Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 13-04-2011) 09-06-2011, n. 23227 Sentenza emessa all’esito di giudizio abbreviato

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

HAYE Enrico che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo

Con sentenza del 9-3-2010 la Corte d’Appello di Palermo confermava quella del Gup di Termini Imerese, emessa il 5-6-2007 ad esito di giudizio abbreviato, con la quale P.F. era stato ritenuto responsabile di violazione di domicilio in danno di O. M., in data 11-7-2004, e del tentativo dello stesso reato in danno di T.F., in data 28-7-2004. Entrambi i fatti, che si collocano a breve distanza l’uno dall’altro, erano commessi in Cefalo, in appartamenti affittati a scopo di vacanza.

La T. era stata svegliata da rumori provenienti dalla persiana della camera da letto e, notando all’esterno la sagoma di una persona con i capelli corti e una maglietta di colore scuro che armeggiava con la persiana, aveva telefonato al marito che era fuori, vedendo poi attraverso la finestra la persona allontanarsi in direzione del parcheggio del residence.

Quasi in contemporanea un episodio simile, non oggetto del procedimento, si verificava presso un altro appartamento dello stesso residence, come da denuncia di S.E. la cui moglie gli aveva descritto la stessa scena. I poliziotti intervenuti su richiesta del S., trovavano nel parcheggio questi, il marito della T. – A.M. -, T.G., ed un giovane, con capelli a spazzola e maglietta nera, che, bloccato dai predetti, forniva varie versioni della sua presenza in loco, e veniva poi identificato nell’imputato, nella cui autovettura erano rinvenuti un binocolo ed un perizoma.

A seguito del collegamento di tali episodi con quello occorso, pochi giorni prima, alla O., questa dapprima riconosceva nella fotografia di P., sia pure con qualche dubbio, l’uomo che, nella notte sull’11 luglio, si era trovato accanto al letto mentre stava dormendo (chino su di lei come se la stesse annusando), poi lo riconosceva con certezza in sede di ricognizione personale.

Sulla scorta di tale materiale probatorio la responsabilità di P. era ritenuta per entrambi i fatti.

L’avv. Rosanne Di Vita ha proposto ricorso per cassazione articolando cinque motivi.

1) Contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine al capo b) in danno della Orlando. La p.o. era stata ritenuta teste di elevata attendibilità avendo nell’immediatezza fornito indicazioni sulla persona entrata nell’appartamento (età sui 30 anni, capelli corti, altezza 1,70/1,75), asseritamente in linea con le caratteristiche del prevenuto, senza tener conto del non certo riconoscimento fotografico sia in sede di indagini che dinanzi al primo giudice.

2) Inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza. Per quanto P. avesse già sostanzialmente assunto la veste di indagato, la ricognizione personale da parte della O. era stata eseguita senza l’assistenza di un legale, previo invito alla nomina di un difensore. Inoltre nel verbale non era stato descritto l’abbigliamento dell’attuale ricorrente, così da non renderne possibile il raffronto con quello degli altri due uomini utilizzati per il compimento dell’atto, che deve quindi ritenersi patologicamente inutilizzabile, in quanto contra legem, anche nell’ambito del giudizio abbreviato.

3) Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione al reato in danno della T.. La responsabilità è stata ritenuta sulla scorta di indizi meramente elencati, senza dar conto del percorso logico-motivazionale seguito.

4) Violazione di legge in ordine al diniego di attenuanti generiche, basato sull’addebitabilità di altri episodi non oggetto di contestazione.

5) Violazione di legge essendo decorso il termine prescrizionale dei reati.
Motivi della decisione

1) e 2) La prima censura, che addebita alla corte territoriale di non aver tenuto conto dell’incertezza del riconoscimento fotografico di P. da parte della O., va esaminata unitamente alla questione processuale, prospettata con il secondo motivo, relativa alla ricognizione personale, dal momento che la corte territoriale ha ritenuto i dubbi manifestati dalla p.o. in sede di riconoscimento fotografico, superati dalla certa ricognizione de visu dell’imputato da parte della stessa. Va ricordato in proposito che il giudice di secondo grado ha correttamente qualificato l’atto, anche sulla scorta delle norme richiamate nel relativo verbale, come individuazione di persona ex art. 361 c.p.p., ritenendo non necessaria la presenza del difensore. Tale ultimo assunto è condivisibile in quanto conforme alla costante giurisprudenza di questa corte, secondo la quale nessuna norma prescrive per l’individuazione di persona e di cose prevista dall’art. 361 c.p.p., le stesse forme e le stesse garanzie previste dall’art. 214 c.p.p. per la ricognizione di persona (onde la presenza degli altri due soggetti è addirittura superflua, restando quindi del tutto irrilevante la mancata descrizione, nella specie, , dell’abbigliamento dell’imputato), e il suo risultato può essere legittimamente utilizzato, tra l’altro, come prova in sede di giudizio abbreviato, non ostandovi il mancato avviso al difensore, che il codice di rito non prescrive (Cass. n. 18459/2007).

