Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
S.R., con atto di citazione del 1 settembre 1993, conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Cremona, la cognata R.F. e, premesso di essere erede insieme al fratello B. della madre C.M., chiedeva che venisse accertata la nullità, ai sensi dell’art. 782 cod. civ., della cessione di alcuni titoli di credito, operata dalla madre sul conto bancario della convenuta e che, pertanto, la convenuta fosse condannata alla restituzione nella misura della metà corrispondente alla quota ereditaria ad esso attore della somma di L. 150.000.000, nonchè, analoga pronuncia nel caso di accertamento, nel corso dell’istruttoria della trasmissione di ulteriori somme dalla madre alla sig.ra R.. Precisava l’attore che la madre nei 1992 aveva disposto l’accredito sul conto corrente aperto presso il credito commerciale di xxx intestato alla nuora R.F. del valore dei titoli di credito a suo nome scaduti. Assumeva che tale operazione integrava gli estremi di un mutuo, ovvero, di una donazione nulla per difetto di forma.
Si costituiva R.F. contestando la ricorrenza di un’ipotesi di mutuo o di donazione in quanto aveva ricevuto tali titoli in esecuzione di disposizione fiduciaria.
Il Tribunale di Cremona con sentenza n. 554 del 2002, ritenuto non provato il titolo di mutuo o di donazione sottostante il trasferimento delle somme di denaro, respingeva la domanda proposta dall’attore e compensava interamente le spese giudiziali tra le parti.
Con atto di citazione, notificato sia alla R.F. che alla Banca di credito cooperativo xxx, S.R., proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Cremona e avverso l’ordinanza camerale dello stesso Tribunale del 18 aprile 2002 con la quale era stato respinto il reclamo da lui proposto avverso il diniego di sequestro documentale, chiedendone la integrale riforma.
R.F. restava contumace, mentre la Banca di Credito Cooperativo xxx si costituiva rilevando la sua estraneità al giudizio.
La Corte di Appello di Brescia con sentenza n. 25 del 2006 dichiarava inammissibile la citazione della Banca di Credito Cooperativo xxx, respingeva l’appello e confermava integralmente la sentenza del Tribunale di Cremona. A sostegno di questa decisione, la Corte bresciana osservava: a) che la Banca di Credito Cooperativo xxx, non poteva essere parte nel giudizio di appello perchè non era mai stata parte nel giudizio di primo grado; b) che incombeva su S. l’onere di provare non solo il fatto oggettivo della cessione di titoli senza corrispettivo, ma anche l’animus donandi considerato che non ogni attribuzione patrimoniale gratuita integra una donazione ma solo quella fatta per spirito di liberalità. Tale prova non era stata raggiunta, mentre risultava l’esistenza di una pluralità di rapporti economici tra le parti astrattamente idonei a giustificare il trasferimento di somme di denaro al di fuori dell’ipotesi di donazione.
La cassazione della sentenza della Corte di Appello di Brescia è stata chiesta da S.R., con ricorso affidato ad un motivo. R.F. regolarmente intimata, in questa fase non ha svolto alcuna attività difensiva.
Motivi della decisione
1. Con l’unico motivo S.R., lamenta l’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 nonchè la violazione e falsa applicazione dell’art. 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Avrebbe errato la Corte bresciana, secondo il ricorrente, nell’aver ritenuto non provato la spirito di liberalità mentre sarebbe parsa plausibile la tesi circa l’intestazione fiduciaria che delle somme in questione la convenuta R.F. avrebbe fatto alla C.M., perchè avrebbe trascurato di considerare che, mentre esisteva piena e sicura prova dei trasferimenti di somme di denaro dalla C. alla R., nulla di ragionevolmente plausibile era emerso circa il negozio in virtù del quale quelle somme di denaro sarebbe fiduciariamente intestate alla C.. In verità, specifica il ricorrente, i Giudici del merito avrebbero fondato il loro convincimento sulle deposizioni rese dal marito e dalla madre della convenuta le quali affermavano che S.B. avrebbe investito somme di denaro (circa un centinaio di milioni) in titoli intestando il dossier alla madre (scilicet C.M.). Ora, ritenere provato, sempre secondo il ricorrente – "sulla mera scorta di tale risultanze istruttorie, l’assunto della R.F. circa la pretesa intestazione fiduciaria alla C. delle somme che da quest’ultima, invece, sono documentalmente risultate trasferite alla R., non può non apparire del tutto privo di logica giuridica onde inoppugnabilmente viziata in radice ex art. 116 c.p.c., comma 1 ne risulterebbe la conclusione cui è pervenuta la Corte del merito".
