Differenze tra assistenza e consulenza giuridica

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

Le attività di assistenza e consulenza giuridica costituiscono due attività distinte ma troppo spesso confuse tra loro.
Nella prassi infatti è molto frequente assistere a una sovrapposizione delle due funzioni tanto che spesso esse vengono esercitate dalla stessa persona.
Le differenze tra le due funzioni restano però evidenti e indiscutibili.
L’attività di assistenza infatti consiste nell’attività attraverso la quale l’avvocato “assiste” il cliente che gli ha conferito l’ incarico, utilizzando le proprie competenze e conoscenze per svolgere tutte le deduzioni e cognizioni utili alla difesa della parte in giudizio.
Nettamente distinta da essa è invece l’attività di consulenza giuridica che compete normalmente al procuratore legale e che consiste nel rappresentare la parte nel processo, e che a differenza della prima non può essere eserciate mediante semplice incarico informale della parte, ma necessita di una procura, ovvero di un atto formale di nomina.
La differenza tra le 2 funzioni, assistenza e consulenza giuridica, permette dunque anche di tracciare una netta differenza tra il diverso ruolo dell’avvocato che proprio perchè assiste la parte è anche denominato “ difensore assistente” e quello del procuratore legale che invece rappresentando la parte in giudizio è definito “difensore ministro”.
E’ però anche vero che nella prassi la distinzione tra avvocato e procuratore legale finisce per diventare assai labile se si pensa che l’ordinamento professionale prevede la possibilità di esercizio cumulativo di entrambe le professioni da parte della stessa persona, pur rimanendo l’attività del procuratore legale territorialmente limitata(artt. 2, 27, 28 r.d.l. 27-11-1933, n. 1578).
Ne consegue quindi che il procuratore legale può sia assistere che rappresentare la parte davanti a tutti gli uffici giudiziari della corte d’appello di sua competenza territoriale, e anche davanti al TAR, purchè iscritto nel distretto territorialmente competente; l’avvocato invece può assistere la parte davanti a tutti gli organi giudiziari della Repubblica ma non può rappresentarla salvo che egli non sia anche un procuratore legalmente esercente in loco.
La distinzione tra le due funzioni non ha invece alcun rilievo nei giudizi davanti alle magistrature superiori e alla Corte costituzionale, in quanto in tali giudizi il patrocinio è riservato agli avvocati iscritti nell’albo speciale tenuto dal Consiglio Nazionale Forense.
E’ opportuno anche ricordare che, le funzioni di rappresentanza e di assistenza davanti alle preture possono essere esercitate, alle condizioni previste dall’art. 1 della l. 24-7-1985, n. 406, anche dai laureati in giurisprudenza, dopo un anno dall’iscrizione nel registro dei praticanti procuratori, per un periodo non superiore a quattro anni.
Un ultimo ma non trascurabile aspetto del rapporto tra le funzioni di assistenza e consulenza giuridica riguarda infine l’aspetto della prevalenza.
E’ bene infatti ricordare che l’attività di assistenza è facoltativa ad eccezione del giudizio davanti al pretore in cui a norma dell’art. 822 c.p.c., è alternativa a quella del procuratore, mentre l’attività di consulenza giuridica, nel processo civile, è quasi sempre necessaria (art. 82, 3° co., c.p.c.)
Dunque nel processo civile la parte deve di norma essere sempre rappresentata,mentre l’assistenza giuridica è facoltativa,percui prevale la figura del procuratore legale(difensore ministro) su quella dell’avvocato(difensore assistente).
Diversamente nel processo penale accade esattamente il contrario, cioè è la figura del “difensore assistente”(che può anche essere nominato d’ufficio) a prevalere e sostituire quella del difensore ministro, pur non mancando ipotesi in cui il codice di procedura penale consente all’imputato di farsi rappresentare dal difensore ministro, munito di mandato speciale (si vedano, ad esempio, gli artt. 125 2° co., 136, 170 3° co., 192 1° co., 206)
L’attività di assistenza e consulenza stragiudiziale non può però essere analizzata esclusivamente nell’ambito del nostro ordinamento interno, ma va bensì inquadrata all’interno di un più ampio raggio che tenga conto anche del diritto internazionale.
In particolare l’espansione e internazionalizzazione dei rapporti economici rendono indispensabile la conoscenza e il rapido accesso a informazioni tecniche e giuridiche, non più solo sul diritto interno, ma sempre più spesso sul diritto dei paesi stranieri.
Questa esigenza di specializzazione ha inevitabilmente portato a soppiantare la tradizionale e provinciale figura dell’avvocato “generico-individualista” con quella più aperta e polivalente degli studi associati di assistenza e consulenza.
Per realizzare una vera apertura all’educazione giuridica,all’informazione e all’analisi del diritto straniero,è però necessario partire dalla formazione universitaria, ma qualche passo in questa direzione è già stato
fatto ,con l’introduzione dei c.d. giuristi d’impresa, cui è dedicato uno specifico piano di studi che tiene conto anche delle esperienze degli altri paesi.
Conoscere e confrontare queste diverse esperienze è indispensabile per poter risolvere le dispute nazionali che coinvolgono beni e persone di paesi diversi,ma costituisce anche un ottima opportunità di crescita e apertura per ciascun paese.
Ad esempio l’attività di assistenza e di rappresentanza in giudizio è di regola monopolio della classe forense in ogni paese, lo stesso non può invece dirsi per l’attività di consulenza.
Solo in Germania, infatti, esiste il monopolio sulla consulenza legale, mentre nel resto d’Europa prevale il diverso principio della concorrenza fra avvocati e altre categorie professionali.
In Italia ad esempio, l’attività di consulenza legale stragiudiziale è comunemente ritenuta libera, e pertanto può essere legittimamente esercitata, anche dietro compenso, sia da persone non iscritte negli albi professionali, purchè si tratti di attività sporadiche, sia da tecnici e periti come i dottori commercialisti,i ragionieri, i consulenti fiscali, i consulenti del lavoro, e i notai.
Una grave lacuna invece esistente nel nostro sistema invece riguarda l’accessibilità alla giustizia da parte dei meno abbienti , che spesso sono costretti a rinunciare al loro diritto all’assistenza e consulenza stragiudiziale perché troppo costoso.
L’attuale sistema di gratuito patrocinio italiano regolato dal r.d. 30-12-1923, n. 3282, infatti a differenza degli altri paesi europei ed extraeuropei.
non prevede un sistema di consulenza stragiudiziale a favore dei non abbienti a carico totale o parziale dello Stato.
Si tratta di una lacuna e una arretratezza del nostro sistema che appare ancora più grave se si tiene conto che la stragrande maggioranza degli altri paesi europei ed extraeuropei ha invece da tempo compreso l’importanza di assicurare ai ceti meno abbienti il diritto di accedere più agevolmente alla giustizia, istituendo a tal fine appositi uffici pubblici di consulenza e assistenza a costi decisamente più convenienti della consulenza tradizionale degli avvocati.
Tra queste nuove forme di assistenza e consulenza legale, un attenzione particolare meritano i c.d. «paralegals», persone fornite di un certo livello di preparazione giuridica, che soprattutto in cause di modeste entità consentono un notevole risparmio economico offrendo un servizio di consulenza e assistenza pari a quello di avvocati o tecnici altamente specializzati.

