Contràctus c.d. mohatræ [dall’arabo muhâtarah che significa “scommessa”]

Era il contratto con il quale un soggetto, ricevuta da un terzo una richiesta di un prestito di denaro, consegnava a quest’ultimo una cosa infungibile (ad es., un dipinto), autorizzandolo a venderla ed a trattenere per sé, a titolo di mutuo, la somma di denaro ricavata dalla vendita.
In particolare:
— il mutuo poteva riguardare la cifra ottenuta dalla vendita;
— le parti potevano convenzionalmente dare alla cosa infungibile un valore verosimilmente più elevato rispetto a quello che sarebbe stato ricavato dalla vendita, ricadendo il rischio di una vendita sfavorevole sul mutuatario.

Correctòres civitatium

Nel III sec. d.C. Caracalla [vedi] introdusse nelle province [vedi provinciae] i (—) ossia funzionari di governo con incarico di sorveglianza su gruppi di municipia.
Questa istituzione fu l’effetto dell’ingerenza dei principes, che si manifestò sin dai tempi di Nerva, nella vita dei municipia [vedi municipium].
Traiano [vedi] introdusse il sistema del curator rei publicæ, scelto per ogni municipium [vedi] tra i decuriones o gli Augustales di un municipio vicino, con l’incarico di controllare i lavori pubblici e l’amministrazione finanziaria.
In seguito curatores e (—) divennero organi permanenti con compiti anche di alta direzione delle amministrazioni municipali.

Crimen calùmniæ

Delitto [vedi crimen] consistente nella formulazione di accuse false ed infondate nei confronti di soggetti innocenti.
Il (—) fu disciplinato da una lex Remnia de calumniatoribus [vedi]; nell’ambito della fattispecie furono fatte rientrare (per opera del senatusconsùltum Turpilliànum [vedi]) anche la prævaricàtio [vedi] e la tergiversàtio [vedi].
La pena prevista era quella dell’incapacità a sostenere l’accusa in futuri processi.
La legislazione imperiale applicò pene più severe, delle quali, peraltro, nulla è dato sapere.

Crimen vis

Delitto [vedi crimen] consistente nel compimento di atti di violenza fisica, in danno di magistrati e senatori, perpetrato allo scopo di impedire il normale e libero svolgimento delle adunanze pubbliche e, più in generale, delle funzioni dello Stato.
La lex Plautia de vi, nel configurare il (—), stabilì per esso la pena di morte, salva la possibilità di accettare, in sostituzione, l’esilio volontario (c.d. iùs exìlii [vedi]).
Nel periodo del principato, il (—) fu configurato ex novo dalla lex Iulia de vi publica et privata [vedi].