Cass. civ. Sez. V, Sent., 08-06-2011, n. 12440 società

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Lette le conclusioni scritte del P.G. che ha chiesto l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio della causa al primo giudice per la integrazione del contraddittorio;

Letto il ricorso dell’amministrazione che concerne una controversia relativa all’impugnazione di un avviso di accertamento per maggior reddito di partecipazione conseguente all’accertamento di maggiori ricavi a carico della società Sabbia Edil di Auriemma G. & C. s.n.c;

Letto il controricorso del contribuente;

Dichiarata preliminarmente l’inammissibilità del controricorso del Ministero dell’Economia e delle Finanze, che non ha partecipato al giudizio d’appello iniziato successivamente all’avvenuta successione dell’Agenzia delle entrate;

Considerata l’unitarietà dell’accertamento alla luce dei principi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 14815 del 2008: "In materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 5 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società riguarda in- scindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali -, sicchè tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario. Conseguentemente, il ricorso proposto anche da uno soltanto dei soggetti interessati impone l’integrazione del con-traddittorio ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 14 (salva la possibilità di riunione ai sensi del successivo art. 29) ed il giudizio celebrato senza la partecipazione di tutti i litisconsorzi necessari è affetto da nullità assoluta, rilevabile in ogni stato e grado del procedimento, anche di ufficio";

Rilevato che questa Corte con sentenza n. 15284 del 2009 ha deciso la controversia relativa all’accertamento nei confronti della società Sabbia Edil di Auriemma G. & C. s.n.c, in applicazione del suddetto principio, cassando la sentenza e rimettendo le parti innanzi alla Commissione Tributaria di Napoli;

Ritenuto che non diverso possa essere l’esito del presente giudizio per le ragioni di unitarietà dell’accertamento e in ossequio al principio affermato dalle Sezioni Unite;

Ritenuto che la formazione del principio enunciato in epoca successiva alla proposizione del ricorso giustifichi la compensazione delle spese dell’intero giudizio.
P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Dichiara inammissibile il ricorso del Ministero dell’economia e delle finanze e compensa le spese. Pronunciando sul ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassa la sentenza impugnata, dichiara la nullità dell’intero giudizio e rimette le parti dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli. Compensa le spese dell’intero giudizio.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. civ. Sez. II, Sent., 30-06-2011, n. 14471 Esecuzione specifica dell’obbligo di concludere il contratto

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Svolgimento del processo

La Rosalinda s.p.a. conveniva davanti al Tribunale di Prato la Fin Bisenzio s.r.l., la Supermaglia s.r.l., la Maglificio Capucine s.a.s. ed esponeva:

– che con contratto preliminare in data 17 marzo 1989 la Fin Bisenzio s.r.l. le aveva promesso in vendita un complesso costituito da alcuni capannoni industriali;

– che nel contratto era specificato che la Fin Bisenzio s.r.l. non era ancora proprietaria dei beni promessi in vendita e che lo sarebbe diventata in seguito all’omologazione del concordato fallimentare della Capucine s.a.s. di Lastrucci Moris, di cui era assuntore;

– che, pur essendo stato emesso in data 6 dicembre 1989 il decreto con quale veniva accertata l’esecuzione del concordato e disposto il trasferimento degli immobili in favore della Fin Bisenzio, quest’ultima, tuttavia, non aveva adempiuto l’obbligazione di stipula del contratto definitivo, e nel frattempo aveva subito l’inizio di una procedura esecutiva riguardante gli immobili promessi in vendita, di una parte dei quali essa società attrice si era resa acquirente all’asta;

– che la residua parte del compendio promesso in vendita e cioè l’immobile distinto dalle particelle 258 e 260 del N.C.T. non era stata invece venduta all’asta perchè successivamente alla chiusura della procedura fallimentare, la Maglificio Capucine s.a.s., ritornata in bonis, con scrittura privata in data 25 giugno 1992 aveva venduto alla Supermaglia s.r.l. il capannone insistente sulle particelle in questione, approfittando del fatto che tale bene risultava accatastato nel N.C.E.U. sotto la particella n. 418 del foglio 230, non menzionata come tale nella trascrizione del titolo d’acquisto a vantaggio della soc. Fin Bisenzio.