Parere legale motivato di diritto civile. L’intermediario di viaggi e l’organizzatore rispondono dei danni nella stessa misura, qualora manchino informazioni relative ai prestatori dei servizi.

a cura del dott. DOMENICO CIRASOLE

La questione giuridica in esame vede interessati alcuni turisti che avevano acquistato un soggiorno presso il Residence OMEGA.
Il pacchetto turistico comprendeva alloggio, pulizie, biancheria letto, luce e gas, ecc, e diversi servizi accessori, quali spiaggia, piscina, attività sportive e ricreative: prestazioni rimaste inadempiute od offerte con qualità largamente inferiori a quelle promesse.
Detti turisti chiedono, ovviamente il risarcimento dei danni subiti a causa dell’inadempimento contrattuale.
Va premesso che il mero intermediario di viaggi non può essere ritenuto in linea di principio responsabile degli inadempimenti dell’organizzatore, o della non rispondenza dei servizi effettivamente offerti a quelli promessi e pubblicizzati, se non quando si possa dimostrare che – considerata la natura degli inadempimenti lamentati dal turista – egli conosceva, o avrebbe dovuto conoscere, facendo uso della diligenza tipica dell’attività esercitata, l’inaffidabilità dei soggetti a cui si è rivolto (Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-01-2010, n. 696).
Ciò non esclude che l’intermediario di viaggi non sia responsabile per colpa nella scelta dei prestatori dei servizi turistici.
Ed invero l’intermediario di viaggi assume infatti verso il viaggiatore sia le responsabilità tipiche del mandatario, sia quelle di cui alla Convenzione di Bruxelles ( D.Lgs. 17 marzo 1995, n. 111).
In forza del primo tipo di responsabilità è tenuto ad eseguire le operazioni richieste dal viaggiatore (prenotazioni, pagamenti, consegna della documentazione di viaggio, ecc., con la diligenza di cui all’art. 1710 cod. civ.).
In quest’ambito rientrano doveri di attenzione e oculatezza anche nella scelta dell’organizzatore del viaggio e dei prestatori dei servizi turistici.
Per quest’ultimo aspetto, tuttavia, la responsabilità per gli eventuali inadempimenti non può essere addebitata automaticamente all’intermediario, ma solo previa dimostrazione da parte del viaggiatore o del turista dei fatti idonei a dimostrare che l’intermediario era a conoscenza, od avrebbe potuto conoscere, facendo uso della diligenza tipica dell’attività esercitata, l’inaffidabilità dell’organizzatore del viaggio o dei prestatori dei servizi, ai quali ha indirizzato i suoi clienti, o la non rispondenza alla realtà delle prestazioni promesse tramite i depliants ed il materiale pubblicitario. (Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-01-2010, n. 696)
In altri termini l’intermediario è tenuto a rendere nota ai clienti la sua qualità e l’inerente mancata conoscenza dell’organizzatore del viaggio o dei prestatori dei servizi ed a renderla nota non in termini generici, ma specificamente, tramite i documenti di viaggio.
Dette dichiarazioni dell’intermediario allerta i viaggiatori sia del fatto, che rischi ed incognite circa l’adempimento delle prestazioni turistiche saranno a loro carico, sia dell’identità dei soggetti, direttamente responsabili, nei confronti dei quali potranno rivalersi per gli eventuali inadempimenti e danni (Cass. civ. Sez. 3^, 21 aprile 2006 n. 9360) e, qualora non vi adempia, l’intermediario assume la stessa responsabilità dell’organizzatore (art. 19, comma 2, Conv. Bruxelles).
Dunque in mancanza delle predette dichiarazioni, l’intermediario, è pertanto tenuto a rispondere dei danni nella stessa misura in cui ne risponde l’organizzatore. (Cass. civ. Sez. III, Sent., 19-01-2010, n. 696)

