Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 21-10-2010) 10-02-2011, n. 5041 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. Con decreto del 22/l/2009 il Tribunale di Sorveglianza di Firenze dichiarava inammissibile l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio formulata dal condannato F.R.. Osservava il Tribunale che l’istante era gravato da una condanna definitiva per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e art. 80, comma 2, per cui, ai sensi del cit. D.P.R., art. 76, comma 4 bis, si presumeva la titolarità di un reddito superiore a quello limite consentito per il gratuito patrocinio e ciò inibiva il riconoscimento del beneficio.

Con ordinanza del 16/4/2009, resa in sede di opposizione al provvedimento, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze confermava il decreto.

2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il F. lamentando la violazione di legge ed il difetto di motivazione, non avendo il giudice di merito valutato lo stato di indigenza del ricorrente e non svolgendo in ordine ad esso alcun accertamento.

3. Il ricorso è inammissibile, ex art. 606 c.p.p., comma 3, perchè proposto per motivi manifestamente infondati.

Va ricordato che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4 bis (T.U. Spese di Giustizia), stabilisce che "Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui all’art. 416 bis c.p., D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 291 quater, art. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, e art. 74, comma 1, nonchè per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416 bis ovvero alfine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti". La disposizione, come reso palese dalla lettera della legge, prevede una presunzione di superamento del limite di reddito per quei soggetti già condannati per gravissimi reati, in relazione alla commissione dei quali, secondo massime di esperienza, si ritiene che l’autore abbia beneficiato di redditi illeciti.

Secondo una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, detta presunzione deve ritenersi relativa e non assoluta, determinando semplicemente una inversione dell’onere della prova.

Ciò premesso, il ricorrente pretende di riscontrare una violazione di legge ed un difetto di motivazione nei mancati approfondimenti sul suo reddito e ciò in palese contrasto con la chiara disposizione normativa che onera il ricorrente, in tali casi, a fornire una convincente prova della insussistenza di redditi.

La manifesta infondatezza del ricorso, impone la declaratoria di inammissibilità.

Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1.000,00 (millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Lazio Latina Sez. I, Sent., 28-02-2011, n. 202 Università

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

il ricorso è manifestamente infondato dato che l’articolo 10 del bando disciplinante la procedura esplicitamente e in modo non equivoco prescriveva che i candidati che volessero accedere all’erogazione della borsa di studio allegassero alla domanda di partecipazione la dichiarazione circa il non superamento del limite di reddito; è quindi evidente che la mancata allegazione di tale autodichiarazione da parte della ricorrente (che neppure ha barrato nella domanda di partecipazione la relativa casella che espressamente precisava che la compilazione era necessaria "solo per i candidati che concorrono per l’assegnazione della borsa di studio") è stata legittimamente intesa come manifestazione di volontà negativa circa la volontà di beneficiare della borsa di studio;

Ritenuto che non appaiono pertinenti alla fattispecie: a) le argomentazioni della ricorrente in punto di interpretazione di clausole di esclusione o di favor partecipationis, dato che ella non è stata esclusa dalla procedura ma solo dalla fruizione della borsa di studio; b) le argomentazioni in punto di non aggravamento e economicità del procedimento, dato che la citata previsione dell’articolo 10 – prescrivendo ai candidati che aspirassero alla borsa di studio di autodichiarare sin dal momento della presentazione della domanda di ammissione alla procedura il possesso del relativo requisito reddituale – mirava proprio a assicurarne la maggiore speditezza, evitando – dopo la formulazione della graduatoria di merito – una ulteriore fase procedimentale preordinata alla individuazione degli aventi titolo alla fruizione della borsa di studio;

Ritenuto in ordine alle spese che sussistano giusti motivi per disporne la compensazione nei rapporti con l’amministrazione resistente, essendosi la stessa limitata a un deposito di documentazione;
P.Q.M.

il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sezione staccata di Latina, respinge il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio a favore della controinteressata, che liquida in euro mille.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-02-2011) 15-03-2011, n. 10492 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 21 settembre 2010 il G.I.P. del tribunale di Sanremo applicava a B.M., imputato del delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73 la pena di anni 1 e mesi 5 di reclusione ed Euro 1400,00 di multa, ritenuta l’ipotesi di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, concesse le circostanze attenuanti generiche, con la diminuzione per la scelta del rito. Il Tribunale inoltre ordinava la confisca dello stupefacente e degli strumenti preposti al frazionamento e confezionamento dello stesso, nonchè del mezzo in sequestro.

B.M. era accusato di avere illecitamente detenuto ed occultato dentro il vano luci del portabagagli della sua autovettura un involucro contenente circa grammi 5,910 di cocaina pura, numero tre involucri contenenti cocaina e numero tre involucri contenenti marijuana, sostanze che,per quantità, modalità di confezionamento ed occultamento e per la contestuale disponibilità di un bilancino elettronico di precisione con tracce di stupefacente, apparivano chiaramente destinate all’uso di terzi.