Pertanto, sul presupposto che tale ultimo immobile fosse di proprietà della soc. Fin Bisenzio, la società attrice chiedeva che venisse dichiarata la nullità dell’atto in data 25 giugno 1992, e che venisse emessa in suo favore la sentenza ex art. 2932 cod. civ., con condanna della soc. Fin Bisenzio al risarcimento del danno, pari alla differenza tra il prezzo della promessa di vendita ed il maggior prezzo che aveva dovuto pagare per acquistare all’asta parte degli immobili oggetto di tale promessa di vendita.

Per quello che ancora interessa in questa sede, il Tribunale di Prato, con sentenza in data 1 agosto 2000, rigettava la domanda ex art. 2932 cod. civ., per la impossibilità di individuare il prezzo specificamente pattuito per l’immobile con riferimento al quale la sentenza traslativa veniva richiesta.

Contro tale decisione proponeva appello la Lanificio Rosalinda s.p.a..

Con sentenza in data 12 ottobre 2004 la Corte di appello di Firenze accoglieva l’impugnazione, in base alla seguente motivazione:

Quanto alla dedotta risoluzione del preliminare per il mancato verificarsi delle condizioni di cui alla clausola n. 9 dell’atto si osserva che lo scioglimento del contratto era, ivi, previsto, alternativamente, per l’ipotesi che la banca creditrice non desistesse dall’istanza di fallimento proposta nei confronti della promittente alienante, ovvero che non venissero prestate garanzie dalla debitrice per l’adempimento delle obbligazioni contratte con la banca: ora dagli atti risulta l’avvenuto ritiro dell’istanza di fallimento e quindi non si è verificata alcuna risoluzione del con tratto.

Contro tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la Fin Bisenzio s.r.l., con due motivi.

Resiste con controricorso la Lanificio Rosalinda s. p. a..
Motivi della decisione

Con il primo motivo del ricorso si deduce testualmente:

Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia.

La difesa della Fin Bisenzio srl ha ripetutamente dedotto nei gradi di merito della presente vicenda come esistesse alla clausola n. 9 del preliminare di vendita 17.3.1989, sulle cui pattuizioni sono basate le domande, parzialmente accolte, di controparte, il seguente patto espresso, ritenuto essenziale: che il contratto definitivo sarebbe stato stipulato solo subordinatamente al verificarsi delle seguenti tassative condizioni: a) che la Cassa di Risparmio si fosse obbligata con dichiarazione scritta a non presentare istanza di fallimento nei confronti della Fin Bisenzio srl; b) OMISSIS; c) il mancato verificarsi delle condizioni di cui ai punti precedenti; a) e b) determina la risoluzione di diritto del presente atto senza la necessità di dichiarazione espressa… etc. Orbene la difesa della Fin Bisenzio ha ripetutamente invocato la circostanza che il contratto de quo, senza potersi avvicinare al rogito definitivo, si è risolto di diritto atteso come la Società non è mai riuscita ad ottenere da parte della Cassa di Risparmio l’impegnativa di cui al punto a).

Nè la controparte ha mai dimostrato che simile evento, condizionante il permanere della efficacia della scrittura, sia mai avvenuto e per responsabilità di chi.

Orbene, al Giudicante è stata sollevata la predetta eccezione, alla quale peraltro il medesimo non ha risposto MAI: infatti nella sentenza della Corte d’appello non viene data motivazione circa la infondatezza della predetta eccezione (che anzi, si intuisce che il Giudicante l’avrebbe presa in considerazione, ove ne avesse rilevato in fatto la applicabilità), ma viene fatto riferimento ad una inesistente clausola che avrebbe previsto il ritiro di una istanza di fallimento già esistente. Appare chiaro l’errore interpretativo svolto, in quanto nel contratto non veniva previsto lo scioglimento (risoluzione di diritto) condizionata al ritiro di una istanza fallimentare ancora pendente (l’istanza precedente ed in atti era stata ritirata già il giorno precedente alla stipula del preliminare, come risulta dagli atti), ma all’impegno scritto della banca di non mai più presentarne, elemento questo non raggiunto e determinante quindi la risoluzione di diritto appunto invocata dalla promittente alienante.

