CIRCOLARE N. 43/E
Roma, 10 ottobre 2009
PREMESSA
L’adozione di sempre più efficaci strumenti di cooperazione internazionale nel
settore della fiscalità finanziaria rappresenta una priorità riconosciuta da tutti i
governi dei maggiori paesi industrializzati anche per favorire, a fronte degli squilibri
conseguenti alla crisi economica mondiale, una crescita più equa secondo i principi
generali sottoscritti nei vertici del G8.
Tra gli accordi che gli Stati aderenti alla Organizzazione per la cooperazione e
lo sviluppo economico (OCSE) si sono impegnati a far rispettare vi è, in primo
luogo, quello volto ad assicurare una maggiore trasparenza bancaria su investimenti
e depositi, anche per quelli detenuti nei paesi che assicurano particolari agevolazioni
(i cosiddetti “paradisi fiscali”), oltre a rendere più efficiente lo scambio di
informazioni ed incrementare la cooperazione amministrativa tra Stati.
In questo contesto, la recente ridefinizione della normativa volta a consentire
l’emersione delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero da soggetti
residenti in Italia (cosiddetto “scudo fiscale”), introdotta con l’articolo 13-bis del
decreto legge 1° luglio 2009, n. 78, in sede di conversione dalla legge 3 agosto 2009,
n. 102, nel testo risultante dalle modifiche apportate dal decreto legge 3 agosto 2009,
n. 103, convertito, con modificazioni, dalla legge 3 ottobre 2009, n. 141 (di seguito
“decreto”), rappresenta, per tutti coloro che hanno esportato o detenuto all’estero
capitali e altre attività in violazione dei vincoli valutari e degli obblighi tributari, una
importante opportunità per regolarizzare la propria posizione fiscale.
Al riguardo, infatti, occorre tenere in debita considerazione la portata della
nuova disposizione contenuta nell’articolo 12 del decreto in base alla quale, in
attuazione delle intese raggiunte tra gli Stati aderenti all’OCSE in materia di
emersione di attività economiche e finanziarie detenute in Paesi aventi regimi fiscali
privilegiati e in deroga ad ogni vigente disposizione di legge, gli investimenti e le
attività di natura finanziaria detenute, in violazione dei predetti vincoli, in Stati o
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territori aventi un regime fiscale privilegiato oggettivamente individuati nei decreti
ministeriali del 4 maggio 1999 e del 21 novembre 2001 (anche se con riferimento
soltanto a talune tipologie di enti e società), si considerano costituiti da redditi
sottratti ad imposizione in Italia.
In particolare, le disposizioni sullo “scudo fiscale” si rivolgono alle persone
fisiche e agli altri soggetti fiscalmente residenti nel territorio dello Stato che,
anteriormente al 31 dicembre 2008, hanno esportato o detenuto all’estero capitali e
attività in violazione dei vincoli valutari e degli obblighi tributari sanciti dalle
disposizioni sul cosiddetto “monitoraggio fiscale” – vale a dire dalle norme
contenute nel decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto
1990, n. 227, comprese quelle relative al trasporto al seguito ora contenute
nell’articolo 3 del decreto legislativo 19 novembre 2008, n. 195 – nonché degli
obblighi di dichiarazione dei redditi imponibili di fonte estera.
In sostanza, attraverso il cosiddetto “rimpatrio” o la cosiddetta
“regolarizzazione” è consentito far emergere denaro e attività di natura finanziaria e
patrimoniale.
La regolarizzazione è tuttavia consentita esclusivamente nel caso in cui le
attività siano detenute in Paesi dell’Unione Europea, nonché in Paesi che consentono
un effettivo scambio di informazioni in via amministrativa.
L’emersione delle predette attività – sia nel caso di rimpatrio che in quello
della regolarizzazione – produce effetti estintivi delle violazioni di natura tributaria e
previdenziale relativamente agli importi dichiarati, con riferimento ai periodi di
imposta per i quali non sono ancora scaduti i termini per l’accertamento, ed estingue
le relative sanzioni amministrative.
L’emersione inoltre preclude nei confronti del dichiarante e dei soggetti
solidalmente obbligati ogni accertamento tributario e contributivo per i periodi
d’imposta che hanno termine al 31 dicembre 2008, limitatamente agli imponibili
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rappresentati dalle somme o altre attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio o
regolarizzazione.
Al soggetto che si avvale delle facoltà concesse dal provvedimento è
assicurata un’ampia riservatezza, anche nel tempo, dei dati e delle notizie
comunicati agli intermediari relativi alle attività oggetto di emersione. Tali
informazioni sono, infatti, coperte per legge da un elevato grado di segretezza,
essendo preclusa espressamente la possibilità per l’Amministrazione finanziaria di
venirne a conoscenza, ad eccezione dei casi in cui sia lo stesso contribuente a
fornirle nel proprio interesse.
Ai fini degli effetti dell’emersione, nonché delle modalità di effettuazione
della stessa, i commi 4 e 5 dell’articolo 13-bis del decreto fanno espresso rinvio agli
articoli 11, 13, 14, 15, 16, 17, 19, commi 2 e 2-bis, 20, comma 3, del decreto legge
25 settembre 2001, n. 350, convertito, con modificazioni, dalla legge
23 novembre 2001, n. 409, e successive modificazioni, e al decreto legge
22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002,
n. 73, demandando ad un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate le
relative disposizioni di attuazione e gli adempimenti anche dichiarativi.
Per regolarizzare la propria posizione il contribuente è tenuto al versamento
di un’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero
a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008 e all’effettuazione degli
adempimenti richiesti per il rimpatrio o la regolarizzazione nell’arco temporale che
va dal 15 settembre al 15 dicembre 2009.
Per beneficiare delle disposizioni in esame, il contribuente è tenuto al
versamento di una somma pari al 50 per cento – comprensiva di interessi e sanzioni
e senza il diritto allo scomputo di eventuali ritenute o crediti – di un rendimento
lordo presunto in ragione del 2 per cento annuo per i cinque anni precedenti il
rimpatrio o la regolarizzazione, senza possibilità di scomputo di eventuali perdite.
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Relativamente alle attività oggetto di rimpatrio, i contribuenti che abbiano
presentato la dichiarazione riservata sono esonerati dall’obbligo di indicare le
medesime attività nella dichiarazione annuale dei redditi (modulo RW). L’esonero
della compilazione del modulo RW è previsto anche per le attività oggetto di
regolarizzazione ma solo con riferimento alla dichiarazione dei redditi relativa al
periodo d’imposta 2009 (Unico 2010).
1. AMBITO SOGGETTIVO
I destinatari delle disposizioni concernenti l’emersione delle attività detenute
all’estero sono quelli interessati dalla normativa sul “monitoraggio fiscale” ossia le
persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed associazioni
equiparate, fiscalmente residenti nel territorio dello Stato.
In tale ambito soggettivo sono ricomprese le persone fisiche titolari di reddito
d’impresa o di lavoro autonomo. Restano, invece, esclusi gli enti commerciali,
nonché le società, siano esse società di persone o società di capitali, ad eccezione
delle società semplici.
I soggetti interessati devono essere fiscalmente residenti nel territorio dello
Stato. A tal fine, con riguardo alle persone fisiche, si deve fare riferimento alla
nozione contenuta nell’articolo 2, comma 2, del TUIR, in base alla quale si
considerano residenti “le persone che per la maggior parte del periodo d’imposta
sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello
Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile”.
Inoltre, come stabilito dal successivo comma 2-bis del medesimo articolo 2
del TUIR, si considerano altresì residenti, salvo prova contraria del contribuente, i
cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in
Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’Economia
e delle Finanze. Al riguardo si ricorda che, fino all’emanazione del citato decreto, si
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considerano residenti i cittadini emigrati in Stati o territori aventi un regime fiscale
privilegiato individuati dal D.M. 4 maggio 1999 (cosiddetta “black list”).
Ne consegue che, anche tali soggetti, ricorrendone i presupposti, rientrano
nell’ambito soggettivo di applicazione delle disposizioni in commento. In tal caso è
necessario manifestare all’intermediario il proprio status di residente italiano,
rinunciando pertanto alla possibilità di fornire la prova contraria di cui al citato
comma 2-bis dell’articolo 2 del TUIR.
Si ritiene che i contribuenti la cui residenza fiscale in Italia sia determinata in
base ad accordi internazionali ratificati in Italia e che prestano in via continuativa
attività lavorative presso organismi comunitari, non siano soggetti all’obbligo di
compilazione del modulo RW in relazione alle disponibilità costituite all’estero
mediante l’accredito degli stipendi o altri emolumenti derivanti da tali attivit
lavorative.
Si ritengono altresì esclusi dal medesimo obbligo i residenti nel comune di
Campione d’Italia in relazione alle disponibilità detenute presso istituti elvetici in
base alle disposizioni valutarie specificamente riferite al predetto territorio. Tale
esclusione è limitata alle disponibilità derivanti da redditi di lavoro, da trattamenti
pensionistici, nonché da altre attività lavorative svolte direttamente in Svizzera da
soggetti residenti nel suddetto Comune.
Per le società semplici, le associazioni e gli enti non commerciali, gli articoli
5, comma 3, lettera d), e 73, comma 3, del TUIR stabiliscono che si considerano
residenti i soggetti che per la maggior parte del periodo d’imposta hanno la sede
legale o la sede dell’amministrazione o l’oggetto principale nel territorio dello Stato.
Il requisito della residenza nel territorio dello Stato deve sussistere per il
periodo d’imposta in corso alla data di presentazione della cosiddetta “dichiarazione
riservata” (2009).
Considerato che, ai sensi dell’articolo 2 del TUIR, il requisito della residenza
si acquisisce ex tunc nel corso del periodo d’imposta nel quale si verifica il
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collegamento territoriale rilevante ai fini fiscali, si deve ritenere che possano essere
inclusi nel novero dei soggetti interessati tutti coloro che, pur non risultando
residenti nel territorio dello Stato alla data di presentazione della dichiarazione
riservata, vengano ad acquisire successivamente a tale data detto requisito in quanto,
ad esempio, abbiano inteso stabilire nel territorio dello Stato, per la maggior parte
del periodo d’imposta, il proprio domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.
Tuttavia, per poter usufruire dell’emersione delle attività detenute all’estero,
rimane fermo il presupposto del mancato adempimento delle disposizioni sul
monitoraggio fiscale nei periodi d’imposta nei quali essi erano residenti in Italia.
Si precisa, inoltre, che è preclusa la possibilità di usufruire delle disposizioni
relative all’emersione delle attività detenute all’estero per i soggetti che abbiano
osservato le disposizioni sul “monitoraggio fiscale”, ma abbiano violato unicamente
gli obblighi di dichiarazione annuale dei redditi di fonte estera.
In considerazione della finalità del provvedimento, che è quella di consentire
l’emersione di attività comunque riferibili al contribuente detenute al di fuori del
territorio dello Stato, essa è ammessa non soltanto nel caso di possesso diretto delle
attività da parte del contribuente, ma anche nel caso in cui le predette attività siano
intestate a società fiduciarie o siano possedute dal contribuente per il tramite di
interposta persona.
Come precisato nella circolare 4 dicembre 2001, n. 99/E, relativamente alla
nozione di “interposta persona”, la questione non può essere risolta in modo
generalizzato, essendo direttamente connessa alle caratteristiche e alle modalit
organizzative del soggetto interposto. In tale sede, a titolo esemplificativo, è stato
chiarito che si deve considerare soggetto fittiziamente interposto “una societ
localizzata in un Paese avente fiscalità privilegiata, non soggetta ad alcun obbligo
di tenuta delle scritture contabili, in relazione alla quale lo schermo societario
appare meramente formale e ben si può sostenere che la titolarità dei beni intestati
alla società spetti in realtà al socio che effettua il rimpatrio”.
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La stessa circolare n. 99/E del 2001, con riferimento alla possibilità di
regolarizzare attività detenute all’estero tramite un trust, ha indicato, a titolo di
esempio, quali casi di interposizione, il “trust revocabile (per cui il titolare va
identificato nel disponente o settlor) ovvero un trust non discrezionale nei casi in cui
il titolare può essere identificato nel beneficiario”.
