Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
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Svolgimento del processo
Con l’ordinanza in epigrafe il tribunale del riesame di Napoli confermò il decreto, emesso dal Gip del medesimo tribunale il 14.7.2010, di sequestro preventivo di opere edilizie realizzate su un immobile sito in (OMISSIS) e sottoposto a sequestro nel 1997, in relazione a reati edilizi e a quello di violazione dei sigilli.
Osservò, tra l’altro, il tribunale che sussisteva il fumus dei reati ipotizzati e che la loro eventuale prescrizione andava accertata in sede di cognizione, esulando la relativa verifica dall’oggetto del riesame.
L’indagato V.L. propone ricorso per cassazione deducendo contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari; travisamento del fatto; violazione di legge. Osserva che i sigilli erano stati apposti il 24 marzo 1997 e che l’immobile era stato ultimato ed abitato fin dal 2000, senza che fossero più stati compiuti ulteriori interventi.
L’accertamento della PG è intervenuto l’8.7.2010. I reati quindi erano sicuramente prescritti. Il tribunale del riesame ha totalmente omesso di valutare questa circostanza devolvendo il giudizio alla successiva fase di merito ed ha ritenute interessate le dichiarazioni acquisite, omettendo di considerare che esse erano confermate dal certificato di residenza storico e dalle dichiarazioni raccolte immediatamente dalla PG. L’esistenza di una causa estintiva andava invece vagliata preliminarmente perchè la possibilità di procedere a sequestro era correlata alla possibilità di esercitare l’azione penale.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato.
Il tribunale del riesame è correttamente partito da un esatto principio di diritto, affermando che il giudice, ai fini della conferma della misura cautelare reale, deve tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell’effettiva situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti.
E difatti, secondo la più recente giurisprudenza di questa Corte, che qui deve essere confermata, il tribunale del riesame, per espletare il ruolo di garanzia dei diritti costituzionali che la legge gli demanda, non può avere riguardo solo alla astratta configurabilità del reato, ma deve prendere in considerazione e valutare, in modo puntuale e coerente, tutte le risultanze processuali, e quindi non solo gli elementi probatori offerti dalla pubblica accusa, ma anche le confutazioni e gli elementi offerti dagli indagati che possano avere influenza sulla configurabilità e sulla sussistenza del fumus del reato contestato (cfr., ex plurimis, Sez. 1, 9 dicembre 2003, n. 1885/04, Cantoni, m. 227.498; Sez. 3, 16.3.2006 n. 17751; Sez. 2, 23 marzo 2006, Cappello, m. 234197; Sez. 3, 8.11.2006, Pulcini; Sez. 3, 9 gennaio 2007, Sgadari; Sez. 4, 29.1.2007, 10979, Veronese, m. 236193; Sez. 5, 15.7.2008, n. 37695, Cecchi, m. 241632; Sez. 1, 11.5.2007, n. 21736, Citarella, m. 236474;
Sez. 4, 21.5.2008, n. 23944, Di Fulvio, m. 240521; Sez. 2, 2.10.2008, n. 2808/09, Bedino, m. 242650; Sez. 3, 11.6.2009, Musico; Sez. 3, 12.1.2010, Turco; Sez. 3, 24.2.2010, Normando; Sez. 3, 11.3.2010, D’Orazio; Sez. 3, 20.5.2010, Bindi; Sez. 3, 6.10.2010, Kronenberg- Widmer; Sez. 3, 5.11.2010, Pignataro; Sez. 3, 26.1.2011, Cinturino).
Sennonchè, il tribunale del riesame ha poi fatto una scorretta applicazione al caso concreto del pur esatto principio di diritto da cui è partito, tanto da dar luogo ad una motivazione meramente apparente.
Innanzitutto, invero, ha affermato che la sottrazione del bene sarebbe giustificata in vista della successiva confisca, mentre non risulta che nel caso in esame sia stato ipotizzato un reato che consente la confisca dell’immobile.
In ogni caso, ha omesso di svolgere in concreto il ruolo di garanzia demandatogli, affermando che la prescrizione del reato andava accertata in sede di cognitio piena mentre esulava dall’oggetto di verifica in sede di riesame reale.
Va ricordato che la giurisprudenza di questa Corte ha escluso che sia possibile disporre un sequestro, anche se finalizzato alla confisca, allorchè la prescrizione del reato sia intervenuta ancor prima dell’esercizio dell’azione penale (Sez. 3, 19.5.2009, n. 30933, Costanza, m. 244247). In tal caso, invero, il pubblico ministero non potrebbe più nemmeno iniziare l’azione penale ma dovrebbe limitarsi a chiedere l’archiviazione per la già avvenuta estinzione del reato.
