LEGGE REGIONALE 29 giugno 2009, n. 19 Testo unico sulla tutela delle aree naturali e della biodiversita’

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole.

Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 47 del 5-12-2009

(Pubblicata nel 2° suppl. al Bollettino ufficiale della Regione Piemonte n. 26 del 2 luglio 2009) IL CONSIGLIO REGIONALE Ha approvato LA PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE Promulga la seguente legge: Art. 1 Principi generali e ambito di applicazione 1. La Regione Piemonte riconosce l’importanza dell’ambiente naturale in quanto valore universale attuale e per le generazioni future e definisce con la presente legge le modalita’ per la conservazione della biodiversita’ e per la gestione dei territori facenti parte della rete ecologica regionale. 2. La Regione garantisce la partecipazione attiva delle comunita’ locali ai processi di pianificazione e di gestione sostenibile delle aree protette e ne valuta le proposte, le istanze e le progettualita’ in rapporto alla finalita’ generale di cui al comma 1. 3. In attuazione dei principi indicati ai commi 1 e 2 la presente legge: a) istituisce la rete ecologica regionale e la carta della natura regionale; b) individua il sistema regionale delle aree protette istituendo e classificando le diverse aree in relazione alle differenti tipologie e finalita’ di tutela; c) individua le modalita’ di gestione delle aree protette; d) delega la gestione delle aree incluse nella rete Natura 2000 ad enti territoriali e ad enti strumentali; e) determina le risorse finanziarie per l’attuazione delle previsioni normative stabilite dalla presente legge e le modalita’ di trasferimento ai soggetti gestori.

Art. 2 Rete ecologica regionale 1. La Regione, in attuazione della convenzione sulla biodiversita’, firmata a Rio de Janeiro il 5 giugno 1992, ratificata ai sensi della legge 14 febbraio 1994, n. 124, in conformita’ alla direttiva 79/409/CEE del consiglio, del 2 aprile 1979, relativa alla conservazione degli uccelli selvatici, alla direttiva 92/43/CEE del consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, nel rispetto della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette), e in virtu’ dell’art. 6 dello statuto della Regione istituisce sul proprio territorio la rete ecologica regionale costituita dalle aree naturali che rispondono agli obiettivi ed alle finalita’ contenute nei succitati provvedimenti. 2. La rete ecologica regionale e’ composta dalle seguenti aree: a) il sistema delle aree protette del Piemonte; b) le zone speciali di conservazione, i siti di importanza comunitaria proposti ed approvati e le zone di protezione speciale, facenti parte della rete Natura 2000; c) i corridoi ecologici.

Art. 3

Carta della natura regionale

1. La carta della natura regionale costituisce parte integrante
della pianificazione territoriale regionale e individua lo stato
dell’ambiente naturale del Piemonte, evidenziando i valori naturali e
i profili di vulnerabilita’ territoriale e determina:
a) la rete ecologica regionale;
b) i territori che, per caratteristiche ambientali e naturali,
possono essere oggetto di istituzione ad area protetta.
2. Entro tre anni dall’entrata in vigore della presente legge la
giunta regionale, di concerto con le province, adotta la carta della
natura regionale che e’ approvata dal consiglio regionale nel
rispetto delle procedure previste, per gli strumenti della
pianificazione territoriale regionale, dalla vigente legislazione in
materia urbanistica e territoriale.
3. Le province recepiscono la carta della natura regionale e i
comuni adeguano, per il territorio di loro competenza, i propri
strumenti di pianificazione territoriale nel rispetto delle procedure
di formazione e di approvazione degli strumenti medesimi.
4. Le aree individuate nella carta della natura regionale come
facenti parte della rete ecologica regionale sono soggette alle
disposizioni di cui ai titoli da II a VI.

Art. 4 Sistema regionale delle aree protette 1. Il sistema regionale delle aree protette del Piemonte e’ composto da: a) i parchi nazionali per la parte ricadente sul territorio regionale; b) le riserve naturali statali per la parte ricadente sul territorio regionale; c) le aree protette a gestione regionale; d) le aree protette a gestione provinciale; e) le aree protette a gestione locale. 2. I parchi nazionali e le riserve naturali statali sono regolati sulla base delle vigenti disposizioni dello Stato. 3. Le aree protette a gestione regionale, provinciale e locale sono regolate dalla presente legge. 4. I soggetti gestori delle aree protette ricadenti sul confine regionale promuovono intese ed accordi a livello internazionale ed interregionale con i soggetti gestori delle aree protette confinanti o limitrofe al fine del coordinamento gestionale dei territori tutelati.

Art. 5

Classificazione delle aree protette

1. Le aree protette a gestione regionale, provinciale e locale
sono classificate come segue:
a) parchi naturali, caratterizzati da una molteplicita’ di
valenze naturalistiche, paesaggistiche, culturali, storico-artistiche
dove la presenza umana si integra in modo equilibrato con l’ambiente;
b) riserve naturali, caratterizzate dalla presenza di uno o
piu’ ecosistemi importanti per la diversita’ biologica e per la
conservazione del patrimonio genetico o da aspetti geologici,
geomorfologici o paleontologici di rilievo;
c) zone naturali di salvaguardia, nelle quali il regime d’uso e
di tutela non condiziona l’attivita’ venatoria, caratterizzate da
elementi di interesse ambientale o costituenti graduale raccordo tra
il regime d’uso e di tutela delle altre tipologie di aree facenti
parte della rete ecologica regionale ed i territori circostanti;
d) riserve speciali, caratterizzate da specificita’ di rilievo
di carattere archeologico, storico, devozionale, culturale,
artistico.

Art. 6

Aree contigue

1. La Regione, d’intesa con i soggetti gestori delle aree
protette e con gli enti locali interessati, con deliberazione del
consiglio regionale su proposta della giunta regionale, delimita aree
contigue finalizzate a garantire un’adeguata tutela ambientale ai
confini delle aree protette medesime, per le quali predispone idonei
piani e programmi, da redigere d’intesa con gli enti locali
interessati e con i soggetti gestori, per la gestione della caccia e
della pesca, delle attivita’ estrattive e per la tutela dell’ambiente
e della biodiversita’.
2. All’interno delle aree contigue, ai sensi dell’art. 32, comma
3, della legge n. 394/1991, la Regione puo’ disciplinare l’esercizio
della caccia sotto forma di caccia controllata, riservata ai soli
residenti dei comuni dell’area protetta e dell’area contigua.

Art. 7

Finalita’ delle aree protette

1. I soggetti gestori delle aree protette perseguono le seguenti
finalita’ di carattere generale:
a) tutelare le risorse naturali del territorio attraverso
strategie di gestione sostenibile concertate tra le istituzioni;
b) promuovere la fruizione sociale e sostenibile e la
diffusione della cultura e dell’educazione ambientale;
c) favorire la fruizione didattica ed il supporto alle scuole
di ogni ordine e grado ed alle universita’ sulle tematiche
dell’ambiente e dell’educazione alla sostenibilita’;
d) integrare le competenze istituzionali dei soggetti gestori
con gli obiettivi e le strategie generali della rete ecologica
regionale;
e) favorire la partecipazione dei cittadini attraverso forme
associative a sostegno delle azioni volte al raggiungimento delle
finalita’ dell’area protetta.
2. I soggetti gestori perseguono, inoltre, le seguenti finalita’,
secondo la classificazione delle aree protette:
a) nei parchi naturali:
1) tutelare, gestire e ricostituire gli ambienti naturali e
seminaturali che costituiscono habitat necessari alla conservazione
ed all’arricchimento della biodiversita’;
2) sviluppare la ricerca scientifica applicata alla gestione
degli ambienti naturali e seminaturali oggetto della tutela e
promuovere e diffondere i modelli sperimentati;
3) tutelare e valorizzare il patrimonio storico-culturale e
architettonico;.
4) garantire, attraverso un processo di pianificazione di
area, l’equilibrio urbanistico-territoriale ed il recupero dei valori
paesaggistico-ambientali;
5) promuovere iniziative di sviluppo compatibile con
l’ambiente favorendo le attivita’ produttive e di fruizione che
realizzino una equilibrata integrazione delle attivita’ umane con la
conservazione degli ecosistemi naturali;
b) nelle riserve naturali:
1) tutelare, gestire e ricostituire gli ambienti naturali e
seminaturali che costituiscono habitat necessari alla conservazione
ed all’arricchimento della biodiversita’, con particolare riferimento
agli oggetti specifici della tutela;
2) contribuire alla ricerca scientifica applicata alla
gestione degli ambienti naturali e seminaturali oggetto della tutela
e promuovere e diffondere i modelli sperimentati;
c) nelle zone naturali di salvaguardia:
1) tutelare gli ecosistemi agro-forestali esistenti;
2) promuovere iniziative di recupero naturalistico e di
mitigazione degli impatti ambientali;
3) attuare, attraverso un processo di pianificazione di area,
il riequilibrio urbanistico-territoriale per il recupero dei valori
paesaggistici ed ambientali;
4) sperimentare modelli di gestione della fauna per un
equilibrato rapporto con il territorio e con le popolazioni
residenti;
5) promuovere e sviluppare le potenzialita’ turistiche
sostenibili dell’area protetta;
d) nelle riserve speciali:
1) tutelare, gestire e valorizzare il patrimonio
archeologico, storico, artistico o culturale oggetto di protezione;
2) tutelare e valorizzare gli aspetti tradizionali,
devozionali e di culto presenti;
3) sviluppare la conoscenza e la ricerca sugli oggetti della
tutela.

Art. 8 Norme di tutela e di salvaguardia 1. Le aree inserite nella carta della natura regionale e destinate ad essere istituite come aree protette sono sottoposte alle norme di tutela e di salvaguardia stabilite dalla Regione in relazione alla loro diversa classificazione nell’ambito dei divieti e delle limitazioni del presente articolo. 2. Le norme di tutela e salvaguardia di cui al comma 1 restano in vigore per il periodo di tre anni dalla data di approvazione della carta della natura regionale e decadono nel caso di mancata istituzione dell’area protetta entro il predetto triennio. 3. Nelle aree protette istituite e classificate come parco naturale e riserva naturale si applicano i seguenti divieti: a) esercizio di attivita’ venatoria fatta eccezione per le selezioni programmate di cui al comma 6; b) introduzione ed utilizzo da parte di privati di armi, esplosivi e qualsiasi mezzo distruttivo o di cattura, se non autorizzati nominativamente; c) apertura di nuove cave, fatti salvi i rinnovi e le proroghe delle autorizzazioni in essere, nei limiti delle superfici autorizzate, e gli interventi consentiti dalle norme di attuazione dei piani di area, naturalistici, di gestione e di assestamento forestale; d) apertura di discariche; e) movimentazioni di terra tali da modificare consistentemente la morfologia dei luoghi o tali da alterare il regime idrico superficiale e di falda, fatti salvi gli interventi finalizzati al miglioramento delle condizioni ambientali dei luoghi, su iniziativa del soggetto gestore o da esso autorizzati; f) realizzazione di nuove strade ed ampliamento di quelle esistenti se non in funzione di attivita’ connesse all’esercizio di attivita’ agricole, forestali e pastorali o previste dai piani di area, naturalistici, di gestione e di assestamento forestale; g) danneggiamento o alterazione della sentieristica esistente se non per interventi di manutenzione o per completamenti previsti dai piani di area, naturalistici, di gestione e di assestamento forestale; h) danneggiamento o alterazione degli ecosistemi naturali esistenti; i) cattura, uccisione, danneggiamento e disturbo delle specie animali, fatta salva l’attivita’ di pesca; j) raccolta e danneggiamento delle specie vegetali, fatte salve le attivita’ agro-silvo-pastorali; k) introduzione di specie non autoctone, vegetali e animali, che possono alterare l’equilibrio naturale, fatta eccezione per i giardini botanici di interesse pubblico; 1) asportazione di minerali; m) accensione di fuochi ad uso ricreativo al di fuori di aree appositamente attrezzate; n) utilizzo di veicoli e di motoslitte al di fuori della viabilita’ consentita; il divieto non si applica ai veicoli di soccorso ed ai veicoli agricoli degli aventi titolo; o) sorvolo a bassa quota di velivoli non appositamente autorizzati, fatto salvo quanto stabilito dalle leggi sulla disciplina del volo. 4. Nelle aree protette classificate come zona naturale di salvaguardia si applicano i divieti di cui al comma 3 ad eccezione dei casi di cui alle lettere a), b) e o). 5. Nelle aree protette classificate come riserva speciale si applicano i divieti di cui al comma 3, ad eccezione dei casi di cui alle lettere f) e o). 6. In materia di tutela e gestione della fauna, sono consentiti i prelievi faunistici e gli abbattimenti selettivi necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dal soggetto gestore dell’area protetta. Tali interventi sono effettuati nel rispetto della legge regionale n. 8 giugno 1989, n. 36 (Interventi finalizzati a raggiungere e conservare l’equilibrio faunistico ed ambientale nelle aree istituite a parchi naturali, riserve naturali e aree attrezzate), da ultimo modificata dalla legge regionale 22 febbraio 1993, n. 6. 7. Fatto salvo il divieto di cui al comma 3, lettera a), il regolamento delle aree protette integra le norme di tutela e di salvaguardia di cui al presente articolo e stabilisce le eventuali deroghe ai divieti previsti dal presente articolo. 8. Nelle more di approvazione del regolamento delle aree protette e in deroga ai divieti di cui al presente articolo sono consentiti interventi a scopo scientifico sulla flora, sulla fauna e sui minerali previa autorizzazione del soggetto gestore. 9. Sono fatte salve le norme di tutela ambientale vigenti sul territorio regionale.

Art. 9 Istituzione delle aree protette 1. Ai sensi degli articoli 2 e 23 della legge n. 394/1991, l’istituzione delle aree protette a gestione regionale, provinciale e locale avviene con legge regionale modificativa del presente testo unico. 2. La legge istitutiva individua, per ogni area: a) i confini; b) il livello di gestione regionale, provinciale o locale; c) la classificazione; d) il soggetto gestore; e) i finanziamenti. 3. I confini delle aree protette a gestione regionale, provinciale e locale sono segnalati da tabelle collocate in modo visibile, in particolare nei punti di accesso, recanti la denominazione dell’area e gli estremi della presente legge. 4. La tabellazione di confine e la segnaletica interna e di accesso delle aree protette a gestione regionale, provinciale e locale e’ realizzata secondo standard omogenei definiti con deliberazione della giunta regionale, sentite le province e i comuni interessati.

