Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 04-07-2011) 16-11-2011, n. 42113

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

E DIRITTO Con sentenza in data 29-9 2010 la Corte di appello di Genova confermava nei confronti di B.F. la sentenza emessa dal Tribunale di Genova in data 21 maggio 2008,con la quale l’imputato era stato dichiarato responsabile del delitto di cui all’art. 610 c.p., commesso in data (OMISSIS) nei confronti di M.M. (alla quale il predetto B. aveva impedito di usare il telefono per chiamare soccorso, rivolgendole espressioni minacciose)- fatto avvenuto il (OMISSIS).

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore deducendo:

1- la violazione degli art. 552 c.p.p., comma 3 e artt. 179-184 c.p.p. per inosservanza del termine a comparire e delle formalità previste dalla L. n. 890 del 1982, art. 7.

Sul punto rilevava che il decreto di citazione diretta a giudizio per l’udienza del 4-4-2007, era stato notificato all’imputato al domicilio eletto presso il difensore in data 9-2-2007.

Che tale notificazione, eseguita solo 54 giorni prima dell’udienza,senza il rispetto del termine previsto dall’art. 552 c.p.p., era avvenuta senza l’osservanza delle formalità previste dalla L. n. 890 del 1982, art. 7. 2 – Con il secondo motivo la difesa deduceva la mancanza,contraddittorietà ed illogicità manifesta della motivazione,in relazione al contenuto della denuncia-querela,che l’imputato B. aveva proposto nei confronti della persona parte lesa,e della archiviazione presentata dal PM il 26-10-05.

Con tale motivo il ricorrente censurava la sentenza,per avere il giudice di appello ritenuto attendibile la parte lesa,rilevando che la tesi era riscontrata dalla contestazione disciplinare che il B. aveva subito,e dalla mancata contestazione della stessa da parte dell’imputato.

Secondo la difesa la Corte aveva omesso ogni valutazione di attendibilità della persona offese dunque si riteneva violato l’art. 192 c.p.p..

Diversamente la difesa evidenziava a riguardo che il B., appena avuta conoscenza delle dichiarazioni della M., aveva formulato a suo carico querela,ritenendosi vittima di diffamazione.

3- Con il terzo motivo la difesa deduceva la erronea determinazione della pena, avendo la Corte omesso di motivare sul punto,e si riteneva la sentenza viziata al riguardo da illogicità,evidenziando che il primo giudice aveva concesso all’imputato le attenuanti generiche,attribuendo così minore gravità alla condotta delittuosa,rispetto a quella ritenuta dal Giudice di appello.

4- Con il quarto motivo censurava la sentenza per mancanza di motivazione in ordine alla determinazione delle spese processuali liquidate in favore della parte civile.

Per tali motivi chiedeva dunque l’annullamento della sentenza impugnata.

Il ricorso risulta privo di fondamento.

In ordine al primo motivo deve rilevarsi che l’eccezione relativa al vizio derivante dalla violazione del termine a comparire ed al vizio di notifica risulta tardivamente proposta, atteso che non era stata dedotta alcuna nullità in primo grado, nè in sede di appello,donde la sanatoria della nullità incorsa.

Per ciò che concerne le censure riferibili alla valutazione di attendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, deve evidenziarsi che emerge dal testo della sentenza impugnata l’esistenza di riscontro costituito da documentazione della contestazione disciplinare del fatto che risultava prodotta nella deposizione del teste G. e l’assenza di controdeduzioni dell’imputato in quella sede, che rafforza irrefragabilmente l’accusa della persona offesa.

Pertanto nella valutazione di attendibilità della persona offesa non risulta carente la motivazione, avendo il Giudice dell’impugnazione rilevato l’esistenza di un riscontro che legittimamente risulta desunto anche dal comportamento tenuto dal B., che non aveva smentito l’accusa nel procedimento disciplinare, secondo la documentazione esibita dalla parte lesa, da ritenere correttamente utilizzata, stante la possibilità dell’imputato di difendersi al riguardo, nel giudizio penale.

Vale al riguardo rilevare che la deposizione della persona offesa,sulla cui attendibilità la Corte non aveva ragione di dubitare, non essendo stati rilevati dall’appellante elementi idonei ad inficiare l’attendibilità della parte, può valere anche da sola a fondare il giudizio di colpevolezza, secondo i principi sanciti da questa Corte (Cass. Sez. 4^ -9/4/2004,n. 16860).

Per quanto riguarda infine le censure del ricorrente riferite alla motivazione sull’entità della pena,deve rilevarsi che tale motivo è manifestamente infondato, e dunque inammissibile,avendo il giudice di appello ritenuto congrua la pena inflitta dal primo giudice in relazione alla gravità del fatto,e valutando le modalità della condotta, tenuta reiteratamente dall’imputato nei confronti della persona offesa, onde risulta sufficientemente motivata sul punto la sentenza ai sensi dell’art. 133 c.p., e correttamente è stata considerata altresì la condizione di turbamento suscitata nella persona offesa.

Il Giudice di appello ha pertanto risposto in modo esauriente alle questioni dedotte dalla difesa appellante.

Ugualmente devono ritenersi inammissibili le doglianze riferite alla carenza di motivazione in riferimento alla liquidazione delle spese in favore di parte civile, essendo tali censure del tutto genericamente articolate.

In conclusione la Corte deve rigettare il ricorso, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE QUINTA PENALE Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali ed alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla Parte Civile che liquida in complessivi Euro 900,00 oltre accessori come per legge.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

T.A.R. Liguria Genova Sez. I, Sent., 10-01-2012, n. 24 Demolizione di costruzioni abusive

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Con ricorso notificato il 4 aprile 1996 e depositato l’11 successivo la società ricorrente impugnava l’ordinanza sindacale 7 febbraio 1996, prot. n.672 di demolizione di opere edilizie realizzate in pretesa difformità dal titolo nell’ambito del fabbricato di via Aurelia Ponente e ne chiedeva l’annullamento previa sospensione per

1) violazione e/o falsa applicazione degli artt.7, 31 e seguenti della L. n. 47 del 1985 e 39 della L. n. 724 del 1994; violazione del principio generale che impone l’esame delle domande di sanatoria prima di procedere all’adozione di misure sanzionatorie; eccesso di potere per difetto dei presupposti, travisamento dei fatti difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità contraddittorietà intrinseca;

2) violazione e falsa applicazione degli artt.7 e 12 L. n. 47 del 1985; violazione dei principi generali in tema di adozione di misure sanzionatorie di abusi edilizi; eccesso di potere per difetto dei presupposti, difetto di istruttoria e di motivazione, illogicità;

3) violazione art.7 L. n. 47 del 1985; eccesso di potere per difetto di istruttoria, indeterminatezza dell’oggetto;

4) violazione e falsa applicazione degli artt.3, 4, 7, 8, 11 L. n. 241 del 1990; eccesso di potere per errore sui presupposti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione.

Non si costituiva in giudizio il comune intimato.

Con ordinanza collegiale 18/04/1996, n.209 la Sezione accoglieva la domanda di sospensione.

Assegnato all’udienza di ruolo aggiunto del 15 luglio 2010, su dichiarazione cautelativa di sussistenza di interesse alla decisione da parte della difesa della società ricorrente (che faceva presente di non aver potuto contattare la propria cliente né il suo amministratore), il ricorso veniva rinviato a data da destinare e poi riassegnato per la trattazione all’udienza odierna in prossimità della quale la stessa difesa, nella perdurante impossibilità di rintracciare la cliente, insisteva nell’accoglimento del ricorso.

Il ricorso è fondato e deve essere accolto in relazione al primo motivo con cui si denuncia che nel caso di specie con l’ordinanza sindacale impugnata sia stata disposta la demolizione di opere ritenute difformi (dal titolo che le aveva assentite) in presenza e in pendenza di istanza di condono, come si dà atto nella stessa ordinanza di demolizione. E’ noto infatti che alla stregua di giurisprudenza amministrativa costante, ivi inclusa quella della Sezione, l’autorità comunale non può ordinare la demolizione di opere ritenute abusive se per le stesse opere sia stata presentata istanza di condono o istanza di sanatoria, istanze che, se accolte, regolarizzerebbero l’abuso.

A ciò si può ancora aggiungere che l’ordinanza impugnata, da un lato, ingiunge la demolizione di opere abusive, senza però una precisa e puntuale individuazione delle stesse, e il ripristino dello stato dei luoghi; dall’altro, e in modo manifestamente illogico e contraddittorio, assegna termine per la presentazione di memorie integrative atte a chiarire la vicenda.

Quanto sopra è sufficiente per accogliere il ricorso, annullando per l’effetto l’ordinanza impugnata.

Le spese possono essere compensate anche in relazione alla particolarità della controversia e allo stato in cui il ricorso, molto risalente, si presenta per la decisione.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla l’ordinanza impugnata con spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l’intervento dei magistrati:

Santo Balba, Presidente, Estensore

Roberto Pupilella, Consigliere

Paolo Peruggia, Consigliere

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Cass. pen. Sez. V, Sent., (ud. 23-01-2013) 09-05-2013, n. 20078

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Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Nell’interesse di M.C. è stato presentato ricorso avverso la sentenza di applicazione della pena, emessa il 24.5.2012 dal GIP del tribunale di Siracusa.

Con atto pervenuto il 29.12.2012, il M. ha dichiarato di rinunciare all’impugnazione.

Il ricorso va quindi dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500, in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 500,00 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 9 maggio 2013

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Cass. civ. Sez. II, Sent., 24-08-2012, n. 14621

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Svolgimento del processo

Con scrittura privata del 21.6.1989 D.C.O. prometteva di vendere a D.P.E., che prometteva di acquistare per sè o per persona da nominare, un’area edificabile di mq. 1643 sita in (OMISSIS), in cambio di un corrispettivo in parte in denaro (L. 70 milioni) e per il resto costituito da una delle villette a schiera, della superficie approssimativa di mq. 95, che il promissario avrebbe poi realizzato sul medesimo fondo.

Con atto notaio Vincenti del 14.12.1989 tale contratto era parzialmente eseguito mediante il trasferimento di mq. 693 in favore della società nominata dall’acquirente. Successivamente, però, sorgeva questione fra le parti del contratto preliminare in ordine alla cessione della restante frazione dell’area, per il trasferimento della quale D.P.E. agiva ai sensi dell’art. 2932 c.c., innanzi al Tribunale di Teramo, con citazione notificata il 5.3.1991. Domandava, altresì, la condanna della convenuta al risarcimento dei danni, indicati in L. 400 milioni, per l’aumento dei costi di costruzione intervenuto nelle more, fermo restando il trasferimento dell’unità immobiliare spettante a D.C. O..

Quest’ultima resisteva in giudizio sostenendo che l’attore aveva ottenuto dal comune la concessione di una cubatura edificabile superiore al previsto, con la conseguenza che, in base ad apposita clausola del contratto, ella avrebbe avuto diritto al 20% della maggior volumetria realizzata. Pertanto, manifestandosi disponibile al trasferimento della parte residua a condizione di una determinazione del corrispettivo che tenesse conto di quanto sopra, domandava, in caso contrario, la risoluzione del contratto per inadempimento dell’attore e la condanna di lui al risarcimento dei danni.