Avverso la decisione del Tribunale il B. proponeva ricorso per Cassazione personalmente e concludeva chiedendone l’annullamento con ogni conseguente statuizione.
Motivi della decisione

B.M. ha censurato la sentenza impugnata per il seguente motivo:

contraddittorieta e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p., lett. e) sulla disposta confisca dell’autovettura in sequestro autovettura Touareg tg. (OMISSIS). Rilevava sul punto il ricorrente che, essendo stata riconosciuta l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, la confisca dell’autovettura era facoltativa e poteva essere disposta soltanto ove ricorressero le condizioni generali previste dall’art. 240 c.p., ma il giudice non aveva fornito alcuna motivazione a sostegno della disposta confisca, in particolare non aveva chiarito in che cosa sarebbe consistito il nesso di strumentante tra l’autovettura sequestrata e il reato.

Il ricorso è fondato.

Al ricorrente B.M. è stata riconosciuta l’attenuante di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, comma 5. In tal caso la confisca del denaro o dei beni trovati in possesso dell’imputato può essere disposta soltanto quando ricorrano le condizioni generali di cui all’art. 240 c.p.. Sul punto la giurisprudenza di questa Corte è concorde (cfr. Cass. Sez. Unite, Sent. n. 10372 del 27.09.1995, Rv. 202271).

Nella fattispecie di cui è processo pertanto la confisca può essere disposta soltanto ai sensi dell’art. 240 c.p. e quindi il giudice avrebbe dovuto motivare in merito alla pertinenzialità giuridicamente rilevante tra il reato e l’autovettura. Non è infatti sufficiente che egli sia stato trovato a bordo della sua autovettura in cui vi era la sostanza stupefacente sequestrata, in quanto per aversi il nesso di pertinenzialità è necessario che il mezzo sia stato costantemente utilizzato per l’attività illecita, nè risulta che il mezzo in questione sia stato modificato in modo da divenire idoneo al trasporto di stupefacenti.

Secondo la giurisprudenza di questa Corte, infatti,si richiede un collegamento stabile tra il mezzo e l’attività criminosa, espressione di un rapporto funzionale,non essendo sufficiente il semplice impiego del mezzo (cfr., tra le altre, Cass., Sez. 4, Sent. n. 43937 del 20 settembre 2005).

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata con rinvio al Tribunale di Sanremo limitatamente alla confisca dell’auto.
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata con rinvio al Tribunale di Sanremo limitatamente alla confisca.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cass. pen. Sez. IV, Sent., (ud. 25-02-2011) 29-03-2011, n. 12725 Detenzione, spaccio, cessione, acquisto

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PINACI Sante che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Svolgimento del processo

O.H. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Bergamo in data 1 luglio 2010 con la quale gli è stata applicata, su richiesta delle parti ai sensi dell’art. 444 c.p.p., la pena di anni tre e mesi otto di reclusione ed Euro 14.000,00 di multa per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, ed è stata disposta la confisca e la distruzione di quanto in sequestro.

Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. e) in riferimento alla mancanza di motivazione su più punti della sentenza. In particolare si deduce la pretesa omessa motivazione circa la mancata pronuncia di proscioglimento ai sensi dell’art. 129 c.p.p..

Con secondo motivo si assume violazione dell’art. 606 c.p.p., comma 1, lett. b) ed e) per inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 240 c.p. in relazione alla confisca dei bene sequestrati, consistenti in due telefoni cellulari e tre sim card, e carenza di motivazione sul punto, non essendo stato indicato il rapporto strumentale dei beni confiscati con il reato contestato.
Motivi della decisione

Il gravame è manifestamente infondato. Questa Corte ha ripetutamente affermato il principio che l’obbligo della motivazione della sentenza non può non essere conformato alla particolare natura giuridica della sentenza di patteggiamento: lo sviluppo delle linee argomentative è necessariamente correlato all’esistenza dell’atto negoziale con cui l’imputato dispensa l’accusa dall’onere di provare i fatti dedotti nell’imputazione. Ciò implica, tra l’altro, che il giudizio negativo circa la ricorrenza di una delle ipotesi di cui al richiamato art. 129 c.p.p. deve essere accompagnato da una specifica motivazione solo nel caso in cui dagli atti o dalle deduzioni delle parti emergano concreti elementi circa la possibile applicazione di cause di non punibilità, dovendo invece ritenersi sufficiente, in caso contrario, una motivazione consistente nella enunciazione, anche implicita, che è stata compiuta la verifica richiesta dalla legge e che non ricorrono le condizioni per la pronunzia di proscioglimento ex art. 129 (Sez. un 27 marzo 1992, Di Benedetto, Rv; Sez. Un. 27 dicembre 1995, Serafino). Nè l’imputato può avere interesse a lamentare una siffatta motivazione censurandola come insufficiente e sollecitandone una più analitica, dal momento che la statuizione del giudice coincide esattamente con la volontà pattizia del giudicabile.

Nel caso di specie il giudice da conto che, alla luce di quanto risultante dal fascicolo del P.M. e dalla comunicazione della notizia di reato, non vi sono le condizioni per una diversa e più favorevole pronunzia.

Quanto alla confisca dei beni sequestrati il Tribunale ha sufficientemente motivato il nesso strumentale del telefono cellulare con il commesso reato affermando che questo era utilizzato per i contatti dell’imputato con i destinatari della droga importata.

Il ricorso è quindi inammissibile. Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.

La Corte di cassazione dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.