Cass. pen. Sez. II, Sent., (ud. 06-05-2011) 20-05-2011, n. 20078 Sequestro preventivo

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Svolgimento del processo

Con ordinanza in data 2/07/2010, il Tribunale per il riesame di Milano respingeva l’appello proposto nell’interesse di I. F., V.L. e D.C. indagati, i primi due nella qualità di socio ed amministratore di Inforex S.p.a., per il reato di appropriazione indebita, confermando l’ordinanza emesso dal Gip di Milano, in data 18/05/2010, che aveva respinto la richiesta di restituzione a D.C. della somma di Euro 29.000,00 nella disponibilità di I.F. (marito di D.C.), sequestrata con decreto di sequestro preventivo in data 2/2/2010.

Il Tribunale rilevava che avverso il provvedimento genetico del Gip, il Tribunale per il riesame si era già pronunziato, con ordinanza del 2/3/2010, disponendo il dissequestro di tutti i beni appresi con la sola eccezione della somma di Euro 29.000,00, reputando non credibile la giustificazione fornita dalla difesa secondo cui la somma sarebbe frutto di un prestito personale effettuato qualche giorno prima da P.E. in favore di D.C..

Osservava quindi che l’istanza di dissequestro era fondata sulle medesime ragioni già respinte dal Tribunale per il riesame con l’ordinanza citata, osservando che le indagini difensive, svolte con la raccolta di informazioni presso P.E. non mutavano il quadro degli elementi già esaminati e che permanevano tutte le perplessità già esposte nel precedente provvedimento.

Avverso tale ordinanza propongono ricorso gli interessati per mezzo del comune difensore di fiducia sollevando un unico motivo di gravame con il quale deducono violazione di legge in relazione agli artt. 192, 391 bis e 321 c.p.p..

Si dolgono che il Tribunale abbia ignorato la dichiarazione della sig.ra P.E., assunta in sede di indagini difensive, ex art. 391 bis c.p.p. la quale aveva effettuato un prestito personale alla D. di Euro 30.000,00 come documentato dalla scrittura privata con timbro postale del 21/1/2010.

Tale circostanza determinava il venir meno del vincolo di pertinenzialità fra la somma in sequestro ed i fatti oggetto del procedimento penale.

Osservano, inoltre, che la somma in parola non trova riscontro negli estratti conto della INFOREX S.p.a. quale prelievo immotivato di somme e deducono che dalla documentazione contabile della società il PM ed il Gip hanno già cristallizzato in Euro 600.000,00 la somma oggetto di appropriazione indebita.

Precisano, inoltre, che il Tribunale di Milano ha escluso il reato di riciclaggio per mancanza dei requisiti costitutivi del reato medesimo.
Motivi della decisione

Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.

Occorre premettere che secondo l’orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, "In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606 c.p.p., lett. e)" (Cass. Sez. Un. sent. n. 5876 del 28/1/2004 dep. 13/2/2004 rv 226710).

Ancora più recentemente, questa Corte ha ribadito che: "Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l’apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l’itinerario logico seguito dal giudice". (Cass. Sez. 5^, Sentenza n. 43068 del 13/10/2009 Cc. (dep. 11/11/2009) Rv.

245093).

Nel caso di specie la motivazione non è nè mancante, nè apparente.

Al contrario il Tribunale per il riesame ha risposto specificamente alle doglianze sollevate con la richiesta di riesame, confermando il giudizio di inaffidabilità della giustificazione fornita in ordine al possesso della somma in sequestro attraverso una valutazione in fatto, che non può essere sottoposta a revisione in questa sede.

Ai sensi dell’art. 616 c.p.p., con il provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, chi lo ha proposto deve essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonchè al pagamento al pagamento a favore della Cassa delle Ammende di una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo determinare in Euro 1.000,00 (mille/00) per ciascuno.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno della somma di Euro 1.000,00 alla Cassa delle Ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. V, Sent., 30-09-2011, n. 20028 Imposta valore aggiunto

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Svolgimento del processo

In causa relativa a rettifiche IVA (Euro 31.111 ed Euro 9.654) nei confronti di B.F. per operazioni ritenute inesistenti negli anni 1995 e 1996, la CTP di Pisa annullava la ripresa a tassazione in relazione ad alcuni (pancali di legno, noleggio carrello elevatore, fitti passivi pagati alla soc. Tecnoforniture di Pistoiesi Mario e alla soc. Ecogalvanica Bonsignori, leasing per impianto galvanico) dei numerosi rilievi formulati dal contribuente.

In sede di ulteriore gravame, la CTR-Toscana, con sentenza del 29 ottobre 2004, ha accolto l’appello principale dell’Agenzia delle entrate e, disattesa l’impugnazione incidentale del B., ha dichiarato del tutto legittimi gli avvisi di rettifica opposti.

Il 14 dicembre 2005 il contribuente ha proposto ricorso per cassazione indirizzato a "Agenzia delle entrate del Ministero delle finanze" e notificato, in data 17 e 19 dicembre 2005, presso l’Avvocatura Generale e distrettuale dello Stato, in Roma e in Firenze. Indi, a seguito di ordinanza di questa Corte (19/11/2010), il ricorso è stato rinnovato con atto notificato all’Agenzia delle entrate il 30 novembre 2010 presso l’ufficio accertatore (Pontedera) e il 9 dicembre 2010 presso la sede centrale (Roma).

L’amministrazione non si è costituita.
Motivi della decisione

1.-Preliminarmente va osservato che nel giudizio tributario di merito l’Agenzia delle entrate non è stata rappresentata dall’Avvocatura dello Stato, sicchè è nulla, e non inesistente, la prima notifica del ricorso per cassazione effettuata presso l’Avvocatura dello Stato, non potendosi escludere l’esistenza di un astratto collegamento tra il luogo di esecuzione della notifica e il destinatario della stessa, in considerazione della facoltà, concessa all’Agenzia di avvalersi del patrocinio dell’Avvocatura erariale.

Tale nullità, inoltre, è stata sanata per effetto di rinnovazione della notifica, ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ. (Sez. U, Sentenza n. 22641 del 29/10/2007), senza che rilevi che alla rinnovazione si sia provveduto posteriormente alla scadenza del termine per impugnare (Sez. 5, n. 9242 del 2004).