Art. 10 Aree protette 1. Le aree protette a gestione regionale, provinciale e locale esistenti alla data di entrata in vigore del presente titolo sono confermate con i confini riportati nelle cartografie di cui all’allegato A. 2. Le aree protette sono suddivise secondo il livello di gestione, nel rispetto di quanto disposto all’art. 5, e denominate come segue: a) parchi naturali a gestione regionale: 1) parco naturale del Gran Bosco di Salbertrand; 2) parco naturale della Val Troncea; 3) parco naturale Orsiera-Rocciavre’; 4) parco naturale dei Laghi di Avigliana; 5) parco naturale La Mandria; 6) parco naturale di Stupinigi; 7) parco naturale della Collina di Superga; 8) parco naturale delle Alpi Marittime; 9) parco naturale dell’Alta Valle Pesio e Tanaro; 10) parco naturale delle Capanne di Marcarolo; 11) parco naturale del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino; 12) parco naturale delle Lame del Sesia; 13) parco naturale del Monte Fenera; 14) parco naturale del Ticino; 15) parco naturale dei Lagoni di Mercurago; 16) parco naturale di Rocchetta Tanaro; 17) parco naturale dell’Alta Val Sesia; 18) parco naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe Devero; b) parchi naturali a gestione provinciale: 1) parco naturale del Lago di Candia; 2) parco naturale del Monte San Giorgio; 3) parco naturale del Monte Tre Denti – Freidour; 4) parco naturale di Conca Cialancia; 5) parco naturale del Colle del Lys; 6) parco naturale della Rocca di Cavour; c) riserve naturali a gestione regionale: 1) riserva naturale dell’Orrido di Chianocco; 2) riserva naturale dell’Orrido di Foresto; 3) riserva naturale della Vauda; 4) riserva naturale della Madonna della Neve sul Monte Lera; 5) riserva naturale del Ponte del Diavolo; 6) riserva naturale del Bosco del Vaj; 7) riserva naturale della confluenza del Maira; 8) riserva naturale della Lanca di San Michele; 9) riserva naturale della Lanca di Santa Marta e della confluenza del Banna; 10) riserva naturale del Meisino e dell’Isolone Bertolla; 11) riserva naturale dell’Oasi del Po morto; 12) riserva naturale del Molinello; 13) riserva naturale Le Vallere; 14) riserva naturale Arrivore e Colletta; 15) riserva naturale dell’Orco e del Malone; 16) riserva naturale della confluenza della Dora Baltea; 17) riserva naturale del Mulino Vecchio; 18) riserva naturale dell’Isolotto del Ritano; 19) riserva naturale di Rocca San Giovanni-Saben; 20) riserva naturale di Pian del Re; 21) riserva naturale di Paesana; 22) riserva naturale di Paracollo, Ponte pesci vivi; 23) riserva naturale Fontane; 24) riserva naturale della confluenza del Bronda; 25) riserva naturale della confluenza del Pellice; 26) riserva naturale della confluenza del Varaita; 27) riserva naturale dei Ciciu del Villar; 28) riserva naturale delle Sorgenti del Belbo; 29) riserva naturale di Crava-Morozzo; 30) riserva naturale del Torrente Orba; 31) riserva naturale di Ghiaia Grande; 32) riserva naturale della confluenza del Sesia e del Grana; 33) riserva naturale delle sponde fluviali di Casale Monferrato; 34) riserva naturale della Garzaia di Valenza; 35) riserva naturale del Boscone; 36) riserva naturale della confluenza del Tanaro; 37) riserva naturale della Garzaia di Villarboit; 38) riserva naturale della Garzaia di Carisio; 39) riserva naturale della Palude di Casalbeltrame; 40) riserva naturale di Valle Andona, Valle Botto e Valle Grande; 41) riserva naturale della Val Sarmassa; 42) riserva naturale della Baraggia di Piano Rosa; 43) riserve naturali delle Baragge biellesi e vercellesi; 44) riserva naturale del parco Burcina Felice Piacenza; 45) riserva naturale dei Canneti di Dormelletto; 46) riserva naturale di Fondo Toce; 47) riserva naturale di Bosco Solivo; 48) riserva naturale di Fontana Gigante; 49) riserva naturale della Palude di San Genuario; d) riserve naturali a gestione provinciale: 1) riserva naturale dello Stagno di Oulx; 2) riserva naturale dei Monti Pelati; e) riserve naturali a gestione locale: 1) riserva naturale del Brich Zumaglia; 2) riserva naturale Gesso e Stura; f) zone naturali di salvaguardia a gestione regionale: 1) zona naturale di salvaguardia della Collina di Rivoli; 2) zona naturale di salvaguardia del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino; 3) zona naturale di salvaguardia della Fascia fluviale del Po-tratto torinese; 4) zona naturale di salvaguardia della Stura di Lanzo; 5) zona naturale di salvaguardia della Fascia fluviale del Po-tratto vercellese-alessandrino; 6) zona naturale di salvaguardia della Fascia fluviale del Po-tratto cuneese; 7) zona naturale di salvaguardia di Fontana Gigante; 8) zona naturale di salvaguardia della Palude di San Genuario; g) zone naturali di salvaguardia a gestione locale: 1) zona naturale di salvaguardia del Bosco delle Sorti – La Communa; 2) zona naturale di salvaguardia dei Boschi e delle Rocche del Roero; 3) zona naturale di salvaguardia dell’Alpe Devero; 4) zona naturale di salvaguardia Gesso e Stura; h) riserve speciali a gestione regionale: 1) riserva speciale del Sacro Monte di Belmonte; 2) riserva speciale del Sacro Monte di Crea; 3) riserve speciali del Sacro Monte di Orta, Monte Mesma, Colle di Buccione; 4) riserva speciale del Sacro Monte di Domodossola; 5) riserva speciale del Sacro Monte di Varallo; 6) riserva speciale del Sacro Monte di Ghiffa; 7) riserva speciale del Sacro Monte di Oropa; 8) riserva speciale della Bessa; 9) riserva speciale di Benevagienna.

Art. 11 Disposizioni generali 1. Le aree protette a gestione regionale sono gestite da enti strumentali della Regione di diritto pubblico, di seguito denominati enti di gestione. 2. Agli enti di gestione si applica la normativa statale e regionale riferita alla Regione. 3. Le aree protette a gestione provinciale e locale sono gestite, a titolo di trasferimento, dalle province, dai comuni o dalle comunita’ montane interessati territorialmente, che stabiliscono autonomamente la forma di gestione. 4. I comuni a cui e’ trasferita la gestione di una stessa area protetta individuano un soggetto capofila per i rapporti con la Regione.

Art. 12

Soggetti gestori delle aree protette

1. Le aree protette di cui all’art. 10 sono gestite dai seguenti
soggetti:
a) ente di gestione delle aree protette delle Alpi Cozie, al
quale sono affidati in gestione il parco naturale del Gran Bosco di
Salbertrand, il parco naturale della Val Troncea, il parco naturale
Orsiera-Rocciavre’, la riserva naturale dell’Orrido di Chianocco, la
riserva naturale dell’Orrido di Foresto, il parco naturale dei Laghi
di Avigliana;
b) ente di gestione delle aree protette dell’Area metropolitana
di Torino, al quale sono affidati in gestione il parco naturale La
Mandria, la zona naturale di salvaguardia della Collina di Rivoli, il
parco naturale di Stupinigi, la riserva naturale della Madonna della
Neve sul Monte Lera, la riserva naturale della Vauda, la riserva
naturale del Ponte del Diavolo e la zona naturale di salvaguardia
della Stura di Lanzo;
c) ente di gestione delle aree protette del Po, del Sangone e
della Collina torinese, al quale sono affidati in gestione il parco
naturale della Collina di Superga, la riserva naturale del Bosco del
Vaj, la zona naturale di salvaguardia della Fascia fluviale del
Po-tratto torinese, la riserva naturale della Lanca di San Michele,
la riserva naturale della Lanca di Santa Marta e della confluenza del
Banna, la riserva naturale del Meisino e dell’Isolone Bertolla, la
riserva naturale dell’Oasi del Po morto, la riserva naturale del
Mulinello, la riserva naturale Le Vallere, la riserva naturale
Arrivore e Colletta, la riserva naturale dell’Orco e del Malone, la
riserva naturale della confluenza della Dora Baltea, la riserva
naturale del Mulino Vecchio, la riserva naturale dell’Isolotto del
Ritano, la riserva naturale della confluenza del Maira;
d) ente di gestione del parco naturale delle Alpi Marittime, al
quale sono affidati in gestione il parco naturale delle Alpi
Marittime e la riserva naturale di Rocca San Giovanni-Saben;
e) ente di gestione del parco naturale del Marguareis, al quale
sono affidati in gestione il parco naturale dell’Alta Valle Pesio e
Tanaro, la riserva naturale dei Ciciu del Villar, la riserva naturale
delle Sorgenti del Belbo, la riserva naturale di Crava Morozzo e la
riserva speciale di Benevagienna;
f) ente di gestione delle aree protette del Po cuneese, al quale
sono affidati in gestione la zona naturale di salvaguardia della
fascia fluviale del Po-tratto cuneese, la riserva naturale di Pian
del Re, la riserva naturale del confluenza del Bronda, la riserva
naturale di Paesana, la riserva naturale di Paracollo, Ponte Pesci
vivi, la riserva naturale Fontane, la riserva naturale della
confluenza del Pellice, la riserva naturale della confluenza del
Varaita;
g) ente di gestione del parco naturale delle Capanne di
Marcarolo, al quale e’ affidato in gestione il parco naturale delle
Capanne di Marcarolo;
h) ente di gestione delle aree protette del Po
vercellese-alessandrino e del Bosco delle Sorti della Partecipanza di
Trino, al quale sono affidati in gestione la zona naturale di
salvaguardia della fascia fluviale del Po-tratto
vercellese-alessandrino, la riserva naturale di Ghiaia Grande, la
riserva naturale della confluenza del Sesia e del Grana, la riserva
naturale delle sponde fluviali di Casale Monferrato, la riserva
naturale della Garzaia di Valenza, la riserva naturale del Boscone,
la riserva naturale della confluenza del Tanaro, la zona naturale di
salvaguardia del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino, il
parco naturale del Bosco delle Sorti della Partecipanza di Trino, la
riserva naturale del Torrente Orba, la riserva naturale di Fontana
Gigante e la riserva naturale della Palude di San Genuario;
i) ente di gestione delle aree protette astigiane, al quale sono
affidati in gestione il parco naturale di Rocchetta Tanaro, la
riserva naturale di Valle Andona, Valle Botto e Valle Grande, la
riserva naturale della Val Sarmassa;
j) ente di gestione delle aree protette del Ticino e del Lago
Maggiore, al quale sono affidati in gestione il parco naturale del
Ticino, il parco naturale dei Lagoni di Mercurago, la riserva
naturale dei Canneti di Dormelletto, la riserva naturale di Fondo
Toce, la riserva naturale di Bosco Solivo;
k) ente di gestione delle aree protette della Valle Sesia, al
quale sono affidati in gestione il parco naturale dell’Alta Val
Sesia, il parco naturale del Monte Fenera, il parco naturale delle
Lame del Sesia, la riserva naturale della Garzaia di Villarboit, la
riserva naturale della Garzaia di Carisio, la riserva naturale della
Palude di Casalbeltrame, la riserva naturale della Baraggia di Piano
Rosa; 1) ente di gestione riserve biellesi e vercellesi, al quale
sono affidate in gestione la riserva speciale della Bessa, le riserve
naturali delle Baragge biellesi e vercellesi e la riserva naturale
del parco Burcina Felice Piacenza;
m) ente di gestione delle aree protette dell’Ossola, al quale e’
affidato in gestione il parco naturale dell’Alpe Veglia e dell’Alpe
Devero;
n) ente di gestione dei Sacri Monti, al quale sono affidate in
gestione la riserva speciale del Sacro Monte di Belmonte, la riserva
speciale del Sacro Monte di Crea, la riserva speciale del Sacro Monte
di Domodossola, la riserva speciale del Sacro Monte di Varallo, la
riserva speciale del Sacro Monte di Ghiffa, le riserve speciali del
Sacro Monte di Orta, Monte Mesma, Torre di Buccione, la riserva
speciale del Sacro Monte di Oropa;
o) provincia di Torino, alla quale e’ trasferita la gestione
delle aree protette di seguito elencate: parco naturale del Lago di
Candia, parco naturale del Monte San Giorgio, parco naturale del
Monte Tre Denti – Freidour, parco naturale di Conca Cialancia, parco
naturale del Colle del Lys, parco naturale della Rocca di Cavour,
riserva naturale dello Stagno di Oulx, riserva naturale dei Monti
Pelati;
p) comune di Baceno, al quale e’ trasferita la gestione della
zona naturale di salvaguardia dell’Alpe Devero;
q) comuni di Alice Bel Colle, Cassine, Ricaldone, Bruno,
Maranzana e Mombaruzzo, ai quali e’ trasferita la gestione della zona
naturale di salvaguardia del Bosco delle Sorti – La Communa;
r) comuni di Bra, Baldissero d’Alba, Pocapaglia, Sommariva Perno,
Sommariva Bosco e Sanfre’, ai quali e’ trasferita la gestione della
zona naturale di salvaguardia dei Boschi e delle Rocche del Roero;
s) comune di Cuneo, al quale e’ trasferita la gestione della
riserva naturale Gesso e Stura e della zona naturale di salvaguardia
Gesso e Stura;
t) Comunita’ montana Valle Cervo-La Bursch, alla quale e’
trasferita la gestione della riserva naturale del Brich Zumaglia.

Art. 13 Organi degli enti di gestione delle aree protette 1. Gli organi degli enti di gestione, sono: a) il presidente; b) il consiglio; c) la comunita’ delle aree protette, fatta eccezione per l’ente di gestione dei Sacri Monti, per il quale non e’ previsto tale organo.

Art. 14

Il presidente

1. Il presidente e’ nominato con decreto del Presidente della
giunta regionale d’intesa e su proposta della comunita’ delle aree
protette, fatto salvo il presidente dell’ente di gestione dei Sacri
Monti, per il quale si applica la disposizione di cui all’art. 15,
comma 7, lettera a).
2. Il presidente ha la legale rappresentanza dell’ente, presiede
il consiglio e svolge le seguenti funzioni:
a) presenta le proposte di deliberazione relative agli atti di
competenza del consiglio;
b) assegna le risorse necessarie al direttore dell’ente e propone
al consiglio gli atti per la valutazione dei risulta-ti, sulla base
del programma di attivita’ approvato dal consiglio medesimo;
c) autorizza le variazioni di bilancio tra capitoli della stessa
unita’ previsionale di base e trasmette i provvedimenti adottati al
consiglio per la necessaria ratifica da effettuarsi entro la prima
seduta;
d) adotta i provvedimenti urgenti ed indifferibili di competenza
del consiglio salvo ratifica da parte del consiglio medesimo;
e) svolge altresi’ le funzioni a lui attribuite dallo statuto
dell’ente di gestione.
3. I provvedimenti di cui al comma 2, lettera d) sono sottoposti
al consiglio, per la ratifica, nella sua prima successiva seduta da
tenersi non oltre sessanta giorni dalla data di adozione, decorsi
inutilmente i quali, perdono la loro efficacia.
4. In caso di mancata ratifica o di modifica dei provvedimenti di
cui al comma 2, lettera d), il consiglio adotta gli atti necessari
nei riguardi dei rapporti giuridici sorti sulla base dei
provvedimenti non ratificati o modificati.
5. La carica di presidente e’ incompatibile con le cariche di cui
all’art. 16, comma 1, con quella di presidente o consigliere di altro
ente di gestione di area protetta, di presidente della comunita’
delle aree protette, di presidente o assessore di comunita’ montana,
posta anche parzialmente entro i confini delle aree protette gestite
dall’ente, e di sindaco o assessore comunale dei comuni posti anche
parzialmente entro i confini delle aree protette gestite dall’ente.
6. Il presidente dura in carica fmo alla scadenza del consiglio
dell’ente e puo’ essere nominato per un massimo di due volte.
7. Il presidente decade dal suo incarico automaticamente nel caso
di mancata convocazione del consiglio dell’ente nel numero annuo di
sedute previste, nel caso di mancata convocazione del consiglio
richiesta dai suoi componenti ai sensi dell’art. 15, comma 12, ed in
caso di piu’ di due assenze ingiustificate alle sedute di consiglio.
8. Le dimissioni dalla carica di presidente sono presentate
all’ente di gestione e al Presidente della giunta regionale con le
modalita’ previste dallo statuto dell’ente, che disciplina le
successive determinazioni.
9. Il presidente e’ sostituito temporaneamente dal vice
presidente nel caso di dimissioni, decadenza o impedimento.