2 GIUGNO 2011: I PRECARI VUOTANO IL SACCO

2 GIUGNO 2011: I PRECARI VUOTANO IL SACCO
INVIATECI LE VOSTRE ESPERIENZE A
cirasole.do@libero.it
http://precariesenzalavoro.blogspot.com/
Cari amici precari, il 2 GIUGNO viene celebrata la Festa della REPUBBLCA ITALIANA.
L’Italia quale repubblica DEMOCRATICA FONDATA SUL LAVORO, garantisce i DIRITTI INVIOLABILI DEGLI UOMINI, i quali hanno TUTTI PARI DIGNITA’ SOCIALE.
E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli, di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini e che impediscono il pieno sviluppo della persona.
In altre parole la nostra classe politica, che ha giurato fedeltà alla nostra Costituzione, ha il dovere primario di promuove il diritto al lavoro e tutte le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Al contrario detta classe legifera a vantaggio dell’impresa e della pubblica amministrazione, permettendo di sfruttare il lavoratore precario che è costretto assieme al disoccupato a sopportare gli effetti della crisi economica, la mancanza di continuità del rapporto di lavoro , la mancanza di certezza sul futuro, la mancanza di un reddito adeguato su cui poter contare per pianificare la propria vita presente e futura.
Il fenomeno degenerativo dei contratti atipici cosiddetti flessibili (contratto di somministrazione, apprendistato, contratto di lavoro ripartito, contratto di lavoro intermittente, lavoro accessorio, lavoro occasionale, contratto a progetto, part-time, contratti a termine, lavoro interinale, lavoro parasubordinato, lavoro a collaborazione), fa emergere fattori discriminanti rispetto alla durata, alla copertura assicurativa, alla sicurezza sociale, ai diritti, all’assenza o meno dei meccanismi di anzianità, al quantum del compenso ed al trattamento previdenziale.
La flessibilità dunque si connota soprattutto come compressione dei diritti del lavoratore, della lavoratrice, delle giovani coppie, delle giovani mamme che sempre più sono costrette a rinunciare alla prole pur di non perdere il lavoro.
Inoltre il precariato è una delle principali voci che determinano l’attivo dell’INPS usato per colmare il disavanzo dello stesso ente e che già mai verrà impiegato per il pagamento di pensioni ai precari.
I contributi versati all’Inps dai parasubordinati, dai precari in assenza del raggiungimento dei «requisiti minimi» vengono usati per pagare le pensioni di altri, non danno diritto alcuno al precario.
Se allo sfruttamento del lavoratore precario si aggiunge lo sfruttamento del praticante-tirocinante-stagista, capiamo come vi è oggi più che mai, all’alba della globalizzazione la necessità di ripartire dal pieno rispetto della Carta Costituzionale, ovvero dal diritto alla stabilità lavorativa.
Il movimento pacifico “La nuova resistenza 25 aprile 2011” si oppone a tutte le forme di sfruttamento del lavoratore, e crede fermamente che la FUGA DI CERVELLI dall’Italia, può essere soppressa solo se gli stessi giovani e non più giovani insieme, si impegnino per edificare una nuova società.
AL FINE DI FAR SENTRE LA PROPRIA VOCE IL MOVIMENTO HA DECISO DI RACCOGLIERE FINO Al 2 GIUGNO LE VOSTRE ESPERIENZE, LA VOSTRA STORIA DA PRECARIO, I VOSTRI STUDI, I VOSTRI SOGNI ED IL VOSTRO REDDITO E PUBBLICARLE NELLA STESