Certificazione (Certification)

Attestazione che veniva rilasciata dalla Prefettura, relativa alla sussistenza o meno di provvedimenti definitivi applicativi di una misura di prevenzione nei confronti di chi intendeva conseguire un provvedimento ampliativo o stipulare un contratto di appalto (o affine) con la P.A.
Gli scarsi risultati conseguiti nell’applicazione di tale normativa e l’eccessiva burocratizzazione che ha causato, ha indotto il legislatore a riordinare più volte la materia (L. 47/94, D.Lgs. 490/94, L. 135/97) finché, con decreto del Presidente della Repubblica 3-6-1998, n. 252 si è proceduto a semplificare notevolmente gli adempimenti per le comunicazioni e le informazioni antimafia.

Civilmente obbligato per la pena pecuniaria (d. pen.; d. proc. pen.) (Civil bound for the fine)

È il soggetto obbligato a pagare una somma di denaro pari all’ammontare della multa o dell’ammenda inflitta al colpevole, nell’ipotesi che il condannato sia insolvibile. La fattispecie sostanziale è prevista dagli artt. 196 e 197 c.p.; essa concerne le persone rivestite di autorità o incaricate della direzione o vigilanza sul colpevole, sempre che si tratti di violazioni che esse siano tenute a far osservare.
Concerne, altresì, le persone giuridiche per fatti commessi da propri rappresentanti, amministratori e dipendenti, in violazione degli obblighi inerenti a tali qualità, ovvero commessi nell’interesse dell’ente.
Come è noto, il condannato economicamente insolvibile resta assoggettato a conversione di pena, ai sensi dell’art. 136 c.p., a meno che la pena pecuniaria non venga corrisposta dal (—).
Si verte in tema di una particolare forma di responsabilità civile, in cui la pretesa non è quella di risarcimento danni (come per il rapporto tra parte civile e responsabile civile ed imputato), ma di versamento di una somma equivalente, nella sua entità, alla sanzione.
La natura punitiva, sia pure civilmente, dell’obbligazione in esame comporta che essa non possa essere applicata nei confronti di soggetti estranei al rapporto processuale. Il (—) non ha interesse ad intervenire nel processo, perché, se non chiamato, non potrà mai essere assoggettato al pagamento in questione. L’interesse a citarlo nel processo fa capo al P.M. (quale organo della pretesa punitiva) ed all’imputato (per ottenere, nell’ipotesi di condanna e di propria insolvenza, il pagamento della pena pecuniaria e quindi l’esonero proprio dalla conversione della pena insoluta). I termini, iniziale e finale, della citazione sono quelli consueti dell’inizio dell’azione penale e dell’apertura del dibattimento (art. 89 c.p.p.).

Collocamento (d. lav.) (Placing)

Insieme di strutture pubbliche e di procedure amministrative avente ad oggetto la costituzione di rapporti di lavoro subordinato.
L’istituto del (—) trova il suo fondamento negli artt. 41 e 351 Cost.:
— il primo sancisce il dovere, per lo Stato, di promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro riconosciuto a tutti i cittadini (politica dell’impiego);
— il secondo affida allo Stato il compito di tutelare il lavoro in tutte le sue forme e applicazioni.
Originariamente, il (—) costituiva una pubblica funzione esercitata direttamente e esclusivamente dallo Stato.
Il sistema era basato sulla formazione di graduatorie di avviamento (cd. liste) di prestatori di lavoro in relazione alla loro qualificazione professionale, tenute presso gli uffici pubblici di (—), e sul meccanismo della richiesta numerica delle figure professionali da assumere, successivamente trasformata in richiesta nominativa, inoltrata dai datori di lavoro a cui faceva seguito il nulla-osta all’assunzione da parte dell’ufficio di (—).
Solo dopo questo atto, poteva costituirsi regolarmente il rapporto di lavoro. Questo sistema di tipo pubblicistico, combinato con il divieto di intermediazione e interposizione nelle prestazioni di lavoro sancito dall’ordinamento con la L. 1369/1960, impediva qualsiasi attività privata nel campo della mediazione tra domanda e offerta di lavoro e determinava una situazione di monopolio delle strutture pubbliche accompagnata, però, da una palese inefficienza e inadeguatezza ai mutati contesti socio-economici.
Una prima svolta si è avuta con la L. 608/1996 che introducendo per la generalità dei lavoratori del settore privato il meccanismo dell’assunzione diretta, segna il definitivo passaggio del (—) da una funzione di intermediazione preventiva ad una funzione prevalentemente di controllo posteriore alla costituzione del rapporto.
Successivamente con la L. 196/1997 si è operata una prima parziale apertura del (—) a soggetti privati, consentendosi l’intermediazione tra domanda e offerta di lavoro ad apposite agenzie private, di fornitura di lavoro temporaneo [Lavoro (interinale)].
Con il D.Lgs. 469/1997 si è provveduto:
— da un lato, a decentrare a Regioni e enti locali le funzioni relative al (—) dei lavoratori e alle politiche attive del lavoro;
— dall’altro, ad aprire il sistema a imprese o gruppi d’imprese private in possesso di appositi requisiti.
L’organizzazione del (—) è quindi demandata a ciascuna Regione che deve provvedere mediante la definizione, con propria legge (regionale), degli organismi preposti al (—).
A livello provinciale le funzioni e i compiti relativi al (—) sono svolti mediante strutture denominate centri per l’impiego e attraverso la commissione per le politiche del lavoro (organo tripartito permanente di concertazione e di consultazione delle parti sociali).
Con la piena operatività della riforma del D.Lgs. 276/2003 ha cessato di esistere l’istituto del (—) così come tradizionalmente concepito.
In suo luogo si svolgono una serie di attività sul mercato del lavoro, solo in parte qualificabili come interventi di natura pubblica e gestiti dagli enti locali (Regioni e Province) secondo il modello prefigurato dal D.Lgs. 469/1997.
La mediazione nei rapporti di lavoro viena svolta in concorrenza dalle strutture pubbliche e da quelle private, mentre lo Stato svolge un’attività di coordinamento tra i vari mercati del lavoro territoriali [Borsa (continua nazionale del lavoro)] e di garanzia dell’osservanza della disciplina di legge.

Commissione europea (d. com) (European Commission)

Organo rappresentativo degli interessi della Comunità Europea [C.E.]: è attualmente formata da 20 commissari nominati dai governi, ma indipendenti da questi. La Germania, la Francia, il Regno Unito, l’Italia e la Spagna nominano 2 membri mentre gli altri Stati ne nominano 1.
Le competenze della (—) sono di tipo esecutivo e normativo. Tra le funzioni esecutive rientra l’applicazione dei trattati e degli atti comunitari oltre che la gestione dei fondi strutturali. Per ciò che concerne le funzioni di tipo normativo, la (—) partecipa alla formazione degli atti legislativi comunitari, soprattutto attraverso l’emanazione di proposte al Consiglio dell’Unione Europea. Inoltre, detiene un potere normativo proprio in alcune limitate ipotesi.
Esercita anche la funzione di rappresentanza della Comunità nei fori internazionali e la funzione di vigilanza sull’applicazione del Trattato e degli atti comunitari, in virtù della quale può deferire alla Corte di Giustizia uno Stato membro inadempiente, oltre che emanare raccomandazioni e pareri.
Per l’ampiezza e la rilevanza dei suoi compiti, la (—) è stata definita il motore della Comunità. Il suo ruolo nella concreta definizione delle politiche comunitarie è però piuttosto limitato a causa del peso preponderante del Consiglio e dello sviluppo delle competenze del Parlamento Europeo.