2.-Passando all’esame del ricorso, con il primo mezzo, il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 3, la violazione da parte dell’amministrazione della L. n. 289 del 2002, art. 16, comma 9, in ordine alla ritenuta non accoglibilità del condono dell’IVA, comunicatagli dall’Ufficio in data 18 febbraio 2005. Il contribuente, premesso d’aver versato 15.137 Euro per la definizione di liti pendenti a fronte di soli 9.608 Euro necessari per condonare le imposte dirette, assume di avere versato appena 1.297,33 Euro meno di quanto complessivamente dovuto per condonare anche l’IVA, per errore scusabile e ascrivibile alla persona da lui stesso incaricata delle pratica. In proposito, tenuto conto anche del fatto d’aver erroneamente versato molto più del dovuto quanto alle sole imposte dirette, sostiene che era chiaro l’intento di definire anche la vertenza sull’IVA e che il modesto ammanco era da ascriversi alla complessità dei calcoli e alla scarsa chiarezza della normativa e delle informazioni in merito.

2.1.- Il mezzo, pur astrattamente consentito a mente della L. n. 289, comma 8 pecca di autosufficienza.

Sotto il primo profilo, si rileva che la domanda di definizione agevolata è del 21 maggio 2003 e che la nota di diniego riguardante l’IVA è del 18 febbraio 2005; il diniego è, dunque, intervenuto dopo la sentenza d’appello e in pendenza del termine per ricorrere dinanzi a questa Corte, che diviene, per ciò stesso, competente a conoscere del diniego stesso, in unico grado anche di merito (Sez. 5, Sentenza n. 5092 del 09/03/2005).

2.2. Sotto il secondo profilo, il mezzo è del tutto carente. La previsione contenuta nell’art. 16, comma 9 postula l’insufficienza delle somme versate e presuppone, quindi, che la domanda di definizione non sia stata accettata per via di tale insufficienza. In tale caso, qualora sia riconosciuta l’esistenza di un errore scusabile da parte del contribuente, è previsto uno speciale procedimento finalizzato all’integrazione, consistente nella notifica di una comunicazione da parte dell’Ufficio cui deve seguire la regolarizzazione, mancando la quale non si produce l’effetto di definizione della lite fiscale in funzione surrogatoria dell’obbli- gazione tributaria controversa (Sez. 5, Sentenza n. 2723 del 04/02/2011). Ne consegue che, per poter ritualmente impugnare il diniego dinanzi a questa Corte, il contribuente deve osservare le regole tipiche del ricorso per cassazione e, tra queste, il principio di autosufficienza del ricorso, che impone di trascrivere l’atto impugnato, almeno nelle sue parti salienti (e unitamente a quelle degli atti presupposti), onde consentire in via immediata e completa la percezione della questione, sottoposta al vaglio giurisdizionale, nei suoi termini essenziali anche fattuali. Essi, nella specie, sono particolarmente rilevanti, attesa la peculiare disciplina dell’errore scusabile, che impone di conoscere con esattezza se e come la questione sia stata posta all’attenzione dell’amministrazione, nonchè se e come l’amministrazione abbia interloquito con. il contribuente. Nulla di ciò risulta dal ricorso che, sul punto, va dunque disatteso.

3.-Con il secondo mezzo, il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c., n. 4, la violazione dell’art. 24 Cost. e dell’art. 116 c.p.c., per avere la CTR affermato "… in modo apodittico, che le dichiarazioni sostitutive prodotte in atti non possono essere prese in considerazione in alcun modo.

3.1. – In effetti, anche al contribuente, oltre che all’amministrazione finanziaria, deve essere riconosciuta – in attuazione dei principi del giusto processo e della parità delle parti di cui al nuovo testo dell’art. 111 Cost. – la possibilità d’introdurre, nel giudizio dinanzi alle commissioni tributarie, dichiarazioni rese da terzi in sede extraprocessuale (nella fattispecie, dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà) , le quali hanno il valore probatorio proprio degli elementi indiziari e come tali devono essere valutate dal giudice – non potendo costituire da sole il fondamento della decisione – nel contesto probatorio emergente dagli atti (Sez. 5, Sentenze n. 5957 del 15/04/ 2003 e n. 9129 del 19/04/2006).

3.2. – La doglianza formulata con il motivo, nonostante l’evidenziato errore di diritto, si palesa comunque i-nammissibile perchè non idonea, di per sè, a generare una decisione favorevole al contribuente, avendo questo di omesso allegare come e quando le dichiarazioni sostitutive raccolte dalla parte abbiamo trovato ingresso nel giudizio di merito e quali ne fossero i contenuti, da riprodurre in ricorso in ossequio al principio di autosufficienza, onde consentire a questa Corte di verificarne l’attinenza e la decisività (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 18506 del 25/08/2006).

4.-Con il terzo mezzo, il ricorrente denuncia, ex art. 360 c.p.c.,. n. 5, vizio di omessa motivazione sulla ritenuta natura simulata delle locazioni, finanziarie e non, la cui IVA era stata portata in detrazione. Rileva il contribuente che la CTR si era soffermata sul solo mancato rinvenimento dei contratti, da parte della G.d.F., presso la locatrice, senza dar conto dell’avvenuta registrazione dei contratti e della ragione giustificatrice del godimento gratuito di beni tra imprese commerciali. Aggiunge che la CTR ha ritenuto indeducibili i canoni di locazione finanziaria dell’impianto di galvanostegia, solo perchè fisicamente ubicato presso azienda collegata, senza dar conto del contratto di sublocazione esistente tra le parti, del contenzioso su tale impianto riguardante il solo contribuente e delle rimesse bancarie per il pagamento dei canoni.

Conclude dolendosi del fatto che la CTR "non ha motivato sul secondo profilo di appello incidentale". 4.1. – La doglianza è inammissibile. Il ricorrente che, in sede di legittimità, denunci l’erronea valutazione di documenti da parte del giudice di merito ha l’onere, a pena drinammissibilità del motivo di censura, di riprodurli nel ricorso, in osservanza del principio di autosufficienza del medesimo (Sez. 3, Sentenza n. 14973 del 28/06/2006). Il contribuente, invece, è incorso in ulteriore violazione dell’art. 366 c.p.c., non avendo provveduto alla trascrizione, almeno nei punti salienti, degli invocati contratti di locazione e di leasing al fine di consentire a questa Corte il controllo della decisività della censura sulla ritenuta simulazione, e, quindi, di documenti attinenti, che, per il principio dell’autosufficienza del ricorso per cassazione, questa Corte, come si è detto, deve essere in grado di compiere sulla base del contenuto dell’atto, alle cui lacune non è consentito sopperire con indagini integrative.

4.2. Analoghe considerazioni valgono anche per il denunciato vizio di omessa motivazione "sul secondo profilo di appello incidentale":

rilievo anch’esso inammissibile perchè privo di autosufficienza, essendo graficamente rimesso al rinvio a "pag. 7 rigo 3 e segg. dell’appello incidentale". Un siffatto richiamo obbligherebbe questa Corte a un’opera di relazione e di supposizione che la legge processuale non affida al giudice di legittimità, il che ridonda addirittura in irresolubile carenza di specificità del motivo stesso.

5. Concludendo, il ricorso va integralmente disatteso, senza alcuna conseguenza in punto di spese per la mancata costituzione dell’intimata.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Roma Sez. I, Sent., 21-06-2011, n. 5510 Opere pubbliche

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Svolgimento del processo

Espone il ricorrente raggruppamento avente quale Capogruppo mandataria I. di essere stato individuato dalla Regione Veneto, all’esito di una procedura pubblica, quale Promotore per la concessione di progettazione, realizzazione e gestione della superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta.

Alla stessa ATI veniva riconosciuto un diritto di prelazione ai sensi dell’art. 154 del D.Lgs. 163/2006. con bando pubblicato il 24 ottobre 2006 la stessa Regione indiceva la procedura ristretta per l’individuazione dei soggetti da porre in competizione con il Promotore

All’esito della prima fase della procedura, venivano individuati due concorrenti, fra i quali la costituenda ATI S.I.S. (odierna controinteressata).

La successiva fase di procedura negoziata (fra l’ATI I. e l’ATI S.I.S.) si concludeva con l’aggiudicazione della concessione in favore della prima in forza del diritto di prelazione da essa esercitato, sull’offerta presentata da S.I.S.

L’aggiudicazione della gara veniva impugnata dall’ATI S.I.S. dinanzi al T.A.R. del Veneto, che accoglieva il ricorso incidentale presentato da I. e respingeva il ricorso principale di S.I.S.

Tale pronunzia veniva, tuttavia, riformata in appello.

In ottemperanza alla relativa pronunzia (n. 3944 del 2009), resa dalla Sezione V del Consiglio di Stato, la Regione Veneto (deliberazione di Giunta n. 1934 del 30 giugno 2009) disponeva l’aggiudicazione in favore dell’ATI S.I.S., subordinando peraltro l’efficacia del provvedimento alla verifica del possesso, in capo a quest’ultima, dei prescritti requisiti.

La delibera di Giunta Regionale veniva, peraltro, impugnata dinanzi al T.A.R. del Veneto da I..

Nel segnalare come, a far tempo dal 15 agosto 2009, la competenza ai fini dell’adozione degli atti della procedura di gara sia transitata in capo al Commissario Delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell’area interessata dalla realizzazione della Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta (nominato con O.P.C.M. 15 agosto 2009 n. 3802), sottolinea parte ricorrente che l’ATI S.I.S. (in particolare, la mandante I.I. S.A.) non sarebbe in possesso dei prescritti requisiti.

In pendenza del completamento della procedura di verifica del possesso dei requisiti, nondimeno l’Autorità commissariale consegnava ad ATI S.I.S. le attività di progettazione.

La sottoscrizione della convenzione per la concessione della Pedemontana Veneta ad ATI S.I.S. interveniva, quindi, in data 21 ottobre 2009; in pari data risultando essere stata conclusa anche la suindicata procedura di verifica dei requisiti, con esito favorevole per il raggruppamento da ultimo indicato.

Nel sottolineare come la documentazione presentata, all’atto della partecipazione alla gara, dalla mandante I.I. siano assenti taluni elementi aventi invece imprescindibile rilievo ai fini dell’ammissione alla procedura, rileva la ricorrente come la suindicata mandante, in sede di verifica dei requisiti, abbia documentato il possesso dei requisiti stessi – assumendo di possederli direttamente – laddove questi ultimi farebbe invece capo a Società da I. indirettamente partecipate.

Per nessuna di queste ultime Società sarebbe stata prodotta alcuna delle dichiarazioni prescritte dall’art. 49 del Codice dei contratti pubblici; né la stessa I. avrebbe mai dichiarato di volersi avvalere dei requisiti delle Società medesime, così come non risulterebbe comprovata l’effettiva disponibilità delle risorse delle imprese ausiliarie relative a tali requisiti per tutta la durata della concessione.

Dall’esame della documentazione prodotta da ATI S.I.S., emergerebbe che I. ha comprovato il possesso dei prescritti requisiti esclusivamente indicando i requisiti posseduti da quattro società concessionarie autostradali dalla medesima partecipate dal 2004 attraverso un’articolata catena societaria.

Nel ribadire come il raggruppamento aggiudicatario non abbia mai dichiarato di voler fare ricorso all’istituto dell’avvalimento – e nel sottolineare come gli importi richiesti dal Disciplinare di gara siano raggiunti da I. solo computando per intero il volume di affari della Società Autopista de Atlantico (Audasa) per gli anni 20012005 (e, quindi, anche il periodo 20012003, nel quale la predetta concessionaria autostradale era del tutto estranea ad I. e per l’anno 2004, nel quale la partecipazione indiretta di quest’ultima era nella misura del 70%) – esclude parte ricorrente che la suddetta mandante vanti il possesso dei requisiti di che trattasi; pertanto argomentando l’illegittimità della disposta aggiudicazione.

Per quanto concerne le quattro società i cui requisiti avrebbero integrato i requisiti di partecipazione di I. (Autopista de Atlantico – Audasa, Autopista AsturLeonesa – Aucalsa, Autopistas de Navarra – Audenasa, Autoestradas de Galicia – Autoestradas), parte ricorrente ne sottolinea il carattere, nel quadro delle pertinenti disposizioni del diritto spagnolo, di "filiali": in quanto tali, con autonoma soggettività giuridica, proprio capitale e propri organi sociali.

Ne consegue che I. non avrebbe potuto imputare a se medesima i requisiti facenti capo alle suddette Società, né in alcun modo utilizzarli (fuori dalla fattispecie dell’avvalimento ex art. 49 del D.Lgs. 163/2006, nel caso in esame non dichiarato) ai fini della partecipazione alla gara.

Assume per l’effetto parte ricorrente che l’avversata aggiudicazione in favore dell’ATI controinteressata avrebbe consumato la violazione:

– della normativa nazionale; ed in particolare, dell’art. 49, comma 2, lett. a), c), d), e) ed f) del Codice dei Contratti in materia di avvalimento;

– della normativa comunitaria (artt. 47, comma 2 e 48, comma 3, della Direttiva 2004/18/CE).

La convenzione di concessione stipulata fra il Commissario delegato e l’ATI S.I.S. in data 21 ottobre 2009 sarebbe – inoltre – nulla, atteso che a tale data era ancora pienamente efficace la misura cautelare sospensiva di cui al decreto del Presidente della V Sezione del Consiglio di Stato n. 4737 del 25 settembre 2009, venuta meno soltanto alla successiva data del 22 ottobre 2009 per effetto del rigetto dell’istanza cautelare (proposta da I.) da parte della medesima Sezione (ordinanza n. 5285).

Con motivi aggiunti notificati alle controparti l’11 novembre 2010, I. ha poi impugnato il decreto del Commissario delegato n. 10 del 20 settembre 2010, recante approvazione del progetto definitivo della Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta, con accessiva declaratoria della pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dell’opera.

L’illegittimità dell’atto sopra indicato viene argomentata da I. assumendo che esso sia inficiato in via derivata per effetto della sostenuta invalidità dell’affidamento ad ATI S.I.S. della concessione dell’opera, avversata con il ricorso introduttivo alla stregua delle considerazioni in precedenza riportate.

Conclude parte ricorrente insistendo per l’accoglimento del gravame, con conseguente annullamento degli atti oggetto di censura.

Sollecita ulteriormente parte ricorrente il riconoscimento del pregiudizio asseritamente sofferto a seguito dell’esecuzione dell’atto impugnato, chiedendo:

– in via principale, la reintegrazione in forma specifica, previa dichiarazione di nullità della convenzione sottoscritta da ATI S.I.S.;

– subordinatamente, il risarcimento per equivalente, con riveniente accertamento del danno (che parte ricorrente quantifica, con riferimento all’intera durata della concessione, in due miliardi di euro) e condanna dell’Amministrazione intimata alla liquidazione della somma a tale titolo spettante.

L’Amministrazione commissariale intimata e la Regione Veneto, parimenti costituitesi in giudizio, hanno eccepito l’infondatezza delle esposte doglianze, invocando la reiezione dell’impugnativa.

Si è inoltre costituita in giudizio Società Consorzio Stabile S.I.S. S.c.p.a., la quale ha proposto ricorso incidentale (depositato in giudizio il 7 gennaio 2010) assumendo che la ricorrente principale sarebbe stata, a sua volta, priva dei requisiti per la partecipazione alla gara.

In particolare:

– uno dei direttori tecnici di I. (ing. Osvaldo Zedda) avrebbe omesso di dichiarare l’eS.I.S.tenza di un pregiudizio penale (applicazione della pena a mesi sei di reclusione su richiesta delle parti) risultante dagli atti di altra gara alla quale la stessa I. ha preso parte;

– alcuni direttori tecnici avrebbero omesso di presentare le dichiarazioni ex art. 38, comma 1, lett. b) e c) del D.Lgs. 163/2006;

– analoga omissione sarebbe stata commessa da taluni soggetti aventi, a seguito di conferimento di procura, potere di rappresentanza di I. (rammentandosi come le dichiarazioni di cui alla lett. c) dell’art. 38 debbano essere presentate anche con riferimento ai procuratori ed ai direttori tecnici che risultino essere cessati dalla carico nel triennio antecedente la pubblicazione del bando);

– I. avrebbe omesso di garantire con idonea cauzione la proposta presentata in qualità di promotore in relazione al bando di gara pubblicato sulla GU n. 262 del 10 novembre 2006;

– le fidejussioni versate in atti dall’ATI I. sono sottoscritte unicamente dalla capogruppo mandataria, la quale non sarebbe stata investita, con specifico mandato, del potere di stipulare i contratti di garanzia in nome e per conto di tutti i soggetti del raggruppamento;

– le fidejussioni stesse sarebbero, comunque, irregolari per violazione degli artt. 75 e 155 del D.Lgs. 163/2006;

– le dichiarazioni sostitutive presentate dai componenti dell’ATI I. (R.D.E. S.p.A.; G. L.F. S.p.A.; Serenissima Costruzioni S.p.A.) relative all’insussistenza di cause di esclusione sarebbero generiche e, quindi, nulle;

– il previsto contributo obbligatorio all’Autorità di Vigilanza per i Contratti pubblici sarebbe stato versato soltanto in concomitanza con la seconda fase di gara;

– talune mandanti della predetta ATI vanterebbero un capitale sociale inferiore a quanto richiesto;

– l’offerta dell’ATI I. non recherebbe l’indicazione, relativamente alla società di progetto, delle quote di partecipazione al capitale sociale di ciascun componente il raggruppamento.

Inoltre, sia il Promotore Pedemontana Veneta S.p.A., sia la ricorrente principale I., risulterebbero partecipate da soggetti pubblici, con riveniente violazione delle applicabili prescrizioni di cui all’art. 13 del decreto legge 223/2006, convertito in legge 248/2006.

La ricorrente incidentale ha, poi, chiesto il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, ai sensi dell’art. 234 del Trattato, in ordine alla compatibilità con gli artt. 43 e 49 del Trattato stesso della disciplina del project financing, segnatamente per quanto concerne il diritto di prelazione consentito in favore del promotore ex art. 154 del D.Lgs. 163/2006.

Il ricorso viene ritenuto per la decisione alla pubblica udienza dell’8 giugno 2011.
Motivi della decisione

1. Appare necessario procedere ad una preventiva ricognizione del complesso di vicende che hanno dato luogo all’instaurazione della presente controversia.

1.1 Nell’ambito della procedura di project financing promossa dalla Regione Veneto per la realizzazione della Superstrada Pedemontana Veneta, assumeva la figura di Promotore Pedemontana Veneta S.p.A. (appositamente costituita il 19 giugno 2002), la quale presentava una prima proposta nel 2002 (dichiarata di pubblico interesse con deliberazione della Giunta Regionale del 9 ottobre 2002 n. 3095), modificata poi il 31 dicembre 2003 (con accessivo ulteriore riconoscimento di pubblico interesse di cui alla delibera di Giunta del 30 dicembre 2004).

Seguivano, quindi, l’indizione della procedura ristretta per l’individuazione dei competitori e la procedura negoziata tra costoro e il promotore, al quale si era associata, nel frattempo, I. S.p.A. (odierna ricorrente principale), che era diventata anche la capogruppo mandataria del costituito raggruppamento.

In esito alla procedura ad evidenza pubblica, quest’ultimo conseguiva la concessione di costruzione e gestione dell’opera con lo strumento del project financing.

I relativi atti venivano impugnati dinanzi al T.A.R. Veneto dal concorrente raggruppamento avente quale mandataria il Consorzio Stabile S.I.S. S.c.p.a.

Con sentenza n. 3592 del 19 novembre 2008, il giudice come sopra adito accoglieva l’impugnazione incidentale proposta nell’ambito dell’anzidetto giudizio da I..

L’appello interposto da I. avverso la decisione di cui sopra veniva accolto dalla Sezione V del Consiglio di Stato con sentenza 17 giugno 2009 n. 3944.

Con deliberazione n. 1934 del 30 giugno 2009, la Giunta Regionale del Veneto provvedeva, conseguentemente:

– alla revoca del precedente affidamento nei confronti di I.

– ed all’aggiudicazione in favore del Raggruppamento temporaneo di imprese costituito dal Consorzio Stabile S.I.S. e da I.I. della concessione per la progettazione, realizzazione e gestione della superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta;

demandando alla Direzione Infrastrutture di procedere alle verifiche di legge e a tutti gli adempimenti necessari per giungere alla stipulazione del contratto di concessione, sulla base di convenzione da sottoporre preventivamente all’approvazione della Giunta Regionale medesima.

1.2 Avverso la suindicata decisione del Consiglio di Stato 3944/2009 I. proponeva:

– ricorso per revocazione, dichiarato inammissibile con sentenza n. 453 del 2 febbraio 2010, resa dalla medesima Sezione V;

– e ricorso per cassazione, prospettando il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo relativamente al capo della decisione predetta con il quale veniva statuito l’obbligo della Regione Veneto di aggiudicare in favore di S.I.S. la concessione di cui trattasi (tale impugnativa non risultando, allo stato, ancora definita).

1.3 La deliberazione della Giunta Regionale del Veneto n. 1934 del 2009, d’altro canto, veniva da I. impugnata dinanzi al T.A.R. del Veneto.

Nelle more del giudizio come sopra incardinato, interveniva l’ O.P.C.M. 15 agosto 2009 n. 3802, con la quale veniva nominato un Commissario delegato per l’emergenza determinatasi nel settore del traffico e della mobilità nell’area interessata dalla realizzazione della Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta (con essa nominato), investito delle attribuzioni relative al compimento di tutte le iniziative finalizzate alla sollecita realizzazione delle opere anzidette e della consequenziale adozione, in sostituzione dei soggetti competenti in via ordinaria, degli atti e dei provvedimenti occorrenti alla urgente realizzazione delle opere.

Con la determinazione impugnata con l’atto introduttivo del presente giudizio, il Commissario delegato accertava, in capo all’ATI S.I.S., la sussistenza dei requisiti richiesti dal bando e da essa dichiarati in sede di gara, concludendo in tal modo la verifica già disposta per effetto della predetta deliberazione della Giunta Regionale n. 1934 del 2009; per l’effetto disponendo la stipula del contratto con S.I.S.

La medesima Autorità Commissariale veniva, peraltro, evocata anche dinanzi al T.A.R. del Veneto nell’ambito del giudizio come sopra incardinato, a mezzo di motivi aggiunti proposti avverso la ripetuta deliberazione giuntale n. 1934 del 2009.

Va ulteriormente precisato che con ricorso n. 1916 del 2010, veniva proposta dinanzi al T.A.R. del Veneto ulteriore impugnativa, ad opera di G. L.F. S.p.a., recante omologhe censure rispetto a quelle dedotte con il sopra citato gravame n. 1719 del 2009 da I. nei confronti della deliberazione di Giunta Regionale n. 1934 del 2009.

Nel corso dell’udienza pubblica tenutasi dinanzi al giudice veneziano il 13 maggio 2010, entrambi le suindicate parti ricorrenti insistevano per la cancellazione dal ruolo dei ricorsi da esse rispettivamente proposti, ovvero per un rinvio della trattazione di essi, o, ancora, per la sospensione dei procedimenti ai sensi dell’art. 295 c.p.c., in ragione della ravvisata pregiudizialità nei riguardi delle impugnative presentate innanzi al T.A.R. per il Lazio avverso gli atti emanati dall’Autorità Commissariale.

A sostegno delle richieste sopra sintetizzate, le difese delle ricorrenti I. e G. L.F. rappresentavano la circostanza della pendenza, dinanzi a giudici diversi ed in modo parziale, di ragioni inerenti ad una vicenda sostanzialmente unitaria (per quanto concerne il T.A.R. Veneto, le contestazioni formulate in ordine al provvedimento di nuova aggiudicazione della gara a S.I.S.; relativamente al T.A.R. per il Lazio, le censure in ordine alla verifica dei requisiti in capo al nuovo aggiudicatario e alla determinazione di stipulare con esso il contratto).

Sulla base di quanto esposto nella sentenza della Sezione I del T.A.R. Veneto 30 luglio 2010 n. 3290, le suindicate istanze non trovavano accoglimento da parte del collegio giudicante, in quanto:

– "residuerebbe la competenza di questo T.A.R. a statuire in ordine alle censure dedotte nei ricorsi proposti avverso la deliberazione della Giunta Regionale n. 1934 del 2009 non involgenti l’effettivo possesso da parte di S.I.S. dei requisiti dichiarati in sede di gara; e, proprio per quanto segnatamente attiene a tali censure, sussisterebbe – diversamente da quanto sostenuto dalle ricorrenti – una pregiudizialità dei ricorsi in epigrafe rispetto a quelli proposti innanzi al T.A.R. per il Lazio, se non altro perché mediante la deliberazione giuntale anzidetta è stata comunque disposta – ancor prima del commissariamento – l’aggiudicazione dell’opera a favore di S.I.S., rinviando quindi per l’accertamento dei requisiti in capo alla medesima S.I.S. a provvedimenti ulteriori, solo in epoca susseguente adottati dal Commissario delegato e, per l’appunto, impugnati innanzi al T.A.R. per il Lazio";

– "anche a prescindere da quanto sopra, non sussistevano ostacoli di sorta per I. al fine di poter comunque e da subito dedurre, pure nella presente di giudizio, le censure da essa svolte innanzi al T.A.R. per il Lazio al fine di comprovare l’asseritamente mancato possesso, da parte di S.I.S., dei requisiti al fine di rendersi aggiudicataria dell’incarico di progettazione e di realizzazione dell’opera".

A seguito di quanto sopra, entrambi le ricorrenti depositavano istanze di rinuncia ai ricorsi rispettivamente proposti: conseguentemente dandosi atto, ad opera della sentenza sopra citata e previa riunione delle impugnative in ragione della loro connessione oggettiva, della rinunce stesse.

2. Quanto sopra doverosamente premesso al fine di illustrare le complesse vicende che hanno dato luogo all’odierno giudizio – caratterizzate, come evidenziato, dalla sovrapposizione di mezzi di tutela caratterizzati dalla parziale coincidenza delle ragioni con essi fatte valere, presentati dinanzi a differenti organi di giustizia – l’esaminabilità delle censure articolate con il ricorso ora all’esame è preclusa dalla fondatezza dell’eccezione di irricevibilità esposta dalla difesa erariale con memoria depositata in giudizio il 9 luglio 2010.

2.1 In particolare, l’Avvocatura Generale dello Stato ha con tale scritto difensivo sostenuto:

– la tardività del ricorso, in quanto riproduttivo delle censure già contenute nell’atto di motivi aggiunti come sopra proposto dinanzi al T.A.R. del Veneto (all’Autorità commissariale notificato il 14 settembre 2009), ed aventi ad oggetto la contestata legittimità dell’aggiudicazione sotto il profilo della carenza, in capo all’ATI S.I.S., dei prescritti requisiti di cui all’art. 48 del D.Lgs. 163/2006;

– l’inammissibilità dell’impugnativa, per violazione del giudicato formatosi per effetto della sentenza della Sezione V del Consiglio di Stato n. 3944/2009, atteso che I. avrebbe avuto cognizione dell’asserita carenza di requisiti in capo ad ATI S.I.S. già all’epoca del giudizio di appello come sopra conclusosi: rimanendo all’odierna ricorrente preclusa la successiva introduzione di nuovi argomenti di doglianza che avrebbero dovuto, necessariamente, essere dedotti nell’ambito del già definito giudizio;

– la carenza di giurisdizione dell’adito giudice amministrativo con riferimento alle censure dalla ricorrente I. articolate riguardo all’affermata nullità del contratto stipulato in data 21 ottobre 2009, atteso che tale materia sfuggirebbe alla cognizione del predetto organo di giustizia.

2.2 Esclusa, alla luce delle sopravvenute disposizioni dettate (dapprima dalle modificazioni introdotte al Codice dei contratti per effetto del recepimento della Direttiva ricorsi, di cui al D.Lgs. 53/2010; quindi, dal Codice del processo amministrativo, di cui al D.Lgs. 104/2010), la fondatezza dell’eccezione da ultimo indicata, merita invece favorevole considerazione la prima delle sintetizzate argomentazioni, con le quali l’Avvocatura di Stato ha contestato la ricevibilità del ricorso.

Nei motivi aggiunti proposti nel corso del giudizio incardinato dinanzi al T.A.R. Veneto (n. 1719/2009), notificati al Commissario delegato il 14 settembre 2009, I. ha dato atto (cfr. pag. 26 e seguenti) di aver avuto accesso alla documentazione di gara il 10 settembre 2009; e di aver conseguentemente potuto apprezzare l’affermata carenza in capo al raggruppamento S.I.S. dei prescritti requisiti, segnatamente per quanto concerne la mandante I.I..

La stessa ricorrente, in ragione della ravvisata carenza dei requisiti in capo all’ATI aggiudicataria, ha articolato con i suindicati motivi aggiunti argomenti di censura (rubricati sub 5) e 6) rispetto ai quali le doglianze esposte con l’atto introduttivo del presente giudizio si dimostrano pienamente sovrapponibili.

Evidente si rivela, allora, la tardività dell’impugnazione ora all’esame del Collegio (notificata il 17 dicembre 2009) con riferimento:

– sia alla data di conoscenza della delibera di aggiudicazione n. 1934 del 30 giugno 2009 (già impugnata dinanzi al T.A.R. del Veneto con ricorso n. 1719/2009 ed ora gravata con l’atto introduttivo del presente giudizio)

– sia alla acquisita cognizione in ordine all’affermata carenza, in capo al controinteressato Raggruppamento S.I.S. (rectius: alla mandante I.I.) dei prescritti requisiti, intervenuta per effetto dell’accesso del 10 settembre 2009 e già denunciata con motivi aggiunti proposti dinanzi al medesimo giudice veneto il successivo 14 settembre.

La tardività del gravame appieno rileva laddove si consideri che parte ricorrente, nel tentativo di accreditare l’ammissibilità della sollecitazione del sindacato giurisdizionale dinanzi a questa Sezione, ha impugnato con l’atto introduttivo del giudizio:

– in via principale, l’esito della verifica dei requisiti in capo al predetto raggruppamento, conclusasi con atto commissariale del 21 ottobre 2009;

– e, derivativamente, la determinazione recante definitiva aggiudicazione in favore di S.I.S.

Se, rispetto all’atto da ultimo indicato, non può non ribadirsi che la contestazione è intervenuta successivamente allo spirare del termine decadenziale di legge, per quanto concerne invece la verifica dei requisiti va escluso che il relativo atto (in data 21 ottobre 2009) sia dotato di autonomia funzionale nell’ambito del procedimento di gara; e che, conseguentemente, sia in esso ravvisabile carattere di conseguente diretta ed autonoma lesività rispetto alla posizione giuridica pretensiva vantata dall’aspirante all’aggiudicazione (la quale incontra elemento di univoco pregiudizio, piuttosto, proprio nella conclusiva determinazione aggiudicatoria: rispetto alla quale, si ribadisce, il presente ricorso è incontrovertibilmente tardivo).

Depongono in tal senso:

– non soltanto il chiaro tenore letterale dell’art. 11, comma 8, del D.Lgs. 163/2006, che affida alla verifica del possesso dei prescritti requisiti carattere di "integrazione di efficacia" (con esclusa valenza autonomamente provvedimentale) rispetto alla determinazione con la quale venga disposta l’aggiudicazione definitiva;

– ma anche un costante insegnamento giurisprudenziale, dal quale la Sezione non intende discostarsi.

Una volta selezionata la migliore offerta – ed intervenuta l’aggiudicazione definitiva da parte della stazione appaltante all’esito della verifica di legittimità sugli atti della Commissione – la procedura di gara risulta esaurita: e la sequenza subprocedimentale ad essa seguente (inerente al controllo sul possesso dei requisiti in capo all’aggiudicatario e al concorrente che lo segua in graduatoria, ove già non assoggettati a controllo per sorteggio) integra la presenza di una fase successiva alle operazioni di gara, che non riguarda tutti i concorrenti ma unicamente i migliori due offerenti, avente valenza integrativa dell’efficacia dell’aggiudicazione stessa ai soli fini della stipulazione del contratto.

Il concorrente che intenda contestare l’esito a lui sfavorevole della selezione delle offerte ha, dunque, l’onere di impugnare – tempestivamente – il provvedimento di aggiudicazione, in quanto esso cristallizza il risultato scaturente dalla comparazione delle offerte: l’omessa sollecitazione del sindacato giurisdizionale nel termine decadenziale decorrente dall’acquisita cognizione del risultato delle operazioni di gara determinando l’inoppugnabilità di quest’ultimo, con riveniente preclusione, per l’interessato, alla sua ulteriore contestazione.

Nel dare atto del costante orientamento espressosi nel senso sopra esplicitato (cfr. T.A.R. Valle d’Aosta, 16 febbraio 2011 n. 13; T.A.R. Campania, Napoli, sez. I, 12 aprile 2010 n. 1905), va dunque ribadito che la lesione dell’interesse viene a consumarsi – unicamente – con l’atto di aggiudicazione: atto che, giova ripetere, il soggetto che si assume pregiudicato ha l’onere di impugnare tempestivamente, senza che le successive vicende riguardanti l’aggiudicatario (e, con esse, la verifica del possesso dei prescritti requisiti in capo a quest’ultimo) possano determinare la sopravvenienza di un titolo a ricorrere.

Consegue alle condotte considerazioni che (la contestazione degli esiti del)la verifica ex art. 48 del D.Lgs. 163/2006 non può essere surrettiziamente utilizzata per riaprire i termini per l’impugnazione dell’aggiudicazione definitiva: la quale, pertanto, deve essere impugnata nel termine di legge, salva l’eventuale proposizione di motivi aggiunti laddove (il procedimento e/o) gli esiti della verifica onde trattasi sia suscettibili di addurre ulteriori elementi di doglianza non conosciuti (e/o conoscibili) all’atto dell’introduzione del giudizio principale.

2.4 Né, diversamente, potrebbe sostenersi che I. abbia tempestivamente impugnato la determinazione aggiudicatoria, all’uopo proponendo, nei termini, ricorso per motivi aggiunti dinanzi al(l’inizialmente adito) T.A.R. del Veneto.

O, ancora, che l’interesse all’impugnazione dell’aggiudicazione si sia radicato in capo all’odierna ricorrente solo per effetto del positivo esito della verifica dei requisiti (avente carattere di integrazione dell’efficacia dell’aggiudicazione stessa), di talché il termine per l’impugnazione (non soltanto dell’atto conclusivo del procedimento di verifica di che trattasi; ma anche) dell’aggiudicazione definitiva verrebbe a decorrere dal momento del perfezionamento della verifica del possesso dei requisiti medesimi in capo all’aggiudicataria.

Va infatti rammentato come il giudizio avente ad oggetto l’aggiudicazione definitiva (disposta dalla Regione Veneto con la ripetuta determinazione 1934/2009), già radicato dinanzi al competente T.A.R. del Veneto, sia stato infatti formalmente rinunziato dalla stessa I.: e definito con pronunzia del giudice anzidetto che ha preso atto della manifestazione di volontà abdicativa della parte ricorrente.

Ove l’atto impugnabile sia rappresentato – esclusivamente – dalla determinazione di aggiudicazione definitiva (quand’anche la decorrenza del relativo termine prenda luogo dall’integrazione di efficacia del relativo provvedimento), allora:

– non soltanto l’Autorità giudiziaria avente cognizione va individuata nel Tribunale territorialmente competente (il T.A.R. del Veneto), non venendo in considerazione la competenza funzionale del T.A.R. del Lazio, atteso che l’aggiudicazione stessa non è riconducibile ad Autorità commissariale;

– ma, vieppiù, l’impugnazione dinanzi a questo Tribunale dell’atto commissariale di verifica dei requisiti (peraltro privo di autonoma valenza provvedimentale, come già sottolineato), non consente di ammettere la derivata esaminabilità – peraltro veicolata da un’impugnazione tardiva – di un provvedimento di aggiudicazione, la cui cognizione sfugge, come rilevato, all’ambito espansivo della competenza del T.A.R. del Lazio.

Né, potrebbe, altrimenti, evocarsi nella fattispecie l’applicazione il principio di translatio judicii (di cui all’art. 50 c.p.c.; ed ora, anche all’art. 11, comma 2, c.p.a.), con accessiva preservazione degli effetti sostanziali e processuali dell’originaria domanda: non potendo il Collegio omettere di osservare come l’operatività della disposizione di che trattasi vada perimetrata nell’ambito della sola fattispecie in cui, a fronte della declaratoria di difetto di giurisdizione del giudice inizialmente adito, la parte interessata riassuma il giudizio (nel termine prescritto) dinanzi al giudice munito di cognizione.

3. Le considerazioni precedentemente esposte impongono – in accoglimento delle eccezioni di tardività del gravame formulate dall’Avvocatura Generale dello Stato e dal controinteressato Consorzio S.I.S. – di dare atto dell’irricevibilità del gravame.

A tale pronunzia accede non soltanto la preclusa esaminabilità dei motivi aggiunti successivamente proposti dalla ricorrente I., ma anche l’improcedibilità, per sopravvenuta carenza di interesse, del ricorso incidentale presentato dal Consorzio S.I.S.

Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio – Sezione I – cosi dispone in ordine al ricorso indicato in epigrafe:

– dichiara irricevibile il ricorso principale proposto da I. S.p.A.;

– dichiara improcedibile, per sopravvenuta carenza di interesse, il ricorso incidentale proposto dalla Società Consorzio Stabile S.I.S. S.c.p.a.;

– condanna la ricorrente principale I. S.p.A., nella persona del legale rappresentante, al pagamento delle spese di giudizio in favore del Commissario Delegato per l’Emergenza Traffico e Mobilità delle Provincie di Treviso e Vicenza, della Regione Veneto e della Società Consorzio Stabile S.I.S. S.c.p.a., in ragione di Euro 4.000,00 (euro quattromila/00) per ciascuna delle parti anzidette.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 16-03-2011) 04-07-2011, n. 26063

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. Con sentenza in data 27 giugno 2007, il Tribunale di Cagliari dichiarava P.A. colpevole del reato continuato di cui agli artt. 594, 612 e 323 cod. pen. (capi A, B, D, E), commesso in Portoscuso dal 4 ottobre al 12 dicembre 2002; dichiarava non doversi procedere in ordine al reato di smaltimento non autorizzato di rifiuti pericolosi di cui al capo G perchè estinto per prescrizione.

2. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Cagliari, in parziale riforma della sentenza di primo grado, appellata dal P., preso atto della intervenuta remissione della querela per i reati di cui ai capi A ed E, ne dichiarava l’estinzione, e per l’effetto riduceva la pena in mesi otto e giorni venti per i residui reati di minacce e di abuso di ufficio di cui ai capi B e C (recte, D), avvinti dalla continuazione.

3. Con particolare riferimento al reato di abuso di ufficio (capo D), rilevava la Corte di appello essere stato accertato che il P., nella sua qualità di sindaco di Portoscuso, aveva per malanimo destituito R.S. dall’incarico di comandante della polizia municipale senza il rispetto delle norme procedi menta li e in assenza dei presupposti oggettivi legittimanti la revoca, e ciò al solo scopo di recare un danno al R., in ritorsione dei doverosi accertamenti da questo svolti circa l’abusivo smaltimento di rifiuti pericolosi (amianto) derivanti dalla demolizione di un immobile in parte di proprietà del sindaco.

4. Ricorre per cassazione l’imputato, con atto sottoscritto unitamente al difensore avv. Giuseppe Andreozzi, denunciando:

4.1. con riferimento al capo G (smaltimento di rifiuti pericolosi) la violazione del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 51, comma 1, dell’art. 40 cod. pen. e il vizio di motivazione in punto di mancata assoluzione in luogo della adottata declaratoria di prescrizione del reato, essendo pacifico che il P. non si era personalmente occupato della vicenda relativa alla demolizione e allo smaltimento dei detriti derivanti dalla demolizione dell’immobile, di cui si era invece occupato esclusivamente il comproprietario T.A. e, materialmente, la ditta di C.C., incaricata della demolizione; e non essendovi comunque prova che tra i detriti derivanti dalla demolizione vi fossero materiali di amianto;

4.2. con riferimento a tutti i reati, violazione di legge e vizio di motivazione in punto di attendibilità delle dichiarazioni delle persone offese, sia sotto il profilo soggettivo sia perchè contraddette da altri testi; e illegittima mancata assunzione della testimonianza del teste a discarico Cr.An.;

4.3. con riferimento alla contestazione di abuso d’ufficio (capo D), violazione di legge e vizio di motivazione in punto di sussistenza delle ravvisate violazioni di legge, essendosi il sindaco P. legittimamente attivato, dando mandato al vigile Pi. di effettuare i doverosi accertamenti, a fronte di segnalazioni di opere abusive commesse da dipendenti comunali tra cui il R.; ed avendo legittimamente destituito quest’ultimo dall’incarico (e non rimosso dalla carica di comandante) una volta accertata l’esistenza dell’abuso edilizio, che di per sè incrinava il rapporto fiduciario, regolato da una disciplina privatistica, tra il sindaco e il responsabile del servizio di polizia municipale, nulla rilevando che si trattasse di un vecchio abuso prescritto e condonabile, considerando anche che il R. in virtù delle sue funzioni era preposto tra l’altro proprio alla vigilanza sugli abusi edilizi; il tutto considerando anche che nella sentenza impugnate sono state contestate al P. violazioni di norme che non sono mai state formalmente contestate;

4.4. con riferimento al capo B, relativo alle minacce in danno del R., violazione della norma penale e vizio di motivazione, mancando la prova della condotta contestata, comunque non idonea a integrare alcuna minaccia;

4.5. mancanza di motivazione con riferimento alla conferma delle statuizioni civilistiche a favore del R. e del T. relativamente alle imputazioni di cui ai capi A ed E, per le quali è intervenuta remissione di querela, con implicita revoca della costituzione di parte civile;

4.6. erroneo riferimento nel dispositivo della sentenza al capo C, per il quale già il Tribunale aveva pronunciato sentenza di assoluzione per insussistenza del fatto;

4.7. in subordine, intervenuta prescrizione per tutti i reati.

Motivi della decisione

1. Per i reati di cui ai capi B e D, contestati come commessi rispettivamente il 30 ottobre 2002 e il 12 dicembre 2002, è intervenuta la prescrizione, essendo ampiamente decorso il termine massimo di sette anni e sei mesi ex art. 157 cod. pen. (quanto al primo, ancor prima della sentenza di appello, quanto al secondo, pochi giorni dopo).

Stante tale causa di estinzione del reato, non possono essere esaminate le censure del merito, che ove anche in ipotesi fondate, determinerebbe un esito di annullamento con rinvio incompatibile con la regola stabilita dall’art. 129 c.p.p., comma 1.

Analoga conclusione vale per le censure mosse con riferimento ai capi A, E, G, per i primi due essendo intervenuta la remissione di querela, con conseguente dichiarazione di estinzione dei reati pronunciata in grado di appello, e il terzo essendo stato già dichiarato prescritto in primo grado;

2. Tale esito non è condizionato dalle statuizioni civilistiche, stante a revoca della costituzione di parte civile formalmente depositata alla odierna udienza.

3. Quanto al capo C, lo stesso ricorrente riconosce che per esso era intervenuta sentenza di assoluzione in primo grado, sicchè il riferimento ad esso nella sentenza impugnata appare all’evidenza frutto di un errore materiale, dovendosi intendersi fatto in realtà al capo D. 4. La sentenza impugnata deve dunque essere annullata senza rinvio limitatamente ai reati di cui al capi B e o perchè estinti per prescrizione nonchè limitatamente alle statuizioni civilistiche.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente ai resti di cui ai capi, B e D perchè estinti per prescrizione nonchè limitatamente alle statuizioni civili.

Rigetta il ricorso nel resto.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.