Successivamente, con riferimento al trust revocabile, la circolare n. 48/E del
6 agosto 2007 ha precisato che in questa particolare tipologia di tale istituto “il
disponente si riserva la facoltà di revocare l’attribuzione dei diritti ceduti al trustee
o vincolati nel trust (nel caso in cui il disponente sia anche trustee), diritti, che, con
l’esercizio della revoca rientrano nella sua sfera patrimoniale. E’ evidente come in
tal caso non si abbia un trasferimento irreversibile dei diritti e, soprattutto, come il
disponente non subisca una permanente diminuzione patrimoniale. Questo tipo di
trust … ai fini delle imposte sui redditi non dà luogo ad un autonomo soggetto
passivo d’imposta cosicché i suoi redditi sono tassati in capo al disponente”.
Peraltro, la risoluzione 17 gennaio 2003, n. 8/E, già prima dell’introduzione
della normativa nazionale in materia di imposizione del reddito prodotto dai trust, ha
precisato che la condizione necessaria affinché un trust possa essere qualificato
soggetto passivo ai fini delle imposte sui redditi è che il potere del trustee
nell’amministrare i beni in possesso del trust, e ad esso affidati dal disponente, sia
effettivo. Al contrario, qualora il potere e il controllo sui beni siano riservati al
disponente (settlor), il trust dovrà essere considerato come non operante dal punto di
vista dell’imposizione diretta.
Allo stesso modo, in presenza di un trust irrevocabile nel quale il trustee è di
fatto privato dei poteri dispositivi sui beni attribuiti al trust che risultano invece
esercitati dai beneficiari, il trust deve essere considerato come non operante in
quanto fittiziamente interposto nel possesso dei beni.
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In buona sostanza si tratta di ipotesi in cui le attività facenti parte del
patrimonio del trust continuano ad essere a disposizione del settlor oppure rientrano
nella disponibilità dei beneficiari.
A titolo esemplificativo, sono da ritenere fittiziamente interposti:
trust che il disponente (o il beneficiario) può far cessare liberamente in ogni
momento, generalmente a proprio vantaggio o anche a vantaggio di terzi;
trust in cui il disponente è titolare del potere di designare in qualsiasi
momento se stesso come beneficiario;
trust in cui il disponente (o il beneficiario) è titolare di significativi poteri in
forza dell’atto istitutivo, in conseguenza dei quali il trustee, pur dotato di
poteri discrezionali nella gestione ed amministrazione del trust, non può
esercitarli senza il suo consenso;
trust in cui il disponente è titolare del potere di porre termine anticipatamente
al trust, designando se stesso e/o altri come beneficiari (cosiddetto “trust a
termine”);
trust in cui il beneficiario ha diritto di ricevere anticipazioni di capitale dal
trustee.
In tali casi la dichiarazione di emersione deve essere presentata dal soggetto
(disponente o beneficiario) che è l’effettivo possessore dei beni.
Diversamente, i trust non fittiziamente interposti, ricompresi tra i soggetti di
cui all’articolo 73, comma 1, lettera c), del TUIR, essendo tenuti agli adempimenti
previsti per tali soggetti dal decreto legge n. 167 del 1990, qualora non abbiano
osservato le disposizioni in questo contenute, possono utilizzare le modalità indicate
nell’articolo 13-bis in commento per l’emersione delle attività da essi irregolarmente
detenute all’estero.
In tal caso, la dichiarazione di emersione deve essere presentata dal trustee in
qualità di soggetto tenuto ad assolvere tutti gli adempimenti fiscali del trust.
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E’, inoltre, opportuno precisare che per trust residenti si devono intendere
anche quelli la cui residenza nel territorio dello Stato viene determinata ai sensi
dell’articolo 73, comma 3, del TUIR (cosiddetti “trust esterovestiti”), vale a dire i
trust istituiti in Paesi che non consentono un adeguato scambio di informazioni, con
almeno un beneficiario e uno dei disponenti fiscalmente residenti in Italia, e i trust
istituiti nei predetti Stati quando, successivamente alla costituzione, un soggetto
residente trasferisca a favore del trust la proprietà di un bene immobile o di diritti
reali immobiliari ovvero costituisca a favore del trust dei vincoli di destinazione
degli stessi beni e diritti.
Nel caso di trust trasparente non fittiziamente interposto, tenuto conto delle
modalità di attribuzione del reddito da esso prodotto, si ritiene che gli effetti della
dichiarazione di emersione presentata dal trustee si producano in capo ai beneficiari
nei limiti e con esclusivo riferimento ai redditi attribuiti per trasparenza dal trust
medesimo.
Fra i soggetti che possono presentare la dichiarazione di emersione sono da
comprendere gli eredi. Ovviamente, il de cuius doveva essere residente in Italia nel
momento in cui ha compiuto la violazione delle norme di cui al decreto legge n. 167
del 1990. Nel compilare la dichiarazione riservata nella sezione “Dati del
dichiarante” devono essere indicati i dati del defunto mentre i dati dell’erede che
presenta la dichiarazione riservata vanno indicati nella sezione “Dati del
rappresentate del soggetto dichiarante”. Il soggetto che presenta la dichiarazione in
luogo del de cuius, nel sottoscrivere la dichiarazione, deve altresì specificare la
propria qualifica (ad esempio erede, coerede, curatore dell’eredità giacente).
L’emersione può riguardare anche attività detenute in comunione da più
soggetti. In tal caso, la dichiarazione riservata deve essere presentata da ciascuno dei
soggetti interessati per la quota parte di propria competenza.
Il comma 7-bis dell’articolo 13-bis del decreto stabilisce che possono
effettuare il rimpatrio o la regolarizzazione anche le imprese estere controllate o
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collegate di cui agli articoli 167 e 168 del TUIR (“controlled foreign company –
CFC”).
Al riguardo, si ricorda in via preliminare che le disposizioni contenute
nell’articolo 167 del TUIR riguardano il caso “di una impresa, di una società o di
altro ente, residente o localizzato in Stati o territori” di cui al decreto ministeriale
21 novembre 2001 (cosiddetta “black list”) controllata, direttamente o
indirettamente, anche tramite società fiduciarie o per interposta persona, da soggetti
residenti in Italia. Il controllo va valutato ai sensi dell’articolo 2359, comma 1, del
codice civile.
Al ricorrere di tali presupposti, i redditi della partecipata estera sono tassati
per trasparenza in capo al socio residente, in proporzione alla partecipazione da esso
detenuta. Più precisamente, anziché essere tassati in Italia nel momento in cui
confluiscono nel reddito del soggetto controllante in qualità di dividendi
effettivamente distribuiti, i redditi della CFC vengono imputati al socio residente nel
momento in cui sono conseguiti.
Analoghe disposizioni sono previste dall’articolo 168 del TUIR con
riferimento alle ipotesi in cui il soggetto residente in Italia detenga una
partecipazione di collegamento nella CFC. A tal fine, il collegamento sussiste
quando il socio italiano detiene una partecipazione agli utili dell’impresa estera non
inferiore al 20 per cento ovvero al 10 per cento se quest’ultima è quotata.
Ciò posto, il comma 7-bis dell’articolo 13-bis del decreto prevede che le
operazioni di emersione effettuate dalla CFC producono effetti direttamente in capo
ai partecipanti residenti in Italia nei limiti degli importi delle attività rimpatriate o
regolarizzate.
Tale disposizione va interpretata nel quadro della disciplina generale in esame
e, in particolare, nell’ottica del rispetto dei presupposti soggettivi che consentono
l’accesso allo scudo fiscale.
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In tal senso, tenuto conto che l’accesso alle operazioni di emersione
presuppone la violazione degli obblighi inerenti al “monitoraggio fiscale”, si deve
ritenere che la norma faccia esclusivo riferimento alle imprese estere in cui il
soggetto che detiene il controllo o il collegamento rientri tra quelli interessati dalla
normativa contenuta nel decreto legge n. 167 del 1990, precedentemente individuati.
Come espressamente previsto dallo stesso comma 7-bis, è su tale soggetto che si
producono gli effetti dell’emersione effettuata dalla CFC.
Sulla base delle considerazioni sopra esposte, la fattispecie considerata dalla
norma in esame va pertanto configurata come un’ipotesi di interposizione nella
quale – a differenza delle analoghe fattispecie ordinariamente considerate, in cui
l’emersione è consentita all’interponente quale effettivo possessore delle attività –
l’accesso allo scudo fiscale è previsto in capo al soggetto interposto (CFC), fermo
restando la produzione dei relativi effetti in capo all’interponente che ha il reale
“dominio” delle attività oggetto di emersione da parte della CFC.
2. AMBITO OGGETTIVO
Le disposizioni relative al rimpatrio hanno per oggetto le somme di denaro e
le altre attività finanziarie, tra le quali: azioni e strumenti finanziari assimilati,
quotati e non quotati, quote di società ancorché non rappresentate da titoli, titoli
obbligazionari, certificati di massa, quote di partecipazione ad organismi di
investimento collettivo del risparmio, polizze assicurative produttive di redditi di
natura finanziaria, finanziamenti a soggetti esteri – indipendentemente dalla
residenza del soggetto emittente – metalli preziosi allo stato grezzo o monetato,
detenute all’estero, in qualsiasi Paese europeo ed extraeuropeo, a partire da una data
non successiva al 31 dicembre 2008, per le quali viene disposto dal contribuente il
trasferimento in Italia.
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Pertanto, possono essere oggetto di rimpatrio anche i titoli e le altre attivit
finanziarie emesse da soggetti residenti in Italia, purché siano detenuti all’estero in
violazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale, nonché le attivit
finanziarie e il denaro detenuti presso le filiali estere di banche o di altri intermediari
residenti in Italia.
Il rimpatrio può avere ad oggetto anche talune attività patrimoniali con le
modalità successivamente indicate.
L’operazione di regolarizzazione, invece, ha per oggetto le somme di denaro,
le altre attività finanziarie sopra elencate, nonché gli investimenti esteri di natura
non finanziaria, quali, ad esempio, gli immobili e i fabbricati situati all’estero, gli
oggetti preziosi, le opere d’arte e gli yacht, detenuti a partire da una data non
successiva al 31 dicembre 2008 in un Paese europeo o in altro Paese che garantisce
un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa.
Anche con riferimento alle attività diverse da quelle finanziarie il presupposto
per la regolarizzazione è la violazione delle disposizioni relative al “monitoraggio
fiscale”.
Al riguardo si ricorda che, ai sensi dell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del
1990, l’obbligo di compilazione del modulo RW della dichiarazione dei redditi
riguarda le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed
associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del TUIR, fiscalmente residenti nel
territorio dello Stato, che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti
all’estero ovvero attività estere di natura finanziaria di ammontare complessivo
superiore a euro 10.000, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte
estera imponibili in Italia.
In particolare, sulla base delle interpretazioni finora fornite sull’argomento, si
ricorda che le attività di natura finanziaria devono essere sempre indicate nel modulo
RW in quanto produttive in ogni caso di redditi di fonte estera imponibili in Italia.
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A titolo esemplificativo, sono oggetto di segnalazione le seguenti attivit
finanziarie:
attività i cui redditi sono corrisposti da soggetti non residenti, tra cui, ad
esempio, le partecipazioni al capitale o al patrimonio di soggetti non
residenti, le obbligazioni estere e i titoli similari, i titoli non rappresentativi di
merce e i certificati di massa emessi da non residenti (comprese le quote di
OICR esteri), le valute estere rivenienti da depositi e conti correnti, i titoli
pubblici italiani emessi all’estero, depositi e conti correnti bancari costituiti
all’estero indipendentemente dalle modalità di costituzione (ad esempio,
accrediti di stipendi, di pensione o di compensi);
contratti di natura finanziaria stipulati con controparti non residenti, tra cui,
ad esempio, finanziamenti, riporti, pronti contro termine e prestito titoli,
nonché polizze di assicurazione sulla vita e di capitalizzazione sempreché il
contratto non sia concluso per il tramite di un intermediario finanziario
italiano o le prestazioni non siano pagate attraverso un intermediario italiano;
contratti derivati e altri rapporti finanziari se i relativi contratti sono conclusi
al di fuori del territorio dello Stato, anche attraverso l’intervento di
intermediari, in mercati regolamentati;
metalli preziosi allo stato grezzo o monetato detenuti all’estero.