Art. 15

Il consiglio

1. Il consiglio e’ composto:
a) dal presidente dell’ente di gestione;
b) da sei componenti nominati con decreto del Presidente della
giunta regionale di cui uno designato d’intesa dalle province
interessate e cinque designati dalla comunita’ delle aree protette.
2. Lo statuto dell’ente di gestione, in casi particolari motivati
dalle situazioni territoriali che caratterizzano le aree in gestione
ai singoli enti, puo’ prevedere l’estensione del numero dei
componenti del consiglio di cui al comma 1 fino ad un massimo di
dieci. I componenti aggiuntivi so-no designati dalla comunita’ delle
aree protette e nominati con decreto del Presidente della giunta
regionale.
3. Tra i componenti del consiglio designati dalla comunita’ delle
aree protette, sono nominati un rappresentante indicato dalle
associazioni di protezione ambientale maggiormente rappresentative in
sede regionale e riconosciute ai sensi dell’art. 13 della legge 8
luglio 1986, n. 349 (Istituzione del Ministero dell’ambiente e norme
in materia di danno ambientale), un rappresentante indicato dalle
associazioni agricole di categoria e un rappresentante indicato dalle
associazioni di categoria dell’industria, dell’artigianato e del
turismo.
4. Un ulteriore componente del consiglio dell’ente di gestione
delle aree protette del Po vercellese-alessandrino e del Bosco delle
Sorti della Partecipanza di Trino e’ designato dalla Partecipanza dei
Boschi di Trino, ad integrazione di quanto previsto al comma 1,
lettera b).
5. La gestione del Bosco delle Sorti di Trino e’ affidata alla
Partecipanza dei Boschi di Trino attraverso la stipula di apposita
convenzione che assicura:
a) la continuita’ della gestione della Partecipanza dei Boschi di
Trino, conservandone le caratteristiche storiche quali risultano
dagli statuti sociali, dagli atti, dagli usi e dalle consuetudini
della Partecipanza stessa, mantenendo inalterato il regime di
proprieta’;
b) la tutela e la valorizzazione delle caratteristiche naturali,
ambientali e paesaggistiche dell’area boschiva al fine di
ricostituire e mantenere l’unita’ ambientale del Bosco delle Sorti
della Partecipanza, nel pieno e incondizionato rispetto delle
pratiche silvocolturali e dei diritti e delle consuetudini secolari
esercitati dalla Partecipanza e dai partecipanti quali proprietari
proindiviso;
c) la promozione e la gestione di ogni iniziativa necessaria od
utile per consentire la fruizione del Bosco delle Sorti a fini
ricreativi, didattici, scientifici, culturali.
6. La convenzione di cui al comma 5 e’ stipulata entro novanta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente titolo e indica i
criteri relativi alla gestione del Bosco della Partecipanza e le
modalita’ attuative necessarie alla realizzazione delle finalita’ di
cui al comma 5, lettere a), b) e c) relative alla convenzione. Lo
schema della convenzione e’ approvato dalla giunta regionale.
7. In deroga ai commi 1, 2 e 3, il consiglio dell’ente di
gestione dei Sacri Monti e’ composto da:
a) il presidente dell’ente, nominato con decreto del presidente
della giunta regionale d’intesa e su proposta degli enti locali
interessati;
b) quindici componenti nominati con decreto del presidente
della giunta regionale, cosi’ suddivisi:
1) quattordici rappresentanti di ciascun sacro monte,
designati in modo paritario dalle amministrazioni comunali e
religiose interessate;
2) un esperto di beni culturali e architettonici, scelto tra
docenti universitari.
8. Alle sedute del consiglio dell’ente di gestione dei Sacri
Monti partecipa con voto consultivo un rappresentante designato dal
Consorzio volontario per il restauro delle cappelle del Sacro Monte
Calvario di Domodossola.
9. Il consiglio puo’ legittimamente insediarsi quando e’ nominata
la maggioranza dei suoi componenti, comprensiva del presidente.
10. Il consiglio svolge le seguenti funzioni:
a) elegge il vice presidente, scelto tra i suoi componenti;
b) individua la sede legale dell’ente;
c) adotta lo statuto dell’ente e delibera le sue modificazioni;
d) adotta gli strumenti di pianificazione e programmazione
previsti dalla vigente normativa;
e) delibera il programma annuale e pluriennale dell’ente;
f) delibera il bilancio annuale e pluriennale, le sue
variazioni ed il conto consuntivo;
g) approva la relazione annuale sull’attivita’ svolta
dall’ente;
h) adotta il regolamento dell’area protetta;
i) attribuisce l’incarico di direttore dell’ente e gli altri
incarichi dirigenziali;
j) valuta i risultati dei dirigenti dell’ente su proposta del
presidente;
k) delibera gli indirizzi generali relativi alla
regolamentazione del personale e degli assetti organizzativi della
struttura dell’ente;
l) nomina i rappresentanti dell’ente presso altri enti ed
organismi esterni secondo le disposizioni di legge;
m) esprime i pareri di competenza dell’organo politico;
n) ratifica gli atti adottati in via d’urgenza dal presidente
dell’ente;
o) affida gli incarichi di consulenza per gli atti di propria
competenza;
p) assume tutti gli altri provvedimenti ad esso demandati dalle
leggi regionali.
11. Il consiglio dura in carica fino alla scadenza del consiglio
regionale. I suoi componenti possono essere rinominati.
12. Il consiglio e’ convocato dal presidente ogni volta che lo
ritiene opportuno, comunque almeno tre volte l’anno in seduta
ordinaria per l’approvazione dei bilanci e, qualora ne facciano
richiesta almeno un terzo dei consiglieri in carica, entro quindici
giorni dalla medesima.
13. Le sedute del consiglio sono pubbliche, fatta salva ogni
diversa previsione di legge.
14. Per la validita’ delle sedute del consiglio e’ necessaria la
presenza della maggioranza assoluta dei componenti in carica. Non
concorrono a determinare la validita’ dell’adunanza coloro che
abbandonano la seduta prima della votazione. Non si computano per
determinare la maggioranza assoluta coloro che, pur presenti, sono
tenuti obbligatoriamente ad astenersi.
15. Il consiglio delibera a maggioranza assoluta dei presenti. Il
consiglio delibera a maggioranza qualificata dei due terzi dei
presenti lo statuto dell’ente, le sue modificazioni e il regolamento
dell’area protetta.
16. In deroga a quanto stabilito al comma 10 lettera b) la sede
legale ed amministrativa dell’ente di gestione dei Sacri Monti e’
individuata presso i locali del soppresso ente di gestione del parco
naturale del Sacro Monte di Crea. Entro novanta giorni
dall’approvazione della presente legge, sentita la commissione
consiliare competente, la giunta regionale, con apposito
provvedimento, disciplina le forme piu’ idonee alla valorizzazione
delle esperienze riguardanti il Sacro Monte di Varallo nel campo del
restauro, il Sacro Monte di Oropa nella valorizzazione del turismo
religioso, il Sacro Monte Calvario di Domodossola nella funzione
devozionale, il Sacro Monte di Orta come sede di iniziative legate
alla pace ed al dia-logo interreligioso.

Art. 16

Incompatibilita’, decadenza e dimissioni dei consiglieri

1. La carica di consigliere dell’ente di gestione e’
incompatibile con le cariche di:
a) parlamentare;
b) presidente di regione;
c) presidente di provincia;
d) consigliere o assessore regionale;
e) consigliere o assessore provinciale;
f) presidente o assessore di comunita’ montana o collinare
territorialmente interessata dalle aree protette gestite dall’ente;
tale incompatibilita’ non si applica ai componenti designati dalla
comunita’ delle aree protette;
g) sindaco dei comuni posti anche parzialmente entro i confini
delle aree protette gestite dall’ente; tale incompatibilita’ non si
applica per i componenti designati dalla comunita’ delle aree
protette;
h) dipendente dell’ente;
i) componente di organismi di controllo sull’attivita’ dell’ente
di gestione.
2. I consiglieri decadono automaticamente dall’incarico nel caso
di assenza ingiustificata a piu’ di tre sedute consecutive di
consiglio.
3. Le dimissioni dalla carica di consigliere sono presentate
all’ente di gestione e al presidente della giunta regionale con le
modalita’ previste dallo statuto dell’ente, che disciplina le
successive determinazioni.
4. In caso di dimissioni, decadenza o comunque di vacanza del
posto di consigliere, il componente nominato permane in carica per il
periodo di durata del consiglio.

Art. 17

Indennita’

1. Al presidente di ogni ente di gestione spetta un’indennita’ di
carica nella misura stabilita con deliberazione della giunta
regionale. L’indennita’ di carica mensile lorda varia da un minimo di
un ottavo ad un massimo di un quarto dell’indennita’ mensile globale
lorda spettante ai consiglieri regionali.
2. Al vice presidente di ogni ente di gestione spetta
un’indennita’ di carica pari ad un quarto di quella spettante al
presidente.
3. Agli altri componenti del consiglio dell’ente di gestione e’
corrisposta un’indennita’ annuale stabilita con deliberazione della
giunta regionale, non superiore al settanta per cento dell’indennita’
spettante al vice presidente.
4. Al presidente, al vice presidente e agli altri componenti del
consiglio dell’ente di gestione spettano altresi’ le spese di
trasferta sostenute per la partecipazione alle sedute del consiglio.

Art. 18 La comunita’ delle aree protette 1. Ai sensi dell’art. 24, comma 1 della legge n. 394/1991 e’ costituita, per ciascun ente di gestione, fatta eccezione per l’ente di gestione dei Sacri Monti, la comunita’ delle aree protette. 2. La comunita’ delle aree protette e’ composta dai presidenti delle province, dai sindaci e dai presidenti delle comunita’ montane e collinari nei cui territori sono ricomprese le aree protette gestite dall’ente, oppure da componenti delegati in via permanente in loro sostituzione. 3. La comunita’ delle aree protette e’ organo consultivo, propositivo e di verifica sull’attivita’ dell’ente di gestione e approva il proprio regolamento. 4. La comunita’ delle aree protette svolge le seguenti funzioni: a) designa i rappresentanti di propria competenza all’interno del consiglio; b) esprime parere obbligatorio sullo statuto dell’ente di gestione; c) esprime parere obbligatorio sul regolamento dell’area protetta, con il voto dei soli rappresentanti degli enti locali interessati da ciascuna area; d) elabora il piano economico-sociale con il voto dei soli rappresentanti degli enti locali interessati da ciascuna area; e) esprime parere obbligatorio sui piani di area con il voto dei soli rappresentanti degli enti locali interessati da ciascuna area; f) esprime parere obbligatorio sui piani naturalistici con il voto dei soli rappresentanti degli enti locali interessati da ciascuna area; g) esprime parere obbligatorio sul bilancio e sul conto consuntivo dell’ente di gestione; h) esprime parere su altre questioni, a richiesta di un terzo dei consiglieri in carica. 5. I pareri di cui al comma 4 sono adottati entro il termine perentorio di trenta giorni dalla data di ricevimento della richiesta, trascorso il quale si intendono resi in senso favorevole. 6. La comunita’ delle aree protette elegge al suo interno un presidente ed un vice presidente ed e’ convocata dal presidente almeno due volte l’anno o su richiesta di almeno un terzo dei suoi componenti secondo le modalita’ previste dallo statuto dell’ente.

Art. 19 Personale 1. Gli enti di gestione delle aree protette provvedono all’adempimento delle funzioni relative allo svolgimento dei propri compiti istituzionali con personale proprio, a cui si applica lo stato giuridico ed economico del personale regionale. 2. Le province, i comuni e le comunita’ montane ai quali sono affidate in gestione aree protette, provvedono autonomamente ad individuare il personale dedicato. 3. La giunta regionale con deliberazione approva le declaratorie dei profili professionali del personale degli enti di gestione. 4. La giunta regionale con deliberazione definisce le dotazioni organiche degli enti di gestione. 5. Il direttore dell’ente di gestione puo’ delegare la responsabilita’ di procedimenti amministrativi connessi alle competenze proprie del profilo professionale ricoperto a dipendenti di ruolo di categoria D con l’adozione dei conseguenti provvedimenti. 6. Il personale degli enti di gestione svolge, previa preparazione professionale, attivita’ di antincendio boschivo e di protezione civile in occasione di eventi calamitosi anche al di fuori del territorio gestito dall’ente di appartenenza sulla base di apposita convenzione con le autorita’ competenti in materia.