Appare chiarissima, dalle proposizioni della sentenza, la presenza di difetti sintomatici di una possibile decisione ingiusta, sussistendo, nell’errore argomentativo denunciato, una adeguata incidenza causale dell’errore non potendo portare la lettura della decisione in confronto alla clausola n. 9 ad identificare un idoneo procedimento logico-giuridico conforme a diritto. Il motivo è fondato.

La clausola alla quale ha fatto riferimento la sentenza impugnata ha il tenore di cui al ricorso e non alla sentenza impugnata.

Appare evidente, quindi, il vizio di motivazione della sentenza impugnata, la quale ha dato per scontato il verificarsi della condizione diversa da quella invocata.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo e del terzo motivo, con i. quali si censura la sentenza impugnata in ordine al risarcimento dei danni, e del quarto motivo, espressamente condizionato.

In relazione al motivo accolto la sentenza impugnata va cassata, con rinvio, per un nuovo esame, ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, che provvedere anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.

la Corte accoglie il primo motivo del ricorso; assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata, con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Firenze, anche per le spese del giudizio di cassazione.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Veneto Venezia Sez. III, Sent., 22-04-2011, n. 680 Elezioni

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1.premesso che il ricorrente, nella sua qualità di delegato di lista della Lega Nord -Liga Veneta, ritiene, in via preliminare, che la impugnazione in via immediata di un provvedimento di ammissione di una lista sia ammissibile "ai sensi e per gli effetti di una interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 129 cod.proc. amm. ". A sostegno della conclusione suindicata il ricorrente estrae alcuni passaggi motivazionali dalla sentenza additiva di accoglimento n. 236 del 7 luglio 2010 con la quale la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 83 – undecies del d.P.R. 16 maggio 1960, n. 570, introdotto dall’art. 2 della l. n. 1147/66, nella parte in cui escludeva la possibilità di un’autonoma impugnazione degli atti del procedimento preparatorio alle elezioni, ancorché immediatamente lesivi, anteriormente alla proclamazione degli eletti. Nel ricorso si rimarca, in particolare, che, secondo la Corte costituzionale, "la posticipazione dell’impugnabilità degli atti di esclusione di liste o candidati ad un momento successivo allo svolgimento delle elezioni preclude la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti, con conseguente violazione degli artt. 24 e 113 Cost., (e che) una simile compressione della tutela giurisdizionale non può trovare giustificazione nelle peculiari esigenze di interesse pubblico che caratterizzano il procedimento in materia elettorale, (essendo) necessario distinguere tra procedimento preparatorio alle elezioni, nel quale è inclusa la fase dell’ammissione di liste o di candidati, e procedimento elettorale, comprendente le operazioni elettorali e la successiva proclamazione degli eletti. Gli atti relativi al procedimento preparatorio alle elezioni, come l’esclusione di liste o di candidati, debbono poter essere impugnati immediatamente, al fine di assicurare la piena tutela giurisdizionale, ivi inclusa quella cautelare, garantita dagli artt. 24 e 113 Cost….". La Corte ha soggiunto che lo schema di Codice del processo amministrativo trasmesso alla Camera dei deputati il 30 aprile 2010, sulla base della delega legislativa di cui all’art. 44 della l. n. 69/09, prevede, da un lato, l’abrogazione dell’art. 83undecies del d.P.R. n. 570 del 1960 (All. 4, art. 2, comma 1, lett. b), e, dall’altro, la possibilità di impugnare immediatamente l’ammissione o la esclusione delle liste elettorali, senza attendere la proclamazione degli eletti (art. 129). Lo schema dell’art. 129 C.p.a. è stato quindi ritenuto legittimo e conforme alla Costituzione dalla Corte nel suo contenuto originario che ammetteva la possibilità di impugnare immediatamente tanto l’ammissione quanto l’esclusione delle liste elettorali". L’art. 129 cod. proc. amm., nel testo modificato in sede di approvazione definitiva -secondo cui la facoltà di impugnazione immediata riguarda i soli atti di esclusione di liste o di candidati, va quindi interpretato in senso costituzionalmente orientato nel senso che la tutela anticipata va estesa a tutti gli atti del procedimento elettorale preparatorio, inclusi i provvedimenti di ammissione delle liste e quelli relativi ai contrassegni e ai collegamenti e quindi a tutti gli atti concernenti l’esclusione, anche quelli che non la dispongono, giacchè il provvedimento che conclude la fase preparatoria, sia che si tratti di esclusione sia che si tratti di non esclusione, vale a dire di ammissione, è immediatamente lesivo di una situazione giuridica soggettiva e può produrre pregiudizi non altrimenti eliminabili dopo le elezioni. Rinviando il tutto a elezioni già svolte si incorre nel rischio di travolgere le elezioni nel caso di fondatezza del ricorso;

che, ciò premesso, il ricorrente espone:

che per consentire le elezioni amministrative indette per il 15 e 16 maggio 2011 in Chioggia (Venezia), comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, per l’elezione del Sindaco e del Consiglio comunale, la XII Sottocommissione elettorale circondariale di Chioggia ha provveduto, in data 16 aprile 2011, all’esame delle liste e dei contrassegni delle liste partecipanti, esaminando anche la lista denominata "LEGA TODARO", distinta con il seguente contrassegno: "cerchio blu e bianco, con al centro, sullo sfondo bianco, leone alato di color giallo con contorni blu, con zampa appoggiata su libro aperto con la scritta "PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEVS". Sulla parte superiore del cerchio un segmento di colore blu con la scritta "LEGA" di colore bianco, sulla parte inferiore del cerchio un segmento di colore blu con la scritta "TODARO" di colore bianco, sottolineata, in parte, da banda tricolore";

che i delegati della lista Lega Nord -Liga Veneta hanno chiesto la ricusazione del contrassegno della lista della Lega Todaro in quanto molto simile a quello della Lega Nord -Liga Veneta e tale da indurre in errore e confondere l’elettore, dato che il contrassegno della Lega Nord -Liga Veneta contiene "Cerchio blu racchiudente guerriero con spada e scudo con impresso il Sole delle Alpi rapresentato da sei petali disposti all’interno di un secondo cerchio, verde come i petali, contornato nella parte superiore dalla scritta "LEGA NORD", il tutto di colore blu. Alla destra del guerriero è posizionato leone alato di colore giallo bordato di nero con libro aperto su cui è scritta la parola "PAXE’ in diagonale; sotto al leone alato, su due livelli ed in colore blu, sono scritte le parole LIGA VENETA. Nella parte inferiore del cerchio, inserita in settore blu, è la parola "BOSSI"di colore bianco";

che la XII Sottocommissione elettorale circondariale di Chioggia, con l’impugnato verbale n. 18 del 16 aprile 2011 ha però approvato la lista della Lega Todaro dei candidati per la formazione del Consiglio Comunale portante il contrassegno sopra descritto, ritenendo che esso "non appare confondibile coi contrassegni delle liste dello stesso Comune già approvate", e considerando anche "la richiesta di ricusazione del presente contrassegno presentata dai delegati della lista Lega Nord -Liga Veneta";

che ad avviso del ricorrente il contrassegno ammesso può facilmente essere confuso con quello notoriamente usato dal raggruppamento politico denominato LEGA NORD LIGA VENETA, da quasi trent’anni in tutte le consultazioni cui ha preso parte, rappresentando, il simbolo e la denominazione LEGA TODARO, una vera e propria "imitazione servile" della denominazione e del contrassegno utilizzati dalla Lega Nord – Liga Veneta;

