Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 23-01-2013) 12-04-2013, n. 16646

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Svolgimento del processo

Con sentenza del 28.10.2011 il Giudice del dibattimento del Tribunale di Monza dichiarava la propria incompetenza per territorio nel processo a carico di L.S., sull’assunto che il reato più grave doveva individuarsi nel delitto di ricettazione contestato al capo E) commesso in (OMISSIS), il quale attraeva per connessione ai sensi dell’art. 16 c.p.p. la competenza territoriale di tutti gli altri reati puniti meno gravemente, con conseguente individuazione della competenza territoriale del Tribunale di Milano.

A seguito di richiesta di rinvio a giudizio formulata dal pubblico ministero del Tribunale di Milano, il Giudice dell’udienza preliminare di quel Tribunale con ordinanza del 11.7.2012 proponeva conflitto negativo di competenza a norma dell’art. 28 c.p.p., osservando che il luogo di commissione del reato di ricettazione contestato al capo E) doveva considerarsi allo stato ignoto, non essendo stato individuato il luogo in cui i beni di illecita provenienza erano stati ricevuti ma solo il luogo in cui essi erano custoditi; pertanto doveva aversi riguardo al reato più grave tra quelli residui costituiti dai reati di detenzione illegale di armi da sparo contestati ai capi B e C, entrambi commessi in Sesto San Giovanni, con conseguente attribuzione della competenza territoriale al Tribunale di Monza.
Motivi della decisione

Il conflitto deve essere regolato con l’affermazione della competenza territoriale del Tribunale di Monza.

Dalla formulazione del capo E di imputazione risulta che la città di Milano costituisce il luogo di accertamento e non di commissione del delitto di ricettazione. Deve pertanto farsi applicazione del principio secondo cui la competenza per connessione e per territorio, nel caso in cui non sia possibile individuare, a norma dell’art. 8 c.p.p. e art. 9 c.p.p., comma 1, il luogo di commissione del reato connesso più grave, spetta al giudice del luogo nel quale risulta commesso, in via gradata, il reato successivamente più grave fra gli altri reati; (Sez. U, n. 40537 del 16/07/2009, Confl. comp. in proc. Orlandelli, Rv. 244330). Nel caso in esame i reati gradatamente più gravi sono costituiti dai delitti di detenzione illegale di armi da sparo contestati ai capi B e C, entrambi commessi in Sesto San Giovanni, con conseguente attribuzione della competenza territoriale al Tribunale di Monza.
P.Q.M.

Dichiara la competenza del Tribunale di Monza cui dispone trasmettersi gli atti.

Così deciso in Roma, il 23 gennaio 2013.

