4. Con il quarto motivo, denunciando violazione degli artt. 437, 345,115 cod. proc. civ. e difetto di motivazione, si invoca la sentenza delle SU n. 28948/2005 secondo cui l’appellante è tenuto a fornire la dimostrazione delle singole censure, atteso che l’appello, non è più, nella configurazione datagli dal codice vigente, il mezzo per passare da uno all’altro esame della causa, ma una "revisio" fondata sulla denunzia di specifici "vizi" di ingiustizia o nullità della sentenza impugnata.
Il motivo è infondato, perchè con la produzione dei documenti, ritenuta ammissibile stante il rigetto della censura precedente, l’XXX ha dimostrato che la pensione richiesta non era dovuta per il periodo di mancata cancellazione dall’albo e di godimento di pensione a carico della Cassa Ragionieri, mentre la pensione XXX è stata correttamente ritenuta dovuta dal gennaio 1999, quando vi era stata nuova domanda di iscrizione all’albo dei Consulenti del Lavoro ed era venuta meno la pensione a carico della Cassa Ragionieri, conformemente peraltro a quanto lo stesso attuale ricorrente aveva chiesto in via subordinata.
5. Parimenti infondato è il quinto motivo, con cui si sostiene che si dovrebbe interpretare la L. n. 249 del 1991, art. 4, comma 3 nel senso che la titolarità della pensione sussisterebbe anche quando l’interessato è iscritto all’albo e l’iscrizione ne impedirebbe solo la materiale erogazione.
Infatti la disposizione che recita "La corresponsione della pensione di inabilità è subordinata alla cancellazione da albi professionali ed è revocata in caso di nuova iscrizione" è dei tutto chiara: la pensione non decorre finchè persiste l’iscrizione all’albo. Uno dei fatti costitutivi del diritto è quindi la cancellazione dall’albo.
D’altra parte non si comprende in cosa dovrebbe consistere e quale vantaggio avrebbe l’interessato dalla "titolarità" di una pensione di cui è inibita la erogazione.
6. Infondato è anche il sesto motivo, perchè la incompatibilità con altra pensione non deriva solo dalla disposizione dello statuto XXX (che non potrebbe derogare a legge) ma è la L. n. 249 del 1991, art. 7 che vieta l’erogazione della pensione nel caso in cui l’interessato goda di pensione a carico di altro istituto.
7. Il settimo motivo con cui si controverte sulla sentenza del Tribunale di Chieti che aveva revocato la pensione della Cassa Ragionieri, risulta irrilevante stante il rigetto delle censure precedenti.
Il ricorso va quindi rigettato. Nulla per le spese ex art 152 disp. att. cod. proc. civ. nel testo anteriore alle modifiche del 2003 che non sono applicabili ratione temporis.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.
Così deciso in Roma, il 24 maggio 2012.
Depositato in Cancelleria il 6 agosto 2012

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