Come accennato, le attività sopra elencate devono essere sempre indicate nel
modulo RW, Sezione II, per effetto della loro fruttuosità ope legis, qualunque sia la
loro origine (ad esempio, acquisizione per effetto di donazione o successione).
Vanno, inoltre, indicate nella medesima Sezione le attività finanziarie italiane
detenute all’estero – ossia, ad esempio, i titoli pubblici ed equiparati emessi in Italia,
le partecipazioni in soggetti residenti ed altri strumenti finanziari emessi da soggetti
residenti – soltanto nel periodo di imposta in cui la cessione o il rimborso delle stesse
ha realizzato plusvalenze imponibili.
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Si ricorda che gli obblighi di dichiarazione non sussistono, invece, per le
attività finanziarie affidate in gestione o in amministrazione alle banche, alle SIM,
alle società fiduciarie, alla società Poste italiane e agli altri intermediari professionali
per i contratti conclusi attraverso il loro intervento, anche in qualità di controparti,
nonché per i depositi e i conti correnti, a condizione che i redditi derivanti da tali
attività estere di natura finanziaria siano riscossi attraverso l’intervento degli
intermediari stessi. Detto esonero sussiste anche nel caso di mancato esercizio delle
opzioni di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21 novembre 1997, n. 461.
Con riferimento, invece, agli investimenti all’estero di natura non finanziaria,
essi devono essere indicati nel modulo RW soltanto nel periodo d’imposta in cui
hanno prodotto redditi imponibili in Italia.
Pertanto, nel caso ad esempio degli immobili situati all’estero, gli stessi
devono essere indicati nel modulo RW relativo al periodo d’imposta in cui sono dati
in locazione ovvero formano oggetto di cessione imponibile in Italia.
Inoltre, vanno indicati gli immobili che sono assoggettati ad imposte sui
redditi nello Stato estero anche se tenuti a disposizione, come accade, ad esempio, in
Spagna.
Di contro, non deve essere indicato nel modulo RW l’immobile tenuto a
disposizione in un Paese che non ne prevede la tassazione ai fini delle imposte sui
redditi (come ad esempio in Francia). Infatti, in tal caso l’immobile non è produttivo
di redditi imponibili neanche in Italia ai sensi dell’articolo 70, comma 2, del TUIR e,
pertanto, il contribuente, non avendo violato le norme sul “monitoraggio fiscale”,
non può accedere alla procedura di emersione. Tuttavia, in questa fattispecie le
violazioni degli obblighi inerenti il “monitoraggio fiscale” potrebbero essersi
verificate precedentemente, per esempio, all’atto del trasferimento all’estero delle
somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile ovvero in precedenti periodi di
imposta nei quali il contribuente abbia locato l’immobile. In tali casi, anche se il
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presupposto (omessa compilazione del modulo RW) non è attuale, il contribuente
può comunque accedere allo scudo fiscale.
Tra gli investimenti all’estero da indicare nel modulo RW vi rientrano anche
gli oggetti preziosi, le opere d’arte e gli yacht nel periodo d’imposta in cui sono
impiegati in attività produttive di redditi imponibili in Italia. E’ il caso, ad esempio,
della locazione di imbarcazioni, opere d’arte, oggetti preziosi.
L’obbligo di compilazione del modulo RW riguarda, oltre che le consistenze
dei predetti investimenti ed attività detenuti all’estero al termine del periodo
d’imposta, anche i trasferimenti da, verso e sull’estero che nel corso del periodo
d’imposta hanno interessato i suddetti investimenti ed attività, se l’ammontare
complessivo dei movimenti effettuati nel corso del medesimo periodo, computato
tenendo conto anche dei disinvestimenti, sia stato superiore a euro 10.000.
Quest’obbligo sussiste anche se al termine del periodo d’imposta i soggetti
interessati non detengono investimenti all’estero né attività estere di natura
finanziaria, in quanto a tale data è intervenuto il disinvestimento o l’estinzione dei
rapporti finanziari, e qualunque sia la modalità con cui sono stati effettuati i
trasferimenti (attraverso intermediari residenti, attraverso intermediari non residenti
o in forma diretta tramite trasporto al seguito).
Fermo restando quanto finora precisato, si fa presente che l’esigenza di
rendere più incisivi i presidi posti in ambito internazionale a tutela del corretto
assolvimento degli obblighi tributari impone una revisione dell’interpretazione della
disposizione recata nell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 nella parte in
cui connota gli investimenti all’estero da indicare nel modulo RW come quelli
“… attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in
Italia …”. In particolare, per tener conto della suddetta esigenza, si ritiene che la
riportata previsione normativa vada da ora in poi intesa come riferita non solo a
fattispecie di effettiva produzione di redditi imponibili in Italia ma anche ad ipotesi
in cui la produzione dei predetti redditi sia soltanto astratta o potenziale. Pertanto, a
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partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso, i
contribuenti saranno tenuti ad indicare nel modulo RW non soltanto le attività estere
di natura finanziaria ma anche gli investimenti all’estero di altra natura,
indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili in Italia.
Esemplificando, quindi, dovranno essere sempre indicati anche gli immobili tenuti a
disposizione, gli yacht, gli oggetti preziosi e le opere d’arte anche se non produttivi
di redditi.
In ogni caso non è consentito rimpatriare o regolarizzare le attività che alla
data del 31 dicembre 2008 erano detenute in Italia. Conseguentemente non rientrano
tra le attività regolarizzabili il denaro e le attività finanziarie che, pur costituite
all’estero, per esempio quale corrispettivo di una prestazione lavorativa, e ivi
detenute in violazione degli obblighi del “monitoraggio fiscale”, sono state trasferite
in Italia prima della predetta data.
3. INTERMEDIARI ABILITATI
Per l’effettuazione delle operazioni di emersione è necessario avvalersi
dell’intervento degli intermediari specificamente individuati dall’articolo 11, comma
1, lettera b), del decreto legge n. 350 del 2001. Si tratta, in particolare, di:
1. banche italiane;
2. società di intermediazione mobiliare (SIM) di cui all’articolo 1, comma 1,
lettera e), del testo unico della finanza, approvato con il decreto legislativo
24 febbraio 1998, n. 58 (TUF);
3. società di gestione del risparmio (SGR) previste dall’articolo 1, comma 1,
lettera o), del TUF, limitatamente alle attività di gestione su base individuale di
portafogli di investimento per conto terzi. Al riguardo si fa presente che, a
seguito delle modifiche apportate all’articolo 33 del TUF dal decreto
legislativo 1° agosto 2003, n. 274, le SGR possono svolgere, a decorrere dal
19
22 ottobre 2003, attività di custodia e amministrazione di strumenti finanziari
non solo con riferimento ad una gestione individuale di portafoglio, ma anche
in relazione alle quote di OICR dalle stesse istituiti;
4. società fiduciarie di cui alla legge 23 novembre 1939, n. 1966;
5. agenti di cambio iscritti nel ruolo unico previsto dall’articolo 201 del TUF;
6. Poste Italiane S.p.A.;
7. stabili organizzazioni in Italia di banche e di imprese di investimento non
residenti.
4. TERMINI PER L’EFFETTUAZIONE DELLE OPERAZIONI DI EMERSIONE
Il comma 6 dell’articolo 13-bis del decreto stabilisce che le operazioni di
rimpatrio o di regolarizzazione possono essere effettuate dai soggetti interessati nel
periodo compreso tra il 15 settembre e il 15 dicembre 2009.
In particolare, è necessario che entro il termine ultimo del 15 dicembre 2009 i
soggetti interessati abbiano presentato la dichiarazione riservata, conferendo
l’incarico all’intermediario di ricevere in deposito le attività provenienti dall’estero,
abbiano fornito la necessaria provvista per il versamento dell’imposta straordinaria e
abbiano ricevuto copia della dichiarazione riservata. A questa ultima data, pertanto,
le attività rimpatriate devono essere state prese in carico dall’intermediario italiano
che le riceve in deposito.
Le attività rimpatriate prima del 15 settembre 2009 ovvero dopo il
15 dicembre 2009 non possono essere oggetto dell’operazione di emersione.
Sempreché non sia decorso il termine di cui sopra, il contribuente può
effettuare le operazioni di emersione anche attraverso più intermediari, presentando
diverse dichiarazioni riservate.
Il comma 3 dell’articolo 13-bis del decreto stabilisce che il rimpatrio ovvero
la regolarizzazione si perfezionano con il pagamento dell’imposta straordinaria.
20
Si ritiene, pertanto, che l’operazione si perfezioni con la fornitura
all’intermediario della provvista necessaria al pagamento dell’imposta straordinaria
dovuta da parte del contribuente ovvero con l’addebito della medesima imposta sul
conto del soggetto che effettua il rimpatrio o la regolarizzazione, non rilevando,
invece, a questi fini la data del versamento all’Erario da parte dell’intermediario.
In sostanza, l’intera procedura si deve concludere, entro il periodo sopra
specificato, con il pagamento dell’imposta da parte del contribuente
all’intermediario e con il rilascio della copia della dichiarazione riservata al soggetto
interessato da parte del medesimo intermediario.
Tenuto conto delle concrete difficoltà che possono essere riscontrate nel
rimpatrio o nella regolarizzazione di determinate attività finanziarie che comportano
la previa effettuazione di complessi adempimenti da parte del contribuente o degli
intermediari, si fa presente che qualora alla data del 15 dicembre 2009 le operazioni
di emersione non siano ancora concluse per cause oggettive non dipendenti dalla
volontà dell’interessato, gli effetti derivanti dalla dichiarazione riservata si
producono in ogni caso a condizione che le medesime operazioni siano perfezionate
entro una data ragionevolmente ravvicinata al termine previsto dalla norma. In ogni
caso l’imposta straordinaria deve essere corrisposta entro e non oltre il
15 dicembre 2009.
5. RIMPATRIO
L’articolo 13-bis del decreto prevede, in linea generale, l’emersione tramite il
rimpatrio e/o la regolarizzazione sia delle attività finanziarie che di quelle
patrimoniali. Considerate le modalità attuative del rimpatrio dettagliatamente di
seguito illustrate, si ritiene che quest’ultimo possa essere in concreto effettuato per il
denaro e le altre attività detenute in qualsiasi Paese europeo ed extraeuropeo a
partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008.
21
Con riferimento al denaro e alle altre attività finanziarie, i soggetti interessati
all’operazione di rimpatrio devono presentare agli intermediari precedentemente
elencati una dichiarazione riservata delle disponibilità detenute all’estero alla
predetta data delle quali si dispone l’ingresso nel territorio dello Stato, conferendo
agli intermediari l’incarico di ricevere in deposito le attività provenienti dall’estero.
L’operazione di rimpatrio può essere effettuata anche attraverso il trasporto al
seguito del contante e delle altre attività finanziarie. In tal caso, si applica l’ordinaria
disciplina in materia di monitoraggio (articoli 3 e seguenti del decreto legislativo
19 novembre 2008, n. 195). Quest’ultima prevede l’obbligo a carico del soggetto
interessato di dichiarare all’Agenzia delle Dogane l’operazione di trasporto al
seguito del contante e delle altre attività finanziarie di importo pari o superiore a
euro 10.000. La dichiarazione può essere trasmessa in via telematica prima
dell’attraversamento della frontiera ovvero consegnata in forma scritta al momento
del passaggio presso gli uffici doganali di confine o limitrofi.
Tali disposizioni si applicano anche ai trasferimenti che si intendono
effettuare mediante plico postale o equivalente. In tal caso la predetta dichiarazione
deve essere consegnata a Poste Italiane S.p.A..
Pertanto, nel caso di trasporto al seguito del denaro e delle attività finanziarie
detenute all’estero, l’intermediario riceve la dichiarazione riservata unitamente alla
dichiarazione di trasporto al seguito resa secondo le predette modalità.