Indiscutibile è poi l’elevato valore probatorio da riconoscere in concreto all’individuazione da parte delle O., che, come evidenziato nelle sentenze di primo e secondo grado, aveva avuto modo di osservare le fattezze dell’intruso – descritto infatti, con dovizia di dettagli, come sui trentanni, con capelli corti, statura sul m. 1,70/1,75, corporatura regolare, assenza di barba e baffi – alla luce che entrava dal sottoporta della camera.

3) Il terzo motivo, con il quale si censura l’omessa manifestazione del percorso motivazionale alla base dell’affermazione di responsabilità del reato in danno della T., è generico, e comunque infondato, risultando delle sentenze di merito che, subito dopo l’episodio, avvenuto di notte, P., che aveva i capelli corti e indossava una maglietta scura (così come l’uomo descritto dalla p.o.), era stato trovato nel parcheggio del residence dove la donna alloggiava, e non aveva fornito valide giustificazioni della sua presenza, mentre, a bordo della sua autovettura, erano stati trovati, e sequestrati, un tanga ed un binocolo.

4) Il diniego di attenuanti generiche si sottrae alla censura di violazione di legge, essendo stato condivisibilmente ancorato alla gravità e pluralità dei fatti e al negativo comportamento processuale (i fatti sono almeno tre, in breve lasso temporale: i due oggetto del procedimento, e il terzo, contestuale a quello in danno della T., ai danni della moglie di S.; senza contare il possesso di oggetti sintomatici di abitualità della condotta).

5) Manifestamente infondata la questione della prescrizione, il cui termine massimo, per il fatto più risalente, è rii gennaio 2012.

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. III, Sent., (ud. 26-05-2011) 23-06-2011, n. 25203

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1) Con sentenza del 24.11.2009 la Corte di Appello di Catania, in riforma della sentenza del Tribunale di Catania, sez. dist. di Acireale, del 25.6.2007 assolveva D.P.G. dai reati ascritti per non aver commesso il fatto; confermava invece la sentenza del Tribunale, con la quale G.S., Di.Pa.

S., D.P.S. e D.P.A. erano stati condannati per i reati di cui all’art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b (capo a), art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 71 (capo b), art. 110 c.p., D.P.R. n. 380 del 2001, art. 72 (capo c), unificati sotto il vincolo della continuazione. Riteneva la Corte territoriale che D.P.G. dovesse essere mandato assolto non essendovi prova che fosse committente dei lavori abusivi.

Quanto agli altri imputati, non potevano essere concesse le circostanze attenuanti generiche tenuto conto della entità dell’abuso (realizzazione del secondo e terzo piano f.t.).

2) Propongono ricorso per cassazione i predetti imputati condannati in primo grado, a mezzo del difensore, denunciando la violazione di legge, avendo la Corte territoriale ritenuto, erroneamente, che la contestazione riguardasse il secondo e terzo piano fuori terra. La violazione accertata riguardava, invece, la sola realizzazione del tetto mansarda di copertura. Per il secondo piano, realizzato nel 2001, era stata presentata domanda di sanatoria.

Eccepiscono poi la prescrizione dei reati, essendo stati i fatti accertati il (OMISSIS).

Denunciano, infine, la violazione di legge in relazione agli artt. 62 bis e 133 c.p, avendo la Corte territoriale negato la concessione delle circostanze attenuanti generiche sul presupposto erroneo della realizzazione di un secondo e terzo piano. Dalla relazione di servizio dei Vigili Urbani emergeva, invece, che era stata accertata la realizzazione di una mansarda.

3) Il ricorso è manifestamente infondato.

3.1) Ai ricorrenti era stato contestato di aver effettuato, abusivamente, sull’immobile di (OMISSIS) lavori consistiti "nella realizzazione del secondo e terzo piano …". Con la sentenza di primo grado i medesimi venivano condannati in relazione a tale contestazione ed avverso la decisione non veniva mossa, in sede di impugnazione, alcuna doglianza. I motivi di appello riguardavano, infatti, esclusivamente "la eccessività della pena inflitta e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche".

Di tanto dava atto la Corte territoriale, evidenziando che, mentre per D.P.G. era stata richiesta l’assoluzione per non essere stato il committente dei lavori abusivi, per gli altri imputati l’appello riguardava solo il trattamento sanzionatorio.

Correttamente limitava, quindi, il suo esame alle censure proposte.

E’ assolutamente incontroverso, allora, che da parte dei ricorrenti non si contestasse, in sede di appello, l’affermazione di responsabilità in relazione ad una imputazione che, come si è visto, faceva riferimento alla abusiva realizzazione del secondo e terzo pano f.t..

Il primo motivo di ricorso, pertanto, oltre ad essere aspecifico, perchè prescinde dal tessuto argomentativo della sentenza impugnata, pretende di dedurre in sede di legittimità una questione di merito e per di più non proposta nel giudizio di appello.

3.2) Anche in ordine al trattamento sanzionatorio le censure sono destituite di fondamento, contestandosi la motivazione della sentenza impugnata, ancora una volta, sotto il profilo dell’accertata (e non contestata) entità delle opere abusive.

La Corte territoriale ha esercitato correttamente e con adeguata motivazione il potere discrezionale nella determinazione della pena.

