Tassa di effetto equivalente

artt. 23 e 25 Trattato CE
Il divieto di tenere in vita dazi doganali all’importazione ed all’esportazione e qualsiasi tassa di effetto equivalente negli scambi con i paesi membri è dovuto all’imporsi della libera circolazione delle merci nella Comunità.
La nozione di tassa ad effetto equivalente è stata più volte rielaborata dalla giurisprudenza. Lo Scopo del divieto era quello di evitare che venissero introdotte altre forme di imposizioni fiscali su un bene commercializzato.
Secondo la Corte di Giustizia, la tassa di effetto equivalente è “qualsiasi onere pecuniario imposto unilateralmente, a prescindere dalla sua denominazione e dalla sua struttura, che colpisca le merci in ragione del fatto che esse varcano la frontiera, anche se non sia riscosso a profitto dello Stato” (sentenza CGCE 25 gennaio 1977, Bahuis, in causa 46/76).
Le tasse di effetto equivalente sono oneri imposti alle sole merci che superano la frontiera nazionale, in un senso o in un altro.
Sono esclusi dalle tasse di effetto equivalente, quegli oneri pecuniari riscossi in occasione del passaggio, attraverso la frontiera di determinate merci.

Transito comunitario

artt. 91-97 Regolamento CEE 12 ottobre 1992, n. 2913/92
Si tratta di disposizioni comunitarie che permettono il passaggio delle merci da uno Stato membro all’altro senza lo sdoganamento.
IN realtà da tempo sono cadute tutte le frontiere doganali tra i paesi comunitari.
Lo Stato potrebbe ugualmente se lo volesse, effettuare controlli sui beni viaggianti sul suo territorio, ma non in maniera sistematica.
Il Regolamento n. 2913 del 12 ottobre 1992 detto Codice doganale comunitario regolamenta le normative del transito.
Quando lo scambio avviene tra paesi membri attraverso paesi terzi è necessaria un’operazione doganale al momento dell’uscita dalla Comunità, e al momento del reingresso in essa.
Quando lo scambio di merci avviene con paesi terzi possono verificarsi due ipotesi:
1) le formalità di esportazione vengono espletate in un ufficio di frontiera della Comunità;
2) le formalità di esportazione avverranno in un ufficio doganale nella Comunità. Nell’ufficio doganale di frontiera dovrà essere comunque presentato un esemplare della bolletta di esportazione.
Quando avviene l’ importazione di merci da paesi terzi sono possibili tre soluzioni:
1) le formalità di importazione definitiva vengono realizzate nel primo ufficio doganale di ingresso nella Comunità e le merci circolano nel territorio comunitario senza alcuna forma di controllo;
2) nel primo ufficio di ingresso nella Comunità le merci vengono immesse in libera pratica con il pagamento dei dazi doganali e circolano vincolate al regime di transito comunitario interno fino al luogo di immissione in consumo. In questo luogo vengono versate le imposte interne;
3) si procede, contestualmente, alla immissione in libera pratica ed alla immissione in consumo presso la dogana interna luogo di destinazione finale delle merci.
La procedura di domiciliazione, permette agli operatori di ricevere nei propri stabilimenti le merci ancora vincolate a dogana e di disporre immediatamente delle stesse con risparmio di tempo e di spese.
Gli uffici doganali potranno essere collocati in aree economico-produttive

SAPARD Special Accession Programme for Agricolture and Rural Development – Programma Speciale di Adesione per lo Sviluppo Agricolo e Rurale

Regolamento CE 21 giugno 1999, n. 1268/1999
Si tratta di una forma di assistenza usata dalla Comunità nell’ambito della strategia di preadesione rafforzata.
In questo modo si fornisce un aiuto ai paesi che hanno presentato domanda di adesione e che hanno difficoltà ad operare interventi strutturali nel settore agricolo.
In questo modo si adeguano agli standard della politica agricola comune.

Seconda fase dell’unione economica e monetaria

artt. 98-104 Trattato CE

Periodo di tempo che è intercorso tra il 1° luglio 1994 e il 1° gennaio 1999.
In tale periodo è stata posta notevole attenzione alla politica delle finanze pubbliche degli Stati membri, per poter realizzare l’unione economica e monetaria e introdurre l’euro.
La terza fase è stata iniziata nel 1999 perchè quasi nessun paese era in grado di rispettare i criteri di convergenza.
L’istituto monetario europeo nasce per l’appunto in questa seconda fase, con funzioni di coordinamento delle politiche monetarie degli Stati membri, e per evitare disavanzi pubblici eccessivi.
Per tale motivo gli Stati erano tenuti a rispettare i criteri di convergenza indicati nel Trattato di Maastricht.
Per mantenere stabili questi parametri , nel corso del Consiglio europeo di Dublino del 1996, è stato deliberato il cd. patto di stabilità e crescita.
Nel 1998 sono stati individuati i paesi che avendo rispettato questi criteri potevano essere ammessi alla terza fase.