1.1. Il motivo è infondato e non può essere accolto, non solo perchè si risolve nella richiesta di una nuova e diversa valutazione delle risultanze istruttorie che non può essere proposta nel giudizio di cassazione, ma, soprattutto, perchè la sentenza impugnata indica sufficientemente le ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della decisione e comunque una razionale, articolata e convincente valutazione dei dati processuali acquisiti.
1.1.a). A bene vedere, nel caso in esame, l’istruttoria, in una sua considerazione unitaria evidenziava che S.B. "quando l’attività del maglificio R. andava molto bene (…) aveva investito somme di denaro (circa un centinaio di milioni) in titoli intestando il dossier alla madre che tra la R. e la C. e S.B. intercorrevano rapporti anche economici plurimi, che la C. convivente con il figlio e la nuora aiutava nel negozio (della R.) e si occupava anche dell’acquisto di capi di abbigliamento, la cui gestione economico – contabile del negozio, tuttavia, faceva capo a S.B.. Sicchè appare del tutto convincente ritenere – come ha chiarito la Corte bresciana che da un verso l’istruttoria non evidenziava alcun elemento a sostegno della tesi della dazione di denaro per spirito di liberalità e, al contrario, anche in via presuntiva indicava l’esistenza degli estremi di un negozio con pactum fiduciae tra C., S. e la R..
1.1.b). Come è opinione anche della dottrina dominante, il negozio fiduciario è il negozio con il quale un soggetto (il fiduciante) trasferisce ad un altro soggetto (il fiduciario) la titolarità di un diritto, il cui esercizio viene limitato da un accordo tra le parti (pactum fiduciae) per uno scopo che il fiduciario si impegna a realizzare, ritrasferendo poi il diritto allo stesso fiduciante o ad un terzo beneficiario. La fattispecie si sostanzia in un accordo tra due soggetti, con cui il primo trasferisce (o costituisce) in capo al secondo una situazione giuridica soggettiva (reale o personale) per il conseguimento di uno scopo pratico ulteriore, ed il fiduciario, per la realizzazione di tale risultato, assume l’obbligo di utilizzare nei tempi e nei modi convenuti la situazione soggettiva, in funzione strumentale, e di porre in essere un proprio comportamento coerente e congruo. Trattandosi di fattispecie non espressamente disciplinata dalla legge, e, in mancanza di una disposizione espressa in senso contrario, il factum fiduciae non può che essere affidato al principio generale della libertà della forma.
1.1.c). Ora, nel caso in esame l’attribuzione di somme di denaro dalla C. alla R. solo apparentemente era senza alcuna ragione giustificativa, perchè i rapporti tra le parti interessate – come è stato indicato dalla prova testimoniale – chiariva che quell’attribuzione, ragionevolmente, era effettuata in ragione e in forza di un obbligo che la C. aveva assunto con il fiduciante S.B. e non invece, per spirito di liberalità.
In definitiva, il ricorso va rigettato e il ricorrente, in ragione del principio di soccombenza ex art. 91 c.p.c., condannato ai pagamento delle spese del presente giudizio di cassazione che verranno liquidate con il dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese giudiziali che liquida in Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori come per legge.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 2^ Sezione civile della Corte Suprema di Cassazione, il 14 giugno 2012.
Depositato in Cancelleria il 27 agosto 2012
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