Ed è pacifico che, ai fini dell’applicabilità delle circostanze attenuanti generiche, il giudice di merito deve riferirsi ai parametri di cui all’art. 133 c.p., ma non è necessario, a tal fine, che li esamini tutti, essendo sufficiente che specifichi a quale di esso ha inteso far riferimento. La concessione delle circostanze attenuanti generiche è un giudizio di fatto lasciato alla discrezionalità del giudice, che deve motivare nei soli limiti atti a far emergere, in misura sufficiente, la sua valutazione.

3.3) Il ricorso deve quindi essere dichiarato inammissibile, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento della somma che pare congruo determinare in euro 1.000,00 ciascuno ai sensi dell’art. 616 c.p.p..

3.3.1) Va, infine, evidenziato che la inammissibilità del ricorso impedisce la declaratoria della prescrizione maturate dopo la emissione della sentenza impugnata. Questa Corte si è pronunciata più volte sul tema anche a sezioni unite (per ultimo sent. n. 23428/2005 – Bracale). Tale pronuncia, operando una sintesi delle precedenti decisioni, ha enunciato il condivisibile principio che l’intervenuta formazione del giudicato sostanziale derivante dalla proposizione di un atto di impugnazione invalido perchè contrassegnato da uno dei vizi indicati dalla legge (art. 591, comma 1, con eccezione della rinuncia ad un valido atto di impugnazione, e art.606 comma 3), precluda ogni possibilità sia di far valere una causa di non punibilità precedentemente maturata sia di rilevarla d’ufficio. L’intrinseca incapacità dell’atto invalido di accedere davanti al giudice dell’impugnazione viene a tradursi in una vera e propria absolutio ab instantia, derivante da precise sequenze procedimentali, che siano in grado di assegnare alle cause estintive già maturate una loro effettività sul piano giuridico, divenendo altrimenti fatti storicamente verificatisi, ma giuridicamente indifferenti per essersi già formato il giudicato sostanziale".

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonchè al versamento alla cassa delle ammende della somma di Euro 1.000,00 ciascuno.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Piemonte Torino Sez. I, Sent., 14-07-2011, n. 785 Ricorso giurisdizionale incidentale

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.1. Viene in decisione nel merito il ricorso in epigrafe con il quale la ricorrente cooperativa impugna l’aggiudicazione definitiva, chiedendo il subentro nel relativo contratto, del servizio di refezione scolastica per il periodo settembre 2010 – giugno 2018 presso le scuole dei comuni della Comunità collinare "Colline Alfieri".

Con atto di motivi aggiunti ritualmente notificato e depositato il 29.11.2010 la ricorrente a seguito dell’accesso agli atti messi a disposizione in esito all’informativa di precontenzioso, arricchiva l’impugnativa di altri motivi, il secondo dei quali fatto oggetto di delibazione in sede cautelare.

1.2. Si costituiva l’amministrazione con atto formale del 9.11.2010 depositando poi memoria il 16.11.2010 ed ulteriori memorie il 30.11.2010 e il 31.12.2010.

Anche la controinteressata si costituiva con atto di costituzione e memoria il 13.11.2010 poi producendo memorie il 30.11.2010, il 30.12.2010 e il 22.2.2011 nonché replica il 30.6.2011.

Interponeva altresì l’ATI controinteressata un ricorso incidentale depositato il 22.12.2010 previamente notificato il 13.12.2010.

Anche la ricorrente cooperativa produceva memorie il 30.11.2010, il 27.12.2010 e replica il 26.2.2011 e il 23.6.2011.

Alla Camera di consiglio del 2.12.2010 la Sezione accoglieva la domanda cautelare motivando diffusamente sui profili di qualificato fumus del gravame con Ordinanza n. 902/2010 con la quale sospendeva gli atti impugnati decretando l’inibitoria alla stipula del contratto e contestualmente fissava l’Udienza di trattazione del merito per il 13.1.2011.

L’udienza veniva rinviata per malattia del relatore al 10.3.2011 laddove subiva ulteriore differimento per la medesima causale alla pubblica Udienza del 13.7.2011 durante la quale udita la discussione dei patroni delle parti e la Relazione del Referendario Avv. Alfonso Graziano il complessivo materiale di causa veniva introitato per la definitiva decisione.

2.1. Deve preliminarmente il Collegio, anche in ossequio ai dettami di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 4/2011, procedere allo scrutinio del ricorso incidentale, che si atteggia di tipo paralizzante in quanto tende alla declaratoria di illegittimità dell’ammissione alla gara della ricorrente principale, talché il suo eventuale accoglimento importerebbe la dichiarazione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione della ricorrente principale.

Al riguardo, il mezzo incidentale, prima ancora che infondato poiché l’invocata previsione di cui all’art. 11, penultimo periodo del capitolato speciale che prevedeva che il personale e gli automezzi fossero in numero sufficiente a far sì che il lasso temporale occorrente al trasporto dei pasti fosse in ogni caso non superiore a 30 minuti non contempla alcuna sanzione per la sua inosservanza né tanto meno l’esclusione dalla gara e dovendo le cause di esclusione essere interpretate restrittivamente in omaggio al principio del favor partecipationis, si appalesa ictu oculi irricevibile per tardività della sua notifica siccome avvenuta oltre il termine di trenta giorni sancito dall’art. 120 cod. proc. amm.