Si fa presente che le attività detenute alla data del 31 dicembre 2008 possono
anche differire, dal punto di vista qualitativo, da quelle effettivamente rimpatriate ed
indicate nella dichiarazione riservata. Pertanto, ad esempio, nell’ipotesi in cui alla
predetta data erano detenuti titoli che sono stati successivamente ceduti, l’attivit
rimpatriata consiste nel relativo controvalore monetario ovvero nelle altre attivit
finanziarie acquistate con il precedente disinvestimento.
22
Si precisa inoltre che il rimpatrio si considera eseguito nel momento in cui
l’intermediario abilitato assume formalmente in custodia, deposito, amministrazione
o gestione il denaro e le predette attività finanziarie detenute all’estero, anche senza
procedere al materiale trasferimento delle stesse nel territorio dello Stato (cosiddetto
“rimpatrio giuridico”). Ciò in quanto il conferimento da parte dell’interessato di un
siffatto incarico all’intermediario implica, in forza del mandato professionale,
l’obbligo di effettuazione da parte di quest’ultimo di tutti i conseguenti adempimenti
sostanziali (tra i quali, l’applicazione delle ritenute e delle imposte sostitutive) e
formali (tra cui, le comunicazioni all’Amministrazione finanziaria dei redditi
soggetti a ritenuta a titolo d’acconto) previsti dalle leggi italiane e dai relativi
provvedimenti attuativi, indipendentemente dal luogo di effettivo deposito delle
attività.
Ciò posto, si ricorda che con riferimento alle operazioni di rimpatrio è
garantita la completa riservatezza dei relativi dati, anche attraverso la costituzione di
appositi conti destinati ad accogliere le somme e le attività finanziarie oggetto del
rimpatrio, con le modalità successivamente precisate.
Le attività, una volta rimpatriate, possono essere destinate a qualunque
finalità e quindi essere riallocate anche all’estero nel rispetto delle disposizioni
relative al monitoraggio fiscale e valutario e di tutte le altre norme che regolano le
operazioni finanziarie.
Alla luce delle precisazioni fornite, si ritiene che il rimpatrio sia realizzabile
anche per quelle attività patrimoniali che, per loro natura, sono idonee a formare
oggetto di un rapporto di custodia, deposito, amministrazione o gestione con gli
intermediari abilitati.
A tal fine si precisa che non è sufficiente che l’intermediario stipuli con il
soggetto interessato un contratto di deposito a custodia di beni infungibili,
assoggettato alla stessa disciplina civilistica della custodia in cassette di sicurezza di
23
cui agli articoli 1839 e successivi del codice civile. Tale fattispecie non soddisfa,
infatti, l’esigenza di rendere possibile all’intermediario l’effettuazione degli
adempimenti fiscali finalizzati al controllo delle operazioni che si realizzano
successivamente al rimpatrio.
Ai fini che qui interessano, potrebbe invece presentare i requisiti sopra
richiesti il contratto di amministrazione di beni per conto terzi stipulato con societ
fiduciarie residenti, riconducibile allo schema del mandato fiduciario.
In tal caso, il bene deve essere consegnato dal soggetto interessato alla
fiduciaria per essere immesso in un deposito appositamente acceso a nome della
fiduciaria stessa, anche senza dover procedere al materiale afflusso dei beni nel
territorio dello Stato.
Rimane in ogni caso ferma la possibilità per il contribuente di effettuare il
rimpatrio dei beni patrimoniali attraverso il trasporto al seguito, ove la loro natura lo
consenta.
Con particolare riferimento alle opere d’arte si fa presente che restano ferme
le disposizioni vigenti in materia di tutela e protezione delle medesime.
In tutte le ipotesi di materiale rimpatrio delle attività patrimoniali vanno
assolti gli obblighi in materia di IVA e diritti doganali eventualmente esistenti.
Con riferimento alle attività patrimoniali, in alternativa alle modalità di
rimpatrio sopra evidenziate (trasporto al seguito, rimpatrio anche giuridico tramite
società fiduciaria), è altresì consentita un’ulteriore modalità di rimpatrio giuridico
consistente nel conferimento delle attività stesse in una società costituita nello stesso
Paese in cui le attività conferite erano detenute alla data del 5 agosto 2009 e nel
conseguente rimpatrio delle partecipazioni. In tal caso, tuttavia, è necessario che il
soggetto che effettua l’operazione di rimpatrio sia il proprietario delle attivit
conferite e che la società conferitaria non risulti intestataria di altri beni.
24
Analoghe considerazioni possono essere svolte in relazione agli immobili
detenuti al 31 dicembre 2008, a condizione che la società conferitaria sia costituita
nel medesimo Paese in cui si trova l’immobile. Quest’ultima condizione è finalizzata
a non consentire la regolarizzazione di attività per le quali sarebbe possibile
esclusivamente il rimpatrio.
6. REGOLARIZZAZIONE
Il contribuente, in alternativa all’effettuazione dell’operazione del rimpatrio,
può avvalersi degli effetti dell’emersione attraverso la regolarizzazione del denaro e
delle attività finanziarie che intende mantenere all’estero.
La regolarizzazione può avere ad oggetto, oltre che al denaro e alle attivit
finanziarie, anche investimenti di diversa natura, quali gli immobili e i fabbricati
situati all’estero, le quote di diritti reali, le cosiddette “multiproprietà”, gli yacht, gli
oggetti preziosi, le opere d’arte.
Nell’ambito della regolarizzazione vi rientrano, in considerazione dell’ampia
formulazione normativa e delle finalità del provvedimento, anche le attività detenute
all’estero intestate a società fiduciarie o possedute dal contribuente per il tramite di
interposta persona. Si conferma che possono essere considerate come attivit
detenute all’estero anche gli immobili ubicati in Italia posseduti per il tramite di un
soggetto interposto residente all’estero (cfr. ris. n. 134/E del 30 aprile 2002). Va da
sé che la regolarizzazione è possibile se il soggetto interposto è residente in un Paese
che garantisce un effettivo scambio di informazioni. Inoltre, si ricorda che, per
accedere alle procedure di emersione, occorre che sussista il presupposto della
violazione, da parte del soggetto interponente/dichiarante, di una delle disposizioni
contenute nel decreto legge n. 167 del 1990.
25
Ove possibile, una volta effettuata la regolarizzazione, i beni possono essere
anche riportati in Italia, mantenendo gli effetti previsti per tale forma di emersione.
Come accennato in premessa, l’operazione di regolarizzazione è tuttavia
condizionata alla circostanza che le attività finanziarie e patrimoniali siano detenute,
a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008, in un Paese dell’Unione
Europea o in un Paese aderente all’accordo sullo Spazio Economico Europeo (SEE)
che garantiscono un “effettivo” scambio di informazioni fiscali in via
amministrativa.
Secondo un’interpretazione letterale della norma, il requisito dell’effettivit
dello scambio di informazioni si considera in ogni caso sussistente con riferimento
ai Paesi dell’Unione Europea, mentre deve essere verificato per quelli aderenti allo
SEE. Attualmente gli Stati SEE che rispettano detto requisito sono la Norvegia e
l’Islanda. Pertanto, per le attività detenute in Liechtenstein, anch’esso facente parte
del SEE, non è consentito effettuare la regolarizzazione. Da tale Paese, quindi, è
possibile esclusivamente il rimpatrio.
La regolarizzazione non è altresì consentita per le attività detenute in Paesi
extra UE, quali, ad esempio, la Svizzera, Montecarlo e San Marino, per le quali è
prevista esclusivamente la possibilità del rimpatrio.
Tuttavia, tenuto conto della disposizione di cui all’articolo 56 del trattato
25 marzo 1957 istitutivo della Comunità europea, che vieta qualsiasi restrizione ai
movimenti di capitale non solo tra Stati membri, ma anche tra Stati membri e paesi
terzi, si deve ritenere possibile la regolarizzazione delle attività detenute anche nei
Paesi extra UE con i quali è in atto un effettivo scambio di informazioni secondo il
recente standard ONU/OCSE. Pertanto, in aggiunta ai Paesi della UE e alla
Norvegia e all’Islanda, la regolarizzazione è consentita da tutti i Paesi dell’OCSE
che non hanno posto riserve alla possibilità di scambiare informazioni bancarie. Si
26
tratta, in particolare, dei seguenti Paesi: Australia, Canada, Corea del Sud,
Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Turchia.
In allegato alla presente circolare sono elencati i Paesi dai quali è possibile
effettuare l’operazione di regolarizzazione.
Per l’individuazione del Paese di detenzione delle attività da regolarizzare
rileva quello in cui le attività erano detenute alla data di entrata in vigore della legge
di conversione del decreto (5 agosto 2009).
Così come per il rimpatrio, ai fini della regolarizzazione i contribuenti sono
tenuti a presentare ad uno degli intermediari abilitati la dichiarazione riservata e ad
effettuare le medesime procedure stabilite per le operazioni di rimpatrio.
Qualora la dichiarazione riguardi attività di natura finanziaria, il contribuente
deve allegare alla dichiarazione riservata una certificazione o altra documentazione
analoga (ad esempio, estratti conto bancari) rilasciata dall’intermediario estero,
avente data ragionevolmente ravvicinata a quella di presentazione della
dichiarazione riservata, che sia in grado di comprovare che le attività finanziarie
sono depositate o costituite presso l’intermediario medesimo e che quindi sono
effettivamente detenute all’estero.
Con riferimento alla predetta certificazione, si precisa che essa non può che
essere riferita alle sole attività costituite in deposito presso l’intermediario non
residente, quali, ad esempio, somme depositate in conti correnti o in libretti di
deposito.
Nel caso in cui le attività finanziarie siano detenute, invece, in cassette di
sicurezza, si ritiene che l’operazione di regolarizzazione possa essere effettuata
soltanto previo effettivo deposito delle attività stesse presso l’intermediario estero
tenuto a rilasciare la predetta documentazione.
27
La responsabilità circa la veridicità e la provenienza della certificazione
ricade esclusivamente sull’interessato e sul soggetto che l’ha rilasciata, che ne
rispondono a tutti gli effetti di legge.
Come anticipato, la regolarizzazione può riguardare anche investimenti e
attività di natura diversa da quella finanziaria. In questo caso non è richiesta la
certificazione sopra citata da parte degli intermediari non residenti, ancorché detti
investimenti ed attività siano detenute in cassette di sicurezza.
Tuttavia, in mancanza della documentazione attestante il costo di acquisto, al
fine di rendere attendibile il valore delle predette attività, si ritiene necessario che
esso sia comprovato da un’apposita perizia di stima che deve essere conservata a
cura del contribuente ma non obbligatoriamente allegata alla dichiarazione riservata.
Gli intermediari incaricati di ricevere le dichiarazioni riservate provvedono a
svolgere i medesimi adempimenti previsti per il rimpatrio, richiamati nel successivo
paragrafo 9, ad eccezione delle deroghe specificamente previste per il rimpatrio.
Con riferimento alle operazioni di regolarizzazione, gli intermediari sono
tenuti, come per il rimpatrio, all’effettuazione delle rilevazioni previste dall’articolo
1, commi 1 e 2, del decreto legge n. 167 del 1990, ma devono anche effettuare le
comunicazioni di cui al comma 3 del medesimo articolo non previste, invece, per le
operazioni di rimpatrio.
7. MODALITÁ DI DETERMINAZIONE DELL’IMPOSTA STRAORDINARIA DOVUTA
Ai fini del conseguimento degli effetti dell’emersione, è dovuta un’imposta
straordinaria, che tiene conto anche degli interessi e delle sanzioni, pari al 50 per
cento del rendimento presunto delle attività rimpatriate o regolarizzate.
Il rendimento si presume maturato nella misura del 2 per cento annuo per i
cinque anni precedenti l’operazione di emersione.
28
In sostanza, quindi, l’imposta è pari al 5 per cento delle attività indicate nella
dichiarazione riservata. Si tratta di una presunzione assoluta che non tiene conto del
periodo di effettiva detenzione all’estero delle attività che si intende rimpatriare o
regolarizzare né del reale rendimento conseguito.
Tale presunzione esplica effetti esclusivamente ai fini della determinazione
dell’imposta straordinaria e non incide sugli altri profili applicativi della normativa
sullo scudo fiscale.
