Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
I ricorrenti, in qualità di pubblici dipendenti presso la USSL n. 70 di Legnano, con mansioni di
Operatore Professionale Coordinatore Terapista della Riabilitazione di ruolo, con l’odierno ricorso, notificato il 15.02.1995 e depositato il successivo 01.03.1995, hanno chiesto l’annullamento della delibera n. 147/1993 e, all’occorrenza, del silenzio rifiuto opposto ad atto di diffida in data 3.6.1994, e il conseguente accertamento del diritto a vedersi riconosciute le somme dovute a titolo di incentivazione alla produttività, in riferimento al plusorario espletato nel periodo luglio 1983 – dicembre 1987.
Nessuno si è costituito per le parti intimate.
Con ordinanza n. 248 del 14.12.2009 la Sezione ha disposto incombenti istruttori, sul presupposto che – dalla documentazione agli atti di causa – non apparivano chiari, né i presupposti di fatto delle rivendicazioni dei ricorrenti e, neppure, se le rispettive pretese avessero riguardo soltanto al quantum o, invece, anche all’an del diritto di credito fatto valere in questa sede.
In data 8.04.2010 l’A.O. di Legnano ha parzialmente ottemperato alla suddetta ordinanza istruttoria.
Anche il patrocinio ricorrente, ha, a più riprese, ottemperato alla predetta istruttoria, anche in vece dell’amministrazione, con richiesta di disporre eventuale verificazione o consulenza tecnica.
Alla pubblica udienza del 23.11.2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
Motivi della decisione
Preliminarmente, il Collegio deve rilevare come, ad un più approfondito esame delle pretese azionate con l’odierno gravame, debba essere sollevata – d’ufficio – la questione della inammissibilità del ricorso, per difetto di legittimazione passiva della U.S.S.L. n. 70 di Legnano, evocata in giudizio dagli odierni ricorrenti in qualità di parte resistente.
In tal senso, appare dirimente osservare come la proposizione del ricorso sia avvenuta in epoca successiva all’istituzione delle Aziende U.S.L. e della concomitante soppressione delle pregresse UU.SS.LL., ad opera del d.lgs. 3 dicembre 1992, n. 502, nonché, successivamente all’entrata in vigore della l. 23 dicembre 1994, n. 724, il cui art. 6, al comma 1, ha stabilito che: "in nessun caso è consentito alle regioni di far gravare sulle aziende di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni ed integrazioni, né direttamente né indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali. A tal fine le regioni dispongono apposite gestioni a stralcio, individuando l’ufficio responsabile delle medesime".
Al fine della risoluzione della vicenda in questione giova, altresì, richiamare il comma 14, dell’art. 2, della l. 28 dicembre 1995, n. 549, secondo cui: "per l’accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le regioni attribuiscono ai direttori generali delle istituite aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie locali ricomprese nell’ ambito territoriale delle rispettive aziende. Le gestioni a stralcio di cui all’articolo 6, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, sono trasformate in gestioni liquidatorie. Le sopravvenienze attive e passive relative a dette gestioni, accertate successivamente al 31 dicembre 1994, sono registrate nella contabilità delle citate gestioni liquidatorie. I commissari entro il termine di tre mesi provvedono all’accertamento della situazione debitoria e presentano le risultanze ai competenti organi regionali".
Ebbene, tale essendo l’ambito disciplinare entro cui inquadrare la vicenda di causa, il Collegio ritiene che essa possa essere definita prestando puntuale adesione al consolidato orientamento giurisprudenziale (cfr., ex multis, Consiglio di stato, sez. VI, 21 settembre 2010, n. 6995; Cons. Stato, Sez. V, 22 ottobre 2007, n. 5501; Cons. Stato, Sez. IV, 19 febbraio 2007, n. 890; id., Sez. V, 29 gennaio 2009, n. 493) secondo cui, per effetto delle disposizioni introdotte dagli artt. 6 comma 1, l. 724 del 1994 e 2 comma 14, l. 549 del 1995, le Regioni sono state appositamente individuate quali unici soggetti giuridici obbligati ad assumere a proprio carico i debiti delle soppresse Unità sanitarie locali, mediante apposite gestioni a stralcio, di pertinenza delle Regioni medesime, anche dopo la trasformazione in gestioni liquidatorie affidate ai direttori generali delle nuove aziende.
