LAZIO n. 21 11 Agosto 2009 Piano Casa Misure straordinarie per il settore edilizio ed interventi per l’edilizia residenziale sociale

CAPO I
DISPOSIZIONI GENERALI

Art. 1
(Oggetto e finalità)

1. La presente legge, nel rispetto dei vincoli relativi ai beni culturali, paesaggistici e ambientali nonché della normativa sulle zone agricole, a partire dall’intesa sull’atto concernente misure per il rilancio dell’economia attraverso l’attività edilizia, pubblicata sulla Gazzetta ufficiale del 29 aprile 2009, n. 98, adottata tra Stato, Regioni ed enti locali, ai sensi dell’articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131 (Disposizioni per l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3), disciplina:
a) misure straordinarie ed urgenti nel settore edilizio, finalizzate a contrastare la crisi economica ed a favorire l’adeguamento del patrimonio edilizio esistente alla normativa antisismica, il miglioramento della qualità architettonica e la sostenibilità energetico-ambientale del patrimonio stesso, secondo le tecniche, le disposizioni ed i principi della bioedilizia;
b) misure urgenti per incrementare e sostenere l’offerta di edilizia residenziale sovvenzionata e sociale;
c) modalità di coordinamento e di integrazione delle misure straordinarie ed urgenti di cui alle lettere a) e b), nell’ambito di programmi integrati di riqualificazione urbana, di promozione dell’edilizia residenziale sociale, di ripristino ambientale e di risparmio energetico;
d) lo snellimento delle procedure in materia urbanistica tramite le modifiche ovvero le integrazioni alle leggi regionali 2 luglio 1987, n. 36 (Norme in materia di attività urbanistico-edilizia e snellimento delle procedure) e successive modifiche, 26 giugno 1997, n. 22 (Norme in materia di programmi integrati di intervento per la riqualificazione urbanistica, edilizia ed ambientale del territorio della Regione), 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche e 16 aprile 2009, n. 13 (Disposizioni per il recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti).

CAPO II
MISURE STRAORDINARIE PER IL SETTORE EDILIZIO

Art. 2
(Ambito di applicazione)

1. Le disposizioni del presente capo si applicano agli interventi di ampliamento e di sostituzione edilizia con demolizione e ricostruzione degli edifici di cui agli articoli 3, 4 e 5 per i quali, alla data di entrata in vigore della presente legge, sia stata presentata al comune la dichiarazione di ultimazione dei lavori, ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) e successive modifiche, ovvero che risultino comunque ultimati ai sensi della normativa previgente, ivi compresi gli edifici per i quali intervenga il rilascio del titolo edilizio abilitativo in sanatoria entro il termine di cui all’articolo 6, comma 4, con esclusione degli edifici abusivi e degli immobili vincolati ai sensi della parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e successive modifiche nonché di quelli situati:
a) nelle zone territoriali omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 (Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765) o, qualora gli strumenti urbanistici generali non individuino le zone A, nei tessuti storici tutelati dalle specifiche norme degli strumenti urbanistici generali o, in mancanza, negli insediamenti urbani storici individuati dal piano territoriale paesaggistico regionale (PTPR);
b) nelle zone territoriali omogenee E di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 limitatamente agli edifici rurali con caratteri storico-tipologici-tradizionali, quali casali e complessi rurali, che, ancorché non vincolati dal PTPR, siano stati realizzati in epoca anteriore al 1930 e registrati in appositi censimenti dai comuni interessati;
c) nelle aree sottoposte a vincolo di inedificabilità assoluta;
d) nelle aree naturali protette;
e) nelle fasce di rispetto dei territori costieri e dei territori contermini ai laghi di cui, rispettivamente, all’articolo 5, comma 1 e all’articolo 6, comma 1, della legge regionale 6 luglio 1998, n. 24 (Pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposti a vincolo paesistico) e successive modifiche nonché nelle fasce di rispetto delle acque interne;
f) nelle zone di rischio molto elevato ed elevato individuate dai piani di bacino o dai piani stralcio di cui alla legge 18 maggio 1989, n. 183 (Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo) e successive modifiche e alla legge regionale 7 ottobre 1996, n. 39 (Disciplina Autorità dei bacini regionali) e successive modifiche, adottati o approvati, fatta eccezione per i territori ricadenti nei comprensori di bonifica in cui la sicurezza del regime idraulico è garantita da sistemi di idrovore;
g) nelle aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali;
h) nelle fasce di rispetto delle strade statali, ferroviarie e autostradali.
2. Relativamente alle zone agricole, resta fermo quanto previsto dagli articoli 55 e seguenti della l.r. 38/1999 e successive modifiche, fatto salvo quanto previsto per l’ampliamento della volumetria residenziale dall’articolo 3, comma 1, lettera a) nonché, per gli interventi di recupero degli edifici esistenti, dall’articolo 5, limitatamente ai coltivatori diretti ed agli imprenditori agricoli, come definiti dall’articolo 2135 del codice civile, iscritti alla sezione speciale della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura e/o loro eredi.
3. I comuni, entro e non oltre novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono individuare, con deliberazione del consiglio comunale, ambiti del proprio strumento urbanistico nei quali, in ragione di particolari qualità di carattere urbanistico ed architettonico, limitare o escludere gli interventi previsti nel presente articolo.
4. Ai fini dell’attuazione della presente legge, i parametri urbanistici ed edilizi della volumetria o della superficie utile, utilizzati per il calcolo dei volumi o delle superfici degli edifici esistenti nonché degli edifici compresi nei piani previsti dalla presente legge, devono essere gli stessi utilizzati per il calcolo degli ampliamenti previsti negli articoli 3 e 4.