Depositato in Cancelleria il 12 aprile 2013

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

Cons. Stato Sez. VI, Sent., 28-01-2011, n. 653

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Svolgimento del processo
1. Il Comune di xxx, con ricorso n. 479 del 2005 proposto al Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, ha chiesto l’annullamento della nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasportiCapitaneria di Porto di xxx prot. DEM/706 dell’ 11 gennaio 2005, acquisita al protocollo del Comune di xxx in data 13 gennaio 2005, avente ad oggetto "Comune di xxx – Terreni intestati al Pubblico Demanio Marittimo rivendicati dall’Amministrazione Comunale"; della concessione demaniale n. 05 del Registro concessioni anno 2005 – e n. 8 del Repertorio, rilasciata dalla Capitaneria di Porto di xxx in data 17 febbraio 2005, in favore del Sig. C. Andrea; della nota dell’ Agenzia del Demanio – filiale Puglia – Ufficio di Lecce, in data 25 novembre 2004, prot. 2004/28429/ULE ad oggetto: "Il Comune di xxx -Località Torre San Giovanni alla Pedata – Richiesta concessione demaniale per la realizzazione di un punto di ristoro ricettivo turistico – Ditta C. Andrea – Area di competenza Statale ai sensi del DPCM 21.12.1995"; della nota del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti – ufficio del Genio Civile per le Opere Marittime di Bari, prot. n. 1953, in data 28 giugno 2004, avente ad oggetto: "Comune di xxxLocalità Terre San Giovanni alla Pedata – Richiesta concessione demaniale per la realizzazione di un punto di ristoro ricettivo turistico Ditta C. Andrea – Area di competenza Statale ai sensi del DPCM 21.12.1995"; nonché, ove occorra: del D.P.C.M. 21 dicembre 1995, dell’eventuale concessione demaniale non conosciuta rilasciata dalla Capitaneria di Porto di xxx alla Ditta Agricola V.T., dell’eventuale concessione demaniale marittima rilasciata alla Ditta H.A.; di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.
2. Il Tribunale amministrativo regionale, Sezione I di Lecce, con sentenza n. 4257 del 2005, ha respinto il ricorso, compensando tra le parti le spese del giudizio.
3. Con l’appello in epigrafe è chiesto l’annullamento della sentenza di primo grado, con istanza cautelare di sospensione. L’istanza cautelare è stata respinta con ordinanza 21 marzo 2006, n. 1437.
Gli intimati Ministero delle infrastrutture e trasporti – Capitaneria di Porto di xxx e Ministero dell’economia e delle finanze e l’intimato Sign. Andrea C., con il controricorso hanno presentato appello incidentale chiedendo la riforma in parte qua della sentenza di primo grado e, per l’effetto, la dichiarazione del difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.
4. All’udienza del 6 luglio 2010 la trattazione della causa è stata rinviata a data da destinarsi.
5. All’udienza del 17 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Motivi della decisione
1. Nella sentenza di primo grado:
in via preliminare si richiama che la controversia verte sulla legittimità degli atti della Capitaneria di Porto di xxx relativi alla concessione a terzi di beni immobili che, secondo l’Amministrazione comunale, sarebbero gravati da usi civici e perciò non in disponibilità della Capitaneria, e si prescinde dalle eccezioni sollevate di inammissibilità e di tardività del ricorso, essendo il ricorso infondato nel merito;
si esamina invece l’eccezione di difetto di giurisdizione, anche sollevata dalle parti resistenti, e si dichiara che la giurisdizione sulla controversia spetta al giudice amministrativo, poiché si verte sulla legittimità della impugnata concessione demaniale e non sull’appartenenza dell’area a una collettività civica, ponendosi quindi la sottesa situazione proprietaria come questione in tema di diritti soggettivi che si innesta sul processo amministrativo in via incidentale, su cui ci si pronuncia perciò senza valore extra processuale al solo fine della soluzione della vertenza principale;
si rileva quindi, in punto di fatto, l’inesistenza di un titolo valido per qualificare i beni in questione come gravati da uso civico, alla luce dei documenti sulla procedura che si è svolta per la delimitazione delle aree demaniali, nel cui ambito non si rinviene un atto formale idoneo a dimostrare sul piano catastale e dei Registri immobiliari la inclusione dei beni tra quelli gravati da uso civico; ma si ricavano, al contrario, elementi atti a sostenere la demanialità delle aree in questione in base alla natura morfologica del terreno, all’idoneità al soddisfacimento ai pubblici usi del mare e in particolare, alle stesse risultanze dei Registri immobiliari e catastali (pur nella consapevolezza del valore ricognitivo e non costitutivo delle mappe catastali), dovendosi concludere che la detta procedura di delimitazione non ha comportato la sdemanializzazione delle aree;
sulla base di quanto considerato il ricorso è respinto.
2. Negli appelli incidentali si censura la sentenza di primo grado anzitutto con riguardo alla pronuncia sulla questione di giurisdizione. Oggetto del giudizio è infatti l’accertamento della qualità giuridica dei suoli poiché le censure del Comune di xxx, in primo grado come nel presente giudizio, si risolvono nella negazione della natura demaniale marittima delle aree di cui si tratta, deducendo la nullità degli atti impugnati poiché riferiti ad aree aventi qualità diversa da quella affermata; la causa petendi dell’impugnazione giurisdizionale consiste perciò nella asserita violazione del diritto di proprietà vantato dal Comune di xxx su beni gravati da usi civici, che è questione pregiudiziale non in senso logico ma tecnico, non spettando la giurisdizione su di essa, di conseguenza, al giudice amministrativo, ma al giudice ordinario, ovvero alla competenza esclusiva del commissario liquidatore degli usi civici, ai sensi dell’art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, vertendosi nella specie sulla stessa esistenza o meno di un diritto di uso civico sul bene assentito in concessione e sulla sua natura ed estensione.
Quanto al merito, in particolare nell’appello incidentale proposto dall’intimato sign. C., si afferma comunque la correttezza della sentenza di primo grado per aver escluso l’esistenza di un titolo valido a qualificare come gravate da uso civico le aree date in concessione.
3. Nell’appello principale si censura la sentenza di primo grado per avere affermato la demanialità dell’area in questione trascurando che essa risulta, invece, chiaramente esclusa dal verbale di delimitazione delle aree demaniali nel Comune di xxx del 23 ottobre 1972, redatto e firmato da tutti i convenuti e quindi approvato dalla Direzione marittima di Bari, di concerto con l’Intendenza di Finanza di Lecce, essendo inoltre erronea la conferma della detta demanialità sulla base del richiamo della natura morfologica del terreno e dei pubblici usi del mare, trattandosi di siti distanti dal mare e non serventi ai detti usi.