Di modo che, soltanto alle Regioni deve essere riconosciuta la legittimazione processuale e sostanziale per le domande concernenti, sia, i crediti relativi a compensi per prestazioni lavorative espletate nell’ambito delle attività della gestione liquidatoria, per la ricognizioni di debiti e crediti delle soppresse Unità sanitarie locali, sia, i crediti relativi a prestazioni lavorative espletate durante l’esistenza delle soppresse U.S.L. ma azionati in giudizio successivamente alla data della loro soppressione (al 31.12.1994).
La surriferita legislazione nazionale, infatti, alla stregua dei principi direttivi stabili dalla L. n. 491 del 1992 di delega per la nazionalizzazione e per la revisione della disciplina del settore, ha comportato la configurazione delle nuove Aziende Sanitarie Locali come aziende dotate di personalità giuridica e di propria autonomia patrimoniale, contabile e gestionale, sicché non v’è dubbio che, nell’avvicendamento delle A.U.S.L. alle U.S.L., si è verificata una continuità di gestione nei relativi rapporti, ivi compresi quelli di lavoro subordinato o parasubordinato con il personale dipendente o convenzionato e, quindi, una successione dei neocostituiti organismi a quelli soppressi. Ma ciò non implica affatto che si sia realizzata anche una successione in universum jus delle A.S.L. alle U.U.S.L. per ciò che concerne i rapporti obbligatori facenti capo a queste ultime, la successione nei rapporti potendosi configurare nei soli limiti in cui la legge lo ha voluto e non per il solo fatto della soppressione degli enti pubblici assorbiti. Consegue da ciò che, come ripetutamente affermato dalla Corte di Cassazione, la L. 23 dicembre 1994, n. 724, art. 6, comma 1, disponendo che "in nessun caso è consentito alle regioni far gravare sulle aziende di cui al D.Lgs. n. 502 del 1992 e successive modificazioni e integrazioni, né direttamente, né indirettamente, i debiti e i crediti facenti capo alle gestioni pregresse delle unità sanitarie locali" e prevedendo che, a tal fine, le Regioni fossero dotate di apposite gestioni a stralcio, con individuazione dell’ufficio responsabile di esse, ha per ciò stesso inteso escludere l’ipotizzata successione, mentre la L. 23 dicembre 1995, n. 549, art. 2, comma 14, ha confermato tale scelta prescrivendo che, per l’accertamento della situazione debitoria delle unità sanitarie locali e delle aziende ospedaliere al 31 dicembre 1994, le Regioni attribuissero ai direttori generali delle istituite aziende unità sanitarie locali le funzioni di commissari liquidatori delle soppresse unità sanitarie locali, comprese nell’ambito delle rispettive aziende, e che le gestioni a stralcio di cui la L. n. 724 del 1994, art. 6, comma 1, fossero trasformate in gestioni liquidatorie (le quali, poi, vengono amministrate dai direttori delle aziende, rispetto ai quali sono appunto le regioni i soggetti titolari del potere dovere di attribuire a quelli le funzioni di commissari liquidatori). Ne deriva che, in buona sostanza, i direttori delle A.S.L. svolgono, su mandato dell’ente territoriale, compiti non limitati alla mera riscossione dei residui attivi ed al pagamento dei residui passivi, ma estesi all’amministrazione e liquidazione della situazione debitoria, tramite la fase dell’accertamento, vale a dire della ricognizione delle obbligazioni giuridicamente perfezionatesi nei confronti delle U.S.L. alla data del 31 dicembre 1994. La funzione di commissario liquidatore da parte dei direttori generali della aziende sanitarie è dunque prevista nell’interesse della regione, agendo essi in qualità di organi di tale ente (cosi, testualmente, Cass. S.U. 7 luglio 2000, n. 1237; cfr. altresì Cassazione Civile, sez. I, 20 settembre 2006, n. 20412).
Le disposizioni normative sopra riportate hanno, dunque, individuato nella Regione il soggetto giuridico obbligato ad assumere integralmente a proprio carico i debiti relativi alle pregresse gestioni delle unità sanitarie locali, attraverso le apposite Gestioni stralcio o liquidatorie (ancorché affidate ai direttori generali delle nuove aziende), cosicché solo alle predette Gestioni deve essere riconosciuta la legittimazione processuale e sostanziale per le domande concernenti gli eventuali debiti precedenti all’istituzione delle aziende sanitarie locali (cfr., ex multis, Consiglio di stato, sez. V, 27 dicembre 2010, n. 9487; C.d.S sez. V, 06 dicembre 2010, n. 8548; C.d.S., sez. V, 25 maggio 2010, n. 3310; 19 novembre 2009, n. 7233; 29 gennaio 2009, n. 493; 10 luglio 2008, n. 3428; Cass. Civ., sez. III, 3 marzo 2010, n. 5063; 26 gennaio 2010, n. 1532; 13 aprile 2007, n. 8826).
Sul tema è intervenuta, come noto, anche la Corte costituzionale, che con le sentenze n. 89 del 31.03.2000 e n. 437 del 9.12.2005, ha evidenziato come il cit. complesso di norme statali (D. L.vo n. 502/1992, L. 724/1994 e L. 549/1995) abbia approntato gli strumenti per la realizzazione del principio della insensibilità, per ragioni politicoeconomiche, delle neocostituite aziende unità sanitarie locali ai debiti delle pregresse unità sanitarie locali, sì da poter le prime cominciare a funzionare secondo i nuovi criteri di maggiore economicità e di responsabilità dei dirigenti, senza essere oberate dal passivo accumulato in un sistema di gestione della sanità pubblica che si riteneva generatore di disfunzioni e perciò da abbandonare.
Il principio fondamentale ricavabile dalla succitata normativa statale impone, quindi, di assicurare la separazione tra la gestione liquidatoria delle passività anteriori al 31.12.1994, risalenti alle soppresse usl e le attività poste in essere direttamente dalle nuove aziende sanitarie.
Le aziende sanitarie locali, quindi, rispondono dei debiti sorti dopo il 31 dicembre 1994, mentre, per i debiti sorti anteriormente a tale data, deve rispondere la Regione, che è successore "ex lege" a titolo particolare delle ormai soppresse unità sanitarie locali.
Avuto riguardo al caso che qui occupa, si deve, pertanto, constatare come il ricorso, pur riguardando pretese economiche sorte nel periodo 1983 – 1987, lo stesso risulti notificato soltanto all’U.S.L., nella persona del legale rappresentante p.t., e non alla competente Regione, e per essa, alla Gestione liquidatoria della disciolta USL di Legnano, cui fanno capo le reclamate pretese.
Da ciò, l’inevitabile conseguenza della inammissibilità del gravame, per difetto di legittimazione passiva dell’unica amministrazione convenuta in giudizio (cfr., in terminis, T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 22 ottobre 2007, n. 10234; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 12 gennaio 2007, n. 154; Consiglio Stato, sez. V, 17 dicembre 2001, n. 6248).
Nel caso in esame, in definitiva, la materia del contendere è costituita da crediti patrimoniali che i ricorrenti assumono di aver maturato, nei confronti della struttura sanitaria di originaria appartenenza, svariati anni prima della sua soppressione, con la conseguenza che il ricorso, notificato soltanto il 15.02.1995 e depositato il successivo 1.03.1995, andava notificato alla suddetta Gestione liquidatoria ovvero, in ultima analisi, alla Regione Lombardia, e non alla dissolta U.S.L. (cfr. ancora T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 23 novembre 2006, n. 4091; T.A.R. Piemonte Torino, sez. II, 22 maggio 2006, n. 2164; Tribunale Venezia, sez. III, 20 settembre 2005).
Conclusivamente, pertanto, il ricorso in epigrafe specificato deve essere dichiarato inammissibile.
Nulla sulle spese, stante la mancata costituzione delle parti intimate.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Quarta)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo dichiara inammissibile.
Nulla sulle spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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