Con sentenza 27.1.2003 il Tribunale, nell’accogliere la domanda ex art. 2932 c.c., trasferiva all’attore la porzione residua del terreno, ponendo "quale condizione risolutiva espressa del trasferimento della proprietà" la cessione in favore della convenuta di una villetta a schiera simile a quelle già costruite e con le medesime rifiniture, posizionata al secondo posto a partire dal confine dell’area stessa con la strada statale n. (OMISSIS).

La Corte d’appello dell’Aquila, adita in via principale da D. C.O. e in via incidentale da D.P. E., che lamentavano, rispettivamente, il rigetto della domanda di risoluzione del contratto e di quella di risarcitoria per l’incremento dei costi di costruzione, rigettava entrambe le impugnazioni, con sentenza pubblicata il 15.6.2006.

Per quanto ancora rileva in questa sede di legittimità, la Corte territoriale, ritenuto che il contratto 21.6.1989 fosse da qualificare come vendita, per il suo immediato effetto traslativo, osservava che il condizionamento della sentenza all’adempimento della clausola contrattuale relativa alla consegna di un’unità immobiliare delle dimensioni stabilite, trovava la propria giustificazione nell’esigenza di tutelare i contrapposti interessi delle parti nell’eventualità dell’inadempimento del costruttore.

Per la cassazione di detta sentenza ricorre D.P.E., formulando tre motivi di annullamento.

Resistono con controricorso gli eredi di D.C.O., Gi., A., C. e F.G., che propongono, altresì, ricorso incidentale affidato ad un motivo.

D.P.E. resiste con controricorso al ricorso incidentale

Motivi della decisione

Preliminarmente vanno riuniti i due ricorsi, ai sensi dell’art. 335 c.p.c., in quanto proposti avverso la medesima sentenza.

1. – Col primo motivo del ricorso principale si denuncia la violazione dell’art. 2932 c.c. e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3. Sostiene parte ricorrente che nell’emettere sentenza ex art. 2932 c.c. il giudice non può sostituirsi alle parti nella determinazione del contenuto del rapporto sostanziale. Formula, pertanto, il seguente quesito ex art. 366-bis c.p.c. (applicabile ratione temporis al ricorso):

"l’imposizione giudiziale di una condizione risolutiva espressa degli effetti della sentenza costitutiva del contratto mancato costituisce violazione dell’art. 2932 c.c. e art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, qualora risulti incompatibile e comunque in aperto contrasto con le restanti clausole pattizie stabilite dai contraenti dal contratto preliminare, nonchè estranee alla volontà negoziale delle parti, integrando il vizio di ultrapetizione per mancanza di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato avuto riguardo specificatamente alle domande, eccezioni e conclusioni dedotte dalle parti in causa".

2. – Con il secondo motivo è dedotta la violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 (rectius, 4), per la mancata corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato, nonchè il vizio di omessa motivazione in ordine all’esame del denunciato vizio di ultrapetizione, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5. Deduce parte ricorrente che l’imposizione di una clausola risolutiva espressa, non prevista nel contratto, non solo integra il vizio di ultrapetizione, ma altresì è inconciliabile con la diffusa motivazione della sentenza di primo grado, nella quale il giudice ha operato una comparazione tra le condotte dei contraenti, pervenendo alla conclusione della sussistenza di un grave e prevalente – se non unico – inadempimento della D.C.. Conclude il motivo formulando il seguente quesito: "l’imposizione di una condizione risolutiva della sentenza costitutiva degli effetti del contratto non concluso, qualora non sia prevista tra le condizioni negoziali stipulate dalle parti nel contratto preliminare, eccede il potere giudiziale di adeguamento delle clausole stesse agli interessi contrapposti perseguiti dalle parti stesse. In ogni caso l’imposizione della stessa condizione risolutiva espressa integra, anche sotto diverso profilo, il denunciato vizio di ultra-petizione, non essendo compresa tra le domande e le eccezioni delle parti e quindi si risolve illegittimamente nell’attribuzione di un effetto negoziale non richiesto e comunque più ampio di quelli pattuiti tra le parti".

3. – Col terzo motivo è dedotta sia l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, consistente nell’inopponibilità della condizione risolutiva della vendita di area edificabile, non retrocedibile dopo l’avvenuta realizzazione del programma costruttivo; sia la violazione dell’art. 2932 c.c., art. 1353 c.c., e segg., artt. 1382 e 1456 c.c..

Sostiene parte ricorrente che la previsione di una condizione risolutiva non solo non è sorretta da alcuna motivazione, ma è addirittura incompatibile con le altre previsioni contrattuali che ne escludono la possibilità di apposizione, essendo impossibile una reductio in pristinum dello stato dei luoghi, ormai edificati.

Segue il quesito: "l’imposizione giudiziale di una condizione risolutiva degli effetti della sentenza costitutiva del contratto mancato integra violazione dell’art. 2932 c.c., in relazione all’art. 1353 c.c., e segg., artt. 1382 e 1456 c.c., ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5, qualora non sia sorretta da congrua e coerente motivazione e risulti incompatibile con le specifiche clausole negoziali stabilite tra i contraenti con il pregresso contratto preliminare ed in ogni caso inattuabile per l’irreversibile e definitiva trasformazione del relativo oggetto della prestazione ricevuta dall’altro contraente".

4. – Con l’unico motivo del ricorso incidentale si denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 1346, 1418 e 1421 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, in quanto la Corte d’appello non ha rilevato d’ufficio la nullità del contratto per l’impossibilità di individuare il bene da trasferire in proprietà alla parte venditrice, a titolo di parziale corrispettivo della vendita, in mancanza del progetto del complesso immobiliare allegato alla scrittura, del relativo capitolato dei lavori e di indicazioni puntuali sull’ubicazione dell’unità immobiliare da trasferire. Parte controricorrente formula, al riguardo, il seguente quesito di diritto: "dica l’Ecc.ma Corte se il giudice, in ogni stato e grado del giudizio, possa rilevare d’ufficio le nullità negoziali quando siano state proposte le azioni di esatto adempimento, o di risoluzione; se la nullità del contratto possa essere rilevata anche d’ufficio per la prima volta in cassazione qualora sia fondata su elementi di fatto già acquisiti in sede di merito; e se nel contratto definitivo di permuta di bene presente con un bene futuro, quest’ultimo debba essere determinato o determinabile, nel senso che le parti debbano indicarne espressamente le caratteristiche e il prezzo, quanto meno gli elementi essenziali di identificazione, senza affidare l’individuazione del bene all’arbitrio del soggetto obbligato".

5. – Il ricorso incidentale, il cui esame è prioritario per la problematica sulla nullità che introduce, è infondato.

La questione della nullità di un contratto sollevata per la prima volta nel giudizio di cassazione sotto un profilo diverso da quello posto a fondamento della domanda proposta nei precedenti gradi di merito ed implicante ulteriori accertamenti, è inammissibile, perchè la sua rilevabilità d’ufficio, anche in sede di legittimità, postula che non vi sia necessità di nuove indagini di fatto (Cass. nn. 16541/09, 1267/03, 11658/02 e 8478/00).

A questo indirizzo va correlato l’orientamento secondo il quale nel giudizio dinanzi alla Corte di Cassazione il ricorrente, il quale introduca temi di indagine non affrontati nei precedenti gradi di giudizio ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione di tali questioni nel giudizio di merito, ma anche di indicare in quali atti sia avvenuta la relativa deduzione (Cass. n. 18440/07).

5.1. – Nella specie, la nullità del contratto preliminare per l’impossibilità di individuare l’immobile promesso non risulta essere stata eccepita nel giudizio di merito, mancando ogni idonea allegazione al riguardo secondo il principio appena premesso. Ciò posto, il relativo esame per la prima volta nel presente giudizio di legittimità richiederebbe il dispendio di una caratteristica attività di accertamento di puro fatto, avente ad oggetto l’interpretazione del contratto, che è preclusa a questa Corte.