Si deve poi richiamare che:
– i beni in questione non sono disponibili da parte della Capitaneria di Porto di xxx perché gravati da uso civico, e perciò beni di proprietà della collettività che il Comune rappresenta, soltanto eccezionalmente alienabili ovvero oggetto di cambio di destinazione d’uso, se necessario per soddisfare interessi pubblici di pari grado, non usucapibili, e vincolati nella destinazione;
– in questo quadro si evidenzia l’illegittimità dei provvedimenti impugnati, con riferimento in particolare: alla nota della Capitaneria, prot. Dem/706 dell’11 gennaio 2005, in cui nonostante il Comune di xxx avesse espresso parere negativo sulle richieste concessioni (C. e T.), diffidando la Capitaneria a non disporre dei beni in questione gravati da uso civico, si afferma che il Comune non ha sollevato questioni di compatibilità con lo strumento urbanistico avendo perciò reso parere favorevole, con evidente violazione degli articoli 3 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241, per difetto di motivazione e vanificazione della partecipazione procedimentale; alla parte in cui, nello stesso provvedimento, si richiama il "contenuto della nota prot. n. 23517, in data 15 dicembre 1999 dell’Ufficio del Territorio di Lecce", anche impugnata, in cui è riconosciuto che i terreni interessati sono di uso civico; alla parte in cui i provvedimenti richiamano il D.P.C.M. 21 dicembre 1995 ("Identificazione delle aree demaniali escluse dalla delega alle Regioni ai sensi dell’art. 59 del d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616"), poiché con questo sono individuate le aree demaniali marittime di preminente interesse nazionale riguardo agli interessi di sicurezza dello Stato e per l’esercizio delle connesse funzioni amministrative, non avendo fondamento una interpretazione estensiva di tale qualità anche ai territori di uso civico, dovendosi chiedere, altrimenti, l’annullamento del detto D.P.C.M. per il suo contrasto con l’art. 58 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, così come esso risulta in contrasto con la legge regionale della Puglia 28 gennaio 1998, n. 7, che riserva alla Regione le funzioni amministrative in materia di usi civici; alla sussistenza del vizio di sviamento di potere nel rilascio delle concessioni da parte della Capitaneria in quanto a compiuta conoscenza degli usi civici gravanti sui beni, non avendo nulla eccepito alla pubblicazione dell’inventario dei beni civici fatta dal Comune di xxx nell’anno 2002; al contrasto dell’azione amministrativa censurata con l’art. 2 dello Statuto della Regione Puglia, che sancisce la protezione dell’identità del territorio regionale.
4. Si esamina preliminarmente l’eccezione di difetto di giurisdizione proposta con gli appelli incidentali.
L’eccezione è fondata.
Infatti i motivi del ricorso di primo grado avverso gli atti impugnati, nonché quelli proposti con l’appello in esame, sono espressamente fondati dal Comune ricorrente sull’affermazione del presupposto della inclusione del terreno oggetto della concessione in questione tra quelli qualificati di uso civico comunale, che di conseguenza, si afferma nei ricorsi, sono del tutto indisponibili da parte della Capitaneria di Porto.
La rivendicazione di tale qualità del terreno come presupposto e motivazione dell’azione del Comune ricorrente risulta altresì avvalorata in modo chiaro dall’insieme di documenti e atti depositati in giudizio dal Comune (risalenti al 1969) a sostegno dell’impugnazione dei provvedimenti della Capitaneria di Porto di xxx e, infine, da quanto esposto nella nota del Comune stesso, n. 42779 del 10 novembre 2004, indirizzata alla detta Capitaneria e, per conoscenza, al sign. C., recante parere negativo al rilascio della concessione a favore di questi, in cui si motiva "ritenendo che Codesta Capitaneria di Porto di xxx, non può in alcun modo disporre l’attivazione di alcuna istruttoria finalizzata a concedere a terzi beni gravati da uso civico, poiché tale demanio, deve essere gestito dall’Amministrazione comunale", con diffida alla Capitaneria, in conseguenza, "a non disporre" dei detti beni.
L’illegittimità della concessione rilasciata dalla Capitaneria, come degli atti connessi, è quindi asserita dal Comune quale diretta conseguenza del non riconoscimento dell’uso civico gravante sul terreno assegnato; la qualità del terreno non costituisce perciò elemento di una più complessa fattispecie controversa definita da componenti proprie ed ulteriori, venendo contestato il provvedimento concessorio in quanto interamente fondato sulla pretesa insussistenza di tale qualità e correlando il Comune a tale contestazione, preliminare e determinante, ogni altro motivo di censura. L’accertamento pregiudiziale al riguardo assume quindi valore in sé, e non efficacia circoscritta al giudizio di cui è causa, cui non si darebbe luogo in caso di accertamento favorevole per il Comune, rientrando di conseguenza nell’ambito della giurisdizione deputata all’accertamento dei diritti di uso civico in sede di cognizione delle relative controversie che, ai sensi dell’art. 29 della legge 16 giugno 1927, n. 1766, appartiene ai commissari per la liquidazione degli usi civici (Cass., SS.UU., 27 marzo 2009, n. 7429; Cons. Stato, V, 8 febbraio 2005, n. 346).
5. Per quanto considerato vanno accolti gli appelli incidentali quanto all’eccezione di difetto di giurisdizione in essi proposta e, in riforma della sentenza impugnata, va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo a conoscere del ricorso di primo grado n. 479 del 2005 che è quindi inammissibile e, per l’effetto, va dichiarato inammissibile l’appello principale.
Il giudizio può dunque essere riproposto innanzi al commissario liquidatore degli usi civici entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza.
Sussistono motivi per la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
accoglie gli appelli incidentali nei sensi di cui in motivazione, e, in riforma della sentenza gravata, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo sul ricorso di primo grado n. 479 del 2005 che è quindi inammissibile e, per l’effetto, dichiara inammissibile l’appello principale.
Fissa il termine indicato al punto 5 della parte in diritto della motivazione per la riproposizione del giudizio innanzi al commissario liquidatore degli usi civici.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 dicembre 2010 con l’intervento dei magistrati:
Giuseppe Severini, Presidente
Maurizio Meschino, Consigliere, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Manfredo Atzeni, Consigliere
Gabriella De Michele, Consigliere