Art. 3
(Interventi di ampliamento degli edifici)

1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali vigenti, sono consentiti, previa acquisizione del titolo abilitativo di cui all’articolo 6, interventi di ampliamento, nei seguenti limiti massimi relativi alla volumetria esistente o alla superficie utile:
a) 20 per cento, per gli edifici indicati nell’articolo 2 a destinazione residenziale, uni-plurifamiliari, ivi comprese le case famiglia di cui alla legge regionale 12 dicembre 2003, n. 41 (Norme in materia di autorizzazione all’aperture ed al funzionamento di strutture che prestano servizi socio-assistenziali), e di volumetria non superiore a 1000 metri cubi, per un incremento complessivo massimo, per l’intero edificio, di 200 metri cubi ovvero di 62,5 metri quadrati;
b) 10 per cento per gli edifici di cui all’articolo 2 a destinazione non residenziale per l’artigianato, la piccola industria e gli esercizi di vicinato, come definiti dall’articolo 24, comma 1, lettera a), n. 1 della legge regionale 18 novembre 1999, n. 33, di superficie non superiore a 1000 metri quadrati, purché venga mantenuta la specifica destinazione d’uso per almeno dieci anni e gli interventi siano subordinati all’installazione o al miglioramento dei sistemi di abbattimento degli inquinanti, al monitoraggio delle emissioni, al risparmio energetico e allo studio di materiali e procedure innovative che possano ridurre l’impatto ambientale.
2. Gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti soltanto:
a) in adiacenza al corpo di fabbrica dell’edificio, con esclusione della sopraelevazione, ad eccezione degli interventi previsti dall’articolo 3, comma 1, lettera f), della l.r. 13/2009, come modificata dalla presente legge ovvero degli interventi di realizzazione del tetto con pendenza massima delle falde pari al 35 per cento, utilizzando il sottotetto;
b) nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla normativa vigente;
c) in relazione alle zone classificate a rischio sismico 1 e 2, per gli edifici dotati della certificazione antisismica, qualora realizzati successivamente all’attribuzione della suddetta classificazione.
3. Fatto salvo quanto previsto dal comma 2, lettera c), per gli edifici realizzati in zone classificate a rischio sismico gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti esclusivamente a condizione che l’intero edificio sia adeguato alla normativa antisismica. In tal caso, qualora 1’ampliamento di cui al comma 1 riguardi edifici ricadenti nella zona sismica 1 o sottozona sismica 2a, come individuate dalla deliberazione della Giunta regionale 22 maggio 2009, n. 387, lo stesso è consentito, con riferimento a quelli di cui al comma 1, lettera a), nel limite massimo del 35 per cento della volumetria esistente o della superficie utile per un incremento complessivo massimo per 1’intero edificio di 350 metri cubi ovvero di 110 metri quadrati e, per quelli di cui al comma 1, lettera b), nel limite massimo del 20 per cento della superficie utile.
4. Gli ampliamenti di cui al comma 1 devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in particolare, dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia) nonché dalla legge regionale 27 maggio 2008, n. 6 (Disposizioni regionali in materia di architettura sostenibile e di bioedilizia) e successive modifiche.
5. La realizzazione degli ampliamenti di cui al comma 1 è subordinata:
a) all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria, ovvero al loro adeguamento, in relazione al maggior carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume o di superficie utile degli edifici esistenti, nonché dei parcheggi pertinenziali, fatto salvo quanto previsto dal comma 6;
b) alla predisposizione del fascicolo del fabbricato, secondo quanto previsto dalla legge regionale 12 settembre 2002, n. 31 (Istituzione del fascicolo del fabbricato) e successive modifiche e dal relativo regolamento regionale di attuazione 14 aprile 2005, n. 6, ovvero dagli specifici regolamenti comunali, qualora adottati.
6. Esclusivamente per le opere di urbanizzazione secondaria, come individuate dall’articolo 3 del decreto del Ministro per il lavori pubblici 2 aprile 1968, qualora venga comprovata l’impossibilità del loro adeguamento, i titoli edilizi abilitativi sono subordinati al pagamento, oltre che degli oneri concessori, di un contributo straordinario proporzionale al valore delle opere stesse, pari al 50 per cento del valore degli oneri corrispondenti, secondo quanto stabilito con apposita deliberazione del comune. Le risorse derivanti dai contributi straordinari sono destinate dai comuni all’adeguamento dei servizi nei territori interessati dagli interventi. Qualora gli interventi di ampliamento siano realizzati negli ambiti interessati da piani di recupero, le risorse derivanti dai contributi straordinari, sono destinati ai consorzi di autorecupero, al fine della realizzazione delle opere di urbanizzazione a scomputo. Per i fini di cui al presente comma i comuni individuano nuove aree, prevalentemente contermini alle zone ove ricadono gli interventi, per adeguare gli standard urbanistici.
7. Gli ampliamenti di cui al comma 1 non si cumulano con gli ampliamenti eventualmente consentiti da altre norme vigenti o dagli strumenti urbanistici comunali sui medesimi edifici. Nel caso di edifici a destinazione residenziale e non, gli ampliamenti consentiti alle singole unità immobiliari non possono superare cumulativamente i limiti di cui al comma 1.

8. La destinazione d’uso degli edifici di cui al comma 1 deve essere mantenuta per cinque anni dalla dichiarazione di ultimazione dei lavori relativi agli interventi di ampliamento.
9. In ordine alle necessità di interventi di ampliamento della prima casa, viene riconosciuta ai comuni la facoltà di consentire con delibera del consiglio comunale, adottata entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, una riduzione fino al massimo del 30 per cento del contributo dovuto in riferimento agli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria.

FONTE: http://notes.regione.lazio.it/Produzione/Normativa/leggi.nsf/RicercaWeb/4E4E7396E14D6A83C125761500373129

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale

LA CORTE COSTITUZIONALE 23/07/2009 Ordinanza n. 255 Norme impugnate: Artt. 667, c. 4°, e 672 del codice di procedura penale.

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 667, comma 4, e 672 del codice di procedura penale, promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì nel procedimento penale a carico di B. G. con ordinanza del 5 gennaio 2008, iscritta al n. 151 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2008.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 maggio 2009 il Giudice relatore Giuseppe Frigo.

Ritenuto che, con ordinanza depositata il 5 gennaio 2008 (r.o. n. 151 del 2008), il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì solleva questione di legittimità costituzionale della disposizione combinata degli artt. 667, comma 4, e 672 del codice di procedura penale, nella parte in cui – secondo l’interpretazione fornita dalla Corte di cassazione, vincolante per il giudice a quo perché espressa, quale principio di diritto, in una sentenza attributiva di competenza – prevede che «all’applicazione dell’amnistia e dell’indulto si possa procedere “senza formalità”, intesa tale espressione come “d’ufficio”», prospettandone il contrasto con gli artt. 3, secondo comma, 24, primo comma, 27, terzo comma, 97, primo comma, 101, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione;

che il giudice a quo espone, in fatto, che, con ordinanza del 21 marzo 2007, il Tribunale di Forlì, chiamato a decidere, come giudice dell’esecuzione, sull’eventuale applicazione dell’indulto a favore di B. G., condannato, con sentenza emessa dallo stesso Tribunale in data 22 marzo 2004, alla pena pecuniaria di euro 780 di multa, aveva dichiarato la propria incompetenza funzionale, rilevando che il beneficiando aveva riportato una successiva condanna a sola pena pecuniaria, a seguito di decreto penale emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì, in data 7 maggio 2004, per cui la competenza sarebbe spettata, ai sensi dell’art. 665, comma 4, cod. proc. pen., a tale giudice;

che, ricevuti gli atti, il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì aveva sollevato conflitto di competenza, evidenziando un difetto assoluto di competenza del giudice a decidere, in quanto – a suo avviso – la mancanza di una richiesta di parte non consentiva, ai sensi dell’art. 667, comma 4, cod. proc. pen., di procedere, nella fase dell’esecuzione, all’applicazione dell’indulto sulle pene pecuniarie;

che, decidendo sul conflitto, la Corte di cassazione, con sentenza n. 3628 del 2007, depositata in data 23 novembre 2007, aveva dichiarato la competenza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì, affermando che la previsione normativa dell’art. 672, comma 1, cod. proc. pen., per la quale all’applicazione dell’amnistia o dell’indulto si procede «senza formalità», andava interpretata come «senza necessità di una formale richiesta da parte dei soggetti interessati»;

che, in conseguenza di ciò, il giudice a quo reputa di dover sollevare la suddetta questione di legittimità costituzionale, ritenuta rilevante – in quanto l’interpretazione data dalla Corte di cassazione della disposizione combinata degli artt. 672, comma 1, e 667, comma 4, cod. proc. pen. lo obbliga a provvedere “d’ufficio” sull’applicazione dell’indulto – e altresì non manifestamente infondata;

che la non manifesta infondatezza si apprezzerebbe, in primo luogo, con riferimento al principio di ragionevolezza, dato che il ritenere che il giudice dell’esecuzione possa applicare d’ufficio l’indulto alle pene pecuniarie sarebbe in contraddizione con quanto previsto dall’art. 212, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia – Testo A), così come integrato dalla circolare del Ministero della giustizia n. 11865 del 2007, in forza del quale, entro un mese dal passaggio in giudicato, o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l’obbligo, l’ufficio per il recupero dei crediti ha il dovere «tassativo ed esclusivo» di procedere alla riscossione delle pene pecuniarie, non essendo prevista alcuna deroga dalla legge 31 luglio 2006, n. 241 (Concessione di indulto);

che altrettanto non manifestamente infondato sarebbe il dubbio di incostituzionalità con riguardo all’art. 24, secondo comma, Cost., perché l’interpretazione censurata della norma impedirebbe di agire in giudizio per tutelare la propria posizione secondo le opportunità ritenute più convenienti, potendo il potenziale beneficiario avere interesse a non richiedere l’applicazione dell’indulto per una pena pecuniaria, considerato che, ai sensi dell’art. 174, secondo comma, del codice penale, si potrebbe usufruire di tale beneficio una sola volta;

che, ulteriormente, si rileverebbe un conflitto con l’art. 27, terzo comma, Cost., perché «in caso di pena congiunta, la concessione d’ufficio dell’indulto consentirebbe di applicarlo alla sola pena pecuniaria o alla sola pena detentiva, a seconda delle contingenze e al di fuori di una previsione normativa ad hoc, con conseguente lesione del principio costituzionale di proporzionalità e adeguatezza della pena, e quindi della sua finalità rieducativa»;

che, sotto altro profilo, se al giudice si attribuisce «la responsabilità di far rinunciare lo Stato, e quindi la collettività, a un’entrata», si determinerebbe la violazione dell’art. 101, primo comma Cost., per il quale la giustizia è amministrata in nome del popolo, e del principio del buon andamento della pubblica amministrazione, stabilito dall’art. 97, primo comma, Cost.;

che, infine, la procedura imposta dalla Corte di cassazione, prevedendo che l’applicazione dell’indulto si può avviare d’ufficio e svolgere all’insaputa delle parti o quanto meno senza una istanza delle stesse, sarebbe in contrasto con l’art. 111, secondo comma, Cost., per il quale ogni processo si svolge nel contraddittorio delle parti e innanzi a un giudice terzo;

che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata.

Considerato che il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì solleva, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 24, primo comma, 27, terzo comma, 97, primo comma, 101, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della disposizione combinata degli artt. 667, comma 4, e 672 del codice di procedura penale, nella parte in cui – secondo l’interpretazione vincolante data dalla Corte di cassazione – prevede che «all’applicazione dell’amnistia e dell’indulto si possa procedere “senza formalità”, intesa tale espressione come “d’ufficio”»;

che, pertanto, il giudice rimettente non contesta in toto la legittimità della procedura semplificata prevista per l’applicazione dell’indulto, ma solo per la parte in cui prevede che il giudice dell’esecuzione possa, secondo quanto affermato dalla Corte di cassazione, adottare il provvedimento di concessione anche in assenza di istanza di parte;

che, pur essendo rilevante nel giudizio a quo e ammissibile, la questione è manifestamente infondata con riguardo a tutti i parametri costituzionali evocati;

che, in particolare, il contrasto con l’art. 3 Cost., sotto il profilo della ragionevolezza, non sussiste in quanto non è pertinente il termine di comparazione utilizzato, atteso che l’art. 212, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 115 del 2002 stabilisce che, entro un mese dal passaggio in giudicato, o dalla definitività del provvedimento da cui sorge l’obbligo, l’ufficio per il recupero dei crediti debba dare inizio alla riscossione, mediante notifica dell’avviso di pagamento, solo per i crediti esigibili, categoria a cui non appartengono le pene pecuniarie estinte a seguito di concessione dell’indulto;

che non corrisponde al quadro normativo vigente l’assunto del rimettente, secondo cui l’applicazione dell’indulto per una condanna a pena pecuniaria impedirebbe all’interessato di fruire del medesimo indulto in rapporto a una eventuale successiva condanna a pena detentiva, per altro reato commesso entro la data di operatività del provvedimento di clemenza;

che, infatti, l’art. 174, secondo comma, cod. pen., in forza del quale, «nel concorso di più reati, l’indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene, secondo le norme concernenti il concorso di reati», non determina che dell’indulto si può fruire per una sola condanna, ma solo che il beneficio non può essere applicato in misura superiore al massimo consentito, per cui, qualora il soggetto abbia commesso, entro la data di operatività del beneficio, una pluralità di reati, l’indulto si applica una sola volta sulla somma delle pene irrogate e non tante volte quante sono i reati commessi; operazione, questa, che potrebbe portare a condonare una pena complessivamente superiore al limite massimo stabilito;

che, pertanto, l’interpretazione data dalla Corte di cassazione, con la sentenza n. 3628 del 2007, della disposizione combinata degli artt. 667, comma 4, e 672 cod. proc. pen. non determina alcuna menomazione per il beneficiando del diritto «di agire in giudizio per tutelare la propria posizione secondo le opportunità ritenute più convenienti», anche perché non spetta al condannato decidere a quali pene debba applicarsi il condono, ma deve il pubblico ministero, ai sensi dell’art. 663 cod. proc. pen., provvedere ad unificare le pene concorrenti, per poi applicare il beneficio nella misura massima concedibile, o al condannato richiedere, in fase esecutiva, il cumulo delle pene ai fini dell’applicabilità dell’indulto: e tale ultima considerazione consente di far ritenere insussistente anche la prospettata violazione dell’art. 27, terzo comma, Cost.;

che neppure possono dirsi violati gli artt. 97, primo comma, e 101, primo comma, Cost., in quanto la rinuncia ad un’entrata, conseguente all’applicazione dell’indulto, deriva dalla legge, che il giudice si limita solo ad applicare;

