Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 17-05-2013) 23-10-2013, n. 43343

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/


Svolgimento del processo

Con sentenza in data 13.2.2012 la Corte di Appello di Milano confermava nei confronti di G.G. la sentenza emessa dal Tribunale di Milano, in data 21.6.2011, con la quale l’imputato era stato dichiarato responsabile dei reati di cui agli artt. 81 cpv., 594, 612, 582 e 583 c.p. (lesioni aggravate Realizzate colpendo a mani nude la persona offesa, diagnosticate dal presidio ospedaliero di (OMISSIS), in "lussazione di terzo grado acromion-claveare destra, frattura del calcagno, con prognosi di gg.30 e successiva inabilità con prognosi dal (OMISSIS)) con contestazione della aggravante della durata della malattia superiore ai 40 giorni, fatti commessi in data (OMISSIS).

Per tali reati l’imputato era stato condannato alla pena di mesi tre giorni 20 di reclusione,oltre al risarcimento del danno a favore della parte civile, C.G., e al pagamento di una provvisionale di Euro 5.000,00 – subordinando a tale adempimento il beneficio della sospensione condizionale.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore, deducendo:

1 – violazione di legge inerente al mancato riconoscimento dell’esimente della legittima difesa, ex art. 52 c.p..

A riguardo richiamava le modalità dell’episodio, nel quale vi era stata una colluttazione tra l’imputato e la persona offesa, con reciprocità del comportamento aggressivo, manifestato con "spintonamento" e "strattonamento" secondo le risultanze dell’istruttoria dibattimentale.

In tal senso il ricorrente rilevava la mancanza del nesso di causalità tra la condotta tenuta dall’imputato e le lesioni patite dal C. (lussazione di una spalla e la frattura del calcagno), che, ad avviso della difesa erano derivate da una caduta accidentale non erano compatibili con la condotta tenuta dall’imputato, onde veniva censurata la sentenza per carenza di motivazione sul punto.

Infine specificava che vi era proporzione tra l’aggressione subita dall’imputato e la sua reazione, sottolineando l’ingiustizia dell’offesa e l’attualità del pericolo (derivante dal comportamento minaccioso realizzato dalla parte lesa).

3 – Omessa valutazione della prova costituita da documentazione medica inerente alle lesioni subite dalla persona offesa.

A riguardo evidenziava che dalla documentazione rilasciata alla persona offesa, non erano desumibili segni della colluttazione (quali ferite al volto o ad altre parti del corpo) e che emergevano unicamente le lesioni derivate da una caduta al suolo (referto dell’ospedale di (OMISSIS), in data (OMISSIS), prodotto dalla parte civile).

Ad avviso del ricorrente la mancata valutazione di tale documentazione aveva determinato la mancata verifica del nesso di causalità tra condotta ed evento lesivo.

– Quanto al travisamento delle deposizioni testimoniali (dei testi P., Z. e della persona offesa) la difesa riteneva sussistente la violazione dell’art. 192 c.p.p. evidenziando che le dichiarazioni della persona offesa erano inattendibili per contrasto con quelle rese dai testi.

Per tali motivi il ricorrente chiedeva dunque l’annullamento della sentenza impugnata.

Motivi della decisione

Il ricorso risulta privo di fondamento.

Invero dal testo del provvedimento impugnato emerge l’adeguata verifica dei punti oggetto di impugnazione, alla stregua di attenta verifica delle risultanze dibattimentali.

In tal senso si è evidenziata con chiarezza la dinamica dell’episodio, avvenuto allorchè ebbe luogo un acceso diverbio, tra i due protagonisti, dopo che il C. si era avvicinato al G..

In tale contesto il battibecco era degenerato in vie di fatto.

Orbene risulta puntualmente analizzata la prova della responsabilità dell’imputato, dopo aver rilevato a fondamento dell’accusa le dichiarazioni della persona offesa, ritenute attendibili anche in base al contenuto delle deposizioni rese dai testi escussi in dibattimento (essendo emerso che i due soggetti si erano accapigliati ed erano caduti a terra, dopo essersi strattonati).

Risulta dunque esauriente la valutazione di attendibilità della persona offesa, stante l’esistenza di lesioni certificate da ente ospedaliero e esito della prova testimoniale. Pertanto, non si ravvisa la violazione dell’art. 192 c.p.p., rivelandosi la motivazione conforme ai canoni giurisprudenziali enunciati da questa Corte (sentenza Sez. 3, 5/4/2007, Lo Faro, e Sez. 4, 9/4/2004, n. 16860 – Verardi e altro – RV 227901), secondo cui la deposizione della persona offesa può essere pure da sola assunta come fonte di prova, se ne risulti valutata l’attendibilità.

Parimenti deve ritenersi adeguata la motivazione inerente alla esclusione dell’ipotesi di legittima difesa, essendo stata esclusa, con coerente motivazione fondata sull’esame delle risultanze dibattimentali, la proporzionalità tra le lesioni patite dalla persona offesa e la aggressione subita dall’imputato.

A riguardo deve escludersi l’esimente richiesta dalla difesa anche alla stregua dell’indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, in riferimento alla ipotesi di reciproca aggressione tra due soggetti:

v. Sez. 5, del 29/7/2008, n. 31633 – RV 241352 – per cui – In caso di lesioni volontarie reciproche, non ricorre la legittima difesa qualora i due contendenti si siano lanciati contemporaneamente alla reciproca aggressione. In tal senso la decisione deve ritenersi dunque rispondente ai canoni giurisprudenziali di questa Corte,in ordine alla applicazione dell’art. 530 c.p.p., comma 3, per cui vale menzionare sentenza Sez. 1, n. 9708 in data 8.10.1992 – RV. 191886, e Sez. 5, n. 16095 del 5.12.1990 – RV. 185969 ed altre conformi, rilevandosi che deve ritenersi legittimamente formulato il giudizio di condanna qualora non siano stati individuati dal giudice elementi che facciano ritenere come probabile l’esistenza della causa di giustificazione o inducano comunque il giudice a dubitare seriamente della configurabilità o meno di una scriminante.

Gli ulteriori rilievi difensivi, relativi alla mancanza del nesso di causalità tra condotta dell’imputato ed evento, e valutazione della documentazione sanitaria, risultano meramente ripetitivi ed ininfluenti, oltre che protesi essenzialmente alla diversa interpretazione dei dati probatori richiamati dai giudici di merito, stante l’adeguata analisi degli elementi desunti dal dibattimento, ai fini del giudizio di colpevolezza dell’imputato.

In conclusione va dunque pronunziato il rigetto del ricorso, a cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 17 maggio 2013.

Depositato in Cancelleria il 23 ottobre 2013

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