Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 22-01-2013) 18-02-2013, n. 7929 Misure cautelari

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Svolgimento del processo

Con ordinanza 26/6/12 il Tribunale di Catanzaro in sede di gravame ex art. 310 c.p.p. rigettava l’appello proposto da P.G. avverso l’ordinanza 9/2/12 del Tribunale di Cosenza che negava all’imputato la sostituzione della misura cautelare in atto della detenzione in carcere con quella degli arresti domiciliari per motivi di salute. Il Tribunale adito osservava come dalla disposta perizia (non smentita dalla relazione sanitaria dell’istituto del (OMISSIS), che faceva riferimento ad una non meglio chiarita patologia reumatoide) risultasse che il P. era affetto da "sospetta arterite di Horton", patologia curabile con farmaci corticosteroidi assumibili anche all’interno della struttura penitenziaria, da parte sua dotata di sufficienti strumenti sanitari per monitorare la malattia e dosare la cura.

Ricorreva per cassazione il detenuto, lamentando che il Tribunale non avesse tenuto conto della nuova documentazione medica (seguita a visita ospedaliera del (OMISSIS)) secondo la quale la malattia in questione (contratta in carcere dopo l’assunzione di un vaccino antinfluenzale il (OMISSIS)) non andava più curata con corticosteroidi, bensì con diverso farmaco non ancora reso disponibile dall’area sanitaria della casa circondariale di (OMISSIS) ove era ristretto (per il qual motivo aveva sporto querela alla locale Procura). Chiedeva l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

All’udienza camerale fissata per la discussione il PG chiedeva dichiararsi l’inammissibilità del ricorso. Nessuno compariva per il ricorrente.
Motivi della decisione

Il ricorso, in fatto e manifestamente infondato, è inammissibile.

Esso tende a sovrapporre le proprie valutazioni a quelle puntualmente e motivatamente espresse dal giudice di merito, che correttamente ha preso a fondamento della propria decisione la perizia medico-legale disposta in prime cure dal Tribunale, confortata dalla relazione del 16/6/12 del sanitario della struttura penitenziaria ove il P. è astretto. Vanamente pertanto il ricorrente basa le sue doglianze su un parere medico nel frattempo intervenuto ((OMISSIS)) secondo cui la cura in atto non sarebbe adeguata, mentre quella indicata non è ancora resa disponibile dall’area sanitaria dell’istituto di pena. Il primo assunto si basa su un giudizio tecnico di adeguatezza terapica contraddetto da precedenti e successivi giudizi non meno autorevoli, il secondo è estraneo al tema in esame (il nuovo farmaco, se ritenuto idoneo, ben potendo essere assunto anche in ambiente carcerario).

Alla dichiarazione di inammissibilità segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di un’adeguata sanzione pecuniaria (art. 616 c.p.p.).

Trattandosi di soggetto in custodia cautelare in carcere, va disposto ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.
P.Q.M.

dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del processo e della somma di Euro 1.000 alla Cassa delle ammende.

Dispone trasmettersi, a cura della Cancelleria, copia del provvedimento al Direttore dell’Istituto penitenziario ai sensi dell’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1-ter.

Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 18 febbraio 2013

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T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., 21-01-2011, n. 642 Demolizione di costruzioni abusive