che, secondo quanto ha più volte deciso questa Corte, il principio del contraddittorio non impone che esso si esplichi con le medesime modalità in ogni tipo di procedimento e neppure sempre e necessariamente nella fase iniziale dello stesso, onde non sono in contrasto con l’art. 111, secondo comma, Cost. i modelli processuali a contraddittorio eventuale e differito: «i quali, cioè, in ossequio a criteri di economia processuale e di massima speditezza, adottino lo schema della decisione de plano seguita da una fase a contraddittorio pieno, attivata dalla parte che intenda insorgere rispetto al decisum» (tra le molte, sentenza n. 115 del 2001 e ordinanze n. 291 del 2005, n. 352, n. 172 e n. 8 del 2003);

che, di conseguenza, anche la procedura de plano prevista dalle norme impugnate per l’applicazione dell’indulto è conforme al dettato costituzionale, proprio perché attribuisce alle parti, una volta conosciuto il provvedimento adottato d’ufficio, la facoltà di richiedere che la questione decisa sia nuovamente sottoposta, in contraddittorio e nelle forme previste dall’art. 666 cod. proc. pen., al vaglio del giudice dell’esecuzione;

che, infine, neppure sussiste lesione del principio di terzietà del giudice, sia perché – in generale – esso non implica che il giudice non possa adottare d’ufficio senza richiesta di parte decisioni su singole questioni processuali (in questi termini, con riferimento al potere, previsto dall’art. 507 cod. proc. pen., di disporre anche d’ufficio l’assunzione di nuovi mezzi di prova, si vedano le sentenze n. 111 del 1993 e n. 241 del 1992); sia perché – nello specifico – il giudice dell’esecuzione agisce sempre in forza di poteri che gli sono propri e comunque sempre su sollecitazione esterna – così è stato anche nel giudizio a quo – per cui l’espressione “d’ufficio”, se correttamente intesa, indica che non è necessaria una formale istanza delle parti, ma è sufficiente una qualsiasi segnalazione anche proveniente dalla cancelleria o da organi esterni all’amministrazione della giustizia, per dare inizio alla procedura d’applicazione dell’indulto.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale della disposizione combinata degli artt. 667, comma 4, e 672 del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, 24, primo comma, 27, terzo comma, 97, primo comma, 101, primo comma, e 111, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Forlì con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23 luglio 2009.

F.to:

Francesco AMIRANTE, Presidente

Giuseppe FRIGO, Redattore

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 30 luglio 2009.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: DI PAOLA

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.cortecostituzionale.it/giurisprudenza/pronunce/scheda_ultimo_deposito.asp?sez=ultimodep&Comando=LET&NoDec=255&AnnoDec=2009&TrmD=&TrmM=

MINISTERO DELLE POLITICHE AGRICOLE ALIMENTARI E FORESTALI DECRETO 6 agosto 2009

Proroga del riconoscimento dell’idoneita’ ad effettuare prove ufficiali di campo a fini registrativi, finalizzate alla produzione di dati di efficacia e alla determinazione dell’entita’ dei residui di prodotti fitosanitari alla societa’ «AgroService Snc», in Andria.

Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 228 del 1-10-2009

IL DIRETTORE GENERALE
dello sviluppo rurale, delle infrastrutture
e dei servizi

Visto il decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 194, pubblicato nel
supplemento ordinario n. 60 alla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27
maggio 1995, concernente l’attuazione della direttiva 91/414/CEE in
materia di immissione in commercio dei prodotti fitosanitari;
Visti in particolare i commi 5, 6, 7 e 8 dell’art. 4 del predetto
decreto legislativo n. 194/1995;
Visto il decreto 27 novembre 1996, pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale n. 29 del 5 febbraio 1997, che, in attuazione del citato
decreto legislativo n. 194/1995, disciplina i principi delle buone
pratiche per l’esecuzione delle prove di campo e requisiti necessari
al riconoscimento dell’idoneita’ a condurre prove di campo ufficiali
finalizzate alla produzione di dati necessari per la registrazione
dei prodotti fitosanitari;
Vista la circolare 29 gennaio 1997, n. 2, del Ministro delle
risorse agricole, alimentari e forestali, pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale n. 53 del 5 marzo 1997, concernente l’individuazione dei
requisiti per il riconoscimento degli enti ed organismi idonei per la
conduzione di prove ufficiali di campo volte alla produzione di dati
per l’autorizzazione di prodotti fitosanitari;
Vista la circolare 1° agosto 2000, n. 7, del Ministro delle
politiche agricole e forestali, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
n. 261 dell’8 novembre 2000, recante le modalita’ di presentazione
della domanda di iscrizione di esperti nella lista nazionale di
ispettori preposti al controllo degli enti od organismi riconosciuti
idonei ad effettuare le prove ufficiali per la produzione di dati
necessari ai fini della registrazione dei prodotti fitosanitari di
cui all’art. 4, comma 8, del decreto legislativo 17 marzo 1995, n.
194;
Visti gli atti del Comitato consultivo tecnico-scientifico «Prove
sperimentali di campo», istituito con decreto ministeriale 29 gennaio
1997, in merito ai requisiti posseduti dagli aspiranti ispettori, di
cui alla citata circolare n. 7 del 1° agosto 2000;
Visto il provvedimento ministeriale prot. n. 4533 del 21 febbraio
2008 con il quale la societa’ «AgroService Snc», con sede legale in
via Camaggio, 25/A – 70031 Andria (Bari), e’ stata riconosciuta
idonea a proseguire nelle prove ufficiali di campo a fini
registrativi, finalizzate alla produzione di dati di efficacia e alla
determinazione dell’entita’ dei residui di prodotti fitosanitari;
Considerato che il riconoscimento concesso con il provvedimento
sopracitato ha validita’ per mesi 24 dalla data di ispezione;
Decreta:

Articolo unico

Il riconoscimento dell’idoneita’ ad effettuare prove ufficiali di
campo a fini registrativi, finalizzate alla produzione di dati di
efficacia e alla determinazione dell’entita’ dei residui di prodotti
fitosanitari della societa’ «AgroService Snc», con sede legale in via
Camaggio, 25/A – 70031 Andria (Bari), concesso con il provvedimento
prot. n. 4533 del 21 febbraio 2008, e’ prorogato fino al 31 dicembre
2009, fatte salve eventuali nuove disposizioni che potranno variare
la validita’ del riconoscimento.
Il presente decreto sara’ inviato all’organo di controllo per la
registrazione e sara’ pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana.
Roma, 6 agosto 2009

Il direttore generale: Blasi

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MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO. DECRETO 8 settembre 2009

Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 230 del 3-10-2009

Approvazione del verbale di consegna definitiva al Comune di San Mango sul Calore della strada di collegamento tra la SP 39 e la strada di accesso tra l’area PIP e l’area industriale di San Mango sul Calore (loc. Piani).

IL COMMISSARIO AD ACTA
EX ART. 86, LEGGE N. 289/2002

Vista la legge del 19 dicembre 1992, n.488 di conversione in legge,
con modificazioni, del decreto-legge del 22 ottobre 1992, n. 415, con
cui e’ stata, fra l’altro, disposta la soppressione del Dipartimento
per il Mezzogiorno e dell’Agenzia per la promozione dello sviluppo
del Mezzogiorno;
Visto l’art.12, comma 1, del decreto legislativo n. 96 del 3 aprile
1993, che trasferisce, in particolare, al Ministero dell’industria,
del commercio e dell’artigianato le funzioni relative alla
ricostruzione dei territori della Campania e della Basilicata colpiti
dagli eventi sismici del 1980/81, per la parte relativa alle
attivita’ produttive;
Visto il decreto in data 31 maggio 1993 del Ministro del bilancio e
della programmazione economica, di concerto con il Ministro dei
lavori pubblici e con il Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato, ed in particolare l’art.1, relativo al
trasferimento delle funzioni e delle competenze di cui agli articoli
27 e 39 del testo unico approvato con decreto legislativo del 30
marzo 1990, n. 76, svolte dalla gestione separata terremoto
costituita presso la soppressa Agenzia per la promozione dello
sviluppo del Mezzogiorno ai sensi dell’art. 13 della legge del 10
febbraio 1989, n. 48;
Visto il decreto del Ministro dell’industria, del commercio e
dell’artigianato in data 22 giugno 1993, con il quale e’ stata
individuata la Direzione generale della produzione industriale quale
ufficio del Ministero competente per l’esercizio delle funzioni
trasferite ai sensi del citato art.12, comma 1, del decreto
legislativo n. 96/1993;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica n. 220 del 28
marzo 1997 con il quale e’ stato approvato il regolamento recante
norme sulla riorganizzazione degli uffici di livello dirigenziale
generale del Ministero dell’industria, del commercio e
dell’artigianato ed e’ stata individuata, all’art. 7, la Direzione
generale per il coordinamento degli incentivi alle imprese per le
competenze relative alle zone colpite dagli eventi sismici di cui al
decreto legislativo n. 96 del 3 aprile 1993;
Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 che istituisce
il Ministero delle attivita’ produttive;
Visto il decreto ministeriale del 21 luglio 2000 di
riorganizzazione degli uffici dirigenziali di livello non generale
del M.I.C.A. che attribuisce all’ufficio B5 della D.G.C.I.I., il
completamento degli interventi nelle aree terremotate;
Visto il decreto-legge 18 maggio 2006, n. 181 convertito con
modificazioni nella legge 17 luglio 2006, n. 233 che istituisce il
Ministero dello sviluppo economico;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 28 novembre 2008,
n. 197 recante il regolamento di riorganizzazione del Ministero dello
sviluppo economico;
Vista la legge n. 289 del 27 dicembre 2002 con la quale, all’art.
86 (interventi per la ricostruzione nei comuni colpiti da eventi
sismici di cui alla legge 14 maggio 1981, n. 219), e’ stata prevista
la nomina di un Commissario ad acta, al fine della definitiva
chiusura degli interventi infrastrutturali di cui all’art. 32 della
legge n. 219/1981;
Visto che, ai sensi del comma 1 del citato art. 86 della legge n.
289/2002, il Commissario ad acta deve provvedere, tra l’altro, alla
consegna definitiva delle opere collaudate agli enti destinatari,
preposti alla relativa gestione;
Visto il decreto del 21 febbraio 2003 del Ministro dello sviluppo
economico gia’ Ministro delle attivita’ produttive) di nomina del
Commissario ad acta, registrato alla Corte dei conti il 14 aprile
2003 –
