a cura del dott. Domenico CIRASOLE
Le attività di assistenza e consulenza giuridica costituiscono due attività distinte ma troppo spesso confuse tra loro.
Nella prassi infatti è molto frequente assistere a una sovrapposizione delle due funzioni tanto che spesso esse vengono esercitate dalla stessa persona.
Le differenze tra le due funzioni restano però evidenti e indiscutibili.
L’attività di assistenza infatti consiste nell’attività attraverso la quale l’avvocato “assiste” il cliente che gli ha conferito l’ incarico, utilizzando le proprie competenze e conoscenze per svolgere tutte le deduzioni e cognizioni utili alla difesa della parte in giudizio.
Nettamente distinta da essa è invece l’attività di consulenza giuridica che compete normalmente al procuratore legale e che consiste nel rappresentare la parte nel processo, e che a differenza della prima non può essere eserciate mediante semplice incarico informale della parte, ma necessita di una procura, ovvero di un atto formale di nomina.
La differenza tra le 2 funzioni, assistenza e consulenza giuridica, permette dunque anche di tracciare una netta differenza tra il diverso ruolo dell’avvocato che proprio perchè assiste la parte è anche denominato “ difensore assistente” e quello del procuratore legale che invece rappresentando la parte in giudizio è definito “difensore ministro”.
E’ però anche vero che nella prassi la distinzione tra avvocato e procuratore legale finisce per diventare assai labile se si pensa che l’ordinamento professionale prevede la possibilità di esercizio cumulativo di entrambe le professioni da parte della stessa persona, pur rimanendo l’attività del procuratore legale territorialmente limitata(artt. 2, 27, 28 r.d.l. 27-11-1933, n. 1578).
Ne consegue quindi che il procuratore legale può sia assistere che rappresentare la parte davanti a tutti gli uffici giudiziari della corte d’appello di sua competenza territoriale, e anche davanti al TAR, purchè iscritto nel distretto territorialmente competente; l’avvocato invece può assistere la parte davanti a tutti gli organi giudiziari della Repubblica ma non può rappresentarla salvo che egli non sia anche un procuratore legalmente esercente in loco.
La distinzione tra le due funzioni non ha invece alcun rilievo nei giudizi davanti alle magistrature superiori e alla Corte costituzionale, in quanto in tali giudizi il patrocinio è riservato agli avvocati iscritti nell’albo speciale tenuto dal Consiglio Nazionale Forense.
E’ opportuno anche ricordare che, le funzioni di rappresentanza e di assistenza davanti alle preture possono essere esercitate, alle condizioni previste dall’art. 1 della l. 24-7-1985, n. 406, anche dai laureati in giurisprudenza, dopo un anno dall’iscrizione nel registro dei praticanti procuratori, per un periodo non superiore a quattro anni.
Un ultimo ma non trascurabile aspetto del rapporto tra le funzioni di assistenza e consulenza giuridica riguarda infine l’aspetto della prevalenza.
E’ bene infatti ricordare che l’attività di assistenza è facoltativa ad eccezione del giudizio davanti al pretore in cui a norma dell’art. 822 c.p.c., è alternativa a quella del procuratore, mentre l’attività di consulenza giuridica, nel processo civile, è quasi sempre necessaria (art. 82, 3° co., c.p.c.)
Dunque nel processo civile la parte deve di norma essere sempre rappresentata,mentre l’assistenza giuridica è facoltativa,percui prevale la figura del procuratore legale(difensore ministro) su quella dell’avvocato(difensore assistente).
Diversamente nel processo penale accade esattamente il contrario, cioè è la figura del “difensore assistente”(che può anche essere nominato d’ufficio) a prevalere e sostituire quella del difensore ministro, pur non mancando ipotesi in cui il codice di procedura penale consente all’imputato di farsi rappresentare dal difensore ministro, munito di mandato speciale (si vedano, ad esempio, gli artt. 125 2° co., 136, 170 3° co., 192 1° co., 206)
L’attività di assistenza e consulenza stragiudiziale non può però essere analizzata esclusivamente nell’ambito del nostro ordinamento interno, ma va bensì inquadrata all’interno di un più ampio raggio che tenga conto anche del diritto internazionale.
In particolare l’espansione e internazionalizzazione dei rapporti economici rendono indispensabile la conoscenza e il rapido accesso a informazioni tecniche e giuridiche, non più solo sul diritto interno, ma sempre più spesso sul diritto dei paesi stranieri.
Questa esigenza di specializzazione ha inevitabilmente portato a soppiantare la tradizionale e provinciale figura dell’avvocato “generico-individualista” con quella più aperta e polivalente degli studi associati di assistenza e consulenza.
Per realizzare una vera apertura all’educazione giuridica,all’informazione e all’analisi del diritto straniero,è però necessario partire dalla formazione universitaria, ma qualche passo in questa direzione è già stato
fatto ,con l’introduzione dei c.d. giuristi d’impresa, cui è dedicato uno specifico piano di studi che tiene conto anche delle esperienze degli altri paesi.
Conoscere e confrontare queste diverse esperienze è indispensabile per poter risolvere le dispute nazionali che coinvolgono beni e persone di paesi diversi,ma costituisce anche un ottima opportunità di crescita e apertura per ciascun paese.
Ad esempio l’attività di assistenza e di rappresentanza in giudizio è di regola monopolio della classe forense in ogni paese, lo stesso non può invece dirsi per l’attività di consulenza.
Solo in Germania, infatti, esiste il monopolio sulla consulenza legale, mentre nel resto d’Europa prevale il diverso principio della concorrenza fra avvocati e altre categorie professionali.
In Italia ad esempio, l’attività di consulenza legale stragiudiziale è comunemente ritenuta libera, e pertanto può essere legittimamente esercitata, anche dietro compenso, sia da persone non iscritte negli albi professionali, purchè si tratti di attività sporadiche, sia da tecnici e periti come i dottori commercialisti,i ragionieri, i consulenti fiscali, i consulenti del lavoro, e i notai.
Una grave lacuna invece esistente nel nostro sistema invece riguarda l’accessibilità alla giustizia da parte dei meno abbienti , che spesso sono costretti a rinunciare al loro diritto all’assistenza e consulenza stragiudiziale perché troppo costoso.
L’attuale sistema di gratuito patrocinio italiano regolato dal r.d. 30-12-1923, n. 3282, infatti a differenza degli altri paesi europei ed extraeuropei.
non prevede un sistema di consulenza stragiudiziale a favore dei non abbienti a carico totale o parziale dello Stato.
Si tratta di una lacuna e una arretratezza del nostro sistema che appare ancora più grave se si tiene conto che la stragrande maggioranza degli altri paesi europei ed extraeuropei ha invece da tempo compreso l’importanza di assicurare ai ceti meno abbienti il diritto di accedere più agevolmente alla giustizia, istituendo a tal fine appositi uffici pubblici di consulenza e assistenza a costi decisamente più convenienti della consulenza tradizionale degli avvocati.
Tra queste nuove forme di assistenza e consulenza legale, un attenzione particolare meritano i c.d. «paralegals», persone fornite di un certo livello di preparazione giuridica, che soprattutto in cause di modeste entità consentono un notevole risparmio economico offrendo un servizio di consulenza e assistenza pari a quello di avvocati o tecnici altamente specializzati.