Supponendo, ad esempio, che sia effettuato il rimpatrio di una somma pari a
€ 1.000.000 il cui rendimento lordo presunto è pari a € 20.000 per ciascun anno (per
un totale di € 100.000 nei cinque anni precedenti), ne consegue che l’imposta
straordinaria dovuta è pari a € 50.000.
Non è consentito lo scomputo di eventuali perdite, né il riconoscimento di
ritenute o crediti, anche per imposte eventualmente subite all’estero. Tale imposta,
inoltre, non costituisce per il contribuente un importo deducibile né compensabile, ai
fini di alcuna imposta, tassa o contributo.
E’ appena il caso di precisare che l’imposta straordinaria va commisurata
all’importo indicato nella dichiarazione riservata delle attività detenute in data non
successiva al 31 dicembre 2008 e non va applicata ai rendimenti realizzati a
decorrere dal 1° gennaio 2009 e fino alla data di presentazione della dichiarazione
riservata, sui quali sono dovute le ordinarie imposte, anche attraverso l’intervento
degli intermediari, secondo le modalità specificate nel paragrafo 11.
8. CONTENUTO DELLA DICHIARAZIONE RISERVATA
Come accennato, ai fini dell’operazione di emersione, il contribuente è tenuto
a redigere una dichiarazione riservata e a consegnarla all’intermediario che riceve in
deposito le somme e le altre attività finanziarie o che è incaricato della
regolarizzazione.
29
Tale dichiarazione deve essere redatta in conformità al modello approvato
con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate del 14 settembre 2009,
nel quale sono indicate la natura e l’ammontare delle attività oggetto di rimpatrio. Il
modello è disponibile sul sito www.agenziaentrate.it.
La dichiarazione ha contenuto sintetico e ricalca sostanzialmente i dati e le
notizie che il contribuente avrebbe dovuto indicare nella dichiarazione dei redditi,
modulo RW, in osservanza degli obblighi previsti dal monitoraggio fiscale.
Le attività in essa specificate devono essere indicate con esclusivo
riferimento alla tipologia delle stesse, senza la descrizione analitica dei relativi
estremi identificativi (quali, ad esempio, codice titolo, soggetto emittente, ecc.).
Relativamente all’ammontare del denaro e delle attività finanziarie espresse
in valuta, il contribuente è tenuto ad indicare nella dichiarazione riservata il valore in
euro convertito utilizzando i cambi delle valute estere, indicati nel predetto
provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, calcolati sulla base della
media dei cambi mensili fissati, ai sensi dell’articolo 110, comma 9, del TUIR, per il
periodo che va da gennaio a dicembre 2008.
Ai fini dell’indicazione dell’ammontare delle attività finanziarie, il
contribuente non è tenuto ad adottare criteri specifici di valorizzazione, fermo
restando che gli effetti previsti in conseguenza della emersione delle disponibilit
detenute all’estero sono limitati agli importi indicati nelle dichiarazioni riservate. Il
contribuente può, ad esempio, indicare l’importo corrispondente al valore corrente
delle attività ovvero al costo di acquisto delle stesse o a valori intermedi.
Con riferimento alle attività diverse da quelle finanziarie, è necessario che il
valore del bene da indicare nella dichiarazione riservata sia quello compreso tra il
costo di acquisto documentato e quello risultante da un’apposita perizia di stima.
La dichiarazione riservata, debitamente sottoscritta dall’intermediario e
rilasciata in copia al contribuente, comprova il pagamento dell’imposta straordinaria
e costituisce l’unico documento idoneo ad invocare gli effetti del rimpatrio e/o della
30
regolarizzazione previsti dal decreto in esame. La dichiarazione riservata non è
soggetta ad imposta di bollo.
9. ADEMPIMENTI A CARICO DEGLI INTERMEDIARI
Ai fini dell’applicazione della disciplina in esame gli intermediari abilitati
provvedono a:
a) raccogliere le dichiarazioni riservate presentate dalla clientela ed a
controfirmare le medesime, rilasciandone copia agli interessati. Si ricorda che
gli intermediari non sono tenuti a verificare la congruità delle informazioni
contenute nelle dichiarazioni riservate, relativamente agli importi delle
attività oggetto di rimpatrio, né la sussistenza dei requisiti soggettivi richiesti
dalla norma per accedere alle operazioni di emersione delle attività detenute
all’estero (tra le quali, la residenza in Italia e la detenzione all’estero delle
attività alle date prestabilite), né sono obbligati a verificare i criteri utilizzati
dal soggetto interessato per valorizzare le medesime attività nella
dichiarazione stessa. Tuttavia, nel caso della regolarizzazione, è necessario
che l’intermediario presti attenzione alla documentazione allegata alla
dichiarazione riservata e proveniente dagli intermediari esteri. In particolare,
è necessario che sia verificato che le attività finanziarie certificate
dall’intermediario non residente risultino dalla stessa documentazione
riconducibili al soggetto che presenta la dichiarazione riservata ovvero al
diverso soggetto per il tramite del quale il contribuente detiene le attivit
all’estero. La dichiarazione debitamente sottoscritta dall’intermediario
costituisce prova dell’avvenuto pagamento dell’imposta a carico del
contribuente e del conseguente obbligo dell’intermediario al versamento
dell’imposta stessa. Il pagamento dell’imposta avviene trattenendone il
relativo importo dal denaro rimpatriato anche effettuando i disinvestimenti
31
necessari (in tal caso rileva la data dell’addebito) o attraverso la provvista
fornita dallo stesso contribuente (in tal caso rileva la data del versamento);
b) assumere formalmente in custodia, deposito, amministrazione o gestione le
attività rimpatriate e depositate dal contribuente ovvero esistenti all’estero. Ai
fini dell’accoglimento delle attività finanziarie rimpatriate e dei relativi
redditi possono essere utilizzati anche i conti di deposito già aperti in
occasione delle precedenti edizioni dello scudo fiscale;
c) versare l’imposta straordinaria dovuta in relazione alle operazioni di
rimpatrio e di regolarizzazione, entro il termine previsto per il versamento
delle ritenute relative al mese del pagamento dell’imposta da parte del
contribuente come sopra specificato, secondo le disposizioni contenute nel
Capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, senza effettuare la
compensazione di cui all’articolo 17 del medesimo decreto. A tal fine deve
essere utilizzato il codice tributo 8107 per i versamenti dell’imposta sulle
attività rimpatriate e il codice tributo 8108 per l’imposta relativa alle attivit
regolarizzate (cfr. Risoluzione 8 ottobre 2009, n. 257). In relazione agli
adempimenti posti a loro carico, gli intermediari sono soggetti alle
disposizioni previste in materia di imposte sui redditi con riferimento alla
liquidazione, all’accertamento, alla riscossione, alle sanzioni, ai rimborsi ed
al contenzioso. Pertanto, all’imposta straordinaria dovuta per effetto delle
operazioni di emersione si rendono applicabili, ove compatibili, anche le
disposizioni procedimentali relative alle ritenute e alle imposte sostitutive
delle imposte sui redditi, ad eccezione dell’istituto della compensazione di
cui all’articolo 17 del decreto legislativo n. 241 del 1997, così come
espressamente previsto dall’articolo 13, comma 2, del decreto legge n. 350
del 2001. E’ appena il caso di sottolineare che sono altresì applicabili nei
confronti dell’intermediario le disposizioni relative al cosiddetto
“ravvedimento operoso” di cui all’articolo 13 del decreto legislativo
32
18 dicembre 1997, n. 472, nonché le disposizioni contenute nell’articolo 34,
comma 4, della legge 23 dicembre 2000, n. 388;
d) indicare nella dichiarazione annuale del sostituto d’imposta (modello 770)
l’ammontare complessivo dei valori rimpatriati e regolarizzati e quello delle
somme versate. Al fine di garantire la riservatezza sulle operazioni di
emersione, i dati comunicati annualmente nel predetto modello sono dati
aggregati, senza alcuna specificazione dei nominativi che hanno presentato la
dichiarazione riservata;
e) effettuare le rilevazioni, ai fini della disciplina sul monitoraggio fiscale, degli
importi rimpatriati e regolarizzati ai sensi dell’articolo 1, commi 1 e 2, del
decreto legge n. 167 del 1990. Inoltre, limitatamente alle operazioni di
regolarizzazione, gli intermediari devono comunicare i dati e le notizie
relativi alle operazioni stesse ai sensi dell’articolo 1, comma 3, del predetto
decreto legge. Quest’ultimo obbligo non vale per le operazioni di rimpatrio al
fine di garantire il regime di riservatezza previsto dall’articolo 14 del decreto
legge n. 350 del 2001;
f) rispettare gli obblighi di identificazione, registrazione e segnalazione previsti
dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 in materia di antiriciclaggio.
In particolare, gli intermediari abilitati, nonché gli altri soggetti indicati nel
citato decreto legislativo, sono tenuti all’obbligo di segnalazione delle
operazioni sospette nei casi in cui sanno, sospettano o hanno motivi
ragionevoli per sospettare che le attività oggetto della procedura di emersione
siano frutto di reati diversi da quelli per i quali si determina la causa di non
punibilità di cui al comma 4 dell’articolo 13-bis del decreto. Al riguardo si fa
presente che le operazioni di rimpatrio e di regolarizzazione non
costituiscono di per sé elemento sufficiente ai fini della valutazione dei profili
di sospetto per la predetta segnalazione, ferma rimanendo la valutazione degli
33
altri elementi previsti dall’articolo 41 del medesimo decreto legislativo n. 231
del 2007.
10. EFFETTI DEL RIMPATRIO E DELLA REGOLARIZZAZIONE
L’effettivo pagamento dell’imposta straordinaria produce gli effetti di cui agli
articoli 14 e 15 del decreto legge n. 350 del 2001 e rende applicabili le disposizioni
di cui all’articolo 17 del medesimo decreto.
In linea generale, è prevista l’inibizione dei poteri di accertamento dei
competenti uffici in materia tributaria e previdenziale, nonché l’estinzione delle
sanzioni amministrative, tributarie e previdenziali relative alle disponibilità delle
attività emerse.
In particolare, limitatamente agli imponibili rappresentati dalle somme o altre
attività costituite all’estero e oggetto di rimpatrio o regolarizzazione, è inibita
l’attività di accertamento tributario e contributivo relativa ai periodi d’imposta che
hanno termine al 31 dicembre 2008. Ciò vale non soltanto per le attività esportate
dall’Italia, ma anche per quelle comunque costituite direttamente al di fuori del
territorio dello Stato, a fronte, per esempio, del conseguimento di un reddito erogato
all’estero.
Si precisa che la preclusione dell’attività di accertamento si riferisce in ogni
caso a presupposti verificatisi fino al 31 dicembre 2008.
E’ altresì preclusa l’attività di accertamento nei confronti dei soggetti
obbligati in via solidale con il contribuente (quali, ad esempio, gli eredi e i donatari).
La norma estende la preclusione degli accertamenti anche ai predetti soggetti se e in
quanto tenuti all’obbligazione tributaria in dipendenza degli imponibili accertati in
capo al contribuente che ha presentato la dichiarazione riservata.
34
Gli effetti della dichiarazione riservata non si producono automaticamente nei
confronti di soggetti che detengono attività all’estero in comunione con altri soggetti
qualora soltanto questi ultimi abbiano effettuato le operazioni di emersione.
A tal fine, occorre che ciascuno dei soggetti interessati presenti una distinta
dichiarazione di emersione per la quota parte di propria competenza.
Nel caso in cui la dichiarazione riservata sia stata presentata dagli eredi, essi
godono della preclusione degli accertamenti tributari relativi ai redditi del de cuius per i
quali sono solidalmente obbligati.
Tuttavia, in caso di rimpatrio, le attività non godono della riservatezza in capo
agli eredi.
Gli accertamenti sono preclusi anche con riferimento a tributi diversi dalle
imposte sui redditi, sempreché si tratti di accertamenti relativi ad “imponibili” che
siano riferibili alle attività oggetto di emersione.
A tal fine si precisa che la preclusione opera automaticamente, senza
necessità di prova specifica da parte del contribuente, in tutti i casi in cui sia
possibile, anche astrattamente, ricondurre gli imponibili accertati alle somme o alle
attività costituite all’estero oggetto di rimpatrio. Conseguentemente, l’effetto
preclusivo dell’accertamento può essere opposto, ad esempio, in presenza di
contestazioni basate su ricavi e compensi occultati.
Si evidenzia che l’effetto preclusivo dell’accertamento, tenuto conto delle
finalità generali del provvedimento, può altresì essere opposto anche nei confronti di
accertamenti di tipo “sintetico”, come nell’ipotesi di contestazione di un maggior
reddito complessivo riferibile anche astrattamente alle attività oggetto di emersione.
Per converso, gli effetti della dichiarazione riservata non possono essere fatti
valere a tali fini qualora l’accertamento abbia ad oggetto elementi che nulla hanno a
che vedere con attività per le quali si è usufruito del regime di emersione, come nel
caso, ad esempio, di rilievi sulla competenza di oneri e in altre ipotesi in cui non
35
possa configurarsi in astratto una connessione tra i maggiori imponibili accertati e le
attività emerse.
Al riguardo si precisa che il contribuente che intende opporre agli organi
competenti gli effetti preclusivi ed estintivi delle operazioni di emersione deve farlo
in sede di inizio di accessi, ispezioni e verifiche ovvero entro i trenta giorni
successivi a quello in cui l’interessato ha formale conoscenza di un avviso di
accertamento o di rettifica o di un atto di contestazione di violazioni tributarie,
compresi gli inviti, i questionari e le richieste di cui agli articoli 51, comma 2, del
D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 e all’articolo 32 del D.P.R. 29 settembre 1973, n.
600.
La speciale “copertura” assicurata dalle operazioni di emersione opera – fino
a concorrenza degli importi esposti nella dichiarazione riservata – sui maggiori
imponibili accertati, rappresentati dalle somme o dalle attività rimpatriate o
regolarizzate. In tal caso, gli organi di accertamento determinano l’eventuale
maggiore imposta dovuta su un ammontare pari alla differenza tra l’importo che
sarebbe stato imponibile in assenza delle operazioni in questione e quello del denaro
e delle altre attività dichiarate. L’eventuale eccedenza dell’importo rimpatriato o
regolarizzato rispetto a quello accertato può essere utilizzato, fino a concorrenza, a
copertura di maggiori imponibili accertati in occasione di successivi ulteriori
accertamenti, semprechè sussista l’astratta riferibilità tra i maggiori imponibili
accertati e le attività emerse.
Con riferimento alle operazioni di emersione effettuate dalle imprese estere
controllate o collegate di cui agli articoli 167 e 168 del TUIR, si fa presente che gli
importi regolarizzati o rimpatriati dalle CFC producono l’effetto di copertura in
capo al partecipante nei limiti della quota da questi detenuta nella società. L’importo
così determinato copre anche i redditi conseguiti dalla CFC imputabili per
trasparenza al partecipante stesso.
36
Si ricorda che, ai sensi del comma 4 dell’articolo 13-bis del decreto (che
richiama gli articoli 14 e 15 del decreto legge n. 350 del 2001), le operazioni di
emersione non producono gli effetti previsti qualora, alla data di presentazione della
dichiarazione riservata, la violazione sia stata già constatata ovvero siano iniziati
accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo
nei confronti del contribuente ovvero siano stati emanati nei confronti del medesimo
avvisi di accertamento o di rettifica o atti di contestazione di violazioni tributarie,
compresi i predetti inviti, questionari e richieste. Al riguardo, affinché vi sia un
effetto preclusivo alla regolarizzazione, gli atti menzionati devono essere stati
portati formalmente a conoscenza del contribuente. Per formale conoscenza si
intende la notifica degli stessi.
In tal caso le operazioni di emersione non producono effetti con riferimento
all’anno o agli anni ai quali si riferisce l’attività di controllo e quindi non possono
operare a copertura dei maggiori imponibili eventualmente accertati. Tuttavia, tali
effetti possono essere opposti qualora per lo stesso anno l’Amministrazione
finanziaria abbia successivamente avviato un’ulteriore attività di controllo.
A tali fini, occorre tener presente che non deve essere considerata una causa
ostativa alla produzione degli effetti dell’emersione la comunicazione derivante
dalla liquidazione delle imposte in base alle dichiarazioni presentate dai
contribuenti, effettuata dall’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’articolo 36-bis
del D.P.R. n. 600 del 1973, né quella derivante dal controllo formale delle medesime
dichiarazioni a norma dell’articolo 36-ter dello stesso decreto.
L’avvio di un’attività di controllo nei confronti di una società di persone e di
un soggetto ad essa equiparato (associazione) preclude la produzione degli effetti
dello scudo fiscale in capo al socio/associato relativamente ai redditi della societ
imputabili a quest’ultimo ai sensi dell’articolo 5 del TUIR.
Chiaramente non è ravvisabile alcuna causa ostativa qualora il
socio/associato rimpatri o regolarizzi, successivamente all’inizio di un’attivit
37
istruttoria nei confronti della società/associazione, attività personali detenute o
costituite all’estero non correlabili ai redditi che gli derivano per trasparenza dalla
società/associazione.
Si fa presente, inoltre, che, relativamente alla disponibilità delle attivit
dichiarate, il pagamento dell’imposta straordinaria produce anche l’estinzione delle
sanzioni amministrative tributarie e previdenziali, comprese quelle speciali
contenute nell’articolo 5, comma 1, del decreto legge n. 167 del 1990, nonché
nell’articolo 9 del decreto legislativo n. 195 del 2008.
Come già accennato, gli intermediari che ricevono le dichiarazioni riservate
non devono fornire all’Amministrazione finanziaria i dati e le notizie relativi alle
stesse. I dati relativi alle operazioni di emersione effettuate dal contribuente non
soltanto non sono comunicati all’Amministrazione al momento dell’operazione, ma
non sono forniti nemmeno successivamente in sede di accertamento.
Tra l’altro gli intermediari non devono comunicare all’Amministrazione
finanziaria i dati e le notizie inerenti ai conti di deposito che accolgono il denaro e le
attività finanziarie rimpatriate. Non devono essere altresì comunicati i dati relativi ai
conti di sub deposito nei quali sono immessi denaro e attività finanziarie rimpatriate
dal contribuente per il tramite di altri intermediari finanziari che sono impossibilitati
a gestire direttamente i conti relativi all’attività svolta a favore della propria
clientela.
Su tali conti, tuttavia, potranno essere depositati esclusivamente le attivit
rimpatriate di cui alle dichiarazioni riservate prodotte dai contribuenti interessati,
restando escluso qualunque ulteriore accredito, tranne quello riguardante somme
derivanti dall’alienazione delle attività rimpatriate, fino a concorrenza dell’importo
indicato nella dichiarazione riservata e salvo quanto chiarito di seguito in ordine agli
atti di disposizione delle attività rimpatriate. Tale condizione, naturalmente, va
38
verificata confrontando il corrispettivo di cessione delle attività finanziarie con
l’ammontare complessivo delle attività rimpatriate.
Allo stesso modo, entro il predetto limite, si ritiene che potranno essere
accreditate le attività finanziarie acquisite dall’interessato con l’utilizzo del denaro
rimpatriato o derivante dall’alienazione delle attività rimpatriate ovvero anche
tramite operazioni di permuta dei titoli rimpatriati. Al riguardo, si fa presente che le
attività finanziarie in tal modo acquisite devono essere valorizzate secondo i criteri
ordinariamente applicabili ai fini dell’attribuzione del costo fiscalmente riconosciuto
alle partecipazioni, titoli e agli altri strumenti finanziari suscettibili di produrre
redditi diversi di natura finanziaria.
Il regime della riservatezza dei predetti conti si ritiene applicabile, oltre
l’importo indicato nella dichiarazione riservata, anche ai redditi di capitale e alle
plusvalenze derivanti dal denaro e dalle attività finanziarie rimpatriate realizzati
anche successivamente al perfezionamento dell’operazione di emersione, a
condizione che si tratti di proventi assoggettati a tassazione definitiva (ritenute alla
fonte a titolo d’imposta o imposta sostitutiva) da parte dell’intermediario
depositario. Con riferimento, invece, ai redditi sottoposti a ritenuta d’acconto, il
regime della riservatezza riguarda esclusivamente i redditi conseguiti fino alla data
di presentazione della dichiarazione riservata sempreché il contribuente abbia
esercitato l’opzione di cui all’articolo 14, comma 8, del decreto legge n. 350 del
2001.
In caso di trasferimento tra intermediari del denaro e delle altre attivit
finanziarie oggetto di rimpatrio, rimane fermo il regime della riservatezza,
sempreché il nuovo rapporto sia intestato al medesimo contribuente.
L’intermediario che effettua il trasferimento deve rilasciare apposita
comunicazione al successivo intermediario al fine di attestare l’ammontare per il
39
quale vige il regime della riservatezza cui è tenuto l’intermediario che riceve il
trasferimento a decorrere dalla data di ricezione della comunicazione.
A fronte della deroga ai poteri di controllo degli uffici dell’Amministrazione,
rimangono valide le cautele volte ad evitare che gli intermediari e, tramite questi, gli
stessi contribuenti possano utilizzare le disposizioni di deroga per ostacolare i
controlli dell’Amministrazione con riferimento ad informazioni diverse da quelle
riguardanti le operazioni di rimpatrio. E’ stabilito, quindi, che qualora
l’intermediario non si limiti a garantire la riservatezza dei dati e delle notizie con
riferimento esclusivamente alle operazioni di emersione, lo stesso è tenuto a fornire
all’Amministrazione finanziaria non solo i dati relativi alle predette operazioni ma
anche quelli inerenti ad operazioni diverse.
Si fa presente inoltre che, relativamente alle attività oggetto di rimpatrio e di
regolarizzazione, i contribuenti che abbiano presentato la dichiarazione riservata
sono esonerati dall’obbligo di indicare le medesime attività nella dichiarazione dei
redditi (modulo RW) relativa al periodo d’imposta in corso alla data di
presentazione della dichiarazione riservata.
Si evidenzia che l’effettuazione delle operazioni di emersione consente di
evitare, in caso di successivo accertamento della detenzione di attività all’estero in
violazione degli obblighi di segnalazione previsti dalla disciplina sul “monitoraggio
fiscale”, la presunzione introdotta dal citato articolo 12 del decreto in base alla quale
gli investimenti e le attività finanziarie detenute in Stati o territori aventi un regime
fiscale privilegiato si considerano costituiti mediante redditi sottratti ad imposizione
in Italia.
Ai sensi del comma 3 dell’articolo 13-bis del decreto, le operazioni di
emersione non possono in ogni caso costituire elemento utilizzabile a sfavore del
contribuente in ogni sede amministrativa o giudiziaria, civile, amministrativa ovvero
tributaria, in via autonoma o addizionale, con esclusione dei procedimenti in corso
40
alla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 103 del
2009 (4 ottobre 2009).
Ai soli fini tributari, si ritiene che tale divieto valga con riferimento non solo
ai procedimenti direttamente riferibili al contribuente che ha effettuato le operazioni
di emersione, ma anche a quelli concernenti soggetti riconducibili al contribuente
stesso in qualità di dominus.
Pertanto, ad esempio, le operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione
effettuate dal dominus di una società di capitali non possono essere utilizzate ai fini
dell’avvio o nell’ambito di un’attività di controllo fiscale nei confronti della
medesima società.
Allo stesso modo le operazioni di emersione non determinano accertamenti
nei confronti dei soggetti interposti attraverso i quali il contribuente ha detenuto
all’estero le attività rimpatriate o regolarizzate.
Si tratta, in definitiva, di una disposizione che non agisce sul piano degli
effetti dell’emersione, disciplinati dal comma 4 dell’articolo 13-bis del decreto e in
precedenza esaminati, ma che mira ad evitare che lo scudo possa essere utilizzato a
sfavore del contribuente ai fini dell’accertamento di violazioni tributarie per le quali
non valgono gli effetti dello scudo stesso.
Con riferimento agli effetti penali delle operazioni di emersione, si evidenzia
che l’effettivo pagamento dell’imposta straordinaria dovuta sulle attività rimpatriate
o regolarizzate rende non punibili i reati indicati nell’articolo 8, comma 6, lettera c),
della legge 27 dicembre 2002, n. 289.
Viene inoltre confermata l’abrogazione dell’articolo 2623 del codice civile,
già disposta dall’articolo 34 della legge 28 novembre 2005, n. 262.
Occorre tenere presente che costituisce causa ostativa alla produzione degli
effetti di esclusione della punibilità dei predetti reati l’avvio del procedimento
penale di cui l’interessato abbia avuto formale conoscenza alla data di presentazione
della dichiarazione riservata.
41
11. REDDITI DERIVANTI DALLE ATTIVITÀ FINANZIARIE RIMPATRIATE
Ai sensi del comma 8 dell’articolo 14 del decreto legge n. 350 del 2001,
nonché dell’articolo 1 del decreto legge 22 febbraio 2002, n. 12, convertito, con
modificazioni, dalla legge 23 aprile 2002, n. 73 (riferimenti normativi richiamati dal
comma 5 dell’articolo 13-bis del decreto) il contribuente che si avvale
dell’operazione di rimpatrio delle attività finanziarie può comunicare
all’intermediario, contestualmente alla presentazione della dichiarazione riservata, i
redditi derivanti da tali attività percepiti dal 1° gennaio 2009 fino alla data di
presentazione della predetta dichiarazione.
In tal modo, l’intermediario sui redditi comunicati dal contribuente applica le
ordinarie ritenute alla fonte o imposte sostitutive che avrebbe applicato qualora dette
attività fossero già in deposito presso lo stesso ovvero qualora fosse intervenuto
nella loro riscossione e ne effettua il versamento secondo le ordinarie modalit
previste per le imposte sui redditi, assumendo come data di riferimento ai fini
dell’individuazione dei termini di versamento la data in cui si è perfezionata
l’operazione di rimpatrio.
A tal fine, l’imposta è prelevata dall’intermediario, anche ricevendo apposita
provvista da parte del contribuente.
Il contribuente che si avvale di tale possibilità non è tenuto ad indicare i
predetti redditi nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in cui gli
stessi sono percepiti, semprechè l’imposta applicata dall’intermediario sia a titolo
definitivo.
Si ricorda che le fattispecie che l’interessato può comunicare
all’intermediario al fine di avvalersi della disposizione in commento sono limitate a
quelle per le quali risulta applicabile il regime del risparmio amministrato o il
regime del risparmio gestito di cui agli articoli 6 e 7 del decreto legislativo 21
novembre 1997, n. 461, ovvero per le quali l’intermediario è tenuto all’applicazione
42
di una ritenuta alla fonte (d’acconto o d’imposta) o imposta sostitutiva. Pertanto,
rimangono esclusi, ad esempio, i dividendi e le plusvalenze derivanti da
partecipazioni qualificate in soggetti residenti di cui all’articolo 67, comma 1, lettera
c), del TUIR, le plusvalenze da partecipazioni qualificate estere.
Tale opzione è comunque consentita anche con riferimento a quote o azioni
di organismi di investimento collettivo di diritto estero collocati all’estero o i cui
proventi sono stati conseguiti direttamente all’estero. Analogamente vi rientrano
anche i proventi dei titoli atipici di cui all’articolo 5 del decreto legge 30 settembre
1983, n. 512, convertito in legge 25 novembre 1983, n. 649, nonché i redditi
compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di assicurazione sulla vita
e di capitalizzazione stipulati con imprese di assicurazione estere di cui all’articolo
44, comma 1, lettera g-quater), del TUIR.
L’intermediario non può tener conto di eventuali minusvalenze o perdite
realizzate dal contribuente nel periodo di tempo considerato, in quanto le relative
attività finanziarie erano detenute all’estero nell’ambito di rapporti di custodia,
deposito, amministrazione o gestione per i quali non era applicabile alcuno dei
regimi sopra richiamati. Dette minusvalenze possono, invece, essere indicate dal
contribuente nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno di realizzo delle stesse
ai sensi dell’articolo 5 del citato D.Lgs. n. 461 del 1997.
Si precisa, altresì, che non è richiesta una particolare forma di comunicazione
all’intermediario dei redditi derivanti dalle attività finanziarie rimpatriate. Restano
fermi gli obblighi di comunicazione nel modello di dichiarazione del sostituto
d’imposta dei redditi che concorrono a formare il reddito complessivo del
contribuente.
In alternativa al criterio analitico di determinazione dei redditi derivanti dalle
attività finanziarie rimpatriate percepiti nel periodo considerato, può essere utilizzato
il criterio presuntivo di cui all’articolo 6 del decreto legge n. 167 del 1990.
43
Quest’ultima disposizione prevede che, per le somme di denaro e le altre
attività finanziarie trasferite o costituite all’estero, si presume un reddito pari al tasso
ufficiale medio di sconto (ora denominato “tasso di riferimento”) vigente nel
periodo d’imposta. A quest’ultimo proposito, si fa presente che, nell’ambito della
disposizione in esame, il periodo cui fare riferimento ai fini dell’applicazione del
predetto tasso è quello intercorrente tra il 1° gennaio 2009 e la data di effettivo
rientro delle attività finanziarie detenute all’estero.
Si tratta, in sostanza, di un criterio che consente di applicare un tasso medio
ai fini della determinazione presuntiva della redditività delle attività rimpatriate,
prescindendo dall’ammontare dei proventi effettivamente percepito.
Il tasso medio deve essere applicato dal contribuente sul valore delle attivit
effettivamente rimpatriate al fine di determinare i redditi derivanti presuntivamente
dalle stesse. In sostanza, il tasso medio va calcolato su base giornaliera tenendo
conto dei tassi di riferimento vigenti nel periodo di riferimento così come individuati
nella seguente tabella.
Periodo Tasso
dal 1° gennaio 2009 al 20 gennaio 2009 2,50%
dal 21 gennaio 2009 al 10 marzo 2009 2,00%
dal 11 marzo 2009 al 7 aprile 2009 1,50%
dal 8 aprile 2009 al 12 maggio 2009 1,25%
dal 13 maggio 2009 ad oggi 1,00%
Sui redditi, così determinati, l’intermediario applica un’imposta sostitutiva
delle imposte sui redditi con l’aliquota del 27 per cento.
Tale imposta è prelevata dall’intermediario, anche ricevendo apposita
provvista dai soggetti interessati, e versata entro il sedicesimo giorno del mese
successivo a quello in cui si perfeziona l’operazione di rimpatrio.
44
Ai fini del versamento dell’imposta sostitutiva, da effettuarsi secondo le
ordinarie modalità di cui al capo III del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241,
deve essere utilizzato il codice tributo 1827 istituito con la risoluzione dell’8 ottobre
2009, n. 257.
Il criterio presuntivo di determinazione dei redditi derivanti dalle attivit
finanziarie rimpatriate sopra descritto può anche essere utilizzato per determinare i
redditi delle attività finanziarie per i quali non è possibile avvalersi dell’intervento
dell’intermediario abilitato in quanto non facilmente quantificabili (es. redditi
derivanti dalle gestioni di patrimoni) o per i redditi che, in quanto assoggettabili a
ritenute alla fonte a titolo di acconto, non possono usufruire del regime della
riservatezza. Tale criterio, al pari di quello analitico, non può essere, invece,
utilizzato per i redditi per i quali l’intervento dell’intermediario non è previsto per
norma come, ad esempio, nel caso di redditi derivanti dalle partecipazioni
qualificate in soggetti residenti.
Al riguardo si ricorda che i soggetti interessati possono applicare il criterio
analitico per taluni redditi ed utilizzare il criterio presuntivo per quella parte di
redditi di difficile quantificazione.
E’ appena il caso di precisare che l’applicazione del criterio presuntivo di
calcolo del reddito da assoggettare al prelievo del 27 per cento determina che i
redditi effettivamente conseguiti eventualmente eccedenti tale importo si
considerano anch’essi assoggettati ad imposizione sostitutiva e, quindi, non sussiste
alcun obbligo di dichiarazione. Per tale ragione, successivamente al
perfezionamento dell’operazione di rimpatrio, anche a tali redditi (eccedenti il tasso
presuntivo) si estende il regime della riservatezza.
Da ultimo si fa presente che, nonostante l’assenza di un espresso rinvio
normativo, si ritiene applicabile la disposizione contenuta nell’articolo 2, comma
3-bis, primo periodo, del decreto legge 24 giugno 2003, n. 143, convertito con
modificazioni dalla legge 1 agosto 2003, n. 212 che, in occasione della precedente
45
edizione dell’emersione delle attività detenute all’estero, ha previsto la possibilità di
applicare sui redditi derivanti dalle attività finanziarie rimpatriate l’imposta
sostitutiva di cui all’articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 (cosiddetto “regime del
risparmio gestito”) anche da parte degli intermediari che, in via ordinaria, sono
abilitati esclusivamente all’applicazione del regime del risparmio amministrato di
cui all’articolo 6 del medesimo decreto legislativo. Si tratta, come noto, delle societ
fiduciarie e della società Poste italiane.
Naturalmente l’opzione per l’applicazione della predetta imposta sostitutiva
di cui all’articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997 dovrà essere necessariamente
esercitata contestualmente alla presentazione della dichiarazione riservata ed ha
effetto dalla data del suo rilascio.
12. REDDITI E PLUSVALENZE PRODOTTI SUCCESSIVAMENTE AL RIMPATRIO
Con riguardo alla determinazione dei redditi di capitale e dei redditi diversi di
natura finanziaria eventualmente realizzati dal contribuente dopo avere effettuato il
rimpatrio, si ricorda che, ai sensi del comma 5-bis dell’articolo 14 del decreto legge
n. 350 del 2001, possono essere anche derogati gli ordinari criteri di determinazione
dei redditi stabiliti dal TUIR. In particolare, sulla base di tale disposizione, il
contribuente deve assumere, quale costo fiscalmente rilevante, il costo di acquisto,
come risultante dalla relativa documentazione. Soltanto in mancanza della
documentazione di acquisto può essere assunto, alternativamente:
il valore fornito all’intermediario mediante un’apposita dichiarazione
sostitutiva resa ai sensi dell’articolo 6, comma 3, del D.Lgs. n. 461 del 1997.
Tale valore non può in ogni caso superare il valore normale determinato sulla
base dei criteri generali stabiliti dall’articolo 9 del TUIR;
46
l’importo dichiarato nella dichiarazione riservata; in tale ipotesi la scelta va
operata barrando l’apposita casella prevista nel modello di dichiarazione
riservata.
Al riguardo, si ricorda che, qualora le attività rimpatriate vengano immesse in
un rapporto per il quale si è optato per il regime del risparmio gestito di cui
all’articolo 7 del D.Lgs. n. 461 del 1997, rimane ferma la disciplina di carattere
generale contenuta nel comma 7 del medesimo articolo, in base alla quale il
conferimento di strumenti finanziari nella gestione si considera cessione a titolo
oneroso e comporta l’obbligo, in capo all’intermediario, di procedere alla
determinazione delle eventuali plusvalenze derivanti dalla differenza tra il costo
d’acquisto e il valore di conferimento determinato secondo i criteri stabiliti nel
regolamento di gestione. Ove ne derivi una plusvalenza, l’intermediario è tenuto ad
applicare il prelievo sulla base dell’articolo 6, commi 5, 6 e 9 del medesimo decreto
legislativo.
Pertanto, anche qualora siano conferiti in gestione strumenti finanziari
rimpatriati e sia esercitata l’opzione di cui all’articolo 14, comma 5-bis, al fine di
considerare il valore indicato nella dichiarazione riservata quale costo fiscalmente
riconosciuto, la valorizzazione degli strumenti medesimi deve essere effettuata
secondo i criteri indicati nel predetto regolamento e l’intermediario dovrà procedere,
in caso di differenza tra il valore risultante dall’applicazione di tali criteri e quello
indicato nella dichiarazione riservata, alla rilevazione della eventuale plusvalenza e
all’applicazione del prelievo.
In caso di minusvalenza, questa non potrà in alcun caso essere computata in
diminuzione del risultato della gestione.
Si precisa, infine, che per la determinazione dei redditi diversi derivanti dalle
attività rimpatriate diverse da quelle finanziarie, non potendosi applicare la
disposizione speciale contenuta nel comma 5-bis dell’articolo 14 del decreto legge n.