che in particolare il ricorrente, nel rammentare che secondo quanto prevede l’art. 33, comma 1, lett. B) del d.P.R. n. 570/60 la Commissione ha l’obbligo di ricusare "i contrassegni che siano identici o che si possano facilmente confondere con quelli presentati in precedenza, o con quelli notoriamente usati da altri partiti o raggruppamenti politici, ovvero riproducenti simboli o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento possono trarre in errore l’elettore", sostiene che nella specie il contrassegno della LEGA TODARO sarebbe facilmente confondibile con il contrassegno della LEGA NORD LIGA VENETA in quanto il primo presenterebbe elementi pressoché identici ovvero facilmente confondibili con il simbolo utilizzato da quasi trenta anni dalla Lega Nord – Liga Veneta in tutte le consultazioni alle quali ha preso parte. Nel ricorso si fa presente che le notevoli somiglianze del contrassegno utilizzato dalla Lega Todaro riguarderebbero quelli che sono i profili di più immediato impatto visivo, sicché effettivamente si realizzerebbe quella potenzialità di inganno dell’elettore che avrebbe dovuto obbligare la Sottocommissione a ricusare il contrassegno e la relativa lista. Sotto un diverso profilo, l’impugnato verbale della Commissione sarebbe inoltre viziato anche sotto il profilo dell’insufficienza della motivazione, giacché la Commissione si sarebbe limitata ad affermare che il contrassegno "non appare confondibile" con i contrassegni delle liste già approvate, ma avrebbe omesso -in modo illegittimo- di indicare le ragioni e/o gli elementi in forza dei quali il simbolo della Lega Todaro si contraddistinguerebbe e si diversificherebbe rispetto a quello della Lega Nord – Liga Nord. Atteso che gli atti e le operazioni in materia elettorale rientrano nella giurisdizione amministrativa estesa al merito ai sensi dell’art. 134, comma 1, lett. b) del cod. proc. amm. si ritiene che il Tar possa disporre la "ricusazione" del contrassegno e della relativa lista elettorale ai sensi dell’art. 33, comma 1, lett. B) del d.P.R. n. 570/60 con sentenza in forma semplificata ex 129 cod. proc. amm.;

che Sandro B.T., nel costituirsi, in proprio e quale delegato della Lista Todaro, ha eccepito la inammissibilità del ricorso per violazione dell’art. 129 del cod. proc. amm. e, nel merito, ha insistito per il rigetto del ricorso;

2.- che la impugnazione in via immediata di un provvedimento di ammissione di una lista appare inammissibile alla luce di quanto dispone l’art. 129 cod. proc. amm., intitolato "giudizio avverso gli atti di esclusione dal procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali. L’art. 129, ai commi 1 e 2 dispone che:

(comma 1) "i provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali concernenti l’esclusione di liste o candidati possono essere immediatamente impugnati, esclusivamente da parte dei delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, innanzi al tribunale amministrativo regionale competente, nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati";

(comma 2) "al di fuori di quanto previsto dal comma 1, ogni provvedimento relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni di cui al comma 1 è impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti, ai sensi del Capo III del presente Titolo";

che la formulazione letterale del citato art. 129 rende evidente come la possibilità di impugnazione immediata riguardi esclusivamente i provvedimenti di esclusione di liste o di candidati. E infatti:

l’intitolazione dell’art. 129 si riferisce agli "atti di esclusione del procedimento preparatorio";

il comma 1 riguarda non tutti i "provvedimenti relativi al procedimento preparatorio per le elezioni" amministrative, ma soltanto quelli "concernenti l’esclusione di liste o candidati" e, nell’individuare i soggetti legittimati in via esclusiva alla impugnazione immediata anzidetta, viene fatto riferimento ai delegati delle liste e dei gruppi di candidati esclusi, ribadendosi in questa maniera rigorosa la delimitazione dei confini entro i quali è ammessa la impugnazione immediata degli atti del procedimento preparatorio;

dall’esame del comma 2 si ricava che l’impugnabilità immediata dei soli atti di esclusione del procedimento preparatorio costituisce peculiare disciplina derogatoria rispetto alla regola per la quale ogni provvedimento relativo al procedimento, anche preparatorio, per le elezioni amministrative, è impugnabile soltanto alla conclusione del procedimento elettorale, unitamente all’atto di proclamazione degli eletti;

che l’iter di formazione dell’art. 129 assume un rilievo non trascurabile dato che lo schema di c. p. a. trasmesso alla Camera dei deputati il 30 aprile 2010 prevedeva la possibilità di impugnare in via immediata "l’ammissione" o l’esclusione, senza attendere la proclamazione degli eletti. Senonché in sede di approvazione definitiva del cod. proc. amm. non si è inteso recepire l’osservazione della Commissione Affari Costituzionali della Camera "che avrebbe voluto estendere la tutela anticipata a tutti gli atti del procedimento elettorale preparatorio, inclusi i provvedimenti di ammissione delle liste e quelli relativi ai contrassegni e ai collegamenti";

che la disciplina differenziata prevista per i casi di impugnazione degli atti di esclusione rispetto alle fattispecie relative agli atti di ammissione di liste o di candidati potrebbe trovare una plausibile giustificazione nella diversa qualità e intensità dell’interesse fatto valere da colui che ricorre nelle diverse situazioni prospettate, nel senso che l’interesse del candidato (escluso) è quello di partecipare a una determinata consultazione elettorale, e una lesione immediata e diretta, correlata al carattere irrimediabile del pregiudizio fatto valere, deriva soltanto da un atto di esclusione, giacché lo svolgimento "medio tempore" delle elezioni comporterebbe la perdita della facoltà di partecipare alle elezioni nel medesimo contesto politico e ambientale degli altri partecipanti già eletti, mentre lo stesso non può dirsi per i casi di ammissione di liste o di candidati, dato che in queste ipotesi la mera partecipazione a una competizione elettorale non può essere ritenuta "a priori" dannosa, potendo risultare tale solo in seguito allo svolgimento delle elezioni;

3.che, nonostante il carattere decisivo delle considerazioni su esposte, se anche si fosse voluto consentire a una lettura dell’art. 129 cod. proc. amm. tale da far ritenere permessa una impugnazione in via immediata dell’atto di ammissione di una lista, il ricorso non avrebbe potuto comunque trovare accoglimento, non sussistendo alcuna violazione dell’art. 33, comma 1, lett. B) del d.P.R. n. 570/60 atteso che:

il contrassegno utilizzato dalla lista Todaro non appare capace di confondere o comunque di indurre in errore l’elettore medio sulla identità del movimento, o raggruppamento politico, dal quale promana la lista, e non riproduce simboli, o elementi caratterizzanti di simboli che, per essere usati tradizionalmente da partiti presenti in Parlamento, possono trarre in errore l’elettore;

tra i contrassegni della Lega Todaro e della Lega Nord sussistono numerosi e significativi elementi di diversificazione che l’elettore è in grado di percepire e che si concretano, come correttamente posto in rilievo dalla difesa del B.T., nel fatto che:

il simbolo della ricorrente reca, nella parte superiore, l’intera scritta di colore blu su sfondo bianco LEGA NORD, nella parte centrale la scritta LIGA VENETA e nella parte inferiore il nome BOSSI, mentre quella della controinteressata riporta, in colore bianco su sfondo blu, in alto la parola LEGA seguita, in basso, dal nome TODARO;

il simbolo della LEGA NORD appare individuabile in modo immediato anche per la inconfondibile raffigurazione del guerriero con spada e scudo e del sole delle alpi e, alla destra del guerriero, di un piccolo leone alato di colore giallo bordato di nero con libro aperto su cui è scritta la parole PAXE in diagonale, mentre la LISTA TODARO presenta, nella fascia centrale del simbolo, un grande leone alato di colore giallo con contorni blu, con zampa appoggiata su libro aperto con la scritta PAX TIBI MARCE EVANGELISTA MEUS;

non può rappresentare elemento di confondibilità l’utilizzo della parola LEGA dato anche che, nel caso della controinteressata, si tratta di componente lessicale del nome del raggruppamento politico (LEGA TODARO);

l’impatto visivo generato dal contrassegno della LISTA TODARO rende oltremodo difficile disorientare gli elettori della lista avversaria;