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Processo civile – ricorso per cassazione – ricorso incidentale condizionato – questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito

Sentenza n. 5456 del 6 marzo 2009

(Sezioni Unite Civili, Presidente S. Mattone, Relatore A. Segreto)

Anche alla luce del principio costituzionale della ragionevole durata del processo, secondo cui fine primario dello stesso è la realizzazione del diritto delle parti ad ottenere risposta nel merito, il ricorso incidentale proposto dalla parte totalmente vittoriosa nel giudizio di merito, che investa questioni pregiudiziali di rito, ivi comprese quelle attinenti alla giurisdizione, o preliminari di merito, ha natura di ricorso condizionato, indipendentemente da ogni espressa indicazione di parte, e deve essere esaminato con priorità solo se le questioni pregiudiziali di rito o preliminari di merito, rilevabili d’ufficio, non siano state oggetto di decisione esplicita o implicita (ove quest’ultima sia possibile) da parte del giudice di merito. Qualora, invece, sia intervenuta detta decisione, tale ricorso incidentale va esaminato dalla Corte di cassazione, solo in presenza dell’attualità dell’interesse, sussistente unicamente nell’ipotesi della fondatezza del ricorso principale.

http://www.cortedicassazione.it/Documenti/5456_09.pdf

a cura dell’Ufficio del Massimario della Corte Suprema di Cassazione.

CORTE DI CASSAZIONE, SEZIONI UNITE – SENTENZA 7 marzo 2011, n.5348 TRAFFICO E GIURISDIZIONE

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MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Le ragioni della decisione impugnata, quanto al diniego di esercizio della giurisdizione, sono le seguenti:

1.1. secondo la L. n. 205 del 2000, art. 7, che ha riscritto il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, l’urbanistica comprende bensì ogni uso del territorio, ma per uso è da intendere l’attività di trasformazione del territorio, non anche la viabilità;

1.2. – chi ha pagato una somma non dovuta, perchè il provvedimento amministrativo che ne ha imposto il pagamento è stato annullato, ha un diritto soggettivo alla sua ripetizione ed è irrilevante che l’atto, in particolare il provvedimento istitutivo della tariffa d’ingresso nel territorio comunale, abbia concretizzato l’esercizio di un potere pubblico;

1.3. – data la natura regolamentare di quell’atto, del suo annullamento, che ha efficacia generale, da un lato tutti si possono avvantaggiare, anche chi come nel caso non l’ha impugnato, dall’altro il diritto alla restituzione non si atteggia come diritto patrimoniale consequenziale.