Art. 20 Dirigenza 1. La qualifica di dirigente e’ articolata in livelli diversificati di funzione. 2. L’incarico di direttore dell’ente di gestione e’ attribuito a tempo determinato, per una durata non superiore a cinque anni e non inferiore a due, rinnovabile, ad un dirigente di ruolo dell’ente o, con contratto di lavoro di diritto privato, a persona esterna all’amministrazione dell’ente, in possesso dei requisiti di cui al comma 3. 3. I requisiti per l’affidamento di incarico di direttore dell’ente di gestione sono il possesso di diploma di laurea secondo il vecchio ordinamento oppure di laurea specialistica secondo il nuovo ordinamento e di una comprovata qualificazione professionale derivante dall’aver svolto attivita’ dirigenziali per almeno un quinquennio in enti od aziende pubbliche o private, oppure il possesso di esperienze professionali di rilevanza assimilabile, debitamente documentate. 4. Al direttore dell’ente di gestione compete un’indennita’ di posizione non inferiore a quella di responsabile di settore e non superiore a quella di direttore della Regione Piemonte. 5. Agli altri dirigenti sono conferiti incarichi di responsabile di struttura o di staff. 6. Il direttore e’ superiore gerarchico degli altri dirigenti dell’ente di gestione. 7. Gli incarichi dirigenziali sono attribuiti per un periodo non inferiore a due e non superiore a cinque anni e sono rinnovabili. 8. Il dirigente, secondo le specifiche attribuzioni: a) dirige la struttura organizzativa a cui e’ preposto, verifica i risultati e controlla i tempi, i costi e i rendimenti dell’attivita’ amministrativa; b) provvede alla gestione finanziaria, tecnica e amministrativa compresa l’adozione di tutti gli atti gestionali che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, mediante l’esercizio di autonomi poteri di spesa nell’ambito delle risorse formalmente assegnate e di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo; c) svolge funzioni tecnico-professionali, ispettive, di vigilanza, di consulenza, di studio e ricerca; d) verifica periodicamente il carico di lavoro e la produttivita’ del personale della struttura di cui e’ responsabile; e) provvede alle attestazioni, certificazioni, comunicazioni, diffide, verbali, autenticazioni, legalizzazioni ed ogni altro atto costituente manifestazione di giudizio e di conoscenza, con riferimento alle proprie competenze; f) individua, tra i dipendenti dell’ente di gestione, la figura professionale alla quale delegare le competenze di cui alla lettera e) relative alle manifestazioni di conoscenza; g) effettua la contestazione degli addebiti, cura l’istruttoria del procedimento disciplinare e applica le sanzioni disciplinari nel rispetto delle procedure stabilite dai vigenti contratti collettivi nazionali; h) adotta gli atti di gestione del personale e attribuisce i trattamenti economici accessori sulla base degli indirizzi forniti dal consiglio dell’ente nel rispetto delle procedure stabilite dalla normativa vigente cosi’ come definiti dai contratti collettivi di lavoro; i) e’ responsabile dei procedimenti amministrativi, ivi compresi quelli relativi agli appalti e ai concorsi, e adotta i provvedimenti di cui all’art. 28, comma 8, della legge regionale 4 luglio 2005, n. 7 (nuove disposizioni in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi); j) promuove le liti attive e passive e puo’ conciliare e transigere se a cio’ espressamente delegato dal consiglio dell’ente; k) presiede le commissioni di gara, di concorso, e stipula i contratti; l) rappresenta agli organi di direzione politica gli elementi di conoscenza e di valutazione utili per l’assunzione delle decisioni; m) razionalizza e semplifica le procedure; n) impartisce direttive e indirizzi ai collaboratori; o) applica le disposizioni relative alle relazioni sindacali previste dalla vigente normativa legislativa e contrattuale; p) determina, nell’ambito dei criteri definiti dal consiglio dell’ente di gestione, gli orari di servizio, di apertura al pubblico degli uffici e l’articolazione dell’orario contrattuale, nel rispetto delle procedure previste dai contratti collettivi nazionali di lavoro del personale dipendente; q) fornisce le risposte ai rilievi degli organi di controllo sugli atti di competenza; r) affida gli incarichi di consulenza per le questioni attinenti l’esercizio delle funzioni affidate, nei casi e nei limiti previsti dalla normativa vigente in materia; s) svolge le funzioni previste dalla legge regionale 28 luglio 2008, n. 23 (disciplina dell’organizzazione degli uffici regionali e disposizioni concernenti la dirigenza e il personale) non espressamente attribuite agli organi di direzione politica. 9. Al direttore dell’ente di gestione sono in particolare attribuiti i seguenti compiti e poteri: a) e’ segretario del consiglio e della comunita’ delle aree protette; a tal fine partecipa con parere consultivo alle riunioni degli organi medesimi; b) in qualita’ di datore di lavoro, organizza e gestisce il personale e gestisce i rapporti sindacali e di lavoro; c) dirige la struttura organizzativa dell’ente e organizza le risorse umane, strumentali, finanziarie e di controllo del medesimo ripartendole tra le diverse strutture sulla base di parametri oggettivi quali i carichi di lavoro, le attivita’ ed i procedimenti amministrativi; d) propone agli organi di direzione politica i programmi attuativi degli obiettivi stabiliti, stimandone le risorse necessarie e curandone l’attuazione; a tal fine ha funzione di raccordo tra gli organi politici dell’ente di gestione e la struttura gestionale; e) provvede alla nomina e alla revoca, con provvedimenti motivati e nel rispetto delle procedure stabilite in sede sindacale, degli incarichi professionali previsti dai vigenti contratti collettivi di lavoro; f) esercita, previa diffida, il potere sostitutivo in caso di inerzia dei dirigenti dell’ente di gestione.

Il testo integrale è presente al seguente URL: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=3&datagu=2009-12-05&task=dettaglio&numgu=47&redaz=009R0590&tmstp=1260347504102

REGIONE TOSCANA DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA GIUNTA REGIONALE 1 aprile 2009, n. 15

Regolamento di attuazione della legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (codice del commercio. testo unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche, somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana e periodica e distribuzione di carburanti)

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole.

Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 47 del 5-12-2009

(Pubblicato nel Bollettino ufficiale della Regione Toscana n. 11
del 6 aprile 2009)

LA GIUNTA REGIONALE

Ha approvato

IL PRESIDENTE DELLA GIUNTA

E m a n a

il seguente regolamento:
Art. 1

Oggetto e definizioni (art. 3 legge regionale n. 28/2005)

1 Il presente regolamento stabilisce le norme di attuazione della
legge regionale 7 febbraio 2005, n. 28 (codice del commercio. testo
unico in materia di commercio in sede fissa, su aree pubbliche,
somministrazione di alimenti e bevande, vendita di stampa quotidiana
e periodica e distribuzione di carburanti).
2. Ai fini del presente regolamento, per codice si intende la
legge regionale n. 28/2005.

Art. 2 Contenuti delle domande di autorizzazione, delle dichiarazioni di inizio di attivita’ e delle comunicazioni (articoli 22, comma 1, letta), b), l), m); 25, comma 2; 31, comma 2; 43, comma 2; 55, comma 2, legge regionale n. 28/2005) 1. I contenuti delle domande di autorizzazione, delle dichiarazioni di inizio di attivita’ e delle comunicazioni previste nel codice sono indicati nell’allegato A al presente regolamento.

Art. 3

Autorizzazione ed attivita’ dei centri di assistenza tecnica (art.
10, comma 5, legge regionale n. 28/2005)

1. La competente struttura della giunta regionale autorizza la
costituzione dei centri di assistenza tecnica di cui all’art. 10 del
codice, sulla base di apposita domanda presentata, anche per via
telematica, dai soggetti interessati.
2. La domanda di autorizzazione di cui al comma 1 deve indicare
la localizzazione degli sportelli operativi e ad essa si allega lo
statuto di cui al comma 3, lettera e).
3. L’autorizzazione di cui al comma 1 e’ rilasciata al centro di
assistenza tecnica qualora sussistano le seguenti condizioni:
a) la sede legale e’ localizzata nel territorio regionale;
b) la copertura dei servizi e’ assicurata attraverso almeno due
sportelli informativi per ambito provinciale;
c) le attivita’ sono svolte in favore di tutte le imprese
interessate, nell’area di propria operativita’;
d) e’ assicurata una struttura organizzativa, formativa e di
consulenza in grado di fornire qualificati livelli di prestazioni;
e) lo statuto prevede il rispetto delle condizioni di cui al
presente comma.
4. L’autorizzazione e’ rilasciata entro novanta giorni dal
ricevimento della domanda, previa acquisizione del parere della
camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura (CCIAA)
competente per territorio e, nel caso di centri operanti in piu’
province, dell’Unioncamere Toscana; decorso tale termine senza che la
Regione si sia espressa, la domanda si intende accolta.
5. Le amministrazioni pubbliche, ai sensi dell’art. 10, comma 4,
del codice, a parita’ di tutte le altre condizioni, si avvalgono
prioritariamente dei centri di assistenza tecnica per la
realizzazione degli interventi di cui al titolo Il, capo XIII, del
codice.

Art. 4 Albi e mappe delle attivita’ di interesse storico, di tradizione e di tipicita’ (art. 99, comma 2, legge regionale n. 28/2005) 1. La giunta regionale definisce, con propria deliberazione, criteri e requisiti per l’inserimento delle attivita’ commerciali, turistiche ed economiche di interesse storico, di tradizione e di tipicita’ negli albi e mappe di cui all’art. 99, comma 2, del Codice.

Art. 5

Commissione per l’osservatorio regionale sul commercio (art. 100,
comma 5, legge regionale n. 28/2005)

1. La composizione della commissione di cui all’art. 100, comma
5, del codice e’ articolata come segue:
a) in rappresentanza della Regione:
1) l’assessore regionale al commercio che la presiede;
2) il dirigente della competente struttura regionale o suo
delegato;
b) in rappresentanza degli enti locali:
1) il rappresentante dell’associazione nazionale comuni
italiani (ANCI) Toscana delegato per la materia del commercio;
2) il rappresentante dell’unione nazionale comuni comunita’
enti montani (UNCEM) Toscana delegato per la materia del commercio;
3) il rappresentante dell’unione delle province d’Italia
(UPI) Toscana delegato per la materia del commercio;
c) in rappresentanza dei consumatori:
1) tre rappresentanti scelti dal comitato regionale dei
consumatori e degli utenti (CRCU) tra i soggetti iscritti nell’elenco
di cui all’art. 3 della legge regionale 12 gennaio 2000, n. 1 (norme
per la tutela e la difesa dei consumatori e degli utenti),
maggiormente rappresentativi a livello regionale;
d) in rappresentanza delle imprese del commercio:
1) un rappresentante della Confcommercio Toscana;
2) un rappresentante della Confesercenti Toscana;
3) un rappresentante della Federdistribuzione Toscana;
4) un rappresentante delle centrali cooperative maggiormente
rappresentative;
e) in rappresentanza dei lavoratori dipendenti di categoria:
1) un rappresentante della Confederazione generale italiana
del lavoro (CGIL) Toscana;
2) un rappresentante della Confederazione italiana sindacati
dei lavoratori (CISL) Toscana;
3) un rappresentante dell’Unione italiana del lavoro (UIL)
Toscana;
f) in rappresentanza delle Camere di commercio: 1) un
rappresentante dell’Unioncamere Toscana.
2. In relazione a specifici temi settoriali da affrontare, oltre
ai componenti di cui al comma 1, possono essere invitati a
partecipare alle riunioni rappresentanti di:
a) federazione italiana editori giornali (FIEG) Toscana;
b) associazione nazionale distributori stampa (ANADIS) Toscana;
c) societa’ petrolifere di bandiera;
d) societa’ petrolifere indipendenti;
e) societa’ di distribuzione di GPL;
f) societa’ di distribuzione del metano;
g) altre parti sociali ed economiche interessate, ai sensi
dell’art. 15 della legge regionale 11 agosto 1999, n. 49 (norme in
materia di programmazione regionale).
3. In relazione agli argomenti in discussione, ciascuno dei
componenti di cui al comma 1 puo’ individuare un soggetto delegato a
partecipare alle riunioni in sua vece.
4. La commissione dura in carica tre anni.

Art. 6 Modalita’ di effettuazione della concertazione locale (art. 22, comma 1, lettera k), legge regionale n. 28/2005) 1. La concertazione locale prevista dal codice si svolge sulla base di protocolli sottoscritti da comune e parti sociali maggiormente rappresentative a livello locale. 2. I protocolli di cui al comma 1 definiscono gli obiettivi e le regole della concertazione, ai sensi dell’art. 15 della legge regionale n. 49/1999, prevedono tempi e modalita’ di convocazione dei partecipanti alla concertazione e l’obbligo della stesura di un documento, allegato agli atti comunali, riassuntivo dell’attivita’ di concertazione svolta, nel quale si dia conto, tra l’altro, delle posizioni espresse dalle parti e delle indicazioni finali proposte. 3. Per favorire uniformita’ di comportamenti, la giunta regionale, con propria deliberazione, definisce uno schema di protocollo-tipo. 4. La concertazione di cui al comma 1 e’ finalizzata alla verifica dei rispettivi orientamenti ed alla ricerca di convergenze, per individuare e determinare gli obiettivi ed i contenuti essenziali degli atti di programmazione della rete commerciale. 5. In relazione all’ambito di efficacia territoriale degli atti da definire, alle attivita’ di concertazione partecipano, per le organizzazioni imprenditoriali del commercio e della cooperazione e per quelle sindacali dei lavoratori, i rappresentanti delle organizzazioni presenti nel consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (CNEL) e firmatarie dei contratti collettivi nazionali di lavoro del settore e/o i rappresentanti di quelle aderenti alle stesse organizzazioni firmatarie. La concertazione puo’ svolgersi a livello comunale, intercomunale, provinciale, interprovinciale e regionale.

Art. 7 Modalita’ di effettuazione della concertazione per le aperture domenicali e festive degli esercizi commerciali in sede fissa (articoli 22, comma 1, lettera k) e 80, comma 6, legge regionale n. 28/2005). 1. La concertazione prevista dall’art. 80, comma 6, del codice e’ preceduta da una ricognizione della situazione esistente in relazione alle aperture domenicali e festive effettuate dagli esercizi commerciali. I risultati di tale ricognizione sono valutati dal comune, congiuntamente ai soggetti di cui all’art. 80, comma 2, del codice. 2. La concertazione di cui al comma 1 e’ attivata dal comune su richiesta anche di uno soltanto dei soggetti di cui all’art. 80, comma 2, del codice ed il procedimento e’ concluso entro centoventi giorni. 3. I comuni facenti parte di uno stesso bacino omogeneo di utenza o di altri ambiti territoriali ottimali definiti dalla legislazione vigente, promuovono azioni di coordinamento, tra loro e con i soggetti di cui all’art. 80, comma 2, del codice, al fine di articolare e armonizzare le aperture domenicali e festive degli esercizi commerciali. Allo stesso fine ed anche per coordinare gli orari degli esercizi di commercio al dettaglio in sede fissa con quelli di tutte le attivita’ commerciali di cui all’art. 1, comma 2, del codice, possono essere concluse intese in ambiti piu’ ampi di quelli indicati.

Art. 8

Dimensioni delle medie strutture di vendita (art. 22, comma 1,
lettera f), legge regionale n. 28/2005)

1. Le medie strutture di vendita di cui all’art. 15, comma 1,
lettera e), del Codice, hanno superficie di vendita fino a 1.500
metri quadrati, salvo quanto previsto al comma 2.
2. Nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000
abitanti, inseriti nelle aree commerciali metropolitane
Firenze-Pistoia-Prato e Livorno-Pisa, individuate nell’allegato B al
presente regolamento, le medie strutture hanno superficie di vendita
fino a 2.500 metri quadrati.
3. Il comune puo’ prevedere, sull’intero territorio o su parti di
esso, limitazioni dimensionali inferiori a quelle previste ai commi 1
e 2, in relazione ad esigenze di tutela dello stato dei luoghi o di
aree di particolare interesse.

Art. 9 Indirizzi per la programmazione delle medie strutture di vendita (art. 22, comma 1, lettera g), legge regionale n. 28/2005) 1. Il comune, ai sensi dell’art. 17, comma 2, del codice e sulla base delle previsioni contenute nel regolamento urbanistico di cui all’art. 55 della legge regionale 3 gennaio 2005, n. 1 (norme per il governo del territorio), definisce la programmazione commerciale delle medie strutture di vendita tenendo conto dei seguenti indirizzi: a) modernizzare ed innovare il sistema distributivo; b) garantire un equilibrato sviluppo delle diverse forme distributive e la presenza qualificata di servizi di prossimita’; c) recuperare e riqualificare il patrimonio edilizio esistente, compresi i complessi produttivi dismessi, garantendo la tutela e la valorizzazione delle caratteristiche delle aree; d) riqualificare aree urbane mediante la costituzione di luoghi di aggregazione, nei quali l’inserimento di medie strutture di vendita costituisca elemento di attrattivita’; e) realizzare sistemi di accessibilita’ ottimale, al fine di ridurre o alleggerire la mobilita’; f) valorizzare la sostenibilita’ e la qualita’ urbana e qualificare le attivita’ commerciali d’interesse storico, di tradizione e di tipicita’, con particolare riguardo a quelle collocate nei centri storici, anche prevedendo limiti nelle variazioni delle destinazioni d’uso degli immobili e specifici divieti, vincoli e prescrizioni, nell’ambito della disciplina della distribuzione e localizzazione delle funzioni di cui all’art. 58 della legge regionale n. 1/2005; g) rafforzare l’attrattivita’ delle aree connotate da una consolidata presenza di servizi commerciali, mediante la realizzazione di adeguate infrastrutture e con l’attivazione di progetti di qualificazione e valorizzazione di cui al titolo II, capo XIII del codice; h) evitare la localizzazione di medie strutture di vendita nelle aree individuate come sature, ai sensi dell’art. 4, comma 2, lettera a), del codice. 2. Il rilascio dell’autorizzazione di cui all’art. 17 del codice e’ subordinato al rispetto dei parametri urbanistici e di viabilita’ di cui al titolo III, capo IV, del presente regolamento, fermo restando il rispetto della programmazione, delle condizioni e dei criteri stabiliti dal comune ai sensi dell’art. 17, comma 2, del codice, nonche’ dei contratti collettivi nazionali di lavoro e dei contratti integrativi siglati dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, degli accordi sindacali territoriali, degli accordi sindacali di secondo livello, del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 (attuazione dell’art. 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e della normativa in materia di pari opportunita’.

Art. 10

Autorizzazione dovuta alle medie strutture di vendita (art. 22, comma
1, lettera h), legge regionale n. 28/2005)

1. L’autorizzazione all’ampliamento di una media struttura di
vendita, attiva da almeno tre anni, e’ dovuta in caso di accorpamento
alla stessa di preesistenti esercizi di vicinato o medie strutture,
localizzati sul territorio comunale ed attivi da almeno tre anni,
fermo restando il rispetto dei parametri urbanistici e di viabilita’
di cui al titolo III, capo IV del presente regolamento, in relazione
alla superficie di vendita complessiva realizzata a seguito
dell’accorpamento e nel rispetto di quanto previsto all’art. 8, comma
3 del presente regolamento.
2. Il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1 comporta la
decadenza o la perdita di efficacia dei titoli abilitativi
preesistenti.

Art. 11 Strutture di vendita in forma aggregata (articoli 4, comma 2, lettera b) e 22, legge regionale n. 28/2005) 1. Sono strutture di vendita in forma aggregata: a) le medie strutture di vendita adiacenti tra loro, anche verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri lineari; b) le medie strutture di vendita adiacenti ad una grande struttura di vendita, anche verticalmente, o insediate a distanza inferiore a 120 metri lineari da una grande struttura di vendita; c) le grandi strutture di vendita adiacenti tra loro, anche verticalmente, o insediate a distanza reciproca inferiore a 120 metri lineari; d) le strutture di vendita di cui alle lettere a), b) e c) poste anche a distanza reciproca superiore a 120 metri lineari, qualora presentino collegamenti strutturali tra loro. 2. Le strutture di vendita in forma aggregata mantengono carattere dimensionale unitario anche se sono costituite da piu’ unita’ immobiliari, se sono attraversate da viabilita’ privata o pubblica e se appartengono a comuni diversi. 3. Il comune puo’ stabilire, previa concertazione con i soggetti di cui all’art. 17, comma 2 del codice, distanze superiori a quelle previste al comma 1 per specifiche aree, interessate da fenomeni di criticita’ dell’assetto viario e dei servizi di mobilita’ esistenti ed in relazione alle caratteristiche delle medie e grandi strutture di vendita gia’ in esse insediate. 4. La distanza tra le strutture di vendita di cui al comma 1 e’ calcolata dalle pareti esterne degli edifici piu’ vicine tra loro, che perimetrano l’intera superficie coperta lorda di ciascun edificio. 5. La superficie di vendita delle strutture in forma aggregata e’ determinata dalla somma delle superfici di vendita di tutte le strutture, esistenti e da autorizzare, che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1. 6. A fronte di una domanda di autorizzazione per l’apertura di una media o di una grande struttura di vendita, il comune preliminarmente verifica se la struttura da insediare si inserisce in uno spazio territoriale in cui sono gia’ presenti altre strutture di vendita medie o grandi. In tale caso, qualora verifichi che la distanza tra la struttura da autorizzare e le strutture gia’ presenti determini il configurarsi di una struttura aggregata di cui al comma 1, stabilisce quale siano le disposizioni cui sottoporre la domanda, in relazione alla superficie di vendita complessiva, calcolata ai sensi del comma 5. 7. Qualora la domanda di autorizzazione di cui al comma 6 abbia per oggetto l’apertura di una media struttura e la superficie di vendita complessiva, che si determinerebbe per effetto dell’autorizzazione da rilasciare, corrisponde alle dimensioni di cui all’art. 12, il comune comunica al richiedente i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, ai sensi dell’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241 (nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), e contestualmente lo informa che, persistendo l’interesse alla realizzazione dell’intervento, la domanda di autorizzazione puo’ essere presentata secondo le procedure previste per l’apertura di una grande struttura di vendita, di cui al titolo III, capo III del presente regolamento. 8. Qualora la domanda di autorizzazione di cui al comma 6 abbia per oggetto l’apertura di una media o di una grande struttura e la superficie di vendita complessiva, che si determinerebbe per effetto dell’autorizzazione da rilasciare, superi le dimensioni di cui all’art. 12, il comune comunica al richiedente i motivi che ostano all’accoglimento della domanda, ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990. 9. Il presente articolo non si applica: a) alle domande di autorizzazione per l’apertura di strutture di vendita da attivare in costruzioni che, alla data di entrata in vigore del presente regolamento, sono gia’ ultimate ai sensi dell’art. 109 della legge regionale n. 1/2005 ed a destinazione commerciale o per le quali, a tale data, sussista il relativo titolo abilitativo edilizio; b) salvo diversa disposizione comunale, alle domande di autorizzazione per l’apertura di strutture di vendita collocate nei centri storici, come individuati dal regolamento urbanistico di cui all’art. 55 della legge regionale n. 1/2005; c) agli ampliamenti di cui agli articoli 10, comma 1 e 20, comma 1 del presente regolamento. 10. Per consentire ai comuni il progressivo adegua-mento dei propri strumenti urbanistici a quanto previsto al presente articolo, fino ad un anno dall’entrata in vigore del presente regolamento, la distanza di 120 metri lineari di cui al comma 1 e’ ridotta a 60 metri lineari.

Art. 12

Dimensioni e tipologie delle grandi strutture di vendita (art. 22,
comma 1, lettera f), legge regionale n. 28/2005)

1. Le grandi strutture di vendita di cui all’art. 15, comma 1,
lettera f), del codice sono classificate come segue:
a) tipologia A: struttura con superficie di vendita superiore a
10.000 metri quadrati e fino a 15.000 metri quadrati;
b) tipologia B: struttura con superficie di vendita compresa
tra 5.000 metri quadrati e 10.000 metri quadrati;
c) tipologia C: struttura con superficie di vendita inferiore a
5.000 metri quadrati.

Art. 13 Elementi di qualita’ e di prestazione delle grandi strutture di vendita (art. 22, comma 1, lettera i), legge regionale n. 28/2005) 1. Gli elementi di qualita’ e di prestazione delle grandi strutture di vendita, di cui all’art. 22, comma 1, lettera i), del codice, sono i seguenti: a) elementi obbligatori per tutte le tipologie di grandi strutture di vendita di cui all’art. 12 del presente regolamento: 1) rispetto dei valori limite di prestazione energetica per la climatizzazione invernale, individuati dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia), allegato C, punto 1, ed in particolare: a) alla tabella 1.3 per le strutture inserite in «Edifici residenziali della classe E1, esclusi collegi, conventi, case di pena e caserme», secondo le definizioni del decreto legislativo n. 192/2005; b) alla tabella 2.3 per le strutture inserite in tutte le altre tipologie di edificio; 2) collaborazione con associazioni di volontariato sociale per la realizzazione di progetti di raccolta e ridistribuzione a soggetti deboli dei prodotti alimentari invenduti; 3) attivazione di specifici programmi per la limitazione della produzione di rifiuti, la riduzione di imballaggi monouso e di shopper in plastica, la vendita di prodotti a mezzo erogatori alla spina, l’uso di sistemi a rendere per imballaggi secondari e terziari in plastica e/o legno ed altre modalita’ proposte dal richiedente; 4) realizzazione di apposite aree di servizio destinate alla raccolta differenziata ed allo stoccaggio dei rifiuti prodotti dall’esercizio; 5) rispetto dei piani comunali del colore e delle insegne; b) elementi obbligatori, aggiuntivi a quelli di cui alla lettera a), per le grandi strutture di vendita di tipologia A e B di cui all’art. 12 del presente regolamento: 1) installazione di impianti per la produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, di potenza superiore ad almeno il 25 per cento della potenza elettrica impegnata dalla struttura di vendita, fatta salva l’impossibilita’ tecnica del completo rispetto della prescrizione, asseverata da un tecnico abilitato. Tale obbligo si considera assolto se la struttura di vendita ha una produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili non inferiore a 1 kilowatt per ogni 100 metri quadrati di superficie di vendita; 2) installazione di impianti per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili di potenza superiore ad almeno il 10 per cento del fabbisogno annuo di energia primaria per usi termici, fatta salva l’impossibilita’ tecnica del completo rispetto della prescrizione, asseverata da un tecnico abilitato; 3) valutazione degli effetti acustici cumulativi all’interno della struttura ed all’esterno, con riferimento ai bersagli ritenuti significativi, in relazione agli obiettivi e livelli di qualita’ definiti dalla legge 26 ottobre 1995, n. 447 (legge quadro sull’inquinamento acustico), dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 194 (attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale) e dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 14 novembre 1997 (determinazione dei valori limite delle sorgenti sonore); 4) protezione dei bersagli piu’ esposti all’inquinamento da polveri attraverso fasce verdi di protezione adeguatamente piantumate. Verifica degli apporti inquinanti prodotti dagli impianti della struttura da realizzare e dalle emissioni del traffico afferente, nel rispetto di quanto previsto dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 28 marzo 1983 e dal decreto del Presidente della Repubblica 24 maggio 1988, n. 203; 5) raccolta delle acque piovane attraverso la realizzazione di una vasca di recupero di dimensioni adeguate al fabbisogno di operazioni quali l’annaffiatura, il lavaggio delle aree ed ogni forma di riuso per la quale non sia richiesta l’acqua potabile; 6) realizzazione di spazi per l’accoglienza del cliente, ivi compresi spazi destinati alla sosta di riposo; 7) realizzazione di spazi destinati ai bambini, gestiti da apposito personale, attrezzati anche per l’igiene e la cura degli stessi. 2. In caso di ampliamento, gli elementi di cui al comma 1 sono obbligatori qualora lo stesso sia superiore al 50 per cento della superficie di vendita originaria e sono da realizzare con riferimento alla quota di superficie ampliata.

Art. 14 Programmazione delle grandi strutture di vendita (art. 22, comma 1, lettera g), legge regionale n. 28/2005) 1. Ai fini della programmazione delle grandi strutture di vendita, i comuni della Toscana sono suddivisi nelle seguenti classi: a) classe A: comuni capoluogo di provincia e comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti; b) classe B: comuni con popolazione compresa fra 10.000 e 50.000 abitanti; c) classe C: comuni con popolazione compresa fra 3.000 e 10.000 abitanti; d) classe D: comuni con popolazione inferiore a 3.000 abitanti. 2. La realizzazione di grandi strutture di vendita e’ sottoposta alle seguenti articolazioni dimensionali: a) nei comuni di classe A possono essere insediate tutte le tipologie di grandi strutture di vendita di cui all’art. 12; b) nei comuni di classe B possono essere insediate tutte le tipologie di grandi strutture di vendita di cui all’art. 12 ad eccezione della tipologia A; c) nei comuni di classe C possono essere insediate solo grandi strutture di vendita di tipologia C e realizzate in forma di centro commerciale; d) nei comuni di classe D non possono essere insediate grandi strutture di vendita. 3. Il comune puo’ derogare alle articolazioni dimensionali di cui al comma 2 previo accordo di programma sottoscritto, ai sensi della legge regionale 3 settembre 1996, n. 76 (disciplina degli accordi di programma e delle conferenze dei servizi), con la provincia competente per territorio. 4. L’accordo di programma di cui al comma 3 e sottoscritto previa acquisizione, da parte della provincia, del parere favorevole della maggioranza dei comuni facenti parte dello stesso quadrante o sub-area di cui all’allegato B al presente regolamento. In caso di parita’, prevale il parere espresso dai comuni che rappresentano la maggioranza della popolazione residente nel quadrante o sub-area. Si considera acquisito il parere positivo delle amministrazioni comunali che, regolarmente convocate ad apposito incontro, non siano intervenute e non abbiano fatto pervenire, entro la stessa data, il proprio motivato dissenso. 5. La programmazione delle grandi strutture di vendita e’ realizzata attraverso la quantificazione della superficie di vendita autorizzabile per grandi strutture (SVAG), definita dalla giunta regionale con propria deliberazione, relativamente ai due settori merceologici, alimentare e non alimentare. 6. Ai fini della quantificazione della SVAG, la giunta regionale tiene conto dei seguenti elementi: a) i risultati delle rilevazioni effettuate dall’osservatorio regionale sul commercio circa la consistenza e l’articolazione della rete commerciale in rapporto agli esercizi di vicinato, alle medie strutture di vendita ed alle grandi strutture di vendita; b) i dati relativi al movimento dei pendolari; c) gli elementi conoscitivi rilevati dall’osservatorio regionale sul commercio, relativi agli esiti delle precedenti programmazioni ed alle dinamiche evolutive del settore. 7. La SVAG e’ articolata in relazione ad aree di programma corrispondenti a tre aree vaste, come di seguito articolate: a) la Toscana centrale, comprendente i territori dei comuni appartenenti alle province di Firenze, Pistoia e Prato; b) la Toscana della costa, comprendente i territori dei comuni appartenenti alle province di Livorno, Lucca, Massa-Carrara e Pisa; c) la Toscana interna e meridionale, comprendente i territori dei comuni appartenenti alle province di Arezzo, Grosseto e Siena. 8. Una quota del 30 per cento della SVAG e’ riservata agli ampliamenti, effettuati una sola volta e fino al 30 per cento della superficie di vendita originaria, di grandi strutture attive da almeno tre anni. 9. La SVAG ha durata triennale. Nel corso del periodo di validita’ la giunta regionale, tramite l’osservatorio regionale sul commercio, promuove monitoraggi sull’andamento dei dati relativi alla consistenza della rete distributiva, ai consumi e su altri elementi conoscitivi di carattere socio economico e territoriale. In considerazione della dinamica economica e delle problematiche emerse da tali monitoraggi, previa consultazione della commissione di cui all’art. 100, comma 4, del Codice, la Giunta regionale delibera eventuali rimodulazioni della SVAG.

Art. 15

Presentazione della domanda e istruttoria comunale (art. 22, comma 1,
lettera c), legge regionale n. 28/2005)

1. Il soggetto interessato all’apertura, al trasferimento di
sede, all’ampliamento della superficie di vendita o alla modifica,
quantitativa o qualitativa, di settore merceologico di una grande
struttura di vendita, presenta domanda, anche per via telematica, al
comune competente per territorio, completa della documentazione
prevista nell’allegato A, punto 3, al presente regolamento.
2. La domanda di apertura, trasferimento di sede o ampliamento
della superficie di vendita e’ presentata al comune contestualmente
alla richiesta di titolo abilitativo edilizio, ove necessario.
3. Il competente ufficio comunale trasmette copia della domanda,
senza gli allegati, alla regione ed alla provincia competente per
territorio.
4. Nel caso di realizzazione, anche per ampliamento, di grandi
strutture di vendita di tipologia A e B di cui all’art. 12, il
richiedente, oltre alla documentazione di cui all’allegato A, punto
3, al presente regolamento, presenta un progetto finalizzato ad
armonizzare la grande struttura da realizzare con il contesto
socio-economico nel quale la stessa si va ad insediare. Il progetto
puo’ prevedere la realizzazione, a spese del richiedente, di
interventi di riqualificazione urbana, di programmi di collaborazione
col comune per la tutela attiva delle piccole imprese commerciali o
di opere da porre nella disponibilita’ del comune per le finalita’
concordate con lo stesso. Il progetto e’ valutato dal comune, che lo
approva entro il termine di cui al comma 6 e ne stabilisce modalita’
e tempi di realizzazione.
5. La completezza formale della domanda e dei suoi allegati e’
verificata dal responsabile del procedimento comunale, entro il
termine di quindici giorni dalla sua presentazione. Qualora la
domanda risulti incompleta, entro lo stesso termine ne viene data
comunicazione al soggetto richiedente e viene sospeso il procedimento
per una sola volta e il richiedente e’ invitato a presentare le
necessarie integrazioni entro un termine adeguato e,comunque, non
superiore a trenta giorni. Contestualmente il richiedente e’
informato che il decorso del termine per il rilascio
dell’autorizzazione resta sospeso fino all’integrazione della
documentazione e che la mancata integrazione entro il termine
stabilito comporta il rigetto della domanda.
6. Il comune, entro sessanta giorni dal ricevimento della
domanda, provvede al completamento dell’istruttoria e trasmette
immediatamente dopo alla Regione ed alla provincia competente per
territorio:
a) la documentazione di cui all’allegato A, punto 3, al
presente regolamento;
b) le schede istruttorie predisposte dai competenti uffici
regionali e debitamente compilate, contenenti, in particolare:
1) la verifica di conformita’ urbanistica dell’intervento
rispetto agli strumenti urbanistici generali e attuativi;
2) l’attestazione di eventuale inserimento dell’esercizio da
autorizzare in una struttura di vendita in forma aggregata, di cui
all’art. 11 del presente regolamento ed il dimensionamento
complessivo che la superficie di vendita della struttura integrata
raggiungerebbe per effetto dell’insediamento dell’esercizio da
autorizzare;
c) una planimetria generale, a scala 1/10.000 o 1/5.000,
indicante l’ubicazione dell’esercizio;
d) l’aggiornamento dei dati di cui all’art. 38 del presente
regolamento.

Art. 16

Istruttoria regionale (art. 22, comma 1, lettera c), legge regionale
n. 28/2005)

1. Ricevuta la documentazione istruttoria completa, ai sensi
dell’art. 15, comma 6, il responsabile del procedimento regionale,
individuato dal dirigente della competente struttura della giunta
regionale, inserisce la richiesta in un apposito elenco cronologico,
in base alla data di partenza della pratica registrata dal protocollo
generale del comune, ai fini della definizione dell’ordine di
svolgimento delle conferenze di servizi di cui all’art. 18, comma 2,
del codice.
2. Il responsabile del procedimento di cui al comma 1 convoca una
conferenza di servizi interna, finalizzata all’esame della
documentazione istruttoria ed alla definizione del parere regionale
in ordine alla domanda.
3. Alla conferenza di servizi interna partecipano funzionari
regionali competenti nelle materie commercio, urbanistica, viabilita’
ed ambiente, designati dalle competenti strutture della giunta
regionale. La composizione della conferenza puo’ essere integrata con
la partecipazione di funzionari competenti in ulteriori materie, in
relazione alle esigenze emerse nel corso dell’istruttoria.
4. La mancata partecipazione dei soggetti convocati alla
conferenza di servizi interna assume valore di parere o valutazione
positiva, salvo che gli stessi non facciano pervenire, entro la data
fissata per la conferenza, parere o valutazione scritta di senso
contrario.
5. Della conferenza di servizi interna viene redatto apposito
verbale, sottoscritto da tutti i partecipanti.
6. L’istruttoria regionale si conclude entro sessanta giorni dal
ricevimento dell’istruttoria comunale di cui all’art. 15, comma 6,
del presente regolamento.
7. Il termine di cui al comma 6 puo’ essere sospeso, per una sola
volta e per non piu’ di trenta giorni, per richiedere integrazioni e
chiarimenti al comune o allo stesso richiedente.
8. Conclusa l’istruttoria regionale, il responsabile del
procedimento di cui al comma 1 ne da’ comunicazione al comune.

Art. 17

Convocazione della conferenza di servizi (art. 22, comma 1, lettera
c), legge regionale n. 28/2005)

1. Ricevuta la comunicazione di cui all’art. 16, comma 8, del
presente regolamento, il comune convoca, con lettera raccomandata con
avviso di ricevimento inviata almeno dieci giorni prima della data
della conferenza di servizi di cui all’art. 18, comma 2, del codice,
i soggetti con diritto di voto. Il comune informa altresi’ della data
di svolgimento della conferenza, con lettera raccomandata con avviso
di ricevimento, inviata almeno dieci giorni prima della data della
conferenza, il richiedente ed i soggetti di cui all’art. 18, comma 4,
del codice.
2. La conferenza di cui al comma 1 deve svolgersi entro trenta
giorni dalla data di ricevimento della comunicazione di cui all’art.
16, comma 8.
3. La riunione della conferenza di servizi si svolge di norma
presso la sede della Regione Toscana.

Art. 18 Conferenza di servizi (art. 22, comma 1, lettera c), legge regionale n. 28/2005) 1. Si considera acquisito l’assenso dell’amministrazione con diritto di voto di cui all’art. 18, comma 2, del codice, la quale, regolarmente convocata, non abbia partecipato alla conferenza di servizi, a meno che la stessa non faccia pervenire all’amministrazione comunale convocante il proprio motivato dissenso, entro la data di svolgimento della conferenza. 2. Nei casi di cui all’art. 18, comma 4, del codice, il parere della regione confinante si intende acquisito, decorsi venti giorni dalla richiesta. 3. Della riunione della conferenza e’ redatto apposito verbale, sottoscritto dai partecipanti con diritto di voto. Dell’esito della conferenza e’ fatta menzione nell’autorizzazione rilasciata dal comune.

Art. 19

Condizioni per il rilascio dell’autorizzazione alle grandi strutture
di vendita (art. 22, comma 1, lettera d), legge regionale n. 28/2005)

1. Il rilascio dell’autorizzazione alle grandi strutture di
vendita e’ subordinato alla sussistenza delle seguenti condizioni:
a) rispetto dei parametri urbanistici e di viabilita’ di cui al
titolo III, capo IV, del presente regolamento;
b) parere comunale di conformita’ urbanistica dell’intervento
rispetto agli strumenti urbanistici generali ed attuativi;
c) disponibilita’ di SVAG di cui all’art. 14 del presente
regolamento;
d) esistenza delle condizioni per il contestuale rilascio anche
del titolo abilitativo edilizio, ai sensi dell’art. 18, comma 8, del
codice;
e) conformita’ del progetto agli elementi di qualita’ e
prestazione di cui all’art. 13 del presente regolamento;
f) insediamento in aree per le quali gli strumenti urbanistici
comunali prevedano una destinazione specifica per la grande
distribuzione;
g) relativamente alle grandi strutture di vendita di tipologia
A e B, di cui all’art. 12 del presente regolamento, esistenza,di
servizi di trasporto pubblico per il collegamento dell’area dove e’
insediata la struttura, in relazione agli orari di attivita’ della
stessa. Il servizio di trasporto puo’ essere assicurato, in tutto o
in parte, da soggetti privati, purche’ risulti coerente con il
sistema dei servizi e delle tariffe di trasporto pubblico;
h) relativamente a grandi strutture di vendita la cui
dimensione non corrisponda alle articolazioni dimensionali di cui
all’art. 14, comma 2, del presente regolamento, sottoscrizione
dell’accordo di programma di cui all’art. 14, comma 3.
i) nel caso in cui l’area di insediamento della struttura non
disponga delle infrastrutture previste dallo strumento urbanistico,
esistenza di apposita convenzione sottoscritta dal comune e dal
richiedente, per la realizzazione delle infrastrutture stesse,
contenente la subordinazione dell’avvio dell’attivita’ alla piena
funzionalita’ delle infrastrutture;
j) esistenza di un atto d’obbligo irrevocabile sottoscritto dal
richiedente, con il quale si impegna a:
1) rispettare i contratti collettivi nazionali di lavoro ed i
contratti integrativi siglati dalle organizzazioni sindacali
maggiormente rappresentative e gli accordi sindacali territoriali;
2) realizzare accordi sindacali di secondo livello
finalizzati ad evitare situazioni di concorrenza anomale;
3) rispettare il decreto legislativo n. 81/2008 e la
normativa in materia di pari opportunita’;
4) far rispettare gli impegni di cui ai numeri 1), 2) e 3)
anche alle aziende operanti nell’ambito della struttura.

Art. 20 Autorizzazione dovuta alle grandi strutture di vendita (art. 22, comma 1, lettera h), legge regionale n. 28/2005) 1. L’autorizzazione all’ampliamento di una grande struttura e’ dovuta quando l’ampliamento si realizza attraverso l’accorpamento di esercizi commerciali localizzati sul territorio comunale ed attivi da almeno tre anni, fermo restando il rispetto delle disposizioni di cui all’art. 14, comma 2 e dei parametri urbanistici e di viabilita’ di cui al titolo III, capo IV e delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1, esclusa la lettera c), del presente regolamento, in relazione alla superficie complessivamente realizzata a seguito dell’ampliamento. 2. Nell’ipotesi di cui al comma 1, le superfici accorpate vengono ripartite tra settori merceologici alimentare e non alimentare, in relazione agli originari titoli abilitativi e, in caso di esercizi misti, per i quali non sia possibile identificare esattamente il dimensionamento di ciascun settore, il riparto tra settori merceologici viene stabilito nella misura del 50 per cento ciascuno. 3. L’autorizzazione al trasferimento di una grande struttura di vendita e’ dovuta in caso di spostamento nell’ambito dello stesso bacino omogeneo di utenza o area commerciale metropolitana di cui all’allegato B al presente regolamento, fermo restando il rispetto delle previsioni urbanistiche comunali, delle disposizioni di cui all’art. 14, dei parametri urbanistici e di viabilita’ di cui al titolo III, capo IV e delle condizioni di cui all’art. 19, comma 1, esclusa la lettera c), del presente regolamento. Qualora il bacino omogeneo di utenza o l’area commerciale metropolitana siano ripartiti in quadranti o in sub-aree, il trasferimento della grande struttura puo’ essere effettuato solo nell’ambito dello stesso quadrante o sub-area di insediamento originario. 4. Nell’ipotesi di cui al comma 3, in caso di contestuale ampliamento, si ha consumo di SVAG solo per la quota di superficie ampliata. 5. Nell’ipotesi di cui al comma 3, la domanda di trasferimento e’ presentata contestualmente al comune sede dell’attivita’ ed a quello nel cui territorio si intende trasferire l’attivita’ stessa, i quali collaborano nella fase istruttoria. L’autorizzazione e’ rilasciata dal comune nel quale la grande struttura si trasferisce e non e’ richiesto l’assenso del comune sede dell’attivita’. 6. Nelle ipotesi di cui ai commi 1 e 3, il rilascio dell’autorizzazione e’ sottoposto alle procedure di cui alla presente sezione e l’attivazione dell’autorizzazione comporta la decadenza delle autorizzazioni preesistenti.

Art. 21 Criteri di priorita’ per il rilascio dell’autorizzazione (art. 22, comma 1, lettera d), legge regionale n. 28/2005) 1. Sono considerate tra loro concorrenti le domande di autorizzazione per grandi strutture di vendita, relative alla medesima area di programma, complete di documentazione e con istruttoria conclusa, recanti la stessa data di trasmissione alla Regione, ai sensi dell’art. 16, comma 1 del presente regolamento. 2. Tra piu’ domande di autorizzazione per grandi strutture di vendita, concorrenti tra loro, costituiscono criteri di priorita’, in ordine decrescente: a) l’ampliamento, oltre il 30 per cento della superficie di vendita originariamente autorizzata, di grandi strutture di vendita attive da almeno tre anni; b) la concentrazione di preesistenti esercizi commerciali attivi da almeno tre anni e l’impegno al reimpiego di tutto il personale gia’ dipendente; c) il numero di esercizi di vicinato trasferiti all’interno della struttura; d) il numero di occupati a tempo indeterminato, in rapporto alla superficie di vendita richiesta; e) il numero di occupati totali, in rapporto alla superficie di vendita richiesta; f) il numero di occupati riassorbiti, intesi sia come dipendenti del settore del commercio gia’ inquadrati, sia come dipendenti di altre attivita’ economiche interessate da crisi aziendali; g) l’inserimento della struttura commerciale nell’ambito di piani di riqualificazione urbana e/o di riutilizzo di aree dismesse; h) la quantita’ volumetrica di patrimonio edilizio esistente, oggetto di recupero; i) il numero di posti auto ulteriori, rispetto a quelli previsti dagli standard obbligatori; j) i caratteri architettonici e funzionali della struttura, l’utilizzo di criteri costruttivi di bioarchitettura e l’uso di materiali naturali, la qualita’ dei materiali di finitura; k) la presenza di spazi riservati alla vendita di prodotti toscani tipici e di qualita’ e collegati all’attuazione di progetti per la promozione della filiera corta, nonche’ di servizi di trasporto collettivo da e verso il centro urbano; l) la presenza di sistemi informativi per la promozione delle produzioni tipiche locali e toscane e delle risorse ambientali, culturali e turistiche del territorio; m) la presenza di spazi dedicati alla lettura e ad attivita’ ludico-ricreative. 3. A parita’ delle altre condizioni di cui al comma 2, costituisce criterio di priorita’ il miglior bilancio rifiuti, ai sensi dell’art. 4, comma 6, della legge regionale 18 maggio 1998, n. 25 (norme per la gestione dei rifiuti e la bonifica dei siti inquinati).

Art. 22 Disposizioni per l’utilizzo della superficie di vendita autorizzabile (SVAG) (art. 22, comma 1, lettera g), legge regionale n. 28/2005) 1. La modifica di settore merceologico di una grande struttura di vendita organizzata in forma di centro commerciale ed autorizzata dopo l’entrata in vigore del regolamento regionale 26 luglio 1999, n. 4 (regolamento di attuazione della legge regionale 17 maggio 1999, n. 28 «Norme per la disciplina del commercio in sede fissa in attuazione del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 114»), se effettuata una sola volta ed entro il limite del 30 per cento della relativa superficie di vendita, non richiede il rispetto della condizione di cui all’art. 19, comma 1, lettera c) del presente regolamento. 2. L’apertura di una grande struttura di vendita in una collocazione gia’ sede di altra grande struttura, dismessa per effetto di revoca o decadenza dell’autorizzazione intervenuta dopo l’entrata in vigore del regolamento regionale n. 4/1999, fatte salve le ipotesi di cui all’art. 20, comma 6 del presente regolamento, richiede il rispetto della condizione di cui all’art. 19, comma 1, lettera c) solo per la quota di superficie di vendita ulteriore rispetto a quella a suo tempo operante. Rimane fermo l’obbligo del rispetto dei parametri urbanistici e di viabilita’ di cui al titolo III, capo IV e delle altre condizioni di cui all’art. 19 del presente regolamento. 3. La cessazione dell’attivita’, la riduzione della superficie di vendita o la variazione di settore merceologico, ad eccezione di quanto previsto al comma 1, di una grande struttura autorizzata dopo l’entrata in vigore del regolamento regionale n. 4/1999, determina l’incremento della SVAG relativa all’area di programma cui la struttura appartiene, per una identica quantita’. 4. Nell’ipotesi di cui al comma 3, il comune trasmette alla Regione, entro trenta giorni dal suo ricevimento, la comunicazione di cui all’art. 79 del codice, ai fini dell’aggiornamento della SVAG.

Il testo integrale è presente al seguente URL: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=3&datagu=2009-12-05&task=dettaglio&numgu=47&redaz=009R0452&tmstp=1260347504104

REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA LEGGE REGIONALE 29 aprile 2009, n. 9 Disposizioni in materia di politiche di sicurezza e ordinamento della polizia locale

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole.

Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 48 del 12-12-2009

(Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Friuli-Venezia
Giulia n. 18 del 6 maggio 2009)

IL CONSIGLIO REGIONALE
Ha approvato

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE

Promulga

la seguente legge:
Art. 1

Oggetto e finalita’

1. La Regione Friuli-Venezia Giulia pone la sicurezza urbana e
territoriale tra le Condizioni primarie per un ordinato svolgimento
della vita Civile e sociale favorendo, in osservanza del principio di
leale Collaborazione, il coordinamento delle azioni volte alla
realizzazione delle politiche di sicurezza individuate nella presente
legge.
2. La presente legge, nel rispetto della Competenza statale in
materia di ordine pubblico e sicurezza e in virtu’ della Competenza
residuale attribuita alla Regione in materia di polizia locale e
della Competenza primaria attribuita alla Regione in materia di
ordinamento degli enti locali, detta disposizioni per la promozione
di politiche locali ed integrate per la sicurezza sul territorio
regionale e, fatto salvo quanto disposto dalla legge regionale 31
dicembre 1986, n. 64 (Organizzazione delle strutture ed interventi di
Competenza regionale in materia di protezione Civile) e successive
modifiche, definisce gli indirizzi generali dell’organizzazione e
dello svolgimento dei servizi di’ polizia locale dei Comuni, delle
Province e delle loro forme associative, e detta i Criteri generali
per l’accesso ai ruoli di’ polizia locale e per la realizzazione di
un sistema permanente di formazione del personale di polizia locale.
3. Gli interventi nei settori della sicurezza civica e della
polizia locale disciplinati dalla presente legge costituiscono
strumenti per il concorso della Regione allo sviluppo della cultura
della legalita’ e alla prevenzione dei fenomeni di illegalita’.
4. La Regione e gli enti locali, anche in concorso fra loro,
realizzano politiche finalizzate a migliorare la sicurezza urbana,
intesa come l’insieme delle condizioni atte a garantire lo
svolgimento di un’ordinata e civile convivenza e la qualita’ della
vita nelle citta’ e nel territorio regionale.

Art. 2

Politiche regionali

1. Per le finalita’ indicate dall’articolo 1, la Regione:
a) promuove l’integrazione tra gli interventi regionali e gli
interventi degli enti locali per la sicurezza urbana con le politiche
di contrasto alla criminalita’ e di sicurezza pubblica di competenza
degli organi statali;
b) sostiene la conoscenza, lo scambio di informazioni sui
fenomeni criminali e sulle situazioni maggiormente esposte
all’influenza della criminalita’ nella vita sociale e produttiva e la
prevenzione e repressione dei reati;
c) promuove l’istituzione dei Corpi di polizia locale, ne
sostiene l’attivita’ operativa e favorisce il coordinamento al fine
di rendere uniforme il servizio sul territorio;
d) compie attivita’ di ricerca, raccolta e monitoraggio dei
dati relativi all’organizzazione dei Corpi e Servizi di polizia
locale e allo svolgimento delle relative funzioni;
e) favorisce l’integrazione e la condivisione delle banche dati
a disposizione della Regione e degli enti locali mediante lo sviluppo
di servizi per l’interoperabilita’ e la cooperazione applicativa;
f) promuove forme di coordinamento regionale per la gestione di
situazioni di emergenza sul piano della sicurezza;
g) promuove l’applicazione di tecnologie finalizzate al
coordinamento, alla collaborazione e alla comunicazione tra la
polizia locale e tra questa e le Forze dell’ordine presenti sul
territorio regionale;
h) promuove lo sviluppo di’ politiche di sicurezza
transfrontaliere.

Art. 3

Osservatorio regionale sulla sicurezza integrata

1. Al fine di promuovere il coordinamento e la partecipazione di
tutti i soggetti coinvolti nel settore della sicurezza, nel rispetto
delle competenze ad essi riconosciute dal vigente ordinamento, ed in
attuazione e a completamento della politica regionale sulla
sicurezza, la Regione istituisce, presso la direzione centrale
competente, l’Osservatorio regionale sulla sicurezza integrata, di
seguito denominato «Osservatorio».
2. L’Osservatorio e’ organo di supporto della Giunta in materia
di sicurezza e per la realizzazione di’ politiche integrate
attraverso:
a) il monitoraggio e l’analisi dell’attuazione delle politiche
in materia di sicurezza realizzate sul territorio regionale;
b) attivita’ di ricerca finalizzata all’analisi dei fenomeni di
criminalita’ e insicurezza sul territorio regionale;
c) attivita’ di informazione, documentazione e valutazione
degli interventi effettuati in ordine alla prevenzione e alla
repressione dei crimini e alla messa in sicurezza delle aree piu’
degradate e ad alto tasso di criminalita’ sul territorio di
competenza del singolo ente locale.
3. Per lo svolgimento delle attivita’ di’ cui al comma 2,
l’Amministrazione regionale e’ autorizzata ad avvalersi di
collaborazioni con universita’ degli studi, istituti di ricerca e
altri soggetti pubblici e privati aventi specifiche competenze ed
esperienze in materia di sicurezza. Gli enti locali, a richiesta,
devono mettere a disposizione dell’Osservatorio tutte le informazioni
relative allo svolgimento delle proprie competenze, fornendo nel
dettaglio un quadro delle iniziative realizzate sul tema della
sicurezza.
4. L’Osservatorio svolge, inoltre, funzioni di regolazione e
programmazione, anche tenendo conto delle specificita’ territoriali,
nonche’ funzioni di monitoraggio, controllo e valutazione degli
interventi di’ cui alla presente legge. In particolare,
l’Osservatorio si occupa:
a) dell’analisi e della valutazione dei fenomeni di
criminalita’, in generale, che si verificano sul territorio
regionale, in collaborazione con le Forze di polizia locale;
b) della valutazione e rilevazione dei fenomeni di devianza, di
emarginazione e di bullismo;
c) dell’analisi e della valutazione dei fenomeni di
criminalita’ e pericolosita’ sociale generati dal consumo e dallo
spaccio di sostanze stupefacenti e psicotrope e derivanti dall’abuso
di sostanze alcoliche;
d) dell’analisi e della valutazione del fenomeno dell’usura,
dei reati contro il patrimonio quali fenomeni connessi alla mancanza
di controllo del territorio;
e) del monitoraggio del problema dell’immigrazione clandestina;
f) della rilevazione della percezione del sentimento di
insicurezza presente sul territorio;
g) del monitoraggio sugli effetti dei progetti di intervento
per la sicurezza;
h) della predisposizione e avvio all’interno degli istituti
scolastici di percorsi educativi in materia, in collaborazione con i’
dirigenti scolastici;
i) di presentare alla Giunta regionale una relazione annuale
sulle attivita’ di analisi e valutazione effettuate e sui progetti
realizzati.
5. L’Osservatorio e’ costituito con decreto del Presidente della
Regione, previa deliberazione della Giunta regionale, su proposta
dell’Assessore regionale competente in materia di’ sicurezza. Ha sede
presso la direzione centrale competente in materia di sicurezza,
rimane in carica per la durata della legislatura ed e’ composto da:
a) l’Assessore regionale competente in materia di sicurezza,
con funzioni di Presidente;
b) il direttore regionale competente in materia di sicurezza;
c) il direttore centrale competente in materia di Protezione
civile;
d) il direttore centrale cui fa capo il Corpo Forestale
Regionale;
e) due esperti designati dalle Universita’ degli Studi di
Trieste e Udine, competenti in materia di criminologia e pedagogia
della devianza;
f) quattro rappresentanti della polizia locale designati dal
Comitato tecnico di cui all’art. 22;
g) i quattro Presidenti delle Province della Regione;
h) i quattro Sindaci dei Comuni capoluogo di provincia della
Regione;
i) sei Sindaci designati dal Consiglio delle Autonomie locali,
rappresentativi delle diverse classi demografiche, tra cui un Sindaco
di Comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti e uno di Comune
con popolazione inferiore a 1000 abitanti;
j) tre rappresentanti designati congiuntamente dalle
associazioni economiche di categoria maggiormente rappresentative a
livello nazionale, presenti sul territorio regionale;
k) tre rappresentanti designati congiuntamente dalle
associazioni di volontariato e solidarieta’ maggiormente
rappresentative a livello nazionale, presenti sul territorio
regionale;
l) un rappresentante dell’Ufficio scolastico regionale.
6. Per ciascuno dei componenti di cui al comma 5 e’ nominato un
membro supplente per i casi di assenza o impedimento.
7. L’Osservatorio elegge un Vicepresidente tra i componenti
previsti al comma 5, lettere g), h) e i).
8. Il Presidente puo’ invitare alle sedute, se la situazione lo
richieda, senza diritto di voto, rappresentanti degli enti locali, di
amministrazioni ed enti interessati alle problematiche del settore,
dirigenti regionali ed esperti.
9. L’Osservatorio si riunisce almeno due volte all’anno e ogni
volta che il Presidente lo ritenga necessario o entro dieci giorni
dalla presentazione di una richiesta motivata di’ un terzo dei
componenti e puo’ essere articolato in sottocommissioni per aree
tematiche.
10. Le riunioni dell’Osservatorio sono valide con la presenza
della maggioranza dei suoi componenti. Le decisioni sono adottate con
il voto favorevole della maggioranza dei presenti.
11. Ai componenti dell’Osservatorio, che non siano dipendenti in
servizio presso la Regione, spetta un gettone di presenza,
determinato con il decreto di cui al comma 5, e, se risiedono in
Comuni diversi da quello in cui si svolgono i’ lavori
dell’Osservatorio, e’ riconosciuto il trattamento di missione
previsto per i dipendenti regionali.

Art. 4 Programma regionale di finanziamento in materia di sicurezza 1. La Giunta regionale con propria deliberazione approva, entro il 1° marzo di ogni anno, sentito il Consiglio delle Autonomie locali e previo parere della Commissione consiliare competente, il Programma regionale di finanziamento in materia di politiche di sicurezza, con il quale vengono definiti: a) le situazioni di’ criticita’ in ambito regionale con riferimento alle politiche della sicurezza, alla qualita’ della vita, all’ordinata e civile convivenza; b) gli interventi finalizzati alla realizzazione di progetti di rilievo regionale in materia di sicurezza e promozione della legalita’; c) gli interventi relativi ad accordi con lo Stato in materia di sicurezza urbana; d) gli interventi relativi a progetti locali di Comuni, Province e altri soggetti pubblici in materia di sicurezza; e) i patti locali di sicurezza urbana; f) le priorita’, la quantificazione delle risorse, i criteri e le modalita’ di finanziamento degli interventi. 2. I progetti locali per la sicurezza di cui al comma 1, lettera d), possono prevedere, tra l’altro, i seguenti interventi: a) potenziamento del parco veicolare della polizia locale, dei collegamenti telefonici, telematici, dei servizi informatici, degli apparati radio e dei sistemi di videosorveglianza per il controllo del territorio; b) adeguamento delle sedi dei Corpi e Servizi di polizia locale e modernizzazione delle sale operative; c) realizzazione di’ iniziative volte alla qualificazione dei Servizi di polizia locale e all’istituzione del «vigile di quartiere»; d) le iniziative di prevenzione e sostegno finalizzate alla tutela delle fasce piu’ deboli della popolazione, maggiormente esposte a fenomeni di criminalita’ e al rischio dell’incolumita’ personale, con particolare riguardo ai corsi di autodifesa per le donne; e) interventi per l’installazione di sistemi di sicurezza presso case ed abitazioni private, edifici religiosi, di culto e di ministero pastorale; f) sviluppo di iniziative per interventi di mediazione culturale e reinserimento sociale; g) iniziative finalizzate alla prevenzione dei fenomeni di violenza e al controllo delle zone a rischio; h) gestione associata dei servizi finalizzati alla vigilanza e al controllo del territorio di competenza; i) interventi coordinati per la sicurezza delle attivita’ produttive, commerciali e turistiche al fine di prevenire fenomeni di’ criminalita’. 3. I patti locali di’ sicurezza urbana di cui al comma 1, lettera e), sono strumenti attraverso i quali, ferme restando le competenze proprie di ciascun soggetto istituzionale, si realizza l’integrazione tra le politiche e le azioni che a livello locale hanno l’obiettivo di migliorare le condizioni di sicurezza urbana di un territorio di riferimento. Il patto per la sicurezza urbana e’ promosso da uno o piu’ Sindaci dei Comuni ovvero Presidenti di Provincia interessati ed e’ teso a favorire il coinvolgimento e la collaborazione tra organi decentrati’ dello Stato ed enti locali. In tal senso, i patti possono prevedere interventi di sostegno alle Forze dell’ordine dello Stato presenti’ sul territorio regionale. I patti per la sicurezza urbana prevedono: a) l’analisi dei problemi di’ sicurezza urbana presenti sul territorio, comprese le situazioni che ingenerano senso di insicurezza nei cittadini; b) il programma degli interventi da realizzare e le azioni previste. 4. Con successiva deliberazione la Giunta regionale provvede al riparto delle risorse in attuazione del Programma regionale.

Art. 5 Volontari per la sicurezza 1. Al fine di favorire il rispetto della legalita’ e migliorare la qualita’ della convivenza civile, la Regione promuove e sostiene finanziariamente l’impiego del volontariato e dell’associazionismo, ivi comprese le associazioni d’arma e le associazioni delle Forze dell’ordine, nel rispetto dei principi e delle finalita’ previste dalle leggi statali e regionali in materia. L’operativita’ delle associazioni e’ subordinata alla stipula di’ apposite convenzioni con i Comuni e le Province interessati. 2. L’impiego delle associazioni di volontariato e dei singoli volontari, che operano sotto la vigilanza e sulla base delle indicazioni del comandante o del responsabile del Servizio di polizia locale, e’ volto ad assicurare una presenza attiva sul territorio finalizzata a fornire assistenza alla cittadinanza anche in occasione di eventi civili, religiosi e ludico sportivi. 3. Il comandante o il responsabile del Servizio di’ polizia locale predispone giornalmente, in caso di impiego, il piano delle attivita’, con nomi dei volontari, compiti e luoghi d’impiego, e lo tiene a disposizione dell’autorita’ di pubblica sicurezza per almeno un anno. 4. Al fine di assicurare adeguata uniformita’ sul territorio regionale, la Regione, nel rispetto delle leggi dello Stato, individua con apposito regolamento i requisiti di onorabilita’ dei volontari e i compiti ad essi demandati, specificando, in relazione alle diverse tipologie di attivita’: a) le modalita’ esecutive del servizio svolto; b) le dotazioni e l’abbigliamento di cui il personale volontario deve essere fornito; c) la formazione necessaria per l’acquisizione delle competenze individuali o delle abilitazioni richieste; d) la copertura assicurativa da garantire per l’esercizio delle attivita’, 5. I volontari che superano i prescritti corsi formativi organizzati dalla Regione sono scritti in un elenco regionale articolato su sezioni comunali, nel rispetto delle norme in materia di privacy e tutela dei dati personali. Con lo stesso regolamento di’ cui al comma 4 sono disciplinati anche l’istituzione, la tenuta e l’aggiornamento dell’elenco dei volontari per la sicurezza. 6. La Regione contribuisce alle spese per l’acquisizione dei beni e per la copertura assicurativa di cui al comma 4. 7. Le disposizioni del presente articolo non si applicano al volontariato di protezione civile di cui alla legge regionale n. 64/1986.

Art. 6 Collaborazione con soggetti di vigilanza privata 1. La Regione, nel rispetto della normativa statale, riconosce agli enti locali la possibilita’ di’ avvalersi, previa stipula di apposite convenzioni con gli istituti di vigilanza privata, della collaborazione di’ guardie particolari giurate, con funzioni ausiliarie, al fine di assicurare alla polizia locale un’efficace forma di sostegno nell’attivita’ di presidio del territorio. 2. Le guardie particolari giurate di cui al comma 1 svolgono attivita’ sussidiaria di mera vigilanza e priva di autonomia, finalizzata unicamente ad attivare gli organi di’ polizia locale, le Forze di’ polizia dello Stato od enti a vario titolo competenti, per esigenze riguardanti esclusivamente: a) tutela del patrimonio pubblico; b) sorveglianza di’ luoghi pubblici; c) comportamenti di disturbo alla quiete pubblica. 3. Il personale di cui al comma 2 opera secondo le modalita’ indicate nelle convenzioni sotto la direzione del comandante del Corpo o del responsabile del Servizio di polizia locale dell’ente che ne ha richiesto l’ausilio. 4. Il Comune invia al Prefetto copia della convenzione.

Art. 7 Contributi per la sicurezza delle attivita’ produttive, commerciali e turistiche 1. La Regione contribuisce alla tutela delle piccole e medie imprese artigianali, commerciali e turistiche e dei rispettivi distretti industriali, di cui alla legge regionale 11 novembre 1999, n. 27 (Per lo sviluppo dei Distretti industriali), e successive modifiche, dai fenomeni di criminalita’, sia mediante incentivi all’installazione di impianti di allarme e dispositivi di sicurezza nell’esercizio dell’attivita’, sia mediante forme di contribuzione a rimborso parziale di danni subiti a seguito di atti criminosi. 2. Sono destinatari dei contributi i titolari di attivita’ di’ cui al comma 1 che presentino, anche tramite associazioni di categoria, consorzi e associazioni di imprenditori turistici, di produttori o commercianti e di imprenditori dei distretti industriali, progetti coordinati e relativi a settori esposti a rischio di criminalita’. 3. I contributi concessi ai sensi del presente articolo rientrano nel regime «de minimis» previsto dalla normativa comunitaria. 4. La Giunta regionale, nell’ambito delle deliberazioni di cui all’art. 4, commi 1 e 4, determina i criteri e le priorita’ per l’assegnazione del finanziamento ai progetti, le modalita’ di presentazione degli stessi e i limiti del contributo finanziario della Regione a sostegno delle iniziative previste dal presente articolo e provvede al riparto delle risorse da assegnare.

Art. 8

Esercizio delle funzioni di polizia locale

1. I Comuni e le Province sono titolari delle funzioni di polizia
locale.
2. Per lo svolgimento delle funzioni di polizia locale i Comuni e
le Province organizzano, in forma singola o associata, i Corpi di
polizia locale in modo da assicurare l’assolvimento dei compiti ad
essi demandati dalle leggi e dai regolamenti.
3. I Corpi di cui al comma 2 costituiscono Forze di polizia
locale in conformita’ alla normativa vigente e svolgono, nell’ambito
delle competenze istituzionali dell’ente locale di’ cui fanno parte,
le seguenti funzioni:
a) vigilano sull’osservanza delle leggi, dei regolamenti, delle
ordinanze e degli altri provvedimenti amministrativi emanati dalle
competenti autorita’, la cui adozione o esecuzione sia di’ competenza
degli enti locali da cui dipendono;
b) vigilano sull’integrita’ e la conservazione del patrimonio
pubblico dell’ente locale;
c) prestano servizi d’ordine, di’ vigilanza e di scorta;
d) collaborano alle operazioni di protezione civile ai sensi
dell’art. 9 della legge regionale n. 64/1986;
e) svolgono incarichi di informazione, accertamento e
rilevazione dei dati connessi alle funzioni istituzionali degli enti
locali;
f) collaborano, d’intesa con le autorita’ competenti, alle
operazioni di soccorso in caso di pubbliche calamita’ o disastri,
nonche’ di privato infortunio;
g) esercitano le funzioni di controllo in materia di’ tutela
dell’ambiente e in materia urbanistico-edilizia;
h) esercitano le funzioni di polizia amministrativa;
i) esercitano le funzioni di polizia giudiziaria e di pubblica
sicurezza ai sensi della normativa statale;
j) esercitano le funzioni di polizia stradale ai sensi della
normativa statale;
k) forniscono supporto all’attivita’ di controllo relativa ai
tributi locali secondo quanto previsto dai rispettivi regolamenti;
l) svolgono servizio di’ rappresentanza e di’ scorta del
gonfalone;
m) svolgono funzioni di vigilanza in materia ittico-venatoria;
n) svolgono funzioni di protezione e tutela della fauna.
4. Al Sindaco, al Presidente della Provincia o all’Assessore da
essi delegato, ovvero all’organo individuato ai sensi dell’art. 14,
comma 2, competono la vigilanza sullo svolgimento delle funzioni e
dei compiti di polizia locale e il potere di’ impartire le direttive
al comandante del Corpo di polizia locale o, nei casi di’ cui
all’articolo 10, comma 4, al responsabile del Servizio di polizia
locale, per l’efficace raggiungimento degli obiettivi prefissati.
5. Nello svolgimento dell’attivita’ di polizia giudiziaria, i
comandanti dei Corpi di polizia locale assicurano lo scambio
informativo e la collaborazione con altri comandi di’ polizia locale
e con le Forze di polizia dello Stato nel rispetto del codice di
procedura penale.
6. Nell’esercizio delle funzioni di pubblica sicurezza previste
dalla normativa statale, la polizia locale assume il presidio del
territorio tra i suoi compiti primari, al fine di garantire, in
concorso con le Forze di polizia dello Stato, la sicurezza urbana
degli ambiti territoriali di’ riferimento.

Art. 9 Servizi per conto di terzi 1. Gli enti locali, per eventi riconducibili ad attivita’ imprenditoriali, comunque afferenti al pubblico interesse, possono prevedere l’utilizzo, straordinario o esclusivo oltre il normale impiego istituzionale, di personale e mezzi della polizia locale, per attivita’ conformi all’art. 8. 2. Per le suddette attivita’, da svolgersi a domanda, gli enti locali definiscono specifiche tariffe e possono esentare dal pagamento le attivita’ richieste da enti pubblici.

Art. 10 Principi organizzativi 1. Per l’esercizio delle funzioni di polizia locale, i Comuni e le Province istituiscono i Corpi di polizia locale e ne regolamentano l’organizzazione e il funzionamento in modo da garantirne l’efficienza, l’efficacia e la continuita’ operativa. 2. Per Corpo di’ polizia locale si intende una struttura complessa, anche a carattere intercomunale, a cui siano addetti almeno otto operatori. 3. I Comuni nei quali non e’ istituito il Corpo di polizia locale assicurano lo svolgimento delle relative funzioni mediante l’istituzione di’ Corpi di polizia locale in forma associata. 4. I Comuni con popolazione inferiore a 1.000 residenti, in deroga a quanto stabilito al comma 3, possono istituire, ricorrendo alla forma associata, Servizi di polizia locale a cui siano addetti almeno tre operatori. 5. I Comuni disciplinano l’organizzazione e il funzionamento del Corpo o del Servizio di polizia locale armonizzandosi ai seguenti criteri tesi ad assicurare requisiti minimi di omogeneita’: a) previsione di’ almeno una unita’ operativa ogni 1.000 residenti, calcolati, nel caso di svolgimento del servizio in forma associata, sul totale degli abitanti degli enti aderenti, intendendosi che le unita’ di organico si’ arrotondano, a conclusione del conteggio, secondo il criterio dell’unita’ di riferimento piu’ vicina; b) svolgimento delle attivita’ di polizia locale, in ogni giorno dell’anno, assicurando la copertura delle seguenti fasce giornaliere minime di orario: 1) Servizi di polizia locale con organico compreso tra 3 e 7 unita’: almeno sei ore medie di servizio giornaliero; 2) Corpi di’ polizia locale con organico compreso tra 8 e 30 unita’: almeno dodici ore articolate su due turni di servizio; 3) Corpi di polizia locale con organico compreso tra 31 e 100 unita’: almeno sedici ore articolate su tre turni di servizio; 4) Corpi di polizia locale con organico superiore alle 100 unita’: orario di ventiquattro ore articolato su quattro turni di servizio; c) svolgimento delle attivita’ di polizia locale in uniforme, salvo i casi di espressa autorizzazione del comandante o del responsabile del servizio all’utilizzo dell’abito civile. 6. Le Province disciplinano l’organizzazione e il funzionamento del Corpo di polizia locale assicurando quale requisito minimo di omogeneita’ una unita’ operativa di polizia locale ogni 20.000 residenti. 7. Al fine di garantire l’efficace svolgimento delle funzioni di polizia locale e migliorare le condizioni di sicurezza urbana, l’articolo 1, comma 57, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), concernente l’esclusione del rapporto di lavoro a tempo parziale per il personale militare, per quello delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, si applica anche al personale di polizia locale, salvo che sia diversamente stabilito nei regolamenti dei rispettivi enti locali per esigenze di’ carattere stagionale. 8. La determinazione delle unita’ operative di cui al comma 5, lettera a), deve farsi con riferimento alle figure professionali assunte con contratto di’ lavoro dipendente a tempo indeterminato. I rapporti di lavoro a tempo parziale sono considerati in relazione all’orario di’ servizio effettivamente svolto.

Art. 11

Coordinamento regionale della polizia locale

1. Con deliberazione della Giunta regionale, sentiti il Comitato
tecnico di cui all’art. 22, e il Consiglio delle Autonomie locali e
previo parere della competente Commissione consiliare, sono adottati
atti di indirizzo e standard organizzativi relativi all’attivita’
della polizia locale e sono definiti i criteri integrativi dei
requisiti minimi di’ omogeneita’ della dotazione organica dei Corpi
di’ polizia locale in relazione alla densita’ della popolazione
residente, all’estensione territoriale e alla rete viaria,
all’intensita’ dei flussi di circolazione, di’ pendolarismo e
turistici, al patrimonio ambientale, allo sviluppo edilizio,
industriale e commerciale, e ad ogni altro parametro socio-economico
pertinente.
2. La Regione attua il coordinamento dell’organizzazione della
polizia locale anche mediante l’adozione dei regolamenti previsti
dall’art. 25.
3. La Regione definisce le procedure operative da seguire
nell’espletamento del servizio di polizia locale e promuove
l’adozione di una modulistica unica sul territorio regionale.
4. Al fine di garantire un efficace scambio di informazioni e un
rapido intervento sul territorio, gli enti locali, con il supporto
della Regione, assicurano il raccordo telematico tra i comandi della
polizia locale e degli stessi con la Regione per il tramite della
Protezione civile. La Regione individua le caratteristiche tecniche
delle centrali operative e della strumentazione accessoria.
5. Allo scopo di potenziare l’operativita’ della polizia locale e
di consentirne il pronto coinvolgimento in caso di necessita’, la
Regione promuove l’istituzione di un numero telefonico unico
attraverso il quale attivare il comando piu’ vicino al luogo in cui
si richiede l’intervento.

Il testo integrale è presente al seguente URL: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=3&datagu=2009-12-12&task=dettaglio&numgu=48&redaz=009R0481&tmstp=1260865246976

REGIONE EMILIA-ROMAGNA LEGGE REGIONALE 23 luglio 2009, n. 8

Modifica della legge regionale 31 maggio 2002, n. 9 (Disciplina dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale) in attuazione della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole.

Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 49 del 19-12-2009

(Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Emilia Romagna n. 126 del 23 luglio 2009) L’ASSEMBLEA LEGISLATIVA REGIONALE Ha approvato IL PRESIDENTE DELLA REGIONE Promulga la seguente legge: Art. 1 Inserimento dell’art. 8-bis nella legge regionale 31 maggio 2002, n. 9 (Disciplina dell’esercizio delle funzioni amministrative in materia di demanio marittimo e di zone di mare territoriale) 1. Dopo l’art. 8 della legge regionale n. 9 del 2002 e’ inserito il seguente: «Art. 8-bis (Classificazione delle aree del demanio marittimo regionale). – 1. In attuazione dell’ art. 1, comma 251, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2007)» tutte le aree demaniali marittime turistico ricreative ricadenti nei comuni costieri, ai fini della riscossione dei relativi canoni, sono classificate secondo le specifiche di cui all’allegato A (Classificazione di normale ed alta valenza turistica) della presente legge. Le aree classificate ad alta valenza turistica ricadono nel litorale dei seguenti comuni: a) Comune di Ravenna; b) Comune di Cervia; c) Comune di Cesenatico; d) Comune di Rimini; e) Comune di Riccione. 2. I titolari di concessioni demaniali marittime di cui al decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400 (Disposizioni per la determinazione dei canoni relativi a concessioni demaniali marittime), convertito in legge 4 dicembre 1993, n. 494, potranno chiedere, entro il 31 dicembre 2009, la proroga della durata della concessione fino ad un massimo di venti anni a partire dalla data di rilascio, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 253, della legge n. 296 del 2006 ed in conformita’ a quanto disposto dal presente articolo. 3. La Giunta, considerando la particolarita’ della realta’ della nostra Regione in relazione all’attuazione dei piani dell’ arenile nella determinazione dei requisiti previsti dall’art. 1, comma 253, della legge n. 296 del 2006, approva direttive vincolanti per l’attuazione di quanto disposto dai commi 1 e 2, con proprio atto deliberativo da pubblicare nel Bollettino ufficiale della Regione Emilia-Romagna.».

Art. 2 Modifica dell’art. 9 della legge regionale n. 9 del 2002 1. Dopo il comma 4 dell’art. 9 della legge regionale n. 9 del 2002 e’ inserito il seguente: «4-bis. Nel rispetto dei termini di cui all’art. 77-ter, comma 19, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (Disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitivita’, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria) convertito, con modificazioni, nella legge 6 agosto 2008, n. 133, la Regione potra’ adeguare l’imposta per i beni del demanio marittimo prevista dall’art. 9, comma 3, della legge regionale 27 dicembre 1971, n. 1 (legge regionale sui tributi propri della Regione) nella misura del 35 per cento. Alla riscossione provvederanno i comuni costieri con le seguenti modalita’: a) il 30 per cento con destinazione sui capitoli di bilancio della Regione; b) il restante 5 per cento con destinazione sui capitoli di bilancio dei comuni costieri per l’esercizio delle funzioni di cui alla presente legge.».

Art. 3

Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla
data della sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione
Emilia-Romagna.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/guridb/dispatcher?service=3&datagu=2009-12-19&task=dettaglio&numgu=49&redaz=009R0632&tmstp=1261385529104