Era la posizione di asservimento in cui poteva venirsi a trovare una persona libera, rispetto ad un pater familias [vedi] diverso da quello originario, cui si era legati da vincolo di sangue.
Tale condizione poteva derivare dall’esercizio, da parte del pater familias originario, del iùs vendèndi [vedi] o del ius nòxæ dàndi [vedi], oppure conseguire al nèxum [vedi] o alla vendita fittizia attraverso cui si compiva l’emancipàtio [vedi] in età classica.
Non risulta che la (—) abbia mai originato una situazione di schiavitù; le personæ in (—) non perdevano, dunque, la libertà, né la cittadinanza, assumendo rispetto al nuovo pater familias, la stessa posizione di un filius familias [vedi familia; pater familias; status (familiae); patria potestas].
Lo stato di asservimento, salvo che non fosse di per sé transitorio (es. vendita provvisoria, nella emancipatio), non si estingueva né per cause naturali (morte del pater familias), né per cause giuridiche (emancipatio). Dal lato attivo, la potèstas sui liberi in (—) si trasmetteva agli eredi del soggetto esercente in concreto la potestà: dal lato passivo la (—) si trasmetteva a figli e discendenti dell’asservito.
L’istituto perse gran parte del suo significato già in età classica, probabilmente a seguito dell’abolizione del nexum, nonché della perdita di concreto significato del ius vendendi e del ius noxæ dandi.
In età giustinianea, venute meno anche le formalità dell’emancipazione e dell’adozione e affermatosi il principio che il figlio eccezionalmente venduto dal pater diventava schiavo, la (—) scomparve del tutto.
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Càveat èmptor [Il compratore stia attento; cfr. art. 1491 c.c.]
L’espressione indica che il compratore non ha la possibilità di avvalersi della garanzia per vizi occulti della cosa oggetto di compravendita se:
— era al corrente dell’esistenza di quei vizi;
— i vizi erano agevolmente riconoscibili da una persona di diligenza media.
Cessio crèditi [Cessione del credito; cfr. artt. 1260 ss. c.c.]
La cessione del credito (dal creditore ad un terzo) fu diversamente realizzata nelle varie epoche del diritto romano:
— fino al II sec. d.C. essa non fu espressamente ritenuta ammissibile: i risultati della (—) venivano, pertanto, raggiunti mediante la procuràtio in rem suam [vedi]. Il sistema comportava, però, il grave inconveniente che, scadendo gli effetti della procuratio con la morte di una delle parti, le conseguenze della (—) potevano in qualsiasi momento essere vanificate;
— nel II sec. d.C., l’imperatore Antonino Pio concesse un’àctio utilis [vedi] in favore del soggetto che avesse acquistato un complesso ereditario: col tempo l’azione fu concessa in tutti i casi di (—) fino a divenire, in età giustinianea, di applicazione generale.
La (—) non poteva mai prescindere dalla causa [vedi]: se essa era stata operata a titolo di compravendita, il cedente doveva garantire al cessionario (l’acquirente) la sola esistenza del debito ceduto, il c.d. nòmen vèrum (si parlava, in proposito, di cessio pro solùto). Non era, invece, dovuta la garanzia del buon fine del credito, e cioè del sicuro adempimento del debitore (c.d. nomen bònum; si parlava, in proposito, di cessio pro solvèndo).
Il diritto romano postclassico, al fine di evitare speculazioni, indicò una serie di crediti ritenuti incedibili:
— i crediti litigiosi, quelli, cioè, oggetto di controversie giudiziarie;
— i crediti del pupillo (incedibili soltanto al tutore);
— [vedi cessio in potentiòrem].
Una più incisiva tutela contro eventuali abusi, derivò dalla c.d. lex Anastasiàna [vedi].
La stessa ratio [vedi] di evitare abusi o speculazioni, è alla base dell’art. 1261 c.c. vigente, che indica, a sua volta, una serie di crediti ritenuti incedibili dall’attuale ordinamento: da una lettura combinata delle categorie di crediti ritenute incedibili in diritto romano e nel diritto vigente emerge un interessante quadro dei costumi delle due epoche (in verità, inquietantemente analoghi).
Clausula nova [lett. “clausola nuova”]
Era così denominata ogni clausola introdotta nell’edictum [vedi] di un magistrato (in riferimento, particolarmente, all’editto del pretore), per la prima volta, e che quindi non costituiva tralaticia riproduzione di una clausola preesistente.
Attraverso tali clausole, venivano di volta in volta regolate situazioni nuove, non disciplinate in precedenza; esse furono particolarmente significative, consentendo il pieno estrinsecarsi della funzione creativa ed innovativa della giurisprudenza romana.