E’ vana, quindi, la trascrizione del testo dell’accordo all’interno della parte narrativa del controricorso "in omaggio al principio di autosufficienza". Detto principio non opera allo scopo di forzare i limiti della cognizione di legittimità estendendola agli accertamento di fatto, ma trova (ed esaurisce) la propria ragion d’essere nella necessità di consentire al giudice della nomofilachia di valutare la fondatezza del motivo senza dover procedere all’esame dei fascicoli di ufficio o di parte (v, Cass. nn. 86/12 e 9734/04), esame che richiederebbe, a sua volta, un’attività di ricerca, selezione e correlazione di atti, fatti e documenti che compete unicamente alla parte nell’esercizio del suo potere dispositivo.

5.2. – Esclusa l’ammissibilità della questione, resta assorbito l’esame delle altre due censure che si enucleano dal quesito, cioè la rilevabilità d’ufficio della nullità del contratto in caso di contrapposte azioni di adempimento e di risoluzione, e l’onere delle parti, nel caso di vendita di bene futuro, di identificarlo esattamente (sub)quesito, quest’ultimo, che è peraltro apparente, perchè si limita ad affermare la regola di condotta privata da tenere per non incorrere nell’invalidità negoziale prevista dall’art. 1346 c.c..

6. – Tutti e tre i motivi posti a sostegno del ricorso principale, da esaminare congiuntamente perchè espressivi, sotto profili diversi, di una medesima censura, sono infondati.

6.1. – Il potere della Corte di Cassazione di interpretare la sentenza impugnata e la portata del suo valore precettivo a stregua del contenuto complessivo del provvedimento, potere che si arresta unicamente di fronte all’insanabile contrasto fra motivazione e dispositivo (cfr. sull’argomento, Cass. nn. 15585/07, 9244/07 e 1323/04), consente di stabilire l’effettivo significato giuridico del comando anche attraverso la migliore qualificazione giuridica degli istituti che il giudice di merito dichiara di applicare.

La decisione di prime cure, che ha trovato conferma nella sentenza impugnata, sebbene abbia qualificato come "condizione risolutiva espressa" la clausola di condizionamento dell’effetto traslativo della proprietà all’esecuzione della controprestazione, non fa che applicare – come testimonia il richiamo, in motivazione, a Cass. nn. 11839/97 e 12556/00 – un principio giurisprudenziale affatto pacifico, derivato dalla piana esegesi dell’art. 2932 cpv. c.c., in base al quale in tema di contratto preliminare, ove per accordo delle parti la controprestazione debba essere eseguità al momento della stipula del contratto definitivo o successivamente, la sentenza costitutiva ex art. 2932 c.c., è pronunziata indipendentemente da qualsiasi offerta ed il pagamento del prezzo o della parte residua di esso è imposto dal giudice quale condizione dell’effetto traslativo derivante dalla sentenza stessa.

Con l’espressione adoperata il Tribunale, e con esso la Corte territoriale che vi ha prestato adesione, plus dixit quam voluit, essendo del tutto evidente che la clausola di condizionamento imposta dalla giurisprudenza richiamata dallo stesso giudice di merito accede alla sentenza costitutiva e non già al contratto preliminare, il cui regolamento autonomo non è modificabile da parte dell’Autorità giudiziaria. E in tale diverso e più proprio senso tecnico- giuridico, pertanto, deve intendersi la statuizione di merito.

7. – In conclusione entrambi i ricorsi vanno respinti.

8. – La soccombenza reciproca delle parti legittima l’integrale compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte riunisce i ricorsi, rigetta il ricorso principale e quello incidentale e compensa integralmente le spese.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Seconda Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 3 maggio 2012.

Depositato in Cancelleria il 24 agosto 2012

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