2. La cassazione della decisione è chiesta per il motivo di violazione delle norme sulla giurisdizione (art. 362 c.p.c., comma 1, in relazione agli artt. 24 e 113 Cost.; D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, artt. 34 e 35, e L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 7, come modificati dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7.

3. Il ricorso non è fondato.

4. – Il Comune osserva che la Corte, a sezioni unite, con la sentenza 9 marzo 2009 n. 5269, ha considerato rientrare nella materia dell’urbanistica, come disciplina dell’uso del territorio, la modalità di regolamentazione del traffico nell’ambito del territorio comunale, costituita dall’istituzione di una zona a traffico limitato.

Il richiamo non è decisivo.

5. – L’istituzione di una zona a traffico limitato, che nel quadro della regolamentazione del traffico nei centri abitati, il D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, art. 7, prevede possa essere istituita dal comune, si presta bensì ad essere considerata esercizio di un potere pubblico afferente all’uso del territorio, secondo quanto "le sezioni unite hanno già affermato.

6. – Ciò non di meno, non ogni controversia suscettibile di nascere dalle previsioni della delibera che la istituisce può essere considerata avere riguardo a tale aspetto e cosi rientrare nella materia della urbanistica e nella giurisdizione del giudice amministrativo. Ne costituisce certa dimostrazione il dato, che, come nel caso di ogni altra violazione della disciplina comunale del traffico, la giurisdizione sulle sanzioni amministrative comminabili per la violazione delle prescrizioni della relativa delibera rientra nella giurisdizione del giudico ordinario (D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 205), cui spetta il sindacato incidentale di legittimità a fini di disapplicazione (Sez. Un. 9 gennaio 2007 n. (Ndr: testo originale non comprensibile)). Allo stesso regime – quanto alla giurisdizione – non può non essere riportata una controversia che, come quella all’esame, abbia ad oggetto il diritto alla restituzione della prestazione pecuniaria cui l’utente s’è assoggettato, diritto vantato sul presupposto dell’illegittimità della delibera di istituzione della zona a traffico limitato.

7. Come si trae, infatti, dalla sentenza 28 luglio 2004 n. 204 della Corte costituzionale, le norme che attribuiscono al giudice amministrativo la giurisdizione esclusiva su una determinata materia si devono interpretare nel senso che non vi rientra ogni controversia che in gualche modo la riguardi, ma solo quelle che originano da atti che sono espressione di potere pubblico.

8. – Ora, quante volte l’onere pecuniario imposto al privato lo sia staio in modo illegittimo, a fronte del diritto del privato alla sua restituzione, la posizione della pubblica amministrazione è di obbligo e non di potere e dunque, mancato l’adempimento spontaneo, non si tratta già di accertare la legittimità dell’atto con cui la restituzione è rifiutata, ma di accertare se l’obbligazione esistesse o no.

9. – Situazione diversa da quella che si è prospettata nel caso venuto all’esame di questa Corte nel caso deciso con la sentenza 5269 del 2009: lì, oggetto della controversia era stata la collocazione di un parcometro, che i ricorrenti avevano sostenuto fosse di pregiudizio per la loro limitrofa proprietà, ma quella collocazione era stata prevista da una successiva delibera d’attuazione della disciplina di traffico e, dunque, era stata oggetto di un ulteriore atto d’esercizio del potere pubblico di regolamentazione della circolazione.

10. – Attiene al merito e non alla giurisdizione il profilo, pur trattato nel ricorso, dell’incidenza del già pronunziato annullamento della delibera di istituzione della zona a traffico limitato.

11. Il ricorso è rigettato.

E’ dichiarata la giurisdizione del giudice ordinario.

La causa è rimessa davanti al giudice di pace di Bacoli.

Non vi sono spese processuali da liquidare.

P.Q.M.

La Corte, a sezioni unite, rigetta il ricorso, dichiara la giurisdizione del giudice ordinario, rimette la causa davanti al giudice ai pace di Bacoli.

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