D’altra parte, è stato ritenuto abnorme anche il provvedimento del GUP che dispone il rinvio a giudizio per un reato, dando contestualmente atto della estinzione dello stesso per prescrizione (Sez. I, 6.7.2004, n. 33129, Bevilacqua, m. 229387). Il suddetto principio è stato di recente ribadito, rilevandosi che "se si ha che proprio in radice l’esercizio dell’azione penale risulti precluso perchè, come nella specie, il reato è già estinto per prescrizione, il giudice penale non può affatto essere investito con l’esercizio dell’azione penale, ma la notitia criminis, eventualmente pervenuta al p.m., comporta la richiesta di archiviazione ex artt. 411 e 408 c.p.p. senza esercizio dell’azione penale" (Sez. 3, 6.10.2010, n. 5857/2011, Grova e altri).
Ora, è vero che la prescrizione del reato va accertata in sede di cognizione, ma è anche vero che il giudice del riesame deve comunque verificare che vi sia quanto meno il fumus che non sia già intervenuta una causa di estinzione del reato, la quale renderebbe illegittima la misura cautelare del sequestro preventivo. Non può invero ritenersi consentita l’incisione del diritto costituzionale con una misura cautelare penale, allorchè il reato non potrebbe mai essere accertato in sede penale perchè estinto ancor prima dell’esercizio dell’azione penale. In tal caso, invero, restano praticabili solo le misure e gli strumenti demandati alla autorità amministrativa.
Nel caso in esame è appunto mancata una valutazione sul punto, ed in particolare è totalmente mancato l’esame delle circostanze di fatto addotte dalla difesa a sostegno della sua eccezione di prescrizione.
Risulta infatti che l’immobile in questione fu sottoposto a sequestro, in relazione a lavori abusivi, nel 1997. Il successivo accertamento dei vigili urbani è intervenuto dopo ben 13 anni, in data 8.7.2010. Il decreto di sequestro preventivo di cui qui si discute è stato emesso dal Gip il 14.7.2010. La stessa ordinanza impugnata da atto che il verbale di sequestro precisava che i lavori abusivi non erano in corso al momento dell’accesso, che le opere abusive erano ultimate, e che gli appartamenti erano addirittura abitati da due diverse famiglie che li conducevano in locazione. La difesa aveva eccepito che le opere erano state ultimate non più tardi del 2000, ed aveva dedotto che ciò risultava sia dalle dichiarazioni rilasciate dai due conduttori degli immobili, sia del certificato di residenza storico di uno dei dichiaranti, che risiede nell’immobile fin dal 7.11.2000, sia dalle dichiarazioni raccolte a verbale da un vicino dalla polizia giudiziaria al momento del sopralluogo.
Questi elementi portati dalla difesa avrebbero dovuto essere specificamente valutati dal tribunale del riesame, il quale invece si è limitato ad affermare apoditticamente che non poteva farsi affidamento delle dichiarazioni dei conduttori, perchè questi erano evidentemente interessati alla restituzione dei locali, ed omettendo di esaminare il certificato di residenza storico e le dichiarazioni rilasciate dal vicino ai verbalizzanti in occasione dell’accertamento.
Nella specie, inoltre, non poteva certamente presumersi automaticamente che i reati ipotizzati si fossero consumati alla data dell’accertamento, apparendo poco probabile che i sigilli fossero stati violati ben 13 anni dopo la loro apposizione e che l’ultimazione dei lavori abusivi fosse avvenuta dopo tanto tempo. Era quindi decisivo, ai fini del fumus sulla non già avvenuta prescrizione dei reati, esaminare la circostanza dedotta della difesa, ossia che i reati ipotizzati si erano consumati fin dal 2000, epoca in cui l’immobile era stato ultimato ed abitato dai conduttori.
Su questo punto, vi è invece totale mancanza di motivazione, cosi come, di conseguenza, manca la motivazione anche sulla sussistenza delle esigenze cautelari. L’ordinanza impugnata si è limitata a fare un (sintetico) riferimento al reato di violazione dei sigilli ed alla giurisprudenza in ordine all’aggravio portato in concreto da opera realizzata ed ultimata in zona ad elevata criticità urbanistica. Non ha però spiegato perchè questa giurisprudenza (affermata in relazione a reati edilizi ed ambientali) dovrebbe operare anche per il reato di violazione dei sigilli nè perchè sarebbe ravvisabile un attuale e concreto periculum in mora in riferimento a reati edilizi prescritti.
L’ordinanza impugnata deve dunque essere annullata per mancanza di motivazione con rinvio per nuovo esame al tribunale di Napoli.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione annulla l’ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Napoli per nuovo esame.
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