47
350 del 2001, si rendono applicabili gli ordinari criteri di determinazione dei redditi
stabiliti dal TUIR.
13. MODIFICHE ALLA DISCIPLINA SANZIONATORIA IN MATERIA DI
MONITORAGGIO
Contestualmente all’introduzione delle disposizioni sopra esaminate, con le
quali si consente la regolarizzazione dei comportamenti omissivi attuati in passato, il
comma 7 dell’articolo 13-bis del decreto ha apportato alcune modifiche alle sanzioni
relative alla violazione degli obblighi di segnalazione previsti dalla disciplina sul
“monitoraggio fiscale”, al fine di renderla più incisiva.
In particolare, le sanzioni amministrative di cui all’articolo 5, commi 4 e 5,
del decreto legge n. 167 del 1990 sono state elevate nella misura che va dal 10 al 50
per cento dell’ammontare degli importi non dichiarati.
Si tratta delle segnalazioni riguardanti:
a) le consistenze degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura
finanziaria (modulo RW, sez. II);
b) i trasferimenti da, verso e sull’estero degli investimenti all’estero e delle
attività estere di natura finanziaria (modulo RW, sez. III).
Si ricorda, inoltre, che la violazione dell’obbligo di dichiarazione delle
consistenze degli investimenti all’estero e delle attività estere di natura finanziaria è
anche punita con la confisca di beni di corrispondente valore.
14. RINVIO A PRECEDENTE PRASSI AMMINISTRATIVA
Considerato il rinvio a tutte le disposizioni previgenti in materia di emersione
di attività detenute all’estero, fatte salve le deroghe espressamente previste, si
48
rendono applicabili, ove compatibili, le istruzioni e i chiarimenti precedentemente
forniti dall’Agenzia delle Entrate e di seguito elencati:
Circolare n. 85/E del 1° ottobre 2001;
Circolare n. 99/E del 4 dicembre 2001;
Circolare n. 101/E del 5 dicembre 2001;
Circolare n. 9/E del 30 gennaio 2002;
Risoluzione n. 57/E del 27 febbraio 2002;
Circolare n. 24/E del 13 marzo 2002;
Risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002;
Circolare n. 37/E del 3 maggio 2002;
Circolare n. 54/E del 19 giugno 2002;
Circolare n. 13/E del 24 febbraio 2003;
Circolare n. 25/E del 30 aprile 2003;
Circolare n. 50/E del 25 settembre 2003.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché le istruzioni fornite e i principi
enunciati con la presente circolare vengano puntualmente osservati dagli uffici.
49
Allegato
ELENCO DEI PAESI DAI QUALI È POSSIBILE EFFETTUARE LA REGOLARIZZAZIONE
Australia Giappone Polonia
Austria Grecia Portogallo
Belgio Irlanda Regno Unito
Bulgaria Islanda Repubblica Ceca
Canada Lettonia Romania
Cipro Lituania Slovacchia
Corea del Sud Lussemburgo Slovenia
Danimarca Malta Spagna
Estonia Messico Stati Uniti
Finlandia Norvegia Svezia
Francia Nuova Zelanda Turchia
Germania Paesi Bassi Ungheria
Categoria: Diritto
REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REGIONE 25 febbraio 2009, n. 49
Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 40 del 17-10-2009
Legge regionale n. 2/2000, art. 5, commi 51, 52 e 53. Regolamento per la concessione dei contributi straordinari pluriennali per il completamento del programma di opere strutturali e di adeguamento degli impianti agli standard previsti dalle norme di sicurezza di cui all’art. 5, comma 51, della legge regionale n. 2/2000.
(Pubblicato nel Bollettino ufficiale
della Regione Friuli-Venezia Giulia n. 10 dell’11 marzo 2009)
IL PRESIDENTE
Vista la legge regionale 22 febbraio 2000, n. 2 recante
«Disposizioni per la formazione del bilancio pluriennale ed annuale
della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (legge finanziaria
2000)», ed in particolare l’art. 5, commi 51, 52 e 53;
Richiamato il comma 51 dell’art. 5 della legge regionale n.
2/2000, il quale, come da ultima integrazione, dispone che
l’amministrazione regionale e’ autorizzata a concedere al «Collegio
Don Bosco» e all’istituto «Vendramini» di Pordenone, quali sedi di
servizi scolastici e di formazione professionale del polo
pordenonese, nonche’ all’istituto salesiano Bearzi, all’istituto
Bertoni, all’istituto Renati e all’istituto Tomadini di Udine,
nonche’ all’istituto Nostra Signora dell’Orto di Udine, e al Collegio
Don Bosco di Tolmezzo, un contributo straordinario pluriennale da
destinare al completamento del programma di opere strutturali e di
adeguamento degli impianti agli standard previsti dalle norme di
sicurezza;
Vista la legge regionale 20 marzo 2000, n. 7 titolata «Testo
unico delle norme in materia di procedimento amministrativo e di
diritto di accesso», il cui art. 30 prevede che i criteri e le
modalita’ ai quali l’amministrazione regionale deve attenersi per la
concessione di incentivi sono predeterminati con regolamento, qualora
non siano gia’ previsti dalla legge;
Considerato che i commi 51, 52 e 53 del richiamato art. 5 della
menzionata legge regionale n. 2/2000 nulla prevedono relativamente ai
criteri e alle modalita’ ai quali l’amministrazione regionale deve
attenersi per la concessione degli incentivi in parola;
Richiamato l’art. 7, comma 29 della legge regionale 12 settembre
2001, n. 23 (assestamento del bilancio 2001 e del bilancio
pluriennale 2001-2003 ai sensi dell’art. 18 della legge regionale 16
aprile 1999, n. 7.), il quale stabilisce che i contributi pluriennali
autorizzati, ai sensi dell’art. 5, comma 51, della legge regionale n.
2/2000, possono essere concessi anche a sollievo degli oneri di
ammortamento dei mutui contratti per l’esecuzione delle opere ivi
previste;
Visto il testo regolamentare allegato, predisposto dal servizio
disciplina tecnica edilizia e strutture a supporto residenza della
direzione centrale ambiente e lavori pubblici, diramato ai sensi
della circolare n. 4/2001;
Considerato che, in sede di diramazione, sono emerse alcune
considerazioni sull’individuazione del programma di riferimento e
sulla sua definizione;
Tenuto conto di tali considerazioni;
Visto il testo aggiornato e ritenuto di approvarlo;
Visto l’art. 42 dello statuto di autonomia regionale;
Visto l’art. 14 della legge regionale 15 giugno 2007, n. 17;
Vista la deliberazione della giunta regionale 30 dicembre 2008,
n. 2948 con la quale e’ stato approvato il «Regolamento per la
concessione dei contributi straordinari pluriennali per il
completamento del programma di opere strutturali e di adeguamento
degli impianti agli standard previsti dalle norme di sicurezza di cui
all’art. 5, comma 51, della legge regionale 22 febbraio 2000, n. 2
(legge finanziaria 2000)», nel testo allegato al provvedimento di cui
costituisce parte integrante e sostanziale;
Decreta:
1. E’ emanato il «Regolamento per la concessione dei contributi
straordinari pluriennali per il completamento del programma di opere
strutturali e di adeguamento degli impianti agli standard previsti
dalle norme di sicurezza di cui all’art. 5, comma 51, della legge
regionale 22 febbraio 2000, n. 2 (legge finanziaria 2000)», nel testo
allegato al presente provvedimento di cui costituisce parte
integrante e sostanziale.
2. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e farlo
osservare come regolamento della Regione.
3. Il presente decreto verra’ pubblicato nel Bollettino ufficiale
della Regione.
TONDO
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.
Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=3&datagu=2009-10-17&task=dettaglio&numgu=40&redaz=009R0337&tmstp=1256718752733
REGIONE MOLISE LEGGE REGIONALE 27 gennaio 2009, n. 7 Modifiche alla legge regionale n. 27 gennaio 1999, n. 2, recante: «Norme sull’autonomia organizzativa, funzionale e contabile del Consiglio regionale».
Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 41 del 24-10-2009
(Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Molise n. 4 del 28 febraio 2009) IL CONSIGLIO REGIONALE Ha approvato IL PRESIDENTE DELLA REGIONE Promulga la seguente legge: Art. 1 1. Dopo l’art. 8 della legge regionale n. 27 gennaio 1999, n. 2 (norme sull’autonomia organizzativa, funzionale e contabile del consiglio regionale) e’ aggiunto il seguente: «Art. 8-bis (Portavoce). – 1. Il Presidente del consiglio regionale puo’ avvalersi, per la durata della carica, di un portavoce, anche esterno all’amministrazione, con compiti di diretta collaborazione ai fini dei rapporti di carattere politico-istituzionale con gli organi di informazione. 2. Il portavoce e’ individuato dal Presidente del consiglio regionale fra giornalisti, pubblicisti o esperti in comunicazione e non puo’ esercitare altra attivita’ professionale per tutta la durata dell’incarico. 3. L’incarico e’ disposto con deliberazione dell’Ufficio di presidenza del Consiglio regionale. 4. Il relativo contratto di lavoro si risolve di diritto con la cessazione dalla carica del Presidente del consiglio regionale. Il trattamento economico non puo’ essere superiore alla cifra massima di € 50.000,00 su base annua, onnicomprensiva, da stabilirsi da parte dell’Ufficio di presidenza».
Art. 2 Disposizioni finanziarie 1. Gli oneri derivanti dall’applicazione della presente legge sono quantificati per l’esercizio finanziario 2009 in € 50.000,00. Ai medesimi si fa fronte utilizzando parte dello stanziamento iscritto alla UPB n. 010 dello stato di previsione della spesa del bilancio regionale per il medesimo esercizio, mediante l’istituzione di apposito capitolo nel preventivo delle spese del Consiglio regionale con deliberazione dell’ufficio di presidenza. 2. Per gli esercizi finanziari 2010 e successivi si provvede con le rispettive leggi approvative del bilancio.
Art. 3
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione
Molise.
La presente legge sara’ pubblicata nel Bollettino ufficiale della
Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e farla
osservare come legge della Regione Molise.
Campobasso, 19 febbraio 2009
IORIO
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.
Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=3&datagu=2009-10-24&task=dettaglio&numgu=41&redaz=009R0299&tmstp=1256888425039
REGIONE LIGURIA LEGGE REGIONALE 5 giugno 2009, n. 21
Modifiche alla legge regionale n. 20 gennaio 2005, n. 1 (Disciplina dei rapporti fra la Regione Liguria e l’Universita’ degli Studi di Genova ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502).
Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole.
Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 42 del 31-10-2009
(Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Liguria n. 10 del 17 giugno 2009) IL CONSIGLIO REGIONALE – ASSEMBLEA LEGISLATIVA DELLA LIGURIA Ha approvato. IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA promulga la seguente legge regionale: Art. 1 Modifica all’art. 4 della legge regionale n. 20 gennaio 2005, n. 1 (Disciplina dei rapporti fra la Regione Liguria e l’Universita’ degli studi di Genova ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502) 1. Il comma 2 dell’art. 4 della legge regionale n. 1/2005 e’ sostituito dal seguente: «2. Il Direttore generale e’ nominato dalla Giunta regionale d’intesa con il Rettore dell’Universita’ degli studi di Genova.».
Art. 2
Modifica all’art. 5 della 1.r. n. 1/2005
1. Il comma 3 dell’art. 5 della legge regionale 1/2005 e’
sostituito dal seguente:
«3. Al fine di garantire equilibrio tra le componenti ospedaliere
ed universitarie, le nomine dei Direttori dei Dipartimenti ad
Attivita’ integrata e Assistenziali e dei Dipartimenti Universitari
sono effettuate, rispettivamente, dal Direttore generale e dal
Rettore, scegliendo nell’ambito di terne di nominativi proposte dai
Comitati di Dipartimento.».
La presente legge regionale sara’ pubblicata nel Bollettino
Ufficiale della Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di
osservarla e farla osservare come legge della Regione Liguria.
Genova, 5 giugno 2009.
BURLANDO
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.
Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=3&datagu=2009-10-31&task=dettaglio&numgu=42&redaz=009R0584&tmstp=1257585499799