2.1. Invero, rammenta il Collegio come la predetta norma, nella parte in cui stabilisce che i ricorsi e i motivi aggiunti nelle materie di cui all’art. 119 – tra cui gli appalti di servizi – vanno proposti nel termine di trenta giorni dalla conoscenza dell’aggiudicazione, si estende di necessità anche al ricorso incidentale.

Controdeduce sul punto la controinteressata invocando T.A.R. Puglia – Lecce, Sez. II, n. 113/2001 che ha ritenuto che il predetto termine dimezzato di 30 giorni astringe il solo ricorso principale e i motivi aggiunti, applicandosi invece al ricorso incidentale il termine ordinario di 60 giorni di cui all’art. 42 c.p.a.

2.3. Deve il Collegio dissentire dall’esegesi compiuta dal T.A.R. Lecce nell’invocato precedente. Il quale oltre a collidere con l’indistinta ed ampia formulazione dell’art. 120 cod. proc. amm., impatta anche con la ratio legis ad esso sottesa oltre che con il principio di uguaglianza di rilievo costituzionale.

Invero, non può a parere della Sezione opinarsi che stante il silenzio della norma in punto di ricorso incidentale il termine dimidiato di trenta giorni astringa il solo ricorso principale e i motivi aggiunti.

Osta a siffatta inaccoglibile ermeneusi, intanto, il dato letterale della norma che usa il termine "il ricorso e i motivi aggiunti" senza precisare "il ricorso principale", dimodoché la predetta indistinta e generalizzata formula legislativa non autorizza l’interprete a sottrarre dal fuoco della norma il ricorso incidentale, che è e rimane pur sempre un ricorso che del principale partecipa la medesima natura di azione diretta contro un provvedimento di ammissione alla gara, specie ove sia – quale quello all’esame – di tipo paralizzante.

Del resto, là dove, invece, il legislatore abbia inteso riferirsi al solo ricorso principale, lo ha nominativamente indicato, come avviene nel’art. 119, ove vengono espressamente sottratti alla regola del dimezzamento dei termini il ricorso principale, quello incidentale e i motivi aggiunti, ma salvo quanto stabilito all’art. 120, il quale, come detto, contempla indistintamente il ricorso e i motivi aggiunti, con una locuzione che deve intendersi estesa al ricorso incidentale e ai relativi motivi aggiunti proposti sul ricorso incidentale medesimo.

2.4. Ma ciò che maggiormente contrasta la tesi che si critica è la patente infrazione del principio di uguaglianza delle parti nel processo che essa avallerebbe e produrrebbe allorché dovesse ritenersi che solo il ricorrente principale ha a disposizione trenta giorni per proporre la sua impugnativa mentre il ricorrente incidentale beneficerebbe dell’ordinario termine decadenziale di sessanta giorni.

L’ordinamento non ritaglia, a ben guardare, alcuna iperprotezione al ricorrente incidentale, privilegio che si risolverebbe in una palese inammissibile violazione del principio di uguaglianza delle parti processuali nel processo, oltre che in una evidente frustrazione della ratio legis che informa la novella legislativa, la quale muove nel segno dell’accelerazione delle procedure di ricorso nella materia degli appalti.

2.4. Conclusivamente, a parere della Sezione, il ricorso incidentale in materia di appalti, ai sensi del combinato disposto dell’art. 42 e 120 c.p.a., deve proporsi nel termine di trenta giorni decorrenti dalla conoscenza del ricorso principale e non più dalla scadenza del termine stabilito dalla legge per il suo deposito come avveniva nel regime previgente.

Da ciò consegue nel caso di specie che il ricorso in scrutinio è tardivo poiché avviato alla notifica il 13 dicembre 2010 mentre il ricorso principale, come riconosce la stessa controinteressata, le è pervenuto il 22 ottobre 2010, per cui il mezzo incidentale andava notificato il 21 novembre 2010, discendendone la sua palese tardività siccome notificato il 13 dicembre.

Può ora approdarsi alla disamina del gravame principale.

3.1. Con il primo mezzo la ricorrente rubrica violazione del principio di cui alla Direttiva CE 2004/18 e degli artt. 2, 74 e 82 del d.lgs.. n. 163/2006, inammissibilità dell’offerta condizionata della cooperativa aggiudicataria, inammissibilità ed indeterminatezza dell’offerta tecnica presentata dalla predetta ATI, violazione della par condicio, eccesso di potere per carenza di istruttoria e sviamento, violazione del favor partecipationis e del principio di uguaglianza nonché dell’art. 97 Cost.

Si duole al riguardo che la cooperativa controinteressata ha da sempre utilizzato nella gestione pregressa del servizio in contesa, due soli automezzi. La legge di gara disponeva che gli automezzi ed il personale impiegato dovevano essere in numero sufficiente affinché i tempi di percorrenza non superassero in ogni caso 30 minuti.

