Corte Costituzionale, Ordinanza n. 276, legittimità costituzionale degli artt. 107, 108, 143, 143-bis e 156-bis del codice civile

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 1ª Serie Speciale – Corte Costituzionale n. 30 del 28-7-2010

Ordinanza

nel giudizio di legittimita’ costituzionale degli artt. 107, 108,
143, 143-bis e 156-bis del codice civile, promosso dalla Corte
d’appello di Firenze, nel procedimento vertente tra B. E. ed altro ed
il Sindaco del Comune di Firenze, con ordinanza del 3 dicembre 2009,
iscritta al n. 110 del registro ordinanze 2010 e pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, 1ª serie speciale,
dell’anno 2010.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
Udito nella camera di consiglio del 23 giugno 2010 il Giudice
relatore Alessandro Criscuolo.
Ritenuto che, con l’ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di
appello di Firenze ha sollevato, in riferimento agli articoli 2, 3 e
29 della Costituzione, questione di legittimita’ costituzionale degli
articoli 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis del codice civile, nella
parte in cui non consentono il matrimonio tra persone del medesimo
sesso;
che, come la Corte rimettente riferisce, l’ufficiale di stato
civile di Firenze ha respinto la richiesta di B. E. e di R. M.,
diretta ad ottenere la pubblicazione di matrimonio, «ritenendo
l’istituto inaccessibile alle persone dello stesso sesso»;
che il Tribunale di Firenze, al quale gli interessati hanno
proposto tempestivo ricorso, ha confermato il diniego, «considerando
la decisione dell’Ufficiale di stato civile coerente alla
legislazione vigente e all’assetto costituzionale della Repubblica»;
che i richiedenti hanno proposto reclamo alla Corte di
appello di Firenze, osservando quanto segue: a) non e’ reperibile
nell’ordinamento alcuna esplicita definizione del matrimonio, in
effetti mutuata per via esegetica dalla realta’ sociale; b) non vi e’
una disposizione normativa diretta a vietare in modo espresso il
matrimonio tra persone omosessuali; c) l’evoluzione sociale rende
pienamente accettabile l’unione coniugale tra persone dello stesso
sesso; d) la possibilita’ di contrarre matrimonio con la persona
prescelta esprime un diritto inalienabile dell’essere umano; e)
nessuna discriminazione di tipo sessuale puo’ comprimere tale
diritto; f) l’autonomia privata non e’ in grado di sopperire alla
disciplina pubblicistica del matrimonio, sia sotto il profilo delle
garanzie, sia sotto il profilo dei vincoli; g) il divieto di
matrimonio omosessuale non soltanto e’ privo di valida base
normativa, ma comprime un diritto fondamentale della persona, lede il
principio di uguaglianza e comporta una discriminazione basata
sull’orientamento sessuale;
che, pertanto, i reclamanti hanno chiesto, in via principale,
la riforma del provvedimento impugnato, con l’ordine di procedere
alla pubblicazione del matrimonio sulla base dell’interpretazione
evolutiva e costituzionalmente orientata della legge esistente, o
comunque, in via subordinata, di sollevare questione di legittimita’
costituzionale degli artt. 107, 108, 143, 143-bis, 156-bis cod. civ.,
per contrasto con gli artt. 2, 3, 11, 13, 29 e 117 Cost.;
che il Procuratore generale della Repubblica ha espresso
parere contrario all’accoglimento del reclamo;
che, ad avviso della Corte rimettente, la domanda principale
non puo’ essere accolta, in quanto l’art. 12 delle disposizioni sulla
legge in generale «impone d’interpretare le norme senza stravolgere
il significato delle parole attraverso le quali si manifesta
l’intenzione del legislatore e non v’e’ dubbio che nella lingua
italiana per matrimonio s’intenda il "rapporto di convivenza
dell’uomo e della donna in accordo con la prassi civile ed
eventualmente religiosa, diretta a garantire la sussistenza morale,
sociale e giuridica della famiglia" (dizionario Devoto-Oli)»;
che, del resto, il Tribunale ha posto in evidenza i plurimi
riferimenti normativi che, confermando l’analisi etimologica, portano
ad escludere la volonta’ del legislatore di alludere con quel termine
a qualcosa di diverso, ed ha ricordato che non spetta al giudice dare
veste istituzionale, o comunque rilevanza giuridica, ai mutamenti
intervenuti nel costume e nella sensibilita’ sociale, al di la’ di
quanto rientra nel ragionevole esercizio della funzione ermeneutica;
che, invece, secondo il giudice a quo, si deve dubitare della
legittimita’ costituzionale del divieto di matrimonio omosessuale, in
base all’orientamento seguito dal Tribunale di Venezia (ordinanza 3
aprile 2009) e dalla Corte di appello di Trento (ordinanza 9 luglio
2009) che, in casi del tutto analoghi, svolgendo argomenti pregevoli
e di ampio respiro, hanno rimesso gli atti alla Corte costituzionale
per lo scrutinio di legittimita’ del menzionato divieto;
che, «rinviando in linea di massima alle corpose motivazioni
dei giudici gia’ remittenti», la Corte territoriale considera arduo
negare al diritto di sposarsi – non a caso divenuto uno dei cavalli
di battaglia delle militanze omosessuali in tutto il mondo – la
dignita’ di diritto fondamentale della persona, richiamando al
riguardo l’art. 2 Cost., nel cui ambito l’unione coniugale va
ricondotta, come sodalizio in cui si esprime la personalita’
dell’individuo;
che l’istituto de quo esprimerebbe uno dei profili essenziali
in cui si manifesta la dignita’ umana, come «riconosciuto dagli artt.
12 e 16 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 10
dicembre 1948, nonche’ dagli artt. 8 e 12 della Convenzione per la
Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Liberta’ Fondamentali del
20 marzo 1952 e, infine, dagli artt. 7 e 9 della Carta dei Diritti
Fondamentali dell’Unione Europea del 7 dicembre 2000, sicche’ ogni
interpretazione riduttiva della prospettive di tutela accennata
sembra del tutto insostenibile»;
che l’art. 3 Cost. impedisce che l’inclinazione sessuale
possa costituire motivo di discriminazione tra i cittadini, onde,
secondo il rimettente, bisogna ritenere garantita dall’ordinamento la
possibilita’ di scegliere un coniuge dello stesso sesso, allo stesso
modo in cui il principio di uguaglianza assicura la liberta’ di
scegliere un coniuge di una certa razza, religione o condizione
personale;
che «il progresso della sensibilita’ comune ha ormai
felicemente emancipato l’omosessualita’ dal ghetto di emarginazione,
se non di aperta repressione, in cui ideologie autoritarie del
passato l’avevano confinata, facendo comprendere e rispettare alla
generalita’ dei consociati "un modo d’essere" (per usare le parole
spese da Corte Cost. n. 165/1985 per i transessuali) che risponde a
moti insindacabili dell’animo umano, di cui la normativa di un
ordinamento civile non puo’ che prendere atto e consentire
l’affermazione, evitando anzi ingerenze e sgombrando il campo da ogni
ostacolo al dispiegarsi del diritto di autodeterminazione di
ciascuno»;
che, inoltre, la trasformazione dei costumi ha portato,
secondo il giudice a quo, al superamento del monopolio detenuto dal
modello della famiglia tradizionale cattolica nel dettare lo stile
dei rapporti di convivenza ed offre esempi sempre piu’ frequenti di
legami alternativi, che aspirano legittimamente ad ottenere dignita’
e riconoscimento istituzionale;
che l’esclusione degli omosessuali dalla possibilita’ di
contrarre tra loro il vincolo coniugale non puo’ fondatamente
discendere, secondo il rimettente, dal rilievo secondo cui l’art. 29
Cost. riconosce i diritti della famiglia come societa’ naturale
fondata sul matrimonio, «sia perche’ la tutela della famiglia
supposta "naturale" potrebbe tranquillamente estendersi ad una
famiglia "meno naturale" o "diversamente naturale" senza per questo
rinnegare se stessa, sia perche’, equiparando aprioristicamente la
"famiglia naturale" a quella composta da uomo e donna, si cade in una
petizione di principio che il giudice delle leggi potrebbe a buon
diritto scardinare, riconoscendo che nella societa’ odierna il crisma
della "naturalita’" puo’ essere tranquillamente riconosciuto anche
alla convivenza omosessuale»;
che, infatti, volendo definire un concetto di unione
coniugale adatto ai tempi, il dato di natura non sarebbe da
considerare immutabile, ma andrebbe filtrato e desunto dagli esiti
concreti dell’evoluzione sociale, come sarebbe desumibile dalle
esperienze storiche nelle varie regioni del mondo;
che, paradossalmente, il vero limite idoneo a frenare
l’allargamento dell’istituto coniugale alle coppie omosessuali
starebbe nella considerazione per cui il «diritto» al matrimonio «non
reca soltanto benefici, ma trascina una nutrita serie di
controindicazioni, ammantando lo sposo di una veste intessuta di
connotazioni largamente coercitive», in quanto comporta «pesanti
limitazioni nella sfera delle liberta’ individuali, quali l’obbligo
di coabitazione, l’obbligo di assistenza morale e materiale,
l’obbligo di fedelta’ sessuale, che sarebbero inconcepibili senza
sottendere il perseguimento di una finalita’ superiore»;
che questa riflessione smentisce apertamente, secondo il
rimettente, la possibilita’ per l’autonomia privata di supplire in
modo adeguato alla disciplina matrimoniale, all’evidenza pervasa da
interessi pubblicistici, sicche’ nessun contratto potrebbe obbligare
alla coabitazione o alla fedelta’ sessuale, ma soltanto il matrimonio
potrebbe assicurare agli omosessuali il conseguimento di tale
risultato, peraltro non privo di costi che nella coppia eterosessuale
(almeno ab origine) trovano corrispettivo nella finalita’ procreativa
e, quindi, si collegano «alla necessita’ di saldare un nucleo stabile
iperprotettivo a fondamento della famiglia»;
che, in quest’ottica, «il divieto del matrimonio tra
omosessuali perderebbe cosi’ ogni sapore discriminatorio per assumere
una funzione addirittura di salvaguardia, nei confronti di chi, non
potendo procreare, verrebbe messo al riparo da impegni che
l’ordinamento considera altrimenti intollerabili»;
che, tuttavia, la finalita’ procreativa, continua ancora il
giudice a quo, svolge ormai un ruolo soltanto tendenziale nel
giustificare l’instaurazione del matrimonio, istituto sicuramente
accessibile alle coppie eterosessuali sterili, «nel perseguimento di
interessi solidaristici e morali che sarebbe palesemente incongruo
precludere alle coppie omosessuali», avuto riguardo anche alle nuove
tecniche di procreazione;
che, pertanto, «l’evocazione dell’originaria finalita’
procreativa alla radice dell’istituto matrimoniale si rivela quanto
meno azzardata allo scopo di rendere accettabile sul piano della
legittimita’ costituzionale la "protezione" degli omosessuali dalla
"schiavitu’" coniugale, sicche’ il discorso non riesce a dissipare
soddisfacentemente i dubbi in precedenza avanzati sulla fisionomia
discriminatoria dell’esclusione»;
che il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e
difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e’ intervenuto in
giudizio con atto depositato l’11 maggio 2010, sostenendo che la
questione sarebbe inammissibile e, comunque, infondata perche’ con
conterrebbe alcun elemento di sostanziale novita’ o diversita’
rispetto alle questioni gia’ risolte da questa Corte con la sentenza
n. 138 del 2010.
Considerato che la Corte di appello di Firenze, con l’ordinanza
indicata in epigrafe, dubita, in riferimento agli articoli 2, 3 e 29
della Costituzione, della legittimita’ costituzionale degli articoli
107, 108, 143, 143-bis, 156-bis del codice civile, «nella parte in
cui non consentono il matrimonio tra persone del medesimo sesso»;
che questa Corte, con la sentenza n. 138 del 2010, emessa a
seguito delle ordinanze del Tribunale di Venezia e della Corte
d’appello di Trento menzionate dall’attuale rimettente, ha gia’
esaminato la questione di legittimita’ costituzionale delle norme in
questa sede censurate, in riferimento ai parametri costituzionali qui
richiamati, nonche’ all’art. 117, primo comma, Cost. (che non puo’
ritenersi evocato dalla Corte fiorentina mediante la generica relatio
ai citati provvedimenti del Tribunale di Venezia e della Corte di
appello di Trento);
che, in particolare, con la sentenza n. 138 del 2010 la
questione sollevata in riferimento all’art. 2 Cost. e’ stata
dichiarata inammissibile, perche’ diretta ad ottenere una pronunzia
additiva non costituzionalmente obbligata;
che con la medesima sentenza la questione, sollevata con
riferimento ai parametri individuati negli artt. 3 e 29 Cost., e’
stata dichiarata non fondata, sia perche’ l’art. 29 Cost. si
riferisce alla nozione di matrimonio definita dal codice civile come
unione tra persone di sesso diverso, e questo significato del
precetto costituzionale non puo’ essere superato per via ermeneutica,
sia perche’ (in ordine all’art. 3 Cost.) le unioni omosessuali non
possono essere ritenute omogenee al matrimonio;
che non risultano qui allegati profili diversi o ulteriori,
idonei a superare gli argomenti addotti nella precedente pronuncia;
che, pertanto, la questione di legittimita’ costituzionale,
sollevata con riferimento all’art. 2 Cost., deve essere dichiarata
manifestamente inammissibile, e la questione sollevata con
riferimento agli artt. 3 e 29 Cost. deve essere dichiarata
manifestamente infondata (ex plurimis: ordinanze n. 42, n. 34 e n. 16
del 2009).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.
87, e 9, comma 2, delle norme integrative per i giudizi davanti alla
Corte costituzionale.

Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE

A) dichiara la manifesta inammissibilita’ della questione di
legittimita’ costituzionale degli articoli 107, 108, 143, 143-bis,
156-bis del codice civile, sollevata, in riferimento all’articolo 2
della Costituzione, dalla Corte di appello di Firenze con l’ordinanza
indicata in epigrafe;
B) dichiara la manifesta infondatezza della questione di
legittimita’ costituzionale degli articoli sopra indicati del codice
civile, sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 29 della
Costituzione, dalla Corte di appello di Firenze con la medesima
ordinanza.
Cosi’ deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale,
Palazzo della Consulta, il 7 luglio 2010.

Il Presidente: Amirante

Il redattore: Criscuolo

Il cancelliere: Di Paola

Depositata in cancelleria il 22 luglio 2010.

Il direttore della cancelleria: Di Paola

Testo non ufficiale. La sola stampa del dispositivo ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

LEGGE 13 agosto 2010 , n. 149

Modifiche all’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80, e agli articoli 11 e 13 della legge 26 febbraio 1987, n. 49, concernenti la gestione dei fondi dell’Amministrazione degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo.

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale N. 212 del 10 Settembre 2010

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
Promulga

la seguente legge:
Art. 1

Modifiche all’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80

1. All’articolo 1 del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35,
convertito, con modificazioni, dalla legge 14 maggio 2005, n. 80,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) il comma 15-ter e’ sostituito dal seguente:
«15-ter. A decorrere dall’esercizio finanziario 2011, le somme non
erogate dal funzionario delegato in esecuzione di specifici
interventi, progetti o programmi possono essere temporaneamente
utilizzate, nell’ambito della medesima sede all’estero, per spese di
analoga natura derivanti da obbligazioni giuridicamente perfezionate,
in attesa della definizione delle procedure di accredito del
successivo ordine di rimessa valutaria. All’atto della ricezione dei
nuovi fondi accreditati, e comunque improrogabilmente entro l’anno di
riferimento, e’ obbligatoria la sistemazione contabile della cassa
temporaneamente utilizzata»;
b) il comma 15-quater e’ sostituito dal seguente:
«15-quater. Le erogazioni successive a quella iniziale sono
condizionate al rilascio di un’attestazione da parte del capo
missione sullo stato di realizzazione degli interventi, progetti o
programmi. Entro sessanta giorni dalla chiusura di ciascun esercizio
finanziario, il funzionario delegato presenta una relazione sullo
stato dell’intervento, progetto o programma, accompagnata dalla
distinta delle spese sostenute nell’esercizio. Entro novanta giorni
dalla conclusione di ciascun intervento, progetto o programma, il
funzionario delegato versa all’erario le eventuali economie e
presenta ai competenti uffici dell’Amministrazione degli affari
esteri l’attestazione di tale versamento, la rendicontazione finale,
corredata della documentazione di spesa, nonche’ una relazione
attestante l’effettiva realizzazione dell’intervento, progetto o
programma e il raggiungimento degli obiettivi prefissati. In caso di
avvicendamento tra funzionari delegati, la rendicontazione e’ resa a
cura del funzionario delegato in carica, sulla base di specifici
passaggi di consegne; i relativi verbali sono allegati al rendiconto
e, in caso di oggettiva impossibilita’, al rendiconto e’ allegata una
specifica dichiarazione del medesimo funzionario in carica,
attestante le ragioni del mancato passaggio di consegne. In tali
casi, ciascun funzionario delegato e’ comunque responsabile per gli
atti di spesa della propria gestione»;
c) il comma 15-quinquies e’ sostituito dal seguente:
«15-quinquies. Con regolamento emanato con decreto del Ministro
degli affari esteri, di concerto con il Ministro dell’economia e
delle finanze, sono stabilite le modalita’ di armonizzazione del
regime giuridico delle rendicontazioni degli interventi, progetti o
programmi di cooperazione allo sviluppo conclusi negli esercizi
finanziari fino all’anno 2010»;
d) e’ aggiunto, in fine, il seguente comma:
«15-septies. Per le spese di funzionamento delle unita’ tecniche di
cui all’articolo 13, comma 5, della legge 26 febbraio 1987, n. 49,
nelle more dell’accredito della successiva rimessa valutaria, il
funzionario delegato puo’ temporaneamente utilizzare fondi di analoga
natura comunque disponibili, ove cio’ sia indispensabile per
assicurare la continuita’ dei servizi. All’atto della ricezione dei
fondi accreditati, e comunque improrogabilmente entro l’anno di
riferimento, e’ obbligatoria la sistemazione contabile della cassa
temporaneamente utilizzata. I fondi di cui al presente comma sono
accreditati dalla Direzione generale per la cooperazione allo
sviluppo del Ministero degli affari esteri al capo della
rappresentanza diplomatica».

Avvertenza:
Il testo delle note qui pubblicato e’ stato redatto
dall’amministrazione competente per materia, ai sensi
dell’articolo 10, comma 2, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi,
sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica
e sulle pubblicazioni ufficiali della Repubblica italiana,
approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al solo
fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge
modificate. Restano invariati il valore e l’efficacia degli
atti legislativi qui trascritti.
Note all’art. 1:
– Si riporta il testo dell’art. 1 del decreto-legge 14
marzo 2005, n. 35 (Disposizioni urgenti nell’ambito del
Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e
territoriale), convertito, con modificazioni, dalla legge
14 maggio 2005, n. 80, come modificato dalla presente
legge:
«Art. 1 (Rafforzamento del sistema doganale, lotta alla
contraffazione e sostegno all’internazionalizzazione del
sistema produttivo). – 1. Per il rilancio del sistema
portuale italiano, con l’obiettivo di consentire l’ingresso
e l’uscita delle merci dal territorio doganale dell’Unione
europea in tempi tecnici adeguati alle esigenze dei
traffici, nonche’ per l’incentivazione dei sistemi
logistici nazionali in grado di rendere piu’ efficiente lo
stoccaggio, la manipolazione e la distribuzione delle
merci, con decreto del Presidente del Consiglio dei
Ministri, adottato entro trenta giorni dalla data di
entrata in vigore del presente decreto, e’ definito, ferme
restando le vigenti disposizioni in materia di servizi di
polizia doganale, il riassetto delle procedure
amministrative di sdoganamento delle merci, con
l’individuazione di forme di semplificazione e di
coordinamento operativo affidate all’Agenzia delle dogane,
per le procedure di competenza di altre amministrazioni che
concorrono allo sdoganamento delle merci, e comunque
nell’osservanza dei principi della massima riduzione dei
termini di conclusione dei procedimenti e della
uniformazione dei tempi di conclusione previsti per
procedimenti tra loro analoghi, della disciplina uniforme
dei procedimenti dello stesso tipo che si svolgono presso
diverse amministrazioni o presso diversi uffici della
medesima amministrazione, dell’accorpamento dei
procedimenti che si riferiscono alla medesima attivita’,
dell’adeguamento delle procedure alle tecnologie
informatiche, del piu’ ampio ricorso alle forme di
autocertificazione, sulla base delle disposizioni vigenti
in materia. E’ fatta salva la disciplina in materia di
circolazione in ambito internazionale dei beni culturali di
cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42.
2. Ai fini di cui al comma 1, i soggetti deputati a
rilasciare le prescritte certificazioni possono comunque
consentire, in alternativa, la presentazione di
certificazioni rilasciate da soggetto privato abilitato.
3. Al comma 380 dell’art. 1 della legge 30 dicembre
2004, n. 311, dopo le parole: «Agenzia delle entrate» sono
inserite le seguenti: «e all’Agenzia delle dogane».
4. Per garantire il potenziamento e la piena efficienza
delle apparecchiature scanner in dotazione all’Agenzia
delle dogane installate nei maggiori porti ed interporti
del territorio nazionale, favorire la presenza delle
imprese sul mercato attraverso lo snellimento delle
operazioni doganali corrette ed il contrasto di quelle
fraudolente, nonche’ assicurare un elevato livello di
deterrenza ai traffici connessi al terrorismo ed alla
criminalita’ internazionale, l’Agenzia delle dogane
utilizza, entro il limite di ottanta milioni di euro, le
maggiori somme rispetto all’esercizio precedente versate
all’Italia dall’Unione europea e che, per effetto del n. 3)
della lettera i) del comma 1 dell’art. 3 della legge 10
ottobre 1989, n. 349, sono disponibili per l’acquisizione
di mezzi tecnici e strumentali nonche’ finalizzate al
potenziamento delle attivita’ di accertamento, ispettive e
di contrasto alle frodi.
5. E’ istituito presso il Ministero dell’economia e
delle finanze un apposito Fondo con la dotazione di
34.180.000 euro per l’anno 2005, di 39.498.000 euro per
l’anno 2006, di 38.700.000 euro per l’anno 2007 e di
42.320.000 euro a decorrere dall’anno 2008, per le esigenze
connesse all’istituzione del Sistema d’informazione visti,
finalizzato al contrasto della criminalita’ organizzata e
della immigrazione illegale attraverso lo scambio tra gli
Stati membri dell’Unione europea di dati relativi ai visti,
di cui alla decisione 2004/512/CE dell’8 giugno 2004 del
Consiglio. Al riparto del Fondo di cui al presente comma si
provvede con decreto del Ministro dell’economia e delle
finanze, su proposta dei Ministri competenti. All’onere di
cui al presente comma si provvede:
a) quanto a euro 4.845.000 per il 2005, a euro
15.000.000 per ciascuno degli anni 2006 e 2007, mediante
corrispondente riduzione dello stanziamento iscritto, ai
fini del bilancio triennale 2005-2007, nell’ambito
dell’unita’ previsionale di base di parte corrente «Fondo
speciale» dello stato di previsione del Ministero
dell’economia e delle finanze per l’anno 2005, allo scopo
parzialmente utilizzando, per euro 1.345.000 per il 2005 e
per euro 15.000.000 per ciascuno degli anni 2006 e 2007,
l’accantonamento relativo al Ministero degli affari esteri
e, per euro 3.500.000 per il 2005, l’accantonamento
relativo al Ministero dell’interno;
b) a euro 22.566.000 per il 2007 e ad euro 42.320.000
a decorrere dal 2008, mediante utilizzo di parte delle
maggiori entrate derivanti dall’attuazione dell’art. 7,
comma 3;
c) quanto a euro 29.335.000 per il 2005, a euro
24.498.000 per il 2006 e ad euro 1.134.000 per il 2007,
mediante corrispondente riduzione dello stanziamento
iscritto, ai fini del bilancio triennale 2005-2007,
nell’ambito dell’unita’ previsionale di base di conto
capitale «Fondo speciale» dello stato di previsione del
Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno 2005,
allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento
relativo al predetto Ministero.
6. Il limite massimo di intervento della Simest S.p.a.,
come previsto dalla legge 24 aprile 1990, n. 100, e’
elevato al 49 per cento per gli investimenti all’estero che
riguardano attivita’ aggiuntive delle imprese, derivanti da
acquisizioni di imprese, «joint-venture» o altro e che
garantiscano il mantenimento delle capacita’ produttive
interne. Resta ferma la facolta’ del CIPE di variare, con
proprio provvedimento, la percentuale della predetta
partecipazione.
6-bis. Al fine di potenziare l’attivita’ della SIMEST
Spa a supporto dell’internazionalizzazione delle imprese,
le regioni possono assegnare in gestione alla societa’
stessa propri fondi rotativi con finalita’ di venture
capital, per l’acquisizione di quote aggiuntive di
partecipazione fino a un massimo del 49 per cento del
capitale o fondo sociale di societa’ o imprese partecipate
da imprese operanti nel proprio territorio. Tali fondi sono
autonomi e restano distinti dal patrimonio della SIMEST
Spa. Qualora i fondi rotativi siano assegnati da regioni
del Mezzogiorno, le quote di partecipazione
complessivamente detenute dalla SIMEST Spa possono
raggiungere una percentuale fino al 70 per cento del
capitale o fondo sociale. I fondi rotativi regionali con
finalita’ di venture capital previsti dal presente comma
possono anche confluire, ai fini della gestione, nel fondo
unico di cui all’art. 1, comma 932, della legge 27 dicembre
2006, n. 296, estendendosi agli, stessi la competenza del
Comitato di indirizzo e di rendicontazione di cui al
decreto del Vice Ministro delle attivita’ produttive n. 404
del 26 agosto 2003. Il Ministro dello sviluppo economico
provvede, con proprio decreto, all’integrazione della
composizione del Comitato di indirizzo e di rendicontazione
con un rappresentante della regione assegnataria del fondo
per le specifiche delibere di impiego del medesimo, senza
nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.
7. E’ punito con la sanzione amministrativa pecuniaria
da 100 euro fino a 7.000 euro l’acquirente finale che
acquista a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualita’
o per la condizione di chi le offre o per l’entita’ del
prezzo, inducano a ritenere che siano state violate le
norme in materia di origine e provenienza dei prodotti ed
in materia di proprieta’ industriale. In ogni caso si
procede alla confisca amministrativa delle cose di cui al
presente comma. Restano ferme le norme di cui al decreto
legislativo 9 aprile 2003, n. 70. Salvo che il fatto
costituisca reato, qualora l’acquisto sia effettuato da un
operatore commerciale o importatore o da qualunque altro
soggetto diverso dall’acquirente finale, la sanzione
amministrativa pecuniaria e’ stabilita da un minimo di
20.000 euro fino ad un milione di euro. Le sanzioni sono
applicate ai sensi della legge 24 novembre 1981, n. 689.
Fermo restando quanto previsto in ordine ai poteri di
accertamento degli ufficiali e degli agenti di polizia
giudiziaria dall’art. 13 della citata legge n. 689 del
1981, all’accertamento delle violazioni provvedono,
d’ufficio o su denunzia, gli organi di polizia
amministrativa.
8. Le somme derivanti dall’applicazione delle sanzioni
previste dal comma 7 sono versate all’entrata del bilancio
dello Stato per essere riassegnate ad appositi capitoli,
anche di nuova istituzione, dello stato di previsione del
Ministero delle attivita’ produttive e del Ministero degli
affari esteri, da destinare alla lotta alla contraffazione.
Nel caso di sanzioni applicate da organi di polizia locale,
le somme sono destinate per il 50 per cento all’ente locale
competente e per il restante 50 per cento allo Stato,
secondo le modalita’ di cui al primo periodo.
9. All’art. 4, comma 49, della legge 24 dicembre 2003,
n. 350, dopo le parole: «fallaci indicazioni di
provenienza» sono inserite le seguenti: «o di origine».
10. All’art. 517 del codice penale, le parole: «due
milioni» sono sostituite dalle seguenti: «ventimila euro».
11. L’Alto Commissario per la lotta alla contraffazione
di cui all’art. 1-quater, opera in stretto coordinamento
con le omologhe strutture degli altri Paesi esteri.
12. I benefici e le agevolazioni previsti ai sensi
della legge 24 aprile 1990, n. 100, del decreto legislativo
31 marzo 1998, n. 143, e della legge 12 dicembre 2002, n.
273, non si applicano ai progetti delle imprese che,
investendo all’estero, non prevedano il mantenimento sul
territorio nazionale delle attivita’ di ricerca, sviluppo,
direzione commerciale, nonche’ di una parte sostanziale
delle attivita’ produttive.
13. -.
14. Allo scopo di favorire l’attivita’ di ricerca e
innovazione delle imprese italiane ed al fine di
migliorarne l’efficienza nei processi di
internazionalizzazione, le partecipazioni acquisite dalla
Simest S.p.a ai sensi dell’art. 1 della legge 24 aprile
1990, n. 100, possono superare la quota del 25 per cento
del capitale o fondo sociale della societa’ nel caso in cui
le imprese italiane intendano effettuare investimenti in
ricerca e innovazione nel periodo di durata del contratto.
15. I funzionari delegati di cui all’art. 3 del
regolamento di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 marzo 2000, n. 120, possono effettuare
trasferimenti tra le aperture di credito disposte in loro
favore su capitoli relativi all’acquisizione di beni e
servizi nell’ambito dell’unita’ previsionale di base
«Uffici all’estero» dello stato di previsione del Ministero
degli affari esteri. Detti trasferimenti, adeguatamente
motivati, sono comunicati al competente centro di
responsabilita’, all’ufficio centrale del bilancio e alla
Corte dei conti, al fine della rendicontazione, del
controllo e delle conseguenti variazioni di bilancio da
disporre con decreto del Ministro degli affari esteri. Con
decreto del Ministro degli affari esteri, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze, sono stabilite
le modalita’ di attuazione delle norme di cui al presente
comma.
15-bis. I fondi di cui all’art. 25, comma 1, del
regolamento di cui ai decreto del Presidente della
Repubblica 12 aprile 1988, n. 177, sono accreditati alle
rappresentanze diplomatiche, per le finalita’ della legge
26 febbraio 1987, n. 49, e per gli adempimenti derivanti
dai relativi obblighi internazionali, sulla base di
interventi, progetti o programmi, corredati dei relativi
documenti analitici dei costi e delle voci di spesa,
approvati dagli organi deliberanti.
15-ter. A decorrere dall’esercizio finanziario 2011, le
somme non erogate dal funzionario delegato in esecuzione di
specifici interventi, progetti o programmi possono essere
temporaneamente utilizzate, nell’ambito della medesima sede
all’estero, per spese di analoga natura derivanti da
obbligazioni giuridicamente perfezionate, in attesa della
definizione delle procedure di accredito del successivo
ordine di rimessa valutaria. All’atto della ricezione dei
nuovi fondi accreditati, e comunque improrogabilmente entro
l’anno di riferimento, e’ obbligatoria la sistemazione
contabile della cassa temporaneamente utilizzata.
15-quater. Le erogazioni successive a quella iniziale
sono condizionate al rilascio di un’attestazione da parte
del capo missione sullo stato di realizzazione degli
interventi, progetti o programmi. Entro sessanta giorni
dalla chiusura di ciascun esercizio finanziario, il
funzionario delegato presenta una relazione sullo stato
dell’intervento, progetto o programma, accompagnata dalla
distinta delle spese sostenute nell’esercizio. Entro
novanta giorni dalla conclusione di ciascun intervento,
progetto o programma, il funzionario delegato versa
all’erario le eventuali economie e presenta ai competenti
uffici dell’Amministrazione degli affari esteri
l’attestazione di tale versamento, la rendicontazione
finale, corredata della documentazione di spesa, nonche’
una relazione attestante l’effettiva realizzazione
dell’intervento, progetto o programma e il raggiungimento
degli obiettivi prefissati. In caso di avvicendamento tra
funzionari delegati, la rendicontazione e’ resa a cura del
funzionario delegato in carica, sulla base di specifici
passaggi di consegne; i relativi verbali sono allegati al
rendiconto e, in caso di oggettiva impossibilita’, al
rendiconto e’ allegata una specifica dichiarazione del
medesimo funzionario in carica, attestante le ragioni del
mancato passaggio di consegne. In tali casi, ciascun
funzionario delegato e’ comunque responsabile per gli atti
di spesa della propria gestione.
15-quinquies. Con regolamento emanato con decreto del
Ministro degli affari esteri, di concerto con il Ministro
dell’economia e delle finanze, sono stabilite le modalita’
di armonizzazione del regime giuridico delle
rendicontazioni degli interventi, progetti o programmi di
cooperazione allo sviluppo conclusi negli esercizi
finanziari fino all’anno 2010.
15-sexies. Per la realizzazione degli interventi di
emergenza di cui all’art. 11 della legge 26 febbraio 1987,
n. 49, e successive modificazioni, mediante fondi
accreditati alle rappresentanze diplomatiche, il capo
missione puo’ stipulare convenzioni con le organizzazioni
non governative che operano localmente. La congruita’ dei
tassi di interesse applicati dalle organizzazioni non
governative per la realizzazione di programmi di
microcredito e’ attestata dal capo della rappresentanza
diplomatica.
15-septies. Per le spese di funzionamento delle unita’
tecniche di cui all’art. 13, comma 5, della legge 26
febbraio 1987, n. 49, nelle more dell’accredito della
successiva rimessa valutaria, il funzionario delegato puo’
temporaneamente utilizzare fondi di analoga natura comunque
disponibili, ove cio’ sia indispensabile per assicurare la
continuita’ dei servizi. All’atto della ricezione dei fondi
accreditati, e comunque improrogabilmente entro l’anno di
riferimento, e’ obbligatoria la sistemazione contabile
della cassa temporaneamente utilizzata. I fondi di cui al
presente comma sono accreditati dalla Direzione generale
per la cooperazione allo sviluppo del Ministero degli
affari esteri al capo della rappresentanza diplomatica.».

Art. 2

Modifica all’articolo 11 della legge
26 febbraio 1987, n. 49

1. All’articolo 11, comma 1, lettera a), della legge 26 febbraio
1987, n. 49, dopo la parola: «alimentari» sono inserite le seguenti:
«acquistate preferibilmente in loco o nella regione».

Note all’art. 2:
– Si riporta il testo dell’art. 11 della legge 26
febbraio 1987, n. 49 (Nuova disciplina della cooperazione
dell’Italia con i Paesi in via di sviluppo), come
modificato dalla presente legge:
«Art. 11 (Interventi straordinari). – 1. Gli interventi
straordinari di cui all’art. 1, comma 4, sono:
a) l’invio di missioni di soccorso, la cessione di
beni, attrezzature e derrate alimentari acquistate
preferibilmente in loco o nella regione, la concessione di
finanziamenti in via bilaterale;
b) l’avvio di interventi imperniati principalmente
sulla sanita’ e la messa in opera delle infrastrutture di
base, soprattutto in campo agricolo e igienico sanitario,
indispensabili per l’immediato soddisfacimento dei bisogni
fondamentali dell’uomo in aree colpite da calamita’, da
carestie e da fame, e caratterizzate da alti tassi di
mortalita’;
c) la realizzazione in loco di’ sistemi di raccolta,
stoccaggio, trasporto e distribuzione di beni, attrezzature
e derrate;
d) l’impiego, d’intesa con tutti i Ministeri
interessati, gli enti locali e gli enti pubblici, dei mezzi
e del personale necessario per il tempestivo raggiungimento
degli obiettivi di cui alle lettere a), b) e c);
e) l’utilizzazione di organizzazioni non governative
riconosciute idonee ai sensi della presente legge, sia
direttamente sia attraverso il finanziamento di programmi
elaborati da tali enti ed organismi e concordati con la
Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo.
2. Gli interventi derivanti da calamita’ o eventi
eccezionali possono essere effettuati d’intesa con il
Ministro per il coordinamento della protezione civile, il
quale con i poteri di cui al secondo comma dell’art. 1 del
decreto-legge 12 novembre 1982, n. 829, convertito, con
modificazioni, nella legge 23 dicembre 1982, n. 938, pone a
disposizione personale specializzato e mezzi idonei per
farvi fronte. I relativi oneri sono a carico della
Direzione generale per la cooperazione allo sviluppo.
3. Le iniziative promosse ai sensi del presente
articolo sono deliberate dal Ministro degli affari esteri o
dal Sottosegretario di cui all’art. 3, comma 4, qualora
l’onere previsto sia superiore a lire 2 miliardi, ovvero
dal Direttore generale per importi inferiori e non sono
sottoposte al parere preventivo del Comitato direzionale
ne’ al visto preventivo dell’ufficio di ragioneria di cui
all’art. 15, comma 2. La relativa documentazione e’
inoltrata al Comitato direzionale, al Comitato consultivo
ed all’Ufficio di ragioneria contestualmente alla delibera.
4. Le attivita’ di cui al presente articolo sono
affidate, con il decreto di cui all’art. 10, comma 2, ad
apposita unita’ operativa della Direzione generale.».

Art. 3

Modifica all’articolo 13 della legge
26 febbraio 1987, n. 49

1. All’articolo 13, comma 4, della legge 26 febbraio 1987, n. 49,
le parole: «, anche per quanto riguarda l’amministrazione dei fondi
di cui al comma 5,» sono soppresse.
La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge dello Stato.
Data a Roma, addi’ 13 agosto 2010

NAPOLITANO

Berlusconi, Presidente del Consiglio
dei Ministri

Visto, il Guardasigilli: Alfano

LAVORI PREPARATORI

Camera dei deputati (atto n. 3400):
Presentato dall’on. Enrico Pianetta il 15 aprile 2010.
Assegnato alla III commissione (Affari esteri), in sede referente
il 19 aprile 2010, con pareri delle commissioni I e V.
Esaminato dalla III commissione in sede referente il 27 aprile
2010 e il 12 maggio 2010. Nuovamente assegnato alla III commissione
(Affari esteri) in sede legislativa il 30 giugno 2010.
Esaminato dalla III commissione in sede legislativa il 1° luglio
2010 ed approvato il 6 luglio 2010.
Senato della Repubblica (atto n. 2272):
Assegnato alla 3ª commissione permanente (Affari esteri) in sede
deliberante il 20 luglio 2010 con pareri delle commissionil 1ª e 5ª .
Esaminato dalla 3ª commissione in sede deliberante il 21 luglio
2010 ed approvato il 2 agosto 2010.

Note all’art. 3:
– Si riporta il testo dell’art. 13 della citata legge
n. 49 del 1987, come modificato dalla presente legge:
«Art. 13 (Unita’ tecniche di cooperazione nei Paesi in
via di sviluppo). – 1. Le unita’ tecniche di cui agli artt.
9 e 10 sono istituite nei Paesi in via di sviluppo
dichiarati prioritari dal CICS con accreditamento diretto
presso i Governi interessati nel quadro degli accordi di
cooperazione.
2. Le unita’ tecniche sono costituite da esperti
dell’Unita’ tecnica centrale di cui all’art. 12 e da
esperti tecnico-amministrativi assegnati dalla Direzione
generale per la cooperazione allo sviluppo nonche’ da
personale esecutivo e ausiliario assumibile in loco con
contratti a tempo determinato.
3. I compiti delle unita’ tecniche consistono:
a) nella predisposizione e nell’invio alla Direzione
generale per la cooperazione allo sviluppo di relazioni, di
dati e di ogni elemento di informazione utile
all’individuazione, all’istruttoria e alla valutazione
delle iniziative di cooperazione suscettibili di
finanziamento;
b) nella predisposizione e nell’invio alla Direzione
generale per la cooperazione allo sviluppo di relazioni, di
dati e di elementi di informazione sui piani e programmi di
sviluppo del Paese di accreditamento e sulla cooperazione
allo sviluppo ivi promossa e attuata anche da altri Paesi e
da organismi internazionali;
c) nella supervisione e nel controllo tecnico delle
iniziative di cooperazione in atto;
d) nello sdoganamento, controllo, custodia e consegna
delle attrezzature e dei beni inviati dalla Direzione
generale per la cooperazione allo sviluppo;
e) nell’espletamento di ogni altro compito atto a
garantire il buon andamento delle iniziative di
cooperazione nel Paese.
4. Ciascuna unita’ tecnica e’ diretta da un esperto
dell’Unita’ tecnica centrale di cui all’art. 12, che
risponde al capo della rappresentanza diplomatica
competente per territorio.
5. Le unita’ tecniche sono dotate dalla Direzione
generale per la cooperazione allo sviluppo dei fondi e
delle attrezzature necessarie per l’espletamento dei
compiti ad esse affidati.».

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://gazzette.comune.jesi.an.it/2010/212/1.htm

VALLE D’AOSTA LEGGE REGIONALE 23 dicembre 2009, n. 49

Linee-guida per l’ottimizzazione ed il rilancio delle strategie di sviluppo della Casa da gioco e del complesso aziendale Grand Hôtel Billia di Saint-Vincent. Modificazioni alla legge regionale 30 novembre 2001, n. 36 (Costituzione di una societa’ per azioni per la gestione della Casa da gioco di Saint-Vincent).

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 36 del 11-9-2010

(Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Valle d’Aosta
n. 52 del 29 dicembre 2009)

IL CONSIGLIO REGIONALE
Ha approvato

IL PRESIDENTE DELLA REGIONE
Promulga

la seguente legge:
Art. 1

Finalita’ ed oggetto

1. Al fine di ottimizzare e di rilanciare le strategie di
sviluppo della Casa da gioco e del complesso aziendale del Grand
Hôtel Billia di Saint-Vincent, la Regione promuove l’accorpamento in
capo a Casino de la Vallee S.p.A., istituita con legge regionale 30
novembre 2001, n. 36 (Costituzione di una societa’ per azioni per la
gestione della Casa da gioco di Saint-Vincent), di tutte le
proprieta’ inerenti alla gestione della Casa da gioco e del complesso
aziendale del Grand Hôtel Billia, facente capo alla societa’ Servizi
turistici vadostani S.p.A. (STV S.p.A.).

Art. 2

Interventi sul capitale sociale

1. Per l’anno 2010, e’ autorizzato l’aumento di capitale sociale
di Casino de la Vallee S.p.A. fino ad un massimo di euro 98.000.000,
riservato al socio Regione ai sensi dell’articolo 2441 del codice
civile, da eseguirsi con conferimenti sia in partecipazioni sia in
beni immobili e mobili, materiali e immateriali.
2. La partecipazione totalitaria in STV S.p.A. in capo a FINAOSTA
S.p.A., ai sensi dell’articolo 9, comma 4, della legge regionale 3
agosto 2006, n. 15 (Assestamento del bilancio di previsione per
l’anno finanziario 2006, modificazioni a disposizioni legislative,
variazione al bilancio di previsione per l’anno finanziario 2006), e’
acquisita dalla Regione ed e’ dalla stessa conferita per le finalita’
e con le modalita’ di cui al comma 1 a Casino de la Vallee S.p.A.,
per essere STV S.p.A. successivamente fusa, mediante incorporazione,
in Casino de la Vallee S.p.A.
3. La Regione conferisce a Casino de la Vallee S.p.A. i beni
immobili e mobili, materiali e immateriali, di sua proprieta’
connessi alla gestione della Casa da gioco e del Grand Hôtel Billia.
4. La Giunta regionale e’ autorizzata, per l’anno 2010, a
sottoscrivere gli aumenti del capitale sociale corrispondenti ai
conferimenti di cui ai commi 2 e 3, sino alla concorrenza massima di
euro 98.000.000.
5. Il Presidente della Regione e’ autorizzato ad adottare e a
sottoscrivere ogni atto necessario all’attuazione delle disposizioni
di cui al presente articolo.

Art. 3 Piano di sviluppo 1. La Giunta regionale sottopone all’approvazione del Consiglio regionale un piano di interventi per lo sviluppo della Casa da gioco e del Grand Hôtel Billia, realizzati da Casino de la Vallee S.p.A. 2. La Regione puo’ intervenire per il finanziamento degli investimenti previsti dal piano di cui al comma 1, attraverso trasferimenti a Casino de la Vallee S.p.A, la cui entita’ e’ determinata annualmente con la legge finanziaria, tenuto conto della programmazione finanziaria approvata dal Consiglio regionale. 3. Nelle more dell’approvazione del piano di cui al comma 1, resta valido quanto previsto dal piano di sviluppo per la Casa da gioco gia’ approvato con deliberazione del Consiglio regionale n. 509/XIII del 15 aprile 2009.

Art. 4

Modificazioni alla legge regionale n. 36/2001

Dopo la lettera a) del comma 1 dell’articolo 3 della legge
regionale n. 36/2001, e’ aggiunta la seguente:
«a-bis) la gestione del complesso aziendale del Grand Hôtel
Billia;».
2. Alla lettera b) del comma 1 dell’articolo 3 della legge
regionale n. 36/2001, le parole «alla suddetta gestione» sono
sostituite dalle seguenti «alle suddette gestioni».
3. L’articolo 4 e la lettera a) del comma 2 dell’articolo 10
della legge regionale n. 36/2001 sono abrogati.

Art. 5

Disposizioni finanziarie

1. I fondi del bilancio regionale, gia’ stanziati per il piano di
sviluppo della Casa da gioco ai sensi dell’allegato F – capitolo
64969 – alla legge regionale 17 giugno 2009, n. 15 (Assestamento del
bilancio di previsione per l’anno finanziario 2009, modifiche a
disposizioni legislative, variazioni al bilancio di previsione per
l’anno finanziario 2009 e a quello pluriennale per il triennio
2009/2011), e non ancora impegnati alla data di entrata in vigore
della presente legge, sono destinati al finanziamento degli
interventi di cui all’articolo 3.
2. Gli oneri derivanti dall’operazione di fusione di cui
all’articolo 2 restano a carico di Casino de la Vallee S.p.A.

Art. 6

Disposizioni transitorie e finali

1. Gli organi societari di STV S.p.A. in essere alla data di
entrata in vigore della presente legge restano in carica sino al
perfezionamento della fusione mediante incorporazione con Casino de
la Vallee S.p.A., ai sensi dell’articolo 2.
2. I fondi del bilancio regionale gia’ stanziati e impegnati ai
sensi dell’articolo 9, comma 7, della legge regionale n. 15/2006 sono
destinati all’aumento del capitale sociale di STV S.p.A.

Art. 7

Dichiarazione di urgenza

1. La presente legge e’ dichiarata urgente ai sensi dell’articolo
31, comma terzo, dello Statuto speciale per la Valle d’Aosta ed
entrera’ in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge della Regione autonoma Valle d’Aosta.
Aosta, 23 dicembre 2009

ROLLANDIN

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

REGIONE VALLE D’AOSTA LEGGE REGIONALE 7 dicembre 2009, n. 45 Disposizioni per la tutela e la conservazione della flora alpina. Abrogazione della legge regionale 31 marzo 1977, n. 17.

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole

Gazzetta Ufficiale – 3ª Serie Speciale – Regioni n. 35 del 4-9-2010

(Pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Valle d’Aosta n. 1, del 5 gennaio 2010) IL CONSIGLIO REGIONALE Ha approvato IL PRESIDENTE DELLA REGIONE Promulga la seguente legge: Art. 1 O g g e t t o 1. In attuazione dell’art. 2, comma primo, lettere d) e q), della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 4 (Statuto speciale per la Valle d’Aosta), la Regione autonoma Valle d’Aosta/Vallee d’Aoste disciplina, con la presente legge, la tutela e la conservazione della flora alpina. 2. Nel territorio regionale sono soggette a tutela le specie di flora spontanea autoctona e le specie di felci, muschi e licheni, la cui riproduzione e diffusione avvengono per via naturale. 3. Sono esclusi dall’ambito di applicazione della presente legge gli interventi connessi con le pratiche colturali comportanti l’utilizzazione della copertura vegetale dei terreni agrari, le colture in giardini e in stabilimenti di floricoltura e il taglio per la manutenzione delle scarpate stradali.

Art. 2

Definizioni

1. Ai fini della presente legge, si intendono per:
a) flora spontanea: l’insieme delle specie vegetali autoctone
presenti nel territorio regionale, ovvero angiosperme, gimnosperme,
pteridofite, briofite e licheni;
b) specie vegetale autoctona o indigena: specie naturalmente
presente nel territorio regionale o giunta senza l’intervento
diretto, intenzionale o accidentale, dell’uomo;
c) specie vegetale alloctona o aliena: specie non appartenente
alla flora originariamente presente nel territorio regionale, ma che
vi e’ giunta per l’intervento, intenzionale o accidentale, dell’uomo;
d) specie per uso officinale: specie medicinale, aromatica e da
profumo che contiene principi attivi sfruttabili a scopo
farmaceutico;
e) reintroduzione: azione, attuata sotto rigoroso controllo
tecnico-scientifico, il cui unico scopo e’ favorire la
ricolonizzazione di un determinato territorio da parte di una specie
di cui:
1) si sia ragionevolmente certi della locale estinzione;
2) sia possibile documentarne la presenza storica nell’area
considerata;
3) siano state rimosse le condizioni sfavorevoli che ne hanno
portato all’estinzione locale;
f) introduzioni: immissione di specie vegetali alloctone o
aliene e, parimenti, di specie vegetali autoctone, in un territorio
posto al di fuori della loro area di documentata presenza naturale in
tempi storici;
g) lista rossa regionale della flora vascolare: elenco delle
specie vegetali rare o in pericolo di estinzione predisposto sulla
base dei criteri fissati dall’Unione internazionale per la
conservazione della natura (IUCN) per l’elaborazione delle liste
rosse internazionali;
h) lista nera regionale della flora vascolare: elenco delle
specie vegetali alloctone o aliene, oggetto di eventuale
monitoraggio, contenimento o eradicazione.

Art. 3

Compiti della Regione

1. La Regione, per il tramite della struttura regionale
competente in materia di tutela della flora alpina, di seguito
denominata struttura competente:
a) salvaguarda le specie di flora spontanea autoctona e ne
protegge i relativi habitat;
b) promuove interventi volti al mantenimento della flora
spontanea autoctona mediante specifici programmi di conservazione;
c) promuove la ricerca e le attivita’ scientifiche necessarie
ai fini della conoscenza e della salvaguardia della flora spontanea
autoctona e del monitoraggio delle specie vegetali alloctone o
aliene, anche avvalendosi della collaborazione di istituti
universitari e di enti di ricerca;
d) assicura, sulla base dello stato delle conoscenze, della
normativa internazionale, comunitaria e statale e degli elenchi
predisposti dall’IUCN, l’aggiornamento, con periodicita’
quinquennale, della lista rossa regionale della flora vascolare,
degli elenchi regionali delle specie di flora spontanea a protezione
rigorosa e di quelle a raccolta regolamentata, nonche’ della lista
nera regionale della flora vascolare;
e) promuove iniziative didattiche e divulgative finalizzate a
diffondere la conoscenza e la tutela della flora alpina autoctona e
la cultura della conservazione del patrimonio naturale, anche in
collaborazione con gli enti gestori delle aree naturali protette, dei
siti di importanza comunitaria (SIC), delle zone di protezione
speciale (ZPS) e dei giardini botanici alpini, nonche’ con gli enti
locali, il Museo regionale di scienze naturali e gli istituti
scientifici e di ricerca legalmente riconosciuti.

Art. 4

Specie a protezione rigorosa

1. Sono vietati la raccolta, il danneggiamento e l’eradicazione
delle specie di flora spontana autoctona e delle specie di felci,
muschi e licheni incluse nell’allegato A.
2. E’ consentita la raccolta delle specie di cui al comma 1
esclusivamente per motivi scientifico-didattici, in quantitativi
limitati da determinare di volta in volta e previa autorizzazione del
dirigente della struttura competente.
3. E’ altresi’ vietato l’abbruciamento dei canneti e dei
cariceti. Il loro sfalcio e’ consentito nel periodo compreso tra il
15 agosto e il 15 febbraio.

Art. 5 Specie a raccolta regolamentata 1. E’ consentita la raccolta delle specie di flora spontanea autoctona e delle specie di felci incluse nell’allegato B, nel quantitativo giornaliero massimo di sei assi fiorali, ovvero steli fioriferi o fronde, a persona e per singola specie. Per gruppi composti da piu’ di tre persone, il quantitativo globale massimo raccoglibile non puo’ superare i ventiquattro assi fiorali per ogni specie. 2. E’ altresi’ consentita la raccolta delle specie di flora spontanea autoctona incluse nell’allegato C, nel quantitativo giornaliero massimo a persona ivi previsto. 3. La raccolta ad uso commerciale del mirtillo nero incluso nell’allegato C e’ subordinata a specifica autorizzazione personale rilasciata dal dirigente della struttura competente, sentita la stazione forestale competente per territorio, e non puo’ superare il quantitativo giornaliero massimo di 4 chilogrammi. 4. La raccolta delle specie di flora spontanea autoctona incluse nell’allegato C e’ libera e non e’ soggetta al rispetto del quantitativo giornaliero massimo ivi previsto per i proprietari o i titolari di altro diritto reale o personale di godimento del fondo su cui sussistano tali specie.

Art. 6 Specie per uso officinale a raccolta regolamentata 1. E’ consentita la raccolta ad uso familiare delle specie di flora spontanea autoctona e delle specie di licheni per uso officinale incluse nell’allegato D, nel quantitativo giornaliero massimo a persona ivi previsto. 2. E’ altresi’ consentita l’asportazione della parte ipogea di alcune specie, quando essa ne costituisca la parte piu’ utile e ricercata, purche’ sia assicurata la sopravvivenza della popolazione locale. 3. La raccolta ad uso commerciale delle specie per uso officinale incluse nell’allegato D e’ subordinata a specifica autorizzazione personale rilasciata dal dirigente della struttura competente, sentita la stazione forestale competente per territorio. L’autorizzazione indica il luogo di raccolta, la quantita’ massima consentita ed eventuali ulteriori prescrizioni volte ad evitare il depauperamento della specie vegetale. Le quantita’ consentite possono essere ulteriormente ridotte, anche successivamente al rilascio dell’autorizzazione, a seguito di particolari condizioni climatiche ed antropiche. 4. Chiunque effettui la raccolta deve essere munito dell’autorizzazione di cui al comma 3, da esibirsi, su richiesta, al personale preposto alla vigilanza e al controllo.

Art. 7

Specie non soggette a limitazioni di raccolta

1. E’ consentita la raccolta ad uso familiare, commestibile od
officinale delle specie di flora spontanea autoctona incluse
nell’allegato E.
2. L’eventuale raccolta ad uso commerciale delle specie di cui al
comma 1 e’ subordinata a specifica autorizzazione personale
rilasciata dal dirigente della struttura competente, sentita la
stazione forestale competente per territorio.

Art. 8 Modalita’ di raccolta e trasporto 1. La raccolta delle specie di flora spontanea autoctona incluse negli allegati B, D ed E di cui si utilizzano le parti aeree deve essere fatta mediante falcetti, forbici o altri simili arnesi da taglio. 2. Per la raccolta delle specie di flora spontanea autoctona incluse nell’allegato C e’ vietato l’uso di rastrelli o uncini. 3. Il trasporto delle specie incluse negli allegati D ed E raccolte ad uso commerciale e’ subordinato a specifica autorizzazione personale rilasciata dalla stazione forestale competente per territorio, contenente l’indicazione delle singole specie, dei quantitativi, del luogo di provenienza e di destinazione, del giorno e delle ore nei quali e’ consentito effettuare il trasporto. 4. Chiunque trasporti quantita’ di flora spontanea autoctona di cui al presente articolo proveniente da acquisto deve essere in possesso di idonea documentazione giustificativa.

Art. 9 Introduzioni e reintroduzioni 1. E’ vietata l’introduzione di specie vegetali alloctone o aliene negli ambienti naturali. In caso di operazioni di rimboschimento di particolare complessita’, effettuate dalla struttura regionale competente in materia di foreste o da privati autorizzati, puo’ essere ammessa l’introduzione di specie forestali alloctone o aliene. 2. La Giunta regionale puo’ adottare eventuali misure incentivanti l’eradicazione delle specie vegetali alloctone o aliene incluse nell’allegato F. 3. Qualsiasi reintroduzione di specie vegetali autoctone nel territorio regionale, finalizzata alla conservazione della biodiversita’, e’ subordinata a specifica autorizzazione rilasciata dal dirigente della struttura competente, sulla base di un progetto redatto e attuato da personale tecnico qualificato in materia, in conformita’ a quanto disposto da leggi, regolamenti o discipline di settore comunitarie, statali o regionali, ovvero a trattati internazionali in materia di conservazione.

Art. 10 Disposizioni generali 1. E’ consentita la raccolta delle specie di flora spontanea autoctona non incluse negli allegati A, B, C, D, E e F, nel quantitativo giornaliero massimo di venti steli fioriferi a persona. Per gruppi composti da piu’ di tre persone il quantitativo globale massimo raccoglibile non puo’ superare gli ottanta steli fioriferi per ogni specie. 2. Le specie di flora spontanea autoctona incluse negli allegati B, C, D ed E possono essere raccolte previo consenso del proprietario o del titolare di altro diritto reale o personale di godimento del fondo. 3. Il divieto alla raccolta deve essere reso conoscibile a cura dell’interessato mediante l’apposizione sul proprio fondo di specifici cartelli. 4. E’ vietata la commercializzazione di tutte le specie di flora spontanea autoctona, fatta eccezione per quelle per le quali e’ consentita ai sensi della presente legge la raccolta ad uso commerciale.

Art. 11 Vigilanza e controllo 1. Alla vigilanza e al controllo sull’applicazione della presente legge provvedono il Corpo forestale della Valle d’Aosta e gli altri ufficiali ed agenti di polizia giudiziaria.

Art. 12 S a n z i o n i 1. Chiunque raccolga o danneggi le specie di flora spontanea autoctona e le specie di felci, muschi e licheni incluse nell’allegato A e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a euro 20 per ogni stelo fiorifero, fino a un massimo di € 120. 2. Chiunque estirpi specie di flora spontanea autoctona o specie di felci, muschi e licheni incluse nell’allegato A e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a € 30 per ogni pianta, fino a un massimo di € 180. 3. Chiunque violi l’art. 4, comma 3, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da € 300 a € 1.800, con obbligo di ripristino dell’habitat distrutto. 4. Chiunque violi l’art. 5, comma 1, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a € 10 per ogni stelo fiorifero eccedente il quantitativo consentito, fino a un massimo di € 60. 5. Chiunque violi l’art. 5, commi 2 e 3, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a € 50, fino a un massimo di € 300 per ogni 100 grammi eccedenti il quantitativo consentito o una sua frazione non inferiore a 50 grammi. 6. Chiunque estirpi specie di flora spontanea autoctona nonche’ di felci incluse nell’allegato B e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a € 10 per ogni pianta, fino a un massimo di € 60. 7. Chiunque violi l’art. 6, comma 1, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a € 50 per ogni 100 grammi eccedenti il quantitativo consentito per le specie per uso officinale e per ogni 10 grammi eccedenti per i licheni, fino a un massimo di € 300. 8. Chiunque raccolga ad uso commerciale specie incluse negli allegati D ed E senza la prevista autorizzazione o con modalita’ difformi da quanto autorizzato, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da € 200 a € 1.200. 9. Chiunque violi l’art. 8, commi 1 e 2, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da € 100 a € 600. 10. Chiunque violi l’art. 8, comma 3, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da € 50 a € 300. 11. La mancanza della documentazione giustificativa prevista dall’articolo 8, comma 4, comporta la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da € 50 a € 300. 12. L’introduzione di specie vegetali alloctone o aliene in ambiente naturale, in violazione dell’art. 9, comma 1, comporta la sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da € 500 a € 3.000, con obbligo di eradicazione della specie introdotta. 13. Chiunque violi l’art. 10, comma 1, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro pari a € 10 per ogni stelo fiorifero eccedente il quantitativo consentito, fino a un massimo di € 30. 14. Chiunque violi l’art. 10, comma 4, e’ soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma di denaro da € 500, fino a un massimo di € 3.000. 15. Per l’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste dalla presente legge, si osserva quanto disposto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale).

Art. 13 R i n v i o 1. La Giunta regionale provvede, con propria deliberazione da pubblicarsi nel Bollettino ufficiale della Regione, a modificare o aggiornare gli allegati A, B, C, D, E e F, con periodicita’ almeno quinquennale. 2. La Giunta regionale disciplina inoltre, con propria deliberazione, ogni altro adempimento o aspetto, anche procedimentale, necessario all’attuazione della presente legge.

Art. 14 Abrogazioni 1. Sono abrogate le seguenti leggi regionali: a) 31 marzo 1977, n. 17; b) 15 gennaio 1982, n. 2.

Art. 15

Disposizioni finanziarie

1. L’onere complessivo derivante dall’applicazione della presente
legge e’ determinato in annui € 144.500 a decorrere dall’anno 2010.
2. Con riferimento al bilancio pluriennale della Regione per il
triennio 2009/2011 l’onere di cui al comma 1 trova copertura negli
obiettivi programmatici 2.2.1.08 (Parchi, riserve e beni ambientali),
per le finalita’ di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b) ed e),
2.1.6.01 (Consulenze, incarichi e studi), per le finalita’ di cui
all’art. 3, comma 1, lettere c) e d), 2.2.1.09 (Ambiente e sviluppo
sostenibile), per le finalita’ di cui all’art. 3, comma 1, lettera
e), e al finanziamento dell’onere si provvede mediante l’utilizzo
degli stanziamenti iscritti nei seguenti obiettivi programmatici:
a) 2.2.1.08 al capitolo 39666 (Spese per interventi concernenti
la tutela e la gestione della rete Natura 2000 e della rete ecologica
regionale) per annui € 10.000, al capitolo 39667 (Spese per attivita’
di informazione e sensibilizzazione concernente la tutela e la
gestione della rete Natura 2000 e della rete ecologica regionale) per
annui € 10.000, al capitolo 39500 (Spese per l’organizzazione e
gestione delle riserve naturali) per annui € 26.500 e al capitolo
39440 (Spese per interventi per la protezione delle risorse naturali
e per la divulgazione della loro conoscenza) per annui € 77.000;
b) 2.1.6.01 al capitolo 21820 (Spese per incarichi di
consulenza e studi) per annui € 10.000;
c) 2.2.1.09 al capitolo 67390 (Spese per la tutela ed il
recupero dell’ambiente, l’educazione, propaganda ed informazione del
settore) per annui € 11.000.
3. Con riferimento al bilancio di previsione della Regione per il
triennio 2010/2012 l’onere di cui al comma 1 trova copertura
nell’Area omogenea 01.14.02 (Parchi e Riserve naturali), per le
finalita’ di cui all’art. 3, comma 1, lettere a), b) ed e), e nelle
Unita’ Previsionali 01.03.01.13 (Consulenze, studi e collaborazioni
tecniche), per le finalita’ di cui all’art. 3, comma 1, lettere c) e
d), 01.14.01.10 (Interventi per la tutela, recupero, valorizzazione
dell’ambiente e del paesaggio), per le finalita’ di cui all’articolo
3, comma 1, lettera e), e al finanziamento dell’onere si provvede
mediante utilizzo degli stanziamenti iscritti nelle seguenti unita’
previsionali di base:
a) 01.14.02.20 (Investimenti per i Parchi e le Riserve
naturali) per annui € 10.000;
b) 01.14.02.10 (Interventi per la tutela dei Parchi e delle
Riserve naturali) per annui € 113.500;
c) 01.03.01.13 per annui € 10.000;
d) 01.14.01.10 per annui € 11.000.
4. I proventi derivanti dalle sanzioni di cui all’art. 12 sono
introitati nello stato di previsione delle entrate del bilancio della
Regione.
5. Per l’applicazione della presente legge, la Giunta regionale
e’ autorizzata ad apportare, con propria deliberazione, su proposta
dell’assessore regionale competente in materia di bilancio, le
occorrenti variazioni di bilancio.
La presente legge sara’ pubblicata sul Bollettino ufficiale della
Regione. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
osservare come legge della Regione autonoma Valle d’Aosta.
Aosta, 7 dicembre 2009.

ROLLANDIN

(Omissis).

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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