& La capacità processuale è uno degli aspetti in cui si specifica la capacità di agire (Bianca, 215). Quest’ultima è il presupposto della capacità processuale, tanto che ove venga limitata od esclusa in relazione al compimento di determinati atti conseguentemente viene ad essere compressa o negata la capacità processuale.
Essa indica l’idoneità del soggetto ad esercitare le azioni e ad essere convenuto (Bianca, 210); più in particolare è la capacità di agire riferita al compimento degli atti processuali (Satta, Capacità processuale civile, in ED, VI, Milano, 1960, 131).
! La capacità cui fa riferimento l’art. 75 c.p.c. è la capacità di agire e non quella naturale (è C. 9147/03; C. 14034/02; C. 9146/02; C. 6882/02; C. 4834/02; C. 14866/00; C. 6318/00; C. 5152/99).
Il fallito, in quanto posto in stato di incapacità relativa, può esercitare e far valere i soli diritti strettamente personali ovvero quelli patrimoniali di cui si disinteressino gli organi del fallimento (C. 4865/98; C. 6873/94).
& Secondo Mandrioli (Corso di diritto processuale civile, I, Torino, 1991, 256) nell’art. 75 c.p.c. confluiscono due concetti: la capacità e la legittimazione processuale, intesa come potere di stare in giudizio.
! In tal senso è orientata anche la giurisprudenza (C. 3004/04; C. 8.3.1994).
La capacità processuale è condizione di procedibilità.
La nullità, rilevabile dalla parte o d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio instaurato da o nei confronti di soggetto incapace, può essere sanata con la costituzione del suo rappresentante o assistente.
L’incapace, costituendosi con il suo rappresentante, può ratificare, con salvezza dei diritti quesiti dalla controparte, l’operato del falso rappresentante (Bianca, 216).
! La sopravvenuta incapacità della parte comporta l’interruzione del giudizio ove sia rilevata dal procuratore costituito. In mancanza il processo prosegue ugualmente nei confronti dell’incapace (è C. 1441/97; C. 4721/95; C. 791/95).
La controparte, se venuta a conoscenza dell’intervenuta perdita della capacità di agire, può comunque di sua iniziativa chiamare in giudizio gli eredi, il rappresentante o l’assistente della parte divenuta incapace (C. 1434/92). Non rientrano nella capacità processuale né la capacità di essere testimone né quella a rendere una confessione.
La prima prescinde da ogni forma di capacità di agire potendo essere testimone anche il minore e l’infermo di mente (C. pen. 11.7.2003, n. 35508; C. pen. 7.10.86) fermo restando il potere del giudice di valutare la credibilità del teste in rapporto alle sue condizioni psico-fisiche; la seconda, configurandosi come capacità di disporre del diritto cui i fatti si riferiscono è vera e propria capacità di agire e non capacità processuale processuale (è C. 4015/95; C. 5264/89).
Categoria: Persona e famiglia
Parere legale motivato di diritto civile. Separazione personale con obbligo di assegno verso moglie e figli. Impossibilità di versare assegno. Denuncia d’omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza.
a cura del dott. Domenico CIRASOLE
Il caso in esame propone una denuncia fatta da Caia e dai suoi figli nei confronti di Tizio, padre di Sempronio ( maggiorenne ), Mevio ( minorenne ), ed coniuge Caia.
A Tizio il Giudice Civile a seguito di separazione personale aveva obbligato di corrispondere 500 Euro mensile in favore di Caia, 300 Euro in favore di Mevio e 300 Euro in favore di Sempronio.
Tizio adempie inizialmente i suoi obblighi, ma successivamente non paga le somme dovute, a causa della diminuzione degli introiti, derivanti da attività professionale.
Tizio comunque sostiene delle spese in favore dei figli, non qualificate.
Dalla separazione personale ( art. 158 cc ), con sentenza omologata ( art. 711 cpc ) sorgono degli obblighi ( art. 155 cc ) di mantenimento nei confronti dei figli anche se maggiorenni ( art. 155 quinques ), ed obblighi di mantenimento nei confronti del coniuge, cui non sia addebitabile, la separazione, quando quest’ultimo non abbia adeguati redditi propri ( art. 156 cc ).
La sentenza ( art. 324 cpc ) del Giudice civile costituisce titolo per l’iscrizione dell’ipoteca giudiziale ( art. 2818 cc ).
In caso di inadempienza, il giudice può disporre il sequestro ( art. 156 cc ) dei beni del coniuge obbligato.
Qualora vi siano giustificati motivi il Giudice Civile può modificare, o revocare i provvedimenti emanati ( art. 156 cc; 709 ter cpc; 710 cpc ).