– in definitiva, non sussistono rischi di confondibilità tra i due simboli;

che in conclusione il ricorso dev’essere dichiarato inammissibile ma che le spese e gli onorari della controversia possono essere compensati, attesa la novità delle questioni trattate.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Terza),

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

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Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 27-04-2011) 11-05-2011, n. 18582 Dichiarazione di impugnazione

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delle spese processuali e di una somma alla cassa delle ammende.
Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. – Con sentenza, deliberata il 8 luglio 2010 e depositata il 14 luglio 2010, la Corte di appello di Campobasso ha confermato la sentenza del Tribunale ordinario di Larino – Sezione distaccata di Termoli, 22 dicembre 2006, di condanna alla pena dell’arresto in mesi otto, a carico del sorvegliato speciale della pubblica sicurezza, G.B., imputato della contravvenzione prevista e punita dall’art. 81 c.p. e L. 27 dicembre 1956, n. 1423, art. 9, con continuazione cessata il 7 ottobre 2004. 2. – Ricorre per cassazione l’imputato, col ministero del difensore di fiducia, avvocato Amerigo Lanza, mediante atto s.d. depositato l’8 ottobre 2010 denunzia, à sensi dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b), inosservanza o erronea applicazione della legge penale, o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nella applicazione della legge penale, reiterando la eccezione della prescrizione del reato, proposta in via gradata alla Corte territoriale.

Il difensore deduce: la prescrizione è maturata anteriormente alla pronuncia della sentenza; infatti, il provvedimento di sospensione del decorso del termine prescrizionale, adottato ai sensi della L. 24 luglio 2008, n. 125, art. 2 ter, dal Presidente della Corte di appello è illegittimo, in quanto 1) non è adeguatamente motivato, in relazione alla indicazione dei processi di prioritaria trattazione; 2) il giudizio in esame è escluso dal differimento, essendo compreso nel novero di quelli pei quali è prescritta, ai sensi dell’art. 132 bis disp. att. c.p.p., comma 1, lett. c), la trattazione prioritaria; 3) il decreto di differimento non è stato comunicato nè all’imputato, nè al difensore.

3. – Il ricorso è inammissibile.

L’impugnazione, infatti, è stata tardivamente presentata l’8 ottobre 2010 (mediante deposito presso il Tribunale ordinario di Vasto), dopo la scadenza maturata il 7 ottobre 2010 (giorno non festivo) del termine ordinario di trenta giorni, fissato dall’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. b), decorrente, a sua volta, dalla scadenza del termine stabilito dalla legge per il deposito della sentenza, tempestivamente intervenuto.

Tanto comporta la inammissibilità ai sensi dell’art. 591 c.p.p., comma 1, lett. e), in relazione all’art. 585 c.p.p..

Conseguono la declaratoria della inammissibilità del ricorso (preclusiva del rilievo della prescrizione delle contravvenzioni, v.

Sez. Un., 22 novembre 2000, n. 32, De Luca, massima n. 217266; 27 giugno 2001, n. 33542, Cavalera, massima n. 219531; 22 marzo 2005, n. 23428, Bracale, massima n. 231164) e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonchè – valutato il contenuto dei motivi e in difetto della ipotesi di esclusione di colpa nella proposizione della impugnazione – al versamento a favore della cassa delle ammende della somma, che la Corte determina, nella misura congrua ed equa, infra indicata in dispositivo.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 1.000 (mille) alla Cassa delle ammende.

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