Cassazione penale 22059 del 2011 Omicidio volontario e preterintenzionale: quali differenze?

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

Svolgimento del processo

1. Con sentenza della corte d’assise d’appello di Catania in data 25.5.2010, veniva riformata, solo in punto pena, la sentenza di condanna del gup del tribunale di Ragusa in data 15.7.2009 che, all’esito del giudizio abbreviato, aveva condannato G. V. alla pena di anni quattordici di reclusione per il reato di omicidio, in danno di I.S., commesso il (OMISSIS), a seguito di un incidente stradale, la cui causalità andava riportata al G., rivale in amore della vittima. La corte d’assise d’appello riduceva la pena ad anni dodici di reclusione, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche, ribadendo il giudizio sulla solidità di un quadro probatorio deponente nel senso che il sinistro a seguito del quale perse la vita l’ I., andava ritenuto artatamente provocato dal G. che, marciando ad elevata velocità (80-90 km/h), aveva speronato il ciclomotore della vittima, in pessime condizioni di manutenzione e quindi di sicurezza, aveva fatto cadere il menzionato a lato dell’autovettura, travolgendolo e proiettandolo in avanti. Venivano valorizzate in tal senso: 1) le dichiarazioni della giovane donna contesa, G.D., che aveva riferito come il G. non avesse accettato il suo allontanamento e fosse mal disposto verso I. – che riteneva a torto che avesse preso il suo posto -, avendolo ripetutamente minacciato di morte; 2) le dichiarazioni di C. G. che riferiva in ordine a messaggi SMS che il G. aveva inviato alla giovane, con cui minacciava di ammazzare il rivale ed i messaggi che aveva inviato all’ I., per farlo desistere dalle presunte attenzioni sulla giovane; 3) le dichiarazioni di M.A., che dichiarava che il giorno del fatto, dalle ore 17,40 alle ore 18,20, aveva notato distintamente l’auto Ford Fiesta del G., parcheggiata davanti al luogo di lavoro della vittima, con a bordo l’imputato, che aveva cercato di nascondersi alla vista di terzi; 4) le indicazioni dello stesso imputato che ammetteva di aver atteso l’ I., assumendo però di averlo voluto solo spaventare, avvicinandolo da tergo, ma errando i tempi della manovra. Significativi poi venivano ritenuti i messaggi di morte via SMS che erano stati acquisiti e che soprattutto a detta del giudice di primo grado, lasciavano ampiamente presupporre una volontà omicidiaria da realizzare con il mezzo dell’auto.

Condivisibile veniva poi ritenuta la ricostruzione dell’incidente operata dal CT del Pm, ing. D., che in buona sostanza aveva accreditato la ricostruzione dei fatti offerta dall’imputato, attraverso dati scientifici facenti leva sull’energia cinetica dispiegata dall’auto, a seguito dell’attrito e sulla deformazione dei due mezzi, quindi sullo strisciamento e sull’impatto del ciclomotore e del suo conducente con il suolo ed il muro posto lungo il ciglio della strada.

Secondo i giudici di appello, la morte dell’ I. -seguita a lesioni cerebrali- doveva essere ricondotta alla volontà dolosa dell’imputato, poichè scientificamente era stato provato che i due mezzi, al momento dell’urto tenevano una velocità molto differente e che era stata l’energia dell’auto ad avere urtato da tergo il motociclo in modo deflagrante, ancorchè la velocità del ciclomotore fosse molto contenuta ed il motociclista tenesse rigorosamente la sua destra. Aveva avuto una sua parte anche il fatto che l’ I. portava con sè un sacco di 25 chili di gesso, che aveva determinato verosimilmente una difficoltà di equilibrio e sicuramente la tenuta di velocità molto modesta. Veniva desunto quindi che se solo G. avesse voluto non investire, ma spaventare come da lui addotto, avrebbe avuto tutto lo spazio per farlo ed avrebbe dovuto operare a velocità molto più contenuta. Veniva quindi ritenuto il ricorrente animato da dolo omicidiario, nella forma quanto meno eventuale. Non venivano ritenuti ravvisabili i presupposti per fare luogo alla concessione dell’attenuante della provocazione, poichè nessuno dei messaggi che l’ I. aveva mandato in risposta all’imputato, presentava profili di minaccia, diversamente dai messaggi che invece G. aveva inviato, sia alla ragazza, che alla vittima. La corte poi sottolineava che i motivi di gelosia che animavano l’imputato erano del tutto infondati , poichè in realtà tra l’ I. e la giovane Gu. non era nata alcuna relazione sentimentale.

2. Avverso tale pronuncia, ha proposto ricorso per Cassazione la difesa, con due distinti ricorsi.

L’avv. Antonino Mollica ha dedotto:

2.1 errata applicazione dell’art. 575 c.p., anzichè degli artt. 586 o 584 c.p.. Nella motivazione della sentenza non sarebbe stato preso in considerazione che l’accettazione del rischio morte da parte dell’imputato non era conseguenza certa. Sarebbe stato erroneo tirare le fila sulla base del solo dato della sommatoria delle velocità dei due veicoli, laddove la velocità dell’auto fu indicata dal G. in 90 km/h, ma senza ponderazione, posto che non guardava il contachilometri; ancora non fu adeguatamente valutato che la vittima era provvista di casco e che tale circostanza avrebbe dovuto escludere ab origine un intento omicida , profilandosi più aderente alla realtà l’ipotesi del reato preterintenzionale, ovvero quella della morte quale conseguenza di altro delitto.

2.2 manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 2: la difesa si duole che la corte d’appello non abbia colto che l’aspetto provocatorio starebbe nel fatto che la vittima abbia cercato di accreditare i sospetti del G., venendo così ad accendere uno stato d’ira nell’imputato che lo avrebbe spinto al delitto.

2.3 manifesta illogicità della motivazione, in relazione alla mancata riduzione della pena nella massima estensione, per effetto dell’art. 62 bis c.p.: essendosi discostati dalla riduzione massima, i giudici avrebbero dovuto dare conto in motivazione della scelta operata con un onere rafforzato di motivazione. L’avv. Michele Sbezzi ha dedotto:

2.4 difetto e illogicità della motivazione. Il CT avrebbe manifestato in alcuni passaggi della sua relazione che l’imputato aveva voluto urtare solo di striscio l’offeso, adombrando addirittura che lo stesso non fosse stato in grado di prevedere , concludendo poi che l’evento morte non sarebbe stato prevedibile e previsto dall’agente. Quindi viene contestato l’improvvido scostamento che sarebbe stato operato dai giudici di merito (che pure hanno aderito alle conclusioni del CT) nel passaggio motivazionale in cui non solo si dice che la manovra era finalizzata a colpire violentemente il ciclomotore, ma anche che il G. si configurò nettamente la morte dell’ I.. Non sarebbe stata valutata l’opzione interpretativa offerta dalla difesa sull’ipotesi di omicidio preterintenzionale.

2.5 Difetto di motivazione quanto alla mancata valutazione nella massima estensione delle circostanze attenuanti generiche, atteso che sulla pena base di anni ventuno di reclusione, è stata operata una riduzione di soli tre anni, senza dar conto della scelta operata che potrebbe esser frutto di un mero errore di calcolo.
Motivi della decisione

I motivi a sostegno di entrambi i ricorsi sono manifestamente infondati. La valutazione operata dai giudice di merito sulla qualificazione del reato non si presta alle censure avanzate, essendo stato correttamente argomentato che se solo l’imputato avesse voluto un evento di minore impatto , avrebbe impresso all’auto da lui condotta una minore velocità ed avrebbe evitato di chiudere la vittima in uno spazio ridottissimo rispetto al muro a secco che si snodava lungo il ciglio della carreggiata. Con motivazione aderente ai dati disponibili e rigorosa sotto il profilo logico, sono stati ritenuti rivelatori dell’animus necandi dell’imputato , quanto meno in via e-ventuale, il fatto che intenti omicidiari erano stati chiaramente manifestati dall’imputato all’indirizzo della vittima, la circostanza che l’imputato attese la vittima a lungo all’esterno del suo luogo di lavoro e gli tese un agguato, la violenza dell’impatto tra auto e motorino a cagione della forte velocità del mezzo condotto dall’imputato, tanto da essere la posizione terminale del motorino stata calcolata a distanza di 35,50 metri dal punto d’urto.

Su questa base inferenziale solida, perchè scientificamente testata, i giudici di merito hanno correttamente ritenuto inequivocabilmente integrata l’ipotesi di reato in contestazione, con motivazione assolutamente conforme al dato normativo, che ha portato ad escludere che si potesse accedere a ipotesi di minore gravità, quali quelle suggerite dalla difesa in termini di omicidio preterintenzionale o di morte quale conseguenza di altro delitto. Basti ricordare che il criteri distintivo tra omicidio volontario ed omicidio preterintenzionale risiede nel fatto che nel secondo caso la volontà dell’agente esclude ogni previsione dell’evento morte , che si determina per fattori esterni ed il cui accertamento deve fondarsi su elementi oggettivi desunti dalle concrete modalità della condotta:

nel caso di specie i giudici di merito hanno escluso un’interferenza causale impropria nella determinazione dell’evento, riconoscendo invece i dati suindicati altamente rivelatori di una netta configurabilità dell’omicidio volontario.

Il fatto che la vittima indossasse il casco (dato che va ritenuto pacifico, poichè in tale senso depose il teste C. correttamente non fu valorizzato nel senso suggerito dalla difesa (per accreditare l’ipotesi dell’omicidio preterintenzionale), in quanto come osservato, lo scontro fu talmente violento da determinare la caduta del casco medesimo, come venne riscontrato e poi perchè la morte come conseguenza di lesioni cerebrali è soltanto una delle possibili cause di decesso in episodi gravemente pluritraumatici, quale quello che coinvolse l’ I..

Neppure è ammissibile la doglianza sulla mancata concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 2, in quanto la corte territoriale ha sottolineato che agli atti non vi è traccia di alcun messaggio intimidatorio proveniente dalla persona offesa nei confronti dell’Imputato, a dispetto di un elevato numero di contatti sms con cui l’imputato manifestava sia alla giovane Gu., che all’ I. la degenerazione del suo stato d’animo. Pertanto, secondo il giudice a quo non erano ravvisabili nè il dato oggettivo costituente il fatto ingiusto altrui, nè quello soggettivo costituito dallo stato d’ira collegato al fatto ingiusto della vittima, visto che i motivi di gelosia dell’imputato erano del tutto ingiustificati, non essendo intercorso tra l’ I. e la giovane menzionata alcun legame sentimentale. Esauriente è quindi stata la motivazione sul punto, per cui non si giustifica la ripetizione della deduzione svolta nel precedente grado.

Infine, non è ravvisabile alcuna forzatura del dato normativo nella contenuta riduzione operata a seguito della concessione delle circostanze attenuanti generiche, avendo la corte territoriale, in accoglimento del motivo d’appello, concesso dette attenuanti, senza peraltro sottovalutare l’oggettiva ed indubbia gravità del fatto commesso", in relazione alla giovanissima età della vittima ed alla sua personalità, dato questo che ampiamente ha supportato la valutazione operata, sottraendola a censure deducibili in questa sede.

Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi, segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; a tale declaratoria, riconducibile a colpa del ricorrente, consegue la sua condanna al versamento di somma che congruamente si determina in Euro 1000,00 a favore della cassa delle ammende, giusto il disposto dell’art. 616 c.p.p., così come deve essere interpretato alla luce della sentenza della Corte Costituzionale n. 186/2000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma di Euro 1,000,00 a favore della cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 30 giugno 2011, n. 163 Individuazione dei termini superiori ai novanta giorni per la conclusione dei procedimenti amministrativi di competenza dell’Istituto nazionale di statistica

Ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n. 241, come modificato dall’articolo 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69.

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 231 del 4-10-2011

IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Visto l’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive
modificazioni;
Visto l’articolo 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69;
Visto il decreto legislativo 6 settembre 1989 n. 322, recante norme
sul Sistema statistico nazionale e sulla riorganizzazione
dell’Istituto nazionale di statistica;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010
n. 166, concernente regolamento recante il riordino dell’Istituto
nazionale di statistica;
Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri in data
1° agosto 2000, e successive modificazioni, recante approvazione del
regolamento di organizzazione dell’Istituto nazionale di statistica,
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 201 del 29 agosto 2000;
Visto il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione in data 12 gennaio 2010, recante approvazione delle
linee di indirizzo per l’attuazione dell’articolo 7 della legge 18
giugno 2009, n. 69, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 76 del 1°
aprile 2010;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 7 aprile 2011;
Udito il parere del Consiglio di Stato espresso nell’adunanza della
sezione consultiva per gli atti normativi del 19 maggio 2011;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 30 giugno 2011;
Sulla proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e
l’innovazione e per la semplificazione normativa;

A d o t t a
il seguente regolamento:

Art. 1

Ambito di applicazione

1. Il presente regolamento si applica ai procedimenti
amministrativi che si concludono con un provvedimento o altro atto
finale di competenza dell’Istituto nazionale di statistica (ISTAT),
sia che conseguano obbligatoriamente ad iniziativa di parte, sia che
debbano essere promossi d’ufficio.
2. Ai sensi dell’articolo 2, comma 4, della legge 7 agosto 1990, n.
241, e successive modificazioni, nella tabella A allegata, che
costituisce parte integrante del presente regolamento, sono elencati
i procedimenti amministrativi di competenza dell’Istat i cui termini
di conclusione sono superiori ai novanta giorni.

Art. 2 Entrata in vigore 1. Il presente regolamento entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Roma, 30 giugno 2011 Il Presidente del Consiglio dei Ministri Berlusconi Il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione Brunetta Il Ministro per la semplificazione normativa Calderoli Visto, il Guardasigilli: Alfano Registrato alla Corte dei conti il 13 settembre 2011 Ministeri istituzionali, registro n. 18, foglio n. 26

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 8 settembre 2011, n. 178 Regolamento di attuazione dell’articolo 2, comma 3, della legge 7 agosto 1990, n. 241, riguardante i termini di conclusione…

…conclusione dei procedimenti amministrativi del Ministero degli affari esteri aventi durata non superiore a novanta giorni.

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 261 del 9-11-2011

IL PRESIDENTE
DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI

Vista la legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni,
concernente nuove norme in materia di procedimento amministrativo e
di diritto di accesso ai documenti amministrativi;
Visto l’articolo 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, come
modificato dalla legge 18 giugno 2009, n. 69, articolo 7, ed in
particolare i commi 3 e 4 secondo cui sono individuati i termini
entro i quali devono concludersi i procedimenti amministrativi;
Visto il decreto del Ministro per la pubblica amministrazione e
l’innovazione di concerto con il Ministro per la semplificazione
normativa del 12 gennaio 2010, concernente le linee di indirizzo per
l’attuazione dell’articolo 7 della legge 18 giugno 2009, n. 69;
Udito il parere del Consiglio di Stato, Sezione consultiva per gli
atti normativi, n. 2159/2011, espresso nell’Adunanza del 27 luglio
2011;
Visto l’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400,
recante disciplina dell’attivita’ di Governo e ordinamento della
Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Sulla proposta del Ministro degli affari esteri di concerto con il
Ministro della pubblica amministrazione e l’innovazione ed il
Ministro per la semplificazione normativa;

Adotta

il seguente regolamento:

Art. 1

Ambito di applicazione

1. Il presente regolamento individua i procedimenti amministrativi
di competenza del Ministero degli affari esteri che conseguano
obbligatoriamente ad iniziativa di parte ovvero debbano essere
promossi di ufficio, i cui termini di conclusione non siano superiori
a 90 giorni.
2. Ciascun procedimento si conclude nel termine stabilito nella
tabella allegata, che costituisce parte integrante del presente
regolamento.
3. Restano abrogate le tabelle di cui al decreto ministeriale del 5
gennaio 2004, n. 57, recante Regolamento di modifica ed integrazione
del decreto ministeriale 3 marzo 1995, n. 171, relativo
all’attuazione degli articoli 2 e 4 della legge 7 agosto 1990, n.
241, in materia di procedimento amministrativo.

Art. 2

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.

Roma, 8 settembre 2011

Il Presidente del Consiglio dei Ministri
Berlusconi

Il Ministro degli affari esteri
Frattini

Il Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione
Brunetta

Il Ministro per la semplificazione normativa
Calderoli

Visto, il Guardasigilli: Palma

Registrato alla Corte dei conti il 25 ottobre 2011
Ministeri istituzionali, registro n. 19, foglio n. 290

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/

DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 27 ottobre 2011, n. 209 Regolamento recante istituzione di Zone di protezione ecologica del Mediterraneo nord-occidentale, del Mar Ligure e del Mar Tirreno.

Aggiornamento offerto dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Gazzetta Ufficiale – Serie Generale n. 293 del 17-12-2011

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visto l’articolo 87 della Costituzione;
Vista la legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del
Ministero dell’ambiente e norme in materia di danno ambientale;
Visto il decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1977, n.
816, recante norme regolamentari relative all’applicazione della
legge 8 dicembre 1961, n. 1658, con la quale e’ stata autorizzata
l’adesione alla convenzione sul mare territoriale e la zona contigua,
adottata a Ginevra il 29 aprile 1958, ed e’ stata data esecuzione
alla medesima;
Vista la legge 31 dicembre 1982, n. 979, recante disposizioni per
la difesa del mare;
Visto l’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400;
Vista la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, con
allegati e atto finale, fatta a Montego Bay il 10 dicembre 1982,
nonche’ l’Accordo di applicazione della Parte IX della Convenzione
stessa, con allegati, fatto a New York il 29 luglio 1994, ratificati
e resi esecutivi dalla legge 2 dicembre 1994, n. 689, ed in
particolare la Parte V (Zona economica esclusiva);
Visto il decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, recante codice
dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della
legge 6 luglio 2002, n. 137, come integrato e modificato dal decreto
legislativo n. 157 del 2006;
Vista la legge 8 febbraio 2006, n. 61, recante istituzione di zone
di protezione ecologica oltre il limite esterno del mare
territoriale, ed in particolare l’articolo 1, comma 2;
Visto il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202, di attuazione
della direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 7 settembre 2005, concernente l’inquinamento provocato dalle navi
e l’introduzione di sanzioni per le conseguenti violazioni;
Vista la legge del 23 ottobre 2009, n. 157, che disciplina gli
interventi sul patrimonio culturale subacqueo nelle zone di
protezione ecologica, istituite ai sensi della legge 8 febbraio 2006,
n. 61, e, in particolare, l’articolo 4;
Visti i rilevanti accordi in materia di protezione dell’ambiente
marino e del patrimonio culturale subacqueo, tra i quali:
la Convenzione sulla prevenzione dell’inquinamento marino causato
dallo scarico di rifiuti e altre sostanze, fatta a Londra il 29
dicembre 1972, entrata in vigore il 30 agosto 1975, ratificata con
legge 2 maggio 1983, n. 305, e il relativo Protocollo di cui alla
legge 13 febbraio 2006, n. 87;
la Convenzione per la protezione del Mare Mediterraneo
dall’inquinamento, adottata a Barcellona il 16 febbraio 1976, entrata
in vigore il 12 febbraio 1978 e relativi Protocolli, ratificata
dall’Italia con legge 25 gennaio 1979, n. 30;
l’Accordo RAMOGE firmato a Monaco il 10 maggio 1976 e ratificato
in Italia con legge n. 743 del 24 ottobre 1980;
la Convenzione internazionale per la prevenzione
dell’inquinamento causato da navi (Convenzione MARPOL 73/78)
ratificata dalla legge 29 settembre 1980, n. 662, e successive
modificazioni, emendata con il protocollo adottato a Londra il 17
febbraio 1978, reso esecutivo dalla legge 4 giugno 1982, n. 438;
la Convenzione sulla diversita’ biologica, fatta a Rio de Janeiro
il 5 giugno 1992, ratificata con legge 14 febbraio 1994, n. 124, e in
particolare la Decisione IX/20 (Marine and coastal biodiversity)
relativa all’istituzione di aree marine protette oltre il limite
della giurisdizione nazionale, adottata nella 9ª Conferenza delle
Parti Contraenti, svoltasi a Bonn (Germania) dal 19 al 30 maggio
2008;
l’Accordo sulla conservazione dei cetacei del Mar Nero, del
Mediterraneo e dell’area atlantica contigua, con annessi ed Atto
Finale, fatto a Monaco il 24 novembre 1996, entrato in vigore il 1°
giugno 2001, ratificato dall’Italia con legge 10 febbraio 2005, n.
27;
l’Accordo internazionale per la costituzione di un Santuario dei
mammiferi marini nel Mar Mediterraneo, firmato a Roma il 25 novembre
1999, ratificato con legge 11 ottobre 2001, n. 391;
la Convenzione UNESCO sulla protezione del patrimonio culturale
subacqueo, adottata a Parigi il 2 novembre 2001, ratificata
dall’Italia con legge del 23 ottobre 2009, n. 157, recante ratifica
ed esecuzione della Convenzione sulla protezione del patrimonio
culturale subacqueo, con Allegato, adottata a Parigi il 2 novembre
2001, e norme di adeguamento dell’ordinamento interno;
Vista la rilevante normativa dell’Unione europea in materia
ambientale, tra cui:
la direttiva «Habitat» 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio
1992 relativa alla conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, recepita con
decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357,
modificato e integrato dal decreto del Presidente della Repubblica 12
marzo 2003, n. 120;
la direttiva 2002/59/CE relativa alla «Istituzione di un sistema
comunitario di monitoraggio e di informazione sul traffico navale»
con relativo decreto legislativo di attuazione 19 agosto 2005, n.
196;
la direttiva 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 7 settembre 2005, concernente l’inquinamento provocato dalle navi
e l’introduzione di sanzioni per le conseguenti violazioni, recepita
con il decreto legislativo 6 novembre 2007, n. 202;
la direttiva 2008/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,
del 17 giugno 2008, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria
della politica per l’ambiente marino (Direttiva quadro sulla
strategia dell’ambiente marino);
la direttiva 2009/123/CE, che modifica la direttiva 2005/35/CE
relativa all’inquinamento provocato dalle navi e all’introduzione di
sanzioni per violazioni;
Vista la decisione quadro 2005/667/GAI del Consiglio, del 12 luglio
2005, intesa a rafforzare la cornice penale per la repressione
dell’inquinamento prodotto dalle navi;
Vista la Comunicazione della Commissione europea, COM(2006)216, del
22 maggio 2006 «Arrestare la perdita di biodiversita’ entro il 2010 e
oltre» e il relativo «Piano di Azione dell’Unione Europea fino al
2010 e oltre»;
Vista la nota del Ministero degli affari esteri, Segreteria
generale Unita’ per il Contenzioso Diplomatico e dei Trattati, prot.
MAE-Sede-Cont/050/P/0422197 del 20 novembre 2009 con la quale e’
stata trasmessa la lista delle coordinate geografiche fissanti il
confine unilaterale provvisorio della zona di protezione ecologica e
le cartine geografiche a colori che indicano il posizionamento delle
linee di confine;
Vista la nota del Ministero degli affari esteri, Ufficio
legislativo, prot. 304554 del 17 settembre 2010, relativa alla
delimitazione italiana della Zona di protezione ecologica;
Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri,
adottata nella riunione del 7 ottobre 2010;
Sentito il Ministro per i beni e le attivita’ culturali;
Udito il parere interlocutorio espresso dalla Sezione consultiva
per gli atti normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza del 25
novembre 2010, con il quale sono stati richiesti alcuni chiarimenti;
Vista la nota del Ministero dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare n. 14871/UL del 16 maggio 2011 con la quale
sono stati forniti al Consiglio di Stato i chiarimenti richiesti;
Udito il parere espresso dalla Sezione consultiva per gli atti
normativi del Consiglio di Stato, nell’Adunanza del 9 giugno 2011,
con il quale, previo recepimento di alcune osservazioni, viene
espresso parere favorevole all’ulteriore corso del provvedimento;
Considerato il recepimento delle osservazioni contenute nel parere
espresso dalla Sezione consultiva per gli atti normativi del
Consiglio di Stato, nell’Adunanza del 9 giugno 2011;
Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella
riunione del 6 ottobre 2011;
Su proposta del Ministro dell’ambiente e della tutela del
territorio e del mare, di concerto con il Ministro degli affari
esteri;

Emana

il seguente regolamento:

Art. 1

Istituzione della Zona di protezione ecologica del Mediterraneo
nord-occidentale, del Mar Ligure e del Mar Tirreno
1. Ai sensi dell’articolo 1, della legge 8 febbraio 2006, n. 61, e’
istituita la Zona di protezione ecologica del Mediterraneo
nord-occidentale, del Mar Ligure e del Mar Tirreno, nel rispetto
della Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, fatta a
Montego Bay il 10 dicembre 1982, a partire dal limite esterno del
mare territoriale italiano, con esclusione dello stretto di Sicilia e
fino ai limiti determinati ai sensi dell’articolo 2.

Art. 2

Limiti esterni

1. Ai sensi del comma 3, dell’articolo 1, della legge 8 febbraio
2006, n. 61, in attesa degli accordi di delimitazione con la Francia
e con la Spagna, i limiti esterni della zona di protezione ecologica
sono definiti dalla lista di punti, riferiti al datum WGS 84, e di
segmenti che uniscono ogni punto a quello successivo del seguente
elenco:
1. 43°34’36”N – 007°41’00”E;
2. 43°25’00”N – 007°42’36”E;
3. 43°05’00”N – 007°55’00”E;
4. 43°18’00”N – 008°26’00”E;
5. 43°40’00”N – 009°00’00”E;
6. 43°19’00”N – 009°35’00”E;
da qui segue il limite delle acque territoriali fino al punto:
7. 42°11’42”N – 009°54’30”E;
8. 41°33’24”N – 010°25’00”E;
9. 41°24’42”N – 009°42’54”E.
Al punto 1° del trattato italo-francese per il confine marittimo
delle Bocche di Bonifacio, secondo l’accordo Italia Francia del 1986,
segue il limite del trattato fino al 6° punto del trattato
italo-francese:
10. 41°14’30”N – 008°46’00”E;
11. 41°23’00”N – 008°16’00”E;
12. 41°45’30”N – 006°56’00”E;
13. 41°15’30”N – 005°54’00”E;
14. 41°05’00”N – 006°00’00”E;
15. 40°49’00”N – 006°04’00”E;
16. 40°30’00”N – 006°14’00”E;
17. 40°03’00”N – 006°21’00”E;
18. 39°25’00”N – 006°17’00”E.;
19. 38°48’00”N – 006°06’00”E;
20. 38°48’00”N – 008°09’27”E;
da qui segue il limite delle acque territoriali fino al punto:
21. 38°40’00”N – 008°43’12”E;
22. 38°40’00”N – 010°52’00”E;
23. 37°50’24”N – 011°50’18”E;
da qui segue il limite delle acque territoriali italiane.
2. I limiti esterni, come definiti dalla lista di punti e di
segmenti sopra riportata, sono riprodotti nella carta geografica
allegata al presente decreto di cui costituisce parte integrante
(Allegato 1).

Art. 3

Misure di protezione dell’ambiente, degli ecosistemi
marini e del patrimonio culturale subacqueo

1. Nella zona di protezione ecologica delimitata ai sensi
dell’articolo 2, si applicano le norme dell’ordinamento italiano, del
diritto dell’Unione europea e delle Convenzioni internazionali in
vigore, di cui l’Italia e’ parte contraente, in particolare, in
materia di:
a) prevenzione e repressione di tutti i tipi di inquinamento
marino da navi, comprese le piattaforme off-shore, l’inquinamento
biologico conseguente a discarica di acque di zavorra, ove non
consentito, l’inquinamento da incenerimento dei rifiuti, da attivita’
di esplorazione, sfruttamento dei fondali marini e l’inquinamento di
tipo atmosferico, anche nei confronti delle navi battenti bandiera
straniera e delle persone di nazionalita’ straniera;
b) protezione della biodiversita’ e degli ecosistemi marini, in
particolare con riferimento alla protezione dei mammiferi marini;
c) protezione del patrimonio culturale rinvenuto nei suoi
fondali.
2. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano
alle navi indicate all’articolo 3, comma 3, della Convenzione
internazionale per la prevenzione dell’inquinamento causato da navi
(Convenzione MARPOL 73/78) ratificata dalla legge 29 settembre 1980,
n. 662, e successive modificazioni, emendata con il protocollo
adottato a Londra il 17 febbraio 1978, reso esecutivo dalla legge 4
giugno 1982, n. 438.

Art. 4 Controlli e sanzioni 1. Nella zona di protezione ecologica individuata ai sensi dell’articolo 2, le autorita’ italiane sono competenti in materia di controlli, di accertamento delle violazioni e di applicazione delle sanzioni previste, conformemente alle norme dell’ordinamento italiano, del diritto dell’Unione europea e delle Convenzioni internazionali in vigore, di cui l’Italia e’ parte contraente.

Art. 5 Modalita’ operative 1. Le modalita’ operative del regime da applicarsi nella zona di protezione ecologica individuata ai sensi dell’articolo 2 sono definite, caso per caso, con decreto del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare sentite le altre amministrazioni interessate. Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare. Dato a Roma, addi’ 27 ottobre 2011 NAPOLITANO Berlusconi, Presidente del Consiglio dei Ministri Prestigiacomo, Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare Frattini, Ministro degli affari esteri Visto, il Guardasigilli: Palma Registrato alla Corte dei conti il 30 novembre 2011 Ufficio di controllo atti Ministeri delle infrastrutture ed assetto del territorio, registro n. 15, foglio n. 309.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Fonte: http://www.gazzettaufficiale.it/