Ufficio di controllo atti Ministero dello sviluppo economico (gia’
Ministero delle attivita’ produttive) e pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica Italiana n. 120 del 26 maggio 2003;
Visto che, per le attivita’ commissariali ex art. 32, legge n.
219/1981, e’ stata aperta, presso la sezione di tesoreria provinciale
dello Stato di Roma, apposita contabilita’ speciale n. 3250 intestata
a «Commissario ad acta art. 86, legge n. 289/2002», alimentata con
giro fondi dalla contabilita’ speciale n. 1728 denominata «Interv.
articoli 21 e 32, legge n. 219/1981», giusta nota del Ministero
dell’economia e delle finanze n. 143472 del 4 dicembre 2004;
Vista la nota n. 99025 dell’11 agosto 2004 con la quale il
dipartimento R.G.S. – I.G.F. –
Ufficio XIII – del Ministero dell’economia e delle finanze
autorizza il proseguimento della gestione fuori bilancio di detta
contabilita’ speciale 3250;
Visto che con convenzione in data 14 settembre 1982 intercorsa tra
il Ministro Segretario di Stato all’uopo designato all’attuazione
degli articoli 21 e 32 della legge 14 maggio 1981, n. 219 –
concedente – ed il consorzio INCOMIR – concessionario – sono state
affidate al medesimo concessionario la progettazione e la
realizzazione delle opere di infrastrutturazione del nucleo
industriale di San Mango sul Calore di cui al progetto n. 39/40/6016;
Visto che con atto aggiuntivo stipulato in data 21 luglio 1983 si
e’ provveduto ad adeguare i contenuti della citata convenzione per
tenere conto della diversa determinazione dei limiti dell’area di San
Mango sul Calore disposto dalla Regione Campania con delibera in data
16 giugno 1983, resa esecutiva il 5 luglio 1983;
Visto che con atto aggiuntivo stipulato in data 21 luglio 1983 sono
state affidate al medesimo concessionario la progettazione e la
realizzazione della strada di collegamento tra la SS. 401 Ofantina e
SS. 164 con l’area industriale di San Mango sul Calore di cui al
progetto n. 39/40/6066;
Visto che con decreto del Ministro designato in data 14 novembre
1984 e’ stato approvato, con prescrizioni, il progetto esecutivo
relativo alle opere di infrastrutturazione del nucleo industriale di
San Mango sul Calore, come ampliato sulla base della suddetta
delibera regionale;
Visto che con decreto del Ministro designato in data 18 febbraio
1986 sono stati approvati, con prescrizioni, i progetti di variante e
suppletivi n. 1 e n. 2;
Visto che con decreto del Ministro designato in data 1° aprile 1986
e’ stato approvato, con prescrizioni, il progetto relativo ai lavori
di realizzazione dell’impianto di depurazione e di trattamento a
servizio dell’area industriale di San Mango sul Calore;
Visto che con decreto in data 5 gennaio 1987 del Ministro delegato
e’ stato approvato l’atto di transazione ed aggiuntivo alla
convenzione, sottoscritto in data 22 dicembre 1986 tra il capo
dell’Ufficio speciale per l’attuazione degli articoli 21 e 32, legge
14 maggio 1981, n. 219 ed il concessionario consorzio INCOMIR;
Visto che con decreto del Ministro designato in data 11 marzo 1987
sono stati approvati i progetti di variante e suppletivi n. 4, n. 5 e
n. 6;
Visto che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in
data 16 settembre 1988 e’ stato approvato, con prescrizioni, il
progetto di variante n. 7;
Visto che con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri n.
661/32 del 30 giugno 1989 e’ stato approvato il progetto di variante
tecnica e suppletiva n. 8;
Visto che con decreto del Ministero dell’industria del commercio e
dell’artigianato n. 6/B5/MICA del 23 gennaio 2001 e’ stata approvata
la perizia suppletiva di assestamento finale;
Visto che con atto di transazione stipulato in data 18 dicembre
2003 tra il Ministero delle attivita’ produttive ed il concessionario
sono state definite tutte le controversie insorte nel corso
dell’esecuzione di tutti i lavori affidati in concessione al
concessionario consorzio INCOMIR;
Visto che dal suddetto atto di transazione risulta, tra l’altro,
che non si dara’ luogo al completamento dei lavori relativi allo
svincolo ferroviario a servizio dell’area industriale di San Mango
sul Calore, come previsti dal progetto originariamente approvato;
Visto che con decreto del Ministero delle attivita’ produttive n.
39/B5/MAP del 12 maggio 2004 sono stati approvati il citato atto di
transazione del 18 dicembre 2003 ed il collaudo finale dei lavori in
argomento;
Visto il proprio decreto n. 100 del 3 maggio 2005 con il quale, in
ottemperanza al comma 1 dell’art. 86 della citata legge n. 289/2002,
e’ stata autorizzata la consegna definitiva, in corso di
perfezionamento, delle opere di infrastrutturazione dell’area
industriale di San Mango sul Calore (progetto 6016) al Consorzio ASI
di Avellino destinatario finale, giusta comma 5 dell’art.10 della
