Rappresenta l’indice medio dei cambi bilaterali di un determinato paese. Il cambio effettivo può essere variamente ponderato con le esportazioni o con le importazioni, descrivendo la competitività estera dei costi di produzione.
Categoria: Glossario
Canali di creazione della base monetaria (Channels creation of base money)
Fonti dell’offerta di base monetaria (v.). Tradizionalmente si individuano i seguenti settori:
— le banche; esse chiedono finanziamenti alla Banca centrale (v.), attraverso anticipazioni e risconti; in tal modo la Banca centrale inietta base monetaria nel sistema;
— il Tesoro, il cui fabbisogno finanziario può venire coperto con il ricorso al conto corrente di tesoreria presso la Banca Centrale;
— l’estero, poiché un surplus (deficit) della bilancia dei pagamenti si traduce in una iniezione (distruzione) di base monetaria;
— altri settori, in cui avvengono operazioni atipiche quali l’acquisto di titoli non di Stato ed altre operazioni diverse.
In Italia la base monetaria (BM) fino al 1999 comprendeva i biglietti della Banca d’Italia, monete di Stato, depositi presso le autorità monetarie (depositi delle banche presso Bankitalia, margine disponibile in conto anticipazioni presso la Banca centrale, depositi delle banche presso il Tesoro) e le valute estere immediatamente convertibili in valuta nazionale.
Dal 1° gennaio 1999, a seguito della partecipazione dell’Italia alla moneta unica europea (v. UEM), le tradizionali definizioni di base monetaria hanno perso senso: così, ad esempio, il canale estero è ora definito come la posizione netta dell’Eurosistema (composto dalla BCE e dalle Banche Centrali dei paesi che partecipano all’Unione Monetaria) nei confronti dei residenti al di fuori dell’area euro.
Alla luce di quanto appena detto i canali di creazione della base monetaria nell’area dell’euro (v.) sono così individuati:
— oro e crediti in oro detenuti dalla BCE (v.) e dalle banche centrali nazionali (v. BCN);
— attività nette in valuta (riferite a valute esterne all’area dell’euro e, dunque, con esclusione delle valute dei quattro paesi che non partecipano all’euro);
— prestiti alle istituzioni finanziarie monetarie (v. IFM): operazioni di mercato aperto, operazioni di rifinanziamento ecc.;
— crediti verso la Pubblica Amministrazione (include i crediti concessi prima del 1994 e ancora in essere);
— altre attività di minore rilevanza.
Capitalismo anglosassone (Anglo-Saxon capitalism)
Concetto assunto a notorietà, nei primi anni Novanta, in seguito alla pubblicazione di uno studio di Michel Albert sulle caratteristiche istituzionali ed economiche del capitalismo negli Stati Uniti e nei paesi anglosassoni in genere.
In tali paesi l’assetto delle imprese è caratterizzato dalla netta divisione fra proprietari (azionisti privati, fondi di investimento, fondi pensione, imprese di assicurazione) e managers. Il ruolo degli azionisti nella gestione dell’impresa è sostanzialmente anonimo e marginale, poiché essi sono interessati solo al flusso di profitti che l’impresa è in grado di produrre.
Al contrario, ai managers è affidata l’effettiva gestione delle imprese; i loro obiettivi, però, possono essere profondamente diversi (a volte, addirittura in contrasto) da quelli dei proprietari: massimizzazione dei propri stipendi, semplice sopravvivenza dell’impresa ecc.
I conflitti fra azionisti e managers sorgono, vista la divisione dei compiti e i diversi obiettivi, nel momento in cui i primi vedono minacciati i loro diritti di proprietari. Da qui nasce la paura di acquisizione ostili, l’ossessione del breve periodo che conducono a stretegie aziendali spesso distruttive.
L’esistenza, poi, di un mercato finanziario molto dinamico e soprattutto molto informato sugli andamenti delle imprese, spinge i proprietari a pretendere delle strategie aziendali capaci di contenere eventuali take over ostili.
L’organizzazione e la gestione delle imprese nell’ambito del modello di capitalismo anglosassone sono diametralmente opposte a quelle riscontrabili nel modello di capitalismo renano (v.).
Case method
Tradotto con l’espressione metodo dei casi, ampiamente utilizzato negli studi aziendali economici si propone di individuare la soluzione dei problemi partendo dall’analisi di casi concreti.