Tuttavia l’ATI aggiudicataria metteva a disposizione della s.a. ben 10 automezzi onde presumibilmente lucrare un maggior punteggio per l’offerta tecnica ed infatti le venivano assegnati ben 8 punti per la stessa.

Purtuttavia, la controinteressata condizionava la sua offerta manifestando la disponibilità a mettere a disposizione della S.A. una somma di Euro 500 fino ad un massimo di Euro 4.000 per ogni automezzo non utilizzato per l’espletamento del servizio per ogni anno scolastico. Il che fornirebbe prova che il servizio poteva essere svolto con soli due automezzi. La ricorrente presentava istanza di esclusione dell’offerta predetta assumendone il carattere condizionato ma la P.A. la rigettava adducendo che la delineata messa a disposizione delle somme indicate per gli automezzi non utilizzati non rendeva l’offerta stessa condizionata non avendo l’ATI subordinato la propria adesione al contratto alla cennata previsione.

La ricorrente pretende che l’offerta della ATI controinteressata dovesse essere esclusa ed invoca giurisprudenza recente sull’inammissibilità dell’offerta condizionata anche in difetto di apposita previsione della lex specialis.

3.2. Ritiene il Collegio che la riassunta doglianza si presti a positiva considerazione e vada pertanto accolta, dovendosi confermare la delibazione di fondatezza del motivo già diffusamente motivata in sede cautelare.

E’ anzitutto riscontrabile in atti che l’ATI aggiudicataria odierna controinteressata ha offerto alla Unione dei Comuni resistente la somma di Euro 500 per ciascuno dei dieci automezzi offerti non utilizzato; come pure è provato che essa intendeva svolgere il servizio con due soli automezzi.

Ebbene, la dichiarazione di disponibilità ad erogare all’amministrazione un corrispettivo pari a 500 euro per ciascun automezzo non autorizzato arreca un incontrovertibile vulnus alla par condicio e alla concorrenza, dal momento che consente alla offerente ati di lucrare un sensibile quid pluris rispetto al corrispettivo contrattuale.

Siffatta manifestazione di intenti introduce inoltre un quid novi nelle regole di gara sancite dalla lex specialis ed inoltre altera sensibilmente l’equilibrio contrattuale coniato dagli atti di natura economico finanziaria che sottendono la predisposizione del procedimento di gara.

Appare pertanto fondata la censura formulata sul punto dalla ricorrente.

Ma, più in radice, osserva il Collegio come l’offerta dell’ATI si prospetti indeterminata e pertanto nulla.

Invero, va rilevato che dall’esame dell’estratto del piano di gestione del trasporto dei pasti dell’ATI, effettivamente la stessa ha dichiarato di impiegare 10 automezzi, contestualmente mettendo a disposizione della S.A. Euro 500 per ciascun automezzo non utilizzato, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione avesse ritenuto che il servizio potesse essere garantito mercé l’impiego di soli 2 automezzi.

Devesi peraltro evidenziare che l’offerta stessa, come si evince a chiare note nel prodotto piano di gestione (doc. 17 ricorrente) con i relativi percorsi (doc. 18 ricorrente), dov’è descritto il percorso di soli due automezzi, contempla l’espletamento del servizio mediante due soli automezzi.

Il documento che raffigura i percorsi dei mezzi che l’ATI aveva in animo di impiegare, contempla infatti due soli veicoli, collidendo dunque con la previsione di mettere a disposizione ben dieci automezzi.

Siffatta discrasia pone anzitutto in luce, verosimilmente, l’intento della controinteressata di "gonfiare" ad arte il numero di mezzi impiegandi per l’appalto, all’evidente fine di lucrare un punteggio elevato, tant’è che, come esattamente denota la ricorrente, l’ATI ha conseguito ben 8 punti per l’offerta tecnica.

Sul piano dell’equilibrio contrattuale e della serietà ed univocità della proposta negoziale espresa all’Amministrazione, poi, la delineata aporia tra i dieci dichiarati mezzi e i due effettivamente contemplati ed ipotizzati per l’espletamento del servizio in controversia, palesa un’intima indeterminatezza e contraddittorietà che introduce un elemento di incertezza nella proposta contrattuale che doveva condurre alla sua esclusione siccome trattavasi di un’offerta sostanzialmente nulla perché formulata in modo contraddittorio con due diverse ed alternative quantificazioni all’interno della stessa busta economica (T.A.R. Abruzzo L’Aquila, Sez. I, 1 dicembre 2008, n. 1271).

3.3. Ritiene la Sezione che le offerte tecniche nelle pubbliche gare debbano essere improntate alla massima linearità e chiarezza, onde prefigurare all’Amministrazione un quadro certo dei rispettivi doveri ed obblighi contrattuali e che qualsivoglia elemento che introduca nel sinallagma negoziale profili di indeterminatezza o di incertezza, anche se vantaggiosi, in ipotesi per la P.A., vale a conferire all’offerta la natura di offerta indeterminata o condizionata che ne deve comportare l’esclusione dalla gara.