legge n. 266/1997, delle opere infrastrutturali ex art. 32, legge n.
219/1981 e gestore di fatto della medesima area industriale di San
Mango sul Calore;
Visto che, nell’ambito del progetto di infrastrutturazione
dell’area industriale di San Mango sul Calore, e’ stata realizzata la
strada di collegamento tra la SP 39 e la strada di accesso tra l’area
PIP di San Mango sul Calore e l’area industriale di San Mango sul
Calore (localita’ Piani);
Vista la propria nota protocollo n. 9833 del 25 marzo 2009 con la
quale e’ stata data informazione al comune di San Mango sul Calore
circa la consegna definitiva delle opere relative alla citata strada
di collegamento, ricadenti nell’ambito del territorio del medesimo
comune;
Visto che non risulta la sussistenza di eventi classificati come
naturali ed eccezionali riferiti all’opera in argomento, intervenuti
tra la data di approvazione del collaudo e l’attualita’ e che abbiano
determinato danni, giusta nota commissariale n. 404 del 30 ottobre
2003;
Visto che la procedura espropriativa risulta terminata, giusta nota
ministeriale protocollo n. 1070134 del 21 maggio 2004, ad eccezione
delle particelle 751 e 898 del foglio 2 del Comune di San Mango sul
Calore per le quali l’ufficio commissariale si e’ impegnato a
proseguire, a proprie cura e spese, l’attivita’ ricognitiva ed a
concludere e perfezionare la procedura espropriativa;
Visto che per il collegamento stradale all’area industriale di San
Mango sul Calore sono state realizzate viabilita’ di interesse
provinciale e viabilita’ secondarie di interesse comunale;
Visto il proprio decreto n. 561 del 24 luglio 2009 con il quale
sono state autorizzate le consegne definitive alla provincia di
Avellino del tratto stradale di collegamento tra l’area industriale
di San Mango sul Calore e la bretella di collegamento area
industriale San Mango e la S.S. 401 Ofantina e relative pertinenze,
realizzato nell’ambito del progetto 6066, ed al Comune di San Mango
sul Calore della strada di collegamento tra la SP 39 e la strada di
accesso tra l’area PIP di San Mango sul Calore e l’area industriale
di San Mango sul Calore (localita’ Piani) e relative pertinenze,
nonche’ le aree connesse ricadenti nel territorio del medesimo
comune, realizzata nell’ambito dei lavori di infrastrutturazione
dell’area industriale di San Mango sul Calore di cui al progetto
6016;
Visto che con il citato decreto n. 561 del 24 luglio 2009 e’ stato
delegato alle operazioni di consegna di cui sopra il p.a. Biagio
Coscia dell’Ufficio commissariale e funzionario della sezione di
Avellino del MISE, in rappresentanza del Commissario ad acta ex art.
86, legge n. 289/2002;
Visto che e’ in corso di perfezionamento la consegna definitiva
alla provincia di Avellino del tratto stradale di collegamento tra
l’area industriale di San Mango sul Calore e la bretella di
collegamento area industriale San Mango e la S.S. 401 Ofantina e
relative pertinenze, di cui all’atto aggiuntivo stipulato in data 21
luglio 1983 – progetto n. 39/40/6066;
Visto il verbale di consegna definitiva sottoscritto in data 5
agosto 2009 dal Comune di San Mango sul Calore e dall’Ufficio
commissariale con il quale sono state consegnate al comune medesimo
le opere realizzate di cui sopra relative alla strada di collegamento
tra la SP 39 e la strada di accesso tra l’area PIP di San Mango sul
Calore e l’area industriale di San Mango sul Calore (localita’ Piani)
e relative pertinenze, nonche’ le aree connesse ricadenti nel
territorio del medesimo comune;
Ritenuto di dover precisare che non sono da considerare le parole
«il concessionario Incomir dichiara che» indicate nel penultimo cpv
di pagina 4 del citato verbale di consegna;

Decreta:

Art. 1.

E’ approvato il verbale di consegna definitiva al Comune di San
Mango sul Calore, sottoscritto in data 5 agosto 2009, delle opere
relative alla strada di collegamento tra la S.P. 39 e la strada di
accesso tra l’area PIP di San Mango sul Calore e l’area industriale
di San Mango sul Calore (localita’ Piani) e relative pertinenze,
nonche’ le aree connesse ricadenti nel territorio del medesimo
comune, realizzate nell’ambito del progetto di infrastrutturazione
dell’area industriale di San Mango sul Calore – Prog. n. 39/40/6016.

Art. 2.

Il perfezionamento della procedura espropriativa relativa alle
particelle 751 e 898 del foglio 2 del Comune di San Mango sul Calore
resta a cura e onere dell’Ufficio commissariale.

Art. 3.

Il presente decreto viene trasmesso al Ministero della giustizia
per la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
italiana.
Roma, 8 settembre 2009
Il Commissario ad acta: D’Ambrosio

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=1&datagu=2009-10-03&task=dettaglio&numgu=230&redaz=09A11499&tmstp=1255162955609