In caso di inadempimento del coniuge avente diritto, il Giudice Civile può ordinare a terzi di corrispondere periodicamente, somme di denaro direttamente al coniuge.
Il coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa, ovvero i figli di età minore, o inabili al lavoro, possono proporre querela, per violazione degli obblighi di assistenza familiare, al pubblico ministero o ad un ufficiale di polizia giudiziale ( art. 333 cpp; art. 336 cpp ).
La querela, in caso di persona minore di 14 anni può essere proposta da chi ne abbia la rappresentanza ( art. 120 cpp ), ovvero dal genitore non in conflitto di interessi.
Mentre i minori che hanno compiuto gli anni 14 possono esercitare il proprio diritto di querela.
L’art. 570 c.p. sanziona colui che viola gli obblighi di assistenza familiare.
Infatti la costituzione obbliga i genitori di mantenere, educare istruire i figli.
Il primo comma tutela la convivenza e l’unità familiare.
Il secondo comma tutela accanto all’unità familiare, anche specifici interessi economici dei singoli, quale in patrimonio del coniuge debole.
Il reato di omessa somministrazione dei mezzi di sussistenza, quando rivolto verso più soggetti beneficiari, rimane unico reato, se i soggetti convivono tutti in famiglia ( Cass. Pen. 42767/03; 3125/98 ).
Se la condotta lesiva colpisce più soggetti della famiglia che non convivono, si integra l’ipotesi di concorso formale di reati di cui all’art. 81 cp ( Cass. Pen. 1629/03 ).
La mancanza di somministrazione dei mezzi di sussistenza e la contemporanea sottrazione degli obblighi derivanti dalla patria potestà integrano un unico reato ( art. 570 cp ); ( Cass. Pen. 283/73 ).
Il reato cessa con adempimenti occasionale e parziali ( 12400/90 Cass. Pen. ) dell’obbligato, dette azioni interrompono, l’illecita condotta.
In tema di violazione degli obblighi di assistenza familiare per mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza, occorre distinguere tra assegno stabilito dal giudice civile e mezzi di sussistenza.
Per i mezzi di sussistenza si intende ciò che è necessario per la sopravvivenza.
Il giudice penale deve sempre accertare se la violazione dell’obbligo di somministrazione ha concretamente fatto mancare i mezzi di sussistenza ai beneficiari ( Cass. Pen. 1172/99 ).
Inoltre non vi è interdipendenza tra in reato previsto dall’art. 570 e l’assegno disposto dal giudice civile. ( 3450/98 Cass. Pen.).
Infatti la mancata corresponsione dell’assegno, non è sufficiente a dimostrare la responsabilità penale, che dall’omissione siano venuti meno ai familiari, i mezzi di sussistenza ( Cass. Pen. 8419/97 ).
La indisponibilità di mezzi, dell’obbligato, se accertata e verificata, esclude il reato, valendo come esimente. ( Cass. Pen. 5969/97 ).
La mancata corresponsione dell’assegno divorziale nella misura stabilita dal giudice civile, non configura il reato ex art. 570, 2° co-cp, se il giudice penale accerta che da tale condotta, non siano venuti a mancare in concreto, ai beneficiari, i mezzi si sussistenza. ( Cass. Pen. 40708/06 ).
Inoltre lo stato di assenza dei mezzi si sussistenza di un figlio minore, deve essere accertata.
Infatti la presunzione che il minore sia incapace di produrre reddito, può essere superata, se il minore disponga di redditi patrimoniali. ( Cass. Pen. 26725/03 ).
Nella fattispecie in esame a parre dello scrivente Tizio, libero professionista, ha visto diminuire drasticamente i propri introiti.
Questa circostanza esimente esclude il reato rilevabile in capo a Tizio.
Così come non configura il reato previsto ex art. 570 cp, la mancata corresponsione dell’assegno di mantenimento previsto dal giudice civile, da versare al coniuge e ai figli.
Mentre in reato è configurabile solo quando concretamente manchino i mezzi di sussistenza ai soggetti previsti dalla norma.
Osservando il caso concreto si apprende, anche che Tizio abbia sostenuto occasionali e parziali spese in favore dei figli.
Detto comportamento fa cessare, o interrompe il reato in discussione.
Si osserva ancora che i figli non si trovano nella condizione previste dall’art. 570 ( mancanza dei mezzi di sussistenza ).
Infatti entrambi iscritti all’accademia militare, ricevono, vitto, alloggio e paga giornaliera.
Quindi hanno tutto ciò che necessita per la loro sopravvivenza.
In merito a Caia, anch’essa non veste in stato di necessità, avendo un autonomo reddito.
Detto reddito certamente permette a Caia di vivere discretamente.
Osservando l’elemento psicologico di Tizio, che a causa di fattori esterni, vede ridotto il proprio reddito, ma ha intenzionalmente voluto far mancare i mezzi di sussistenza dei discendenti e del coniuge, ne oggettivamente, detti soggetti si sono concretamente trovati nella condizione prevista ex art. 570 cp.
Quindi Tizio ben può difendersi dalle accuse di Caia e dei suoi figli, non sussistendo la configurabilità del reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare.
Parere legale. Patente fotocopiata, falsificata, con apposizione di foto e timbro.
a cura del dott. Domenico CIRASOLE
La questione giuridica in esame vede interessato il sig. FLLAVIANO che aveva contraffatto una patente di guida rilasciata da un’autorità marocchina, apponendovi la propria fotografia, deducendo che il documento era una fotocopia di un permesso originale.
Da un’analisi, risulta che la patente, composta da fogli fotocopiati, presentava timbri, anche se non a secco.
Il reato di contraffazione (artt. 477 e 482) di una patente di guida rilasciata da un’autorità marocchina, anche se si presenta come fotocopia integra il reato di falso materiale quando essa si presenta non come tale, ma con l’apparenza di un documento originale (Cass., 7 febbraio 2006, n. 10391) come nella specie, in cui la presenza di timbri dava una garanzia di permesso di guida originale, nè tale falsificazione poteva ritenersi grossolana (Cass. pen. Sez. V, n. 7427/2010).
Capacità di agire e lavoro
È controverso se «le diverse età» previste dal 2° co. dell’art. in commento conferiscano al minore la sola capacità al rapporto di lavoro ovvero anche quella alla conclusione del contratto.
& Secondo Rescigno, 213, deve mantenersi ferma la distinzione tra idoneità a stipulare il contratto, che in difetto di emancipazione rimane fissata al compimento del diciottesimo anno di età, ed esercizio dei diritti e delle azioni che ne derivano, per il quale può essere ammessa un’età diversa.
Il minore deve intervenire alla stipulazione del contratto di lavoro, mentre è discusso se nella conclusione dello stesso debba essere rappresentato o soltanto assistito: secondo parte della dottrina il minore deve manifestare la propria volontà ed avrebbe piena autonomia (De Cristofaro, L’autonomia dei minori, Milano, 1980, 507); contra (Santoro Passarelli, Nozioni di diritto del lavoro, Napoli, 1991, 130) il quale ritiene possibile la trasformazione della rappresentanza in assistenza soltanto ove ciò sia previsto espressamente dalla legge.
Il contratto di lavoro concluso dal minore senza il proprio rappresentante è annullabile.
! La capacità di prestare il proprio lavoro implica quella di scegliere liberamente la propria occupazione, di aderire ad un’associazione sindacale, di dimettersi dal posto di lavoro (P. Firenze 13.6.90), di agire in giudizio (P. Cagliari 14.11.86) e di percepire la retribuzione, ma non di disporne.
Le discriminazioni retributive nei confronti di minore che presti un’attività lavorativa equivalente a quella di un adulto sono state più volte censurate dalla giurisprudenza (C. 2789/86) che ha dichiarato la nullità delle clausole relative contenute nei contratti collettivi (tra le molte è C. 8704/91; C. 1478/89; C. 6845/87; C. 2743/87; C. 5817/86).
La l. 17.10.1967, n. 977 fissa a quindici anni l’età professionale minima (art. 3 come modificato dall’art. 5, d.lg. 4.8.1999, n. 345). È richiesto, tuttavia, che i fanciulli e gli adolescenti siano riconosciuti idonei all’attività lavorativa cui saranno adibiti previo esame medico (art. 8 come sostituito dall’art. 9, d.lg. 4.8.1999, n. 345).
L’art. 15, sostituito dall’art. 10, d.lg. 4.8.1999, n. 345, fissa il divieto di lavoro notturno dei fanciulli e degli adolescenti, tranne in caso di rappresentazione teatrale o cinematografica, per le quali il divieto non sussiste salvo autorizzazione della direzione provinciale del lavoro (art. 4, modificato dall’art. 6, d.lg. 4.8.1999, n. 345).
Il minore ultraquattordicenne iscritto nelle matricole della gente di mare può prestare il proprio lavoro e concludere i relativi contratti, con il consenso del rappresentante, nonché esercitare i diritti e le azioni che ne derivano (art. 324, 1° co., c.nav.). tale norma, che prevede una limitata capacità di agire, si applica anche alla navigazione interna ed al personale di volo (artt. 375, 1° co. e 901, 1° co., c.nav.).