E ciò,come la giurisprudenza ha già condivisibilmente sancito, a prescindere dalla presenza o meno nella legge di gara di un’espressa comminatoria di esclusione, stante la superiorità del principio che vieta le offerte condizionate e le rende inammissibili (T.A.R. Campanaia – Napoli, Sez. I, 26.11.2009, n. 8082).

L’offerta della ATI M. doveva essere pertanto esclusa dalla gara siccome condizionata e/o indeterminata e pertanto nulla.

Il primo motivo di ricorso è pertanto fondato e va accolto.

4.1. Assume ora rilievo dirimente l’esame dei motivi aggiunti, dei quali si presenta fondato ed assorbente il secondo (V della numerazione complessiva) con il quale la ricorrente rubrica violazione della legge di gara che prevede a pena di esclusione l’obbligo per le imprese partecipanti di effettuare il sopralluogo; eccesso di potere e carenza di istruttoria, violazione del principio del favor partecipationis e dell’art. 97 della Costituzione.

Lamenta in proposito che l’art. 3 del disciplinare di gara stabilisce a pena di esclusione, l’obbligo per le imprese partecipanti, di effettuare il sopralluogo dei locali ove si svolgeranno i servizi oggetto di appalto.

La medesima norma di gara dispone poi che l’incaricato dell’impresa non possa eseguire il sopralluogo per conto di altre imprese.

Orbene, la controinteressata è un’ATI in cui la P. S.c.a.r.l. svolgerà il 35% del servizio oggetto di gara, ma dall’accesso agli atti eseguito dalla deducente il 25.10.2010 emerge che il sopralluogo è stato effettuato dalla sola impresa M. ma non anche dalla P. predetta.

Ne consegue che l’ATI dovesse essere esclusa dalla procedura di gara per mancata effettuazione del sopralluogo da parte della P..

4.2. Come delibato in sede cautelare il Collegio ritiene fondato il profilo di censura dianzi illustrato.

E’ stata invero infranta la prescrizione, assistita dalla comminatoria espressa dell’esclusione, recata dall’art. 3 del disciplinare, il quale faceva obbligo a tutte le imprese partecipanti, con espresso divieto del sopralluogo per conto terzi, di corredare la loro offerta dell’attestazione di sopralluogo, laddove risulta agli atti il sopralluogo della sola impresa M. s.r.l (doc. 21 ricorrente) ma non anche quello della mandante P. scarl che dichiarava di assumere il 35% del servizio posto in gara (doc. 20 ricorrente).

A nulla vale opporre, come fa la controinteressata e la stessa amministrazione, che era sufficiente l’effettuazione dell’incombente da parte della sola M., che è mandataria e capogruppo della costituenda ATI, invocandosi la giurisprudenza che ritiene sufficiente il solo sopralluogo della impresa capogruppo.

Quella giurisprudenza risulta infatti, ad avviso del Collegio, inconferente sia per la rilevata presenza nell’art. 3 del disciplinare dell’espressa disposizione che faceva divieto dell’effettuazione del sopralluogo per conto terzi, sia per la natura di ati costituenda del raggruppamento controinteressato.

4.3. Ritiene il Collegio di dover fissare il principio per il quale il sopralluogo richiesto in sede di gara debba essere effettuato da ogni singola impresa facente parte di un’ATI costituenda e che non sia sufficiente il solo sopralluogo espletato dalla impresa mandataria, dal momento che le ATI costituende si caratterizzano per autonomia delle singole componenti e per l’assenza di qualsivoglia vincolo di mandato in capo all’impresa che solo nel futuro raggruppamento ne assumerà la veste di mandataria, conseguendone che prima della formale costituzione del vincolo di mandato collettivo speciale con rappresentanza alla capogruppo, la futura mandataria non può effettuare dichiarazioni ed attività che ridondino nella sfera giuridica delle mandanti, stante la delineata autonomia delle medesime e l’assenza di qualsivoglia vincolo di mandato tra di loro.

Nel caso all’esame della Sezione, dunque, poiché il sopralluogo effettuato dalla mandataria Impresa M. non si riverbera eo ipso nella sfera giuridica della P. che invece non lo ha effettuato, risulta infranta la prescrizione di cui all’art. 3 del disciplinare di gara che ricollegava alla violazione l’espressa comminatoria dell’esclusione dalla gara.

L’intero futuro raggruppamento doveva pertanto essere estromesso dalla gara e non poteva risultarne aggiudicatario.

Il motivo in scrutinio è pertanto fondato e va accolto.

In definitiva, sulla scorta delle argomentazioni che precedono il ricorso principale e relativi motivi aggiunti si profilano fondati e vanno accolti, mentre irricevibile va dichiarato il gravame incidentale.

Possono essere dichiarati assorbiti i residui motivi di ricorso stante la portata cruciale delle censure finora esaminate che comportano il travolgimento dell’aggiudicazione alla controinteressata.

In sintesi il ricorso incidentale in materia di appalti deve essere notificato nel termine ti trenta giorni decorrenti dalla notifica del ricorso principale e l’attestazione di sopralluogo per le ATI costituende va resa da ciascuna impresa facente parte del futuro raggruppamento.

5. In esecuzione della presente sentenza, atteso che la cooperativa ricorrente è risultata seconda in graduatoria e che ha articolato domanda di subentro nel contratto l’amministrazione dovrà pronunciare, in ottemperanza alla presente decisione, l’aggiudicazione a favore della ricorrente con la quale stipulerà poi il contratto d’appalto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, così provvede:

dichiara irricevibile per tardività della notifica il ricorso incidentale;

accoglie il ricorso principale e i motivi aggiunti per l’effetto annulla i provvedimenti con essi impugnati.

Condanna l’Amministrazione resistente a pagare alla ricorrente le spese di lite che liquida in Euro 2.000,00 oltre iva e CNPA e rimborso dei due contributi unificati versati all’Erario.

Ordina che la presente Sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Stato Sez. V, Sent., 03-08-2011, n. 4626 Opere pubbliche

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La Provincia di Trento indiceva una gara per l’affidamento dei lavori di realizzazione della circonvallazione di Rovereto, con importo complessivo a base d’appalto pari ad Euro 6.226.84,49, per l’aggiudicazione della quale era stato prescelto il criterio del prezzo più basso determinato mediante offerta dei prezzi unitari, con verifica di anomalia ai sensi dell’art. 86 e ss. del D.Lgs. 12.4.2006, n. 163. Il Consorzio Lavoro Ambiente Società Cooperativa (CLA) si collocava al primo posto della graduatoria di gara offrendo un ribasso pari al 39,92%, oltre la soglia di anomalia calcolata al 33,58%. La verifica di anomalia conseguentemente effettuata dalla stazione appaltante sortiva esito negativo. Il giudizio sfavorevole si incentrava in modo, in modo precipuo, sulla voce n. 15, "indennità per smaltimento in discarica di RSU", per la quale nel computo metrico estimativo la stazione appaltante aveva ipotizzato un prezzo unitario pari ad Euro 126,23/ton., per previste 3.821,665 tonnellate, mentre l’impresa ricorrente aveva offerto il prezzo unitario pari ad Euro 0,01/ton. La stazione appaltante escludeva infatti il Consorzio dalla gara, affermando che l’offerta non sarebbe stata economicamente sostenibile perché l’importo della riscontrata anomalia non sarebbe stato coperto con l’utile dichiarato dall’impresa.

Con la sentenza appellata i Primi Giudici hanno accolto il ricorso.

Propongono separati appelli la Provincia di Trento ed il Consorzio aggiudicatario C..

Si è altresì costituito il Consorzio originariamente ricorrente.

Le parti hanno affidato al deposito di apposite memorie l’ulteriore illustrazione delle rispettive tesi difensive.

All’udienza del 19 aprile 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. L’identità della sentenza appellata impone la riunione degli appelli in epigrafe specificati.

3. I ricorsi sono fondati.

3.1. Si deve prendere le mosse dalla ricostruzione dei fatti di causa operata dal Primo Giudice:

– per quanto concerne il tratto stradale della progettata circonvallazione di Rovereto presso una discarica dismessa, la relazione geologica – idrogeologica e geotecnica datata 18.4.2003 aveva riscontrato la presenza nel sottosuolo di rifiuti solidi urbani in stato di mineralizzazione avanzata ma non esaurita, per cui era stato previsto: da un lato un intervento per sostenere il sottofondo stradale consolidando il sito tramite l’esecuzione di pali in ghiaia vibrocompattata e cementata attraversanti lo spessore della discarica ed intestati nelle ghiaie di base; da altro lato, l’allontanamento del materiale in esubero che, "in prima approssimazione, potrà essere conferito in discarica per RSU";

– l’ultima relazione geologica – idrogeologica e geotecnica datata 12.4.2007 ha ulteriormente specificato che i rifiuti erano da considerare "praticamente completamente mineralizzati", per cui ha previsto "una possibile ricollocazione in sito dei rifiuti solidi urbani in esubero", aggiungendo peraltro che, non essendo gli stessi completamente idonei ad essere meramente ricollocati, detta operazione sarebbe potuta avvenire solo per la quota rimanente dopo un’operazione di vagliatura atta ad eliminare la frazione grossolana costituita da plastica, gomma, stoffa e legno; in tal caso, solo la quota sopravaglio, calcolata nel 15% circa del volume totale dei rifiuti, si sarebbe dovuta conferire "a discarica RSU";

– la relazione tecnica di progetto datata agosto 2008, valutate le due citate relazioni e le analisi in ordine al processo di mineralizzazione dei rifiuti situati ad una profondità variabile da 2,00 a 4,50 m., ha concluso che era possibile "ipotizzare interventi di consolidamento del piano di imposta dei rilevati che insistono nell’area, funzionali alla stabilità della sottostruttura stradale", attraverso la realizzazione di uno "strato di bonifica in materiale inerte… su reticolo di pali in ghiaia vibrocompattati e cementati, intestati sulle ghiaie di base";

dall’esame congiunto dei citati documenti tecnici, emerge che la parte del percorso stradale che interessa marginalmente il sedime della discarica per rifiuti solidi urbani, da tempo dismessa dal Comune di Rovereto, sarà primariamente messa in sicurezza con interventi di consolidamento dell’area e che, in base allo stato di mineralizzazione dei rifiuti che si rinverranno in loco, sarà avviata in discarica solo la parte di essi risultante dall’eventuale operazione di vaglio;

Dall’esame di tali fatti il Primo Giudice ha tratto il corollario secondo cui il prodotto della vagliatura meccanica dei rifiuti solidi urbani diretta sia ad attività di recupero (intesa ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. h), e dell’all. C) della parte IV del citato D.Lgs. n. 152 del 2006), che ad attività di smaltimento (intesa ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. g), e dell’all. B) della parte IV dello stesso decreto), fra cui è compreso anche il "deposito sul o nel suolo (a esempio discarica)", deve essere classificato come rifiuto speciale con codice CER 19 12 12 (altri rifiuti, compresi materiali misti, prodotti dal trattamento meccanico dei rifiuti) e non con il codice CER 20 03 01 (rifiuti urbani non differenziati). Il Tribunale amministrativo è pervenuto a tale approdo interpretativo facendo leva sul disposto della lett. d) del comma 3 dell’art. 184 del D.Lgs. 3.4.2006, n. 152, che cataloga come rifiuti speciali quelli "derivanti dalla attività di recupero e smaltimento di rifiuti". Il Primo Giudice ha quindi ritenuto che nel caso di specie, in applicazione della normativa regolatrice della materia, la maggior parte dei rifiuti presenti nel sottosuolo – in quanto rinvenuti in uno stato di mineralizzazione idoneo alla loro utilizzazione come sottofondazione stradale – avrebbero dovuto essere messi in sicurezza tramite gli interventi di consolidamento descritti nella relazione tecnica di progetto mentre i sovvalli avrebbero dovuto essere conferiti in discarica come rifiuto speciale con il codice CER 19 12 12.

3.2.La Sezione rileva che la ricostruzione dei profili fattuali e degli aspetti giuridici della vicenda operata dal primo Giudice non sia idonea a sorreggere la decisione di annullamento degli atti relativi alla procedura di gara in esame.

Assume, infatti, rilievo dirimente, al fine di pervenire ad opposta conclusione, la circostanza che il Consorzio appellato, con riguardo alla voce n. 15 relativa all’indennità di discarica per RSU, ha indicato un presso simbolico, pari a 0,01 euro, sì da produrre il sostanziale azzeramento di una voce caratterizzata da un’incidenza significativa sul totale a base d’asta. La questione formale della corretta qualificazione dei rifiuti in parola, residuanti all’esito della vagliatura meccanica dei rifiuti solidi urbani, alla stregua di rifiuti urbani o speciali, non infirma, infatti, il dato centrale ed assorbente, posto a fondamento della valutazione negativa dell’offerta in sede di verifica dell’anomalia, rappresentato dalla sostanziale e non ammissibile eliminazione, in sede di formulazione dell’offerta, di una significativa voce di costo concernente un’ingente quantità di rifiuti indicata nei documenti di gara. Giova, infatti, osservare che l’offerente non si è limitato ad indicare un costo per il conferimento in discarica differenziato ragione della diversa natura dei rifiuti ma ha obnubilato una prestazione reputa necessaria, ossia lo smaltimento dei rifiuti che la disciplina di gara riteneneva sarebbero senz’altro residuati all’esito dell’operazione di vagliatura di cui si è detto in precedenza. Va soggiunto che la lavorazione n. 15 non è in contrasto con le risultanze tecniche ricavabili dalla relazioni geologicoidorogelogicogeotecniche e tecnica di progetto, posto che tali dati progettuali prevedevano il conferimento in discarica dei rifiuti residuanti al processo di vagliatura e triturazione.

Si aggiunga che la documentazione prodotta dalle parti appellanti dimostra che i costi di smaltimento dei rifiuti urbani e di quelli speciali non presentano significativi profili di diversità. Risulta allora avvalorata, anche sotto quest’angolazione, la sostanziale irrilevanza della qualificazione dei rifiuti di che trattasi, al fine di infirmare un giudizio negativo di anomalia imperniato sul dato sostanziale della pretermissione e della mancata giustificazione di una prestazione considerata indefettibile dalla non impugnata disciplina di gara.

Si deve, in definitiva, convenire che, nell’ambito di un gara relativa ad una appalto a misura, da aggiudicare al prezzo più basso e con offerta a prezzi unitari, l’eliminazione di una rilevante lavorazione, ancor più chiaramente indicata nella dichiarazioni rese in sede di gara dal CLA, si riflette in un’incongruità dell’offerta che concerne non solo il profilo della giustificazione economica ma, in via più radicale, l’ ammissibilità della stessa in ragione del contrasto con la non contestata normativa di gara.

4. Gli appelli devono pertanto essere accolti.

Ne consegue la riforma della sentenza appellata e la reiezione del ricorso di prime cure. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

definitivamente pronunciando sugli appelli, come in epigrafe proposti, li riunisce e li accoglie. Per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, respinge il ricorso di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.