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Svolgimento del processo
1. Con il ricorso introduttivo dell’odierno giudizio, la ricorrente, società proprietaria di un terreno ricompreso nella zona denominata comprensorio "V. A." sito in A. L., via R.L., ha impugnato le ordinanze nn. 422/26 e 421/27 del 3 novembre 1992, entrambe emesse dal Sindaco del Comune di A. L.. Con la prima ordinanza, è stato ingiunto alla ricorrente di procedere alla demolizione e alla rimozione delle opere eseguite in difformità rispetto al P.P.E. del comprensorio "V. A." ed alla concessione edilizia n. 108/89/B, sul lotto 18/A di proprietà della ricorrente; con la seconda, è stato ingiunto alla controinteressata di procedere alla demolizione della strada carrabile per l’accesso al lotto 18/A di cui è proprietaria la ricorrente, realizzata sul contiguo terreno di sua proprietà, in area destinata a verde pubblico dal P.P.E. del comprensorio "V. A.".
Con l’atto di gravame, la ricorrente ha dedotto che, dopo aver ottenuto, per il citato terreno, la concessione edilizia n. 108/89/B del 9 aprile 1990, ha presentato un progetto di variante concernente la modifica del distacco minimo dal fabbricato preesistente, della superficie totale e della cubatura. Nonostante tale progetto, in data 6 novembre 1991, abbia ottenuto il parere favorevole della Commissione edilizia, il Comune di A. L., a seguito della verifica di conformità effettuata il 2 dicembre 1991 dai vigili urbani, ha ordinato la demolizione delle relative opere, di talché la ricorrente medesima ha impugnato tale ordinanza dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio.
Ha altresì dedotto che il Comune di A. L., in data 25 giugno 1992, relativamente alla citata variante, le ha chiesto di produrre una relazione corredata di planimetria contenente la precisazione dei confini e degli accessi carrabili all’area fondiaria, di talché la ricorrente, con nota dell’8 settembre 1992, ha precisato che i confini e gli accessi carrabili del fabbricato di cui al progetto in variante erano corrispondenti a quelli della concessione 108/89/B del 9 aprile 1990.
Ciononostante, il Comune di A. L. ha emesso le due ordinanze oggetto dell’odierno gravame.
2. A sostegno del gravame, ha articolato le seguenti doglianze: 1) Violazione dell’art. 7 L. 28.2.85 n. 47; eccesso di potere per errore sui presupposti e per travisamento dei fatti; 2) Ulteriore violazione degli artt. 7 e 8 della L. 28.2.85 n. 47; eccesso di potere per disparità di trattamento.
3. Si è costituito in giudizio il Comune di A. L., instando per la reiezione del gravame.
4. All’udienza dell’11 novembre 2010, sentiti i difensori delle parti come da relativo verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito precisati.
2. Risulta per tabulas che entrambe le ordinanze oggetto di gravame sono state motivate con riferimento ad una ritenuta difformità dell’intervento di realizzazione di una strada carrabile con il Piano Particolareggiato Edilizio del Comprensorio "V. A.". Segnatamente, ad avviso del Comune resistente la strada carrabile realizzata dalla ricorrente occuperebbe un’area destinata a verde pubblico dal citato P.P.E. Tale profilo motivazionale, ritenuto assorbente dall’Amministrazione resistente, è presente sia nell’ordinanza n. 421/27, sia nell’ordinanza n. 422/26.
3. Risulta del pari documentalmente provato che la Ripartizione IV Tecnica del Comune resistente, con nota prot. 4972 dell’8.02.1993, depositata alla camera di consiglio del 5.05.1993, esprimendo parere favorevole sulla proposta di variante presentata dalla ricorrente (variante al progetto 108/89), ha chiarito che sono decaduti i vincoli del P.P.E. n. 18/UR/F denominato "V. A.", non essendo stato detto piano attuato nei termini di legge dall’Amministrazione.
4. Tanto rilevato, si palesa fondata la seconda censura con la quale la ricorrente ha denunciato i vizi di violazione di legge e di difetto di istruttoria, deducendo che il Comune ha errato nel ritenere ancora efficace la destinazione a verde pubblico discendente dal P.P.E. "V. A.".
In accoglimento del proposto gravame, devono, pertanto, essere annullate le ordinanze impugnate.
Il pronunciato annullamento non lascia residuare alcun interesse in capo alla ricorrente all’esame delle altre censure formulate con l’atto di gravame.
5. Per la natura delle questioni esaminate sussistono comunque giusti motivi per compensare spese, diritti ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, sez. Seconda Ter, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla le ordinanze sindacali n. 422/26 n. 421/27 del 3 novembre 1992.
Compensa spese, diritti ed onorari di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 novembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Maddalena Filippi, Presidente
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere
Giuseppe Chine’, Primo Referendario, Estensore

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Cass. pen., sez. VI 13-01-2009 (08-01-2009), n. 1125 Mandato di arresto europeo – Consegna per l’estero – Decisione – Presupposti

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole

FATTO
Con sentenza in data 05.12.2008 la Corte di appello di Torino dichiarava l’accoglibilità della richiesta di consegna di S.P., destinatario di un M.A.E. dell’A.G. (OMISSIS), in relazione a un’accusa di truffa, commessa il (OMISSIS).
Propone ricorso il consegnando, deducendo in primo luogo che:
a)- la Corte d’appello non ha superato con idonea e pertinente motivazione l’eccezione di mancanza di sottoscrizione dei documenti trasmessi al Ministero dall’Autorità spagnola, essendosi limitata a rilevare la sufficienza della trasmissione degli stessi al Ministero da parte dell’autorità emittente;
b)- nella relazione sul fatto inviata dall’Autorità spagnola non è specificato il momento preciso in cui si sarebbe realizzata la condotta illecita.
Con un secondo motivo, il ricorrente lamenta la assoluta insufficienza degli elementi acquisiti ai fini dell’integrazione del grave quadro indiziario, e la illegittimità del rifiuto della Corte d’appello di acquisire la documentazione difensiva diretta a dimostrare che nel giorno del presunto reato lo S. si trovava a (OMISSIS).
DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Per quanto concerne, invero, l’eccezione di mancanza di sottoscrizione dei documenti trasmessi al Ministero dall’Autorità spagnola, va anzitutto precisato che la garanzia individuata dalla L. n. 69 del 2005, art. 1, comma 3 non riguarda l’atto con cui si richiede allo Stato membro la consegna (ovvero il m.a.e. in senso stretto), ma si rivolge direttamente al provvedimento con cui si limita la libertà di una persona. Si tratta, cioè, di una garanzia sostanziale che ha ad oggetto il presupposto stesso del m.a.e., che deve avere natura giurisdizionale. In questa procedura la vera garanzia della libertà della persona non sta nel fatto che sia un’autorità giurisdizionale ad emettere il m.a.e., ma che il mandato trovi il suo fondamento in un provvedimento di un giudice.
Circa la concreta verifica di tale presupposto, peraltro, è stato sottolineato in giurisprudenza (Sez. un. n. 4614 del 30/01/2007- 5/02/2007, Ramoci) che non solo nessuna disposizione della L. n. 69 del 2005 prevede l’acquisizione degli atti provenienti dall’autorità estera in copia autentica (nella specie, del provvedimento cautelare), ma che nessuna questione sulla conformità della copia all’originale può sollevarsi una volta che sia accertato che la copia è stata trasmessa in via ufficiale dall’autorità giudiziaria emittente al Ministero della giustizia, organo deputato alla "ricezione amministrativa dei mandati d’arresto europei e della corrispondenza ufficiale ad essi relativa" (L. n. 69 del 2005, art. 4, comma 2). La garanzia della "autenticità" della copia così trasmessa comporta ovviamente anche la presunzione dell’esistenza di un originale e, quindi, dell’esclusione di vizi formali (quale, per riferirsi al motivo di ricorso in esame, la mancanza della sottoscrizione) che possano radicalmente invalidarlo.
Solo se sull’autenticità, in tal senso intesa, dei documenti trasmessi insorgano problemi specifici e concreti, dovrà procedersi agli ulteriori necessari accertamenti (cfr. sul punto Cass. n. 16542 del 8/5/2006-15/5/2006, Cusini). Non può integrare tale situazione il semplice rilievo che dalle copie ufficialmente trasmesse non risulti la sottoscrizione dell’A.G. richiedente, posto che in tal modo si andrebbe a rimettere in discussione proprio quella garanzia del fondamento della richiesta di consegna in un provvedimento giurisdizionale formalmente esistente, che il nuovo sistema, improntato a mutuo riconoscimento e libera circolazione delle decisioni tra le autorità giudiziarie dei paesi dell’Unione (sì da liberare i procedimenti da ogni inutile appesantimento burocratico), ha inteso affidare alla trasmissione in via ufficiale delle copie degli atti.
Per completezza deve peraltro rilevarsi che, nella specie, nella copia del provvedimento restrittivo posto a base del MAE vengono riferiti sia il nominativo che la sottoscrizione del magistrato emittente.
Quanto al rilievo che nella relazione sul fatto inviata dall’Autorità spagnola non è specificato il momento preciso in cui si sarebbe realizzata la condotta illecita, si osserva che la prescrizione della L. n. 69 del 2005, art. 6, secondo cui l’Autorità richiedente deve fra l’altro indicare il "momento" della commissione del reato, va ovviamente interpretata secondo buon senso e, quindi, con riferimento a un parametro temporale sufficientemente circoscritto, senza la pretesa di una precisione cronometrica (che potrebbe esulare dalle stesse informazioni dell’Autorità richiedente). Nella specie tale parametro è stato rispettato, emergendo dalle notizie fornite che il reato ascritto sarebbe stato commesso il (OMISSIS) e denunciato dalle presunte vittime (secondo quanto indicato nello stesso ricorso) alle ore 8,00 di tale giorno.
In ordine, infine, al motivo, con cui il ricorrente lamenta la assoluta insufficienza degli elementi acquisiti ai fini dell’integrazione del grave quadro indiziario, e la illegittimità del rifiuto della Corte d’appello di acquisire la documentazione difensiva diretta a dimostrare che nel giorno del presunto reato commesso in (OMISSIS) lo S. si trovava a Roma, deve osservarsi che, secondo la ormai consolidata giurisprudenza, l’autorità giudiziaria italiana, ai fini della "riconoscibilità" del presupposto dei gravi indizi di colpevolezza, deve limitarsi "a verificare che il mandato sia, per il suo contenuto intrinseco o per gli elementi raccolti in sede investigativa, fondato su un compendio indiziario che l’autorità giudiziaria emittente ha ritenuto seriamente evocativo di un fatto-reato commesso dalla persona di cui si chiede la consegna" (Cass. Sez. un. n. 4614 del 30/1/2007- 5/2/2007, Ramoci; Sez. F, n. 33642 del 13/9/2005-14/9/2005, Hussain;
Sez. 6, n. 34355 del 23/9/2005-26/9/2005, Ilie; Sez. 6, n. 16542 del 8/5/2006-15/5/2006, Cusini; Sez. 6, n. 8449 del 14/2/2007-28/2/2007, Piaggio).
Una volta effettuata tale verifica, esula, quindi, dai poteri conferiti al giudice nazionale sia ogni valutazione diretta in ordine all’adeguatezza del materiale indiziario posto alla base del provvedimento cautelare e degli elementi di prova addotti a discarico dal ricorrente, sia l’effettuazione di ulteriori approfondimenti.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui alla L. n. 69 del 2005, art. 22, comma 5.

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Cassazione Civile, Sentenza n. 8284 del 2011 Nulla la notifica della multa fatta al portiere dello stabile senza l’attestazione delle ricerche

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Fatto e diritto

1. – L’avvocato [OMISSIS] impugna la sentenza n. 1985 del 2005, depositata il 14 marzo 2005, del Giudice di Pace di Roma che rigettava la sua opposizione avverso la cartella esattoriale XXXX, deducendo di non aver mai ricevuto la notifica dei verbali di violazione alle norme del Codice della Strada che avevano dato luogo a tale richiesta.

2. – Il Giudice di Pace rigettava il ricorso, rilevando che dalla documentazione esibita dal Comune di Roma, costituitosi a giudizio con funzionario, risultava che “i verbali erano stati ritualmente notificati a mezzo servizio postale nei termini di legge, ai sensi dell’art. 149 c.p.c., che prevede tale notifica quando, come nel caso di specie, la stessa non sia vietata”. Non era quindi applicabile l’art. 139 c.p.c. “in quanto lo stesso prescrive l’invio della raccomandata quando l’ufficiale giudiziario notifica nelle mani del portiere o di un vicino che accetti l’atto”.

3. – Il ricorrente articola due motivi di ricorso. Col primo lamenta la nullità della notifica dei verbali contravvenzionali, avvenuta a mani del portiere del suo stabile, senza che l’ufficiale postale effettuasse alcuna ricerca del notificando o di un suo familiare o addetto alla casa. Aggiunge che non gli era stata inviata alcuna raccomandata circa l’avvenuta notifica al portiere ex art. 139 c.p.c., comma 4. Deduce quindi violazione e falsa applicazione dell’art. 139 c.p.c., commi 2 e 3 e della L. n. 890 del 1992, art. 7, comma 3. Col secondo deduce vizi di motivazione.

4. – Resiste con controricorso il Comune di Roma, il quale deduce la regolarità del procedimento di notifica, posto che l’ufficiale postale con “l’apposizione della crocettatura della casella stampata sulla busta concernente il verbale di accertamento, relativa alla consegna al portiere, presuppone ovviamente la infruttuosa ricerca del destinatario e il mancato preventivo rinvenimento delle persone indicate dall’art. 139 c.p.c.”.

5. Attivata la procedura ex art. 375 c.p.c., la Procura Generale ha concluso per iscritto per l’accoglimento del ricorso.

6. – Il ricorso è fondato. Infatti, deve intendersi nulla la notifica effettuata a mezzo posta con la sola consegna al portiere dello stabile, senza attestazione dell’avvenuta ricerca delle altre persone abilitate, attestazione che può avvenire anche con la crocettatura delle apposite caselle nel relativo modulo. In tal senso il costante orientamento di questa Corte (vedi tra le altre, Cass. Sezioni unite 2005 n. 11332). Nè può desumersi il compimento di tale attività dal solo fatto che la consegna sia stata effettuata al portiere, come deduce la difesa dell’avvocatura, non risultando alcunchè dalla notifica.

7. – Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto – in quanto dall’accoglimento del ricorso deriva logicamente il giudizio di fondatezza dei motivi posti a base dell’opposizione – è consentito in questa sede pronunciare nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., comma 1, ed accogliere l’originaria opposizione.

8. – Le spese seguono la soccombenza anche per il merito.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa senza rinvio il provvedimento impugnato e, decidendo nel merito, in accoglimento dell’opposizione originariamente proposta al Giudice di Pace, annulla la cartella esattoriale opposta. Condanna la parte intimata alle spese di giudizio, liquidate in 500,00 Euro per onorari e 100,00 Euro per spese per il giudizio di merito, nonché in 400,00 Euro per onorari e 200,00 Euro per le spese del giudizio di legittimità, oltre accessori di legge.

Depositata in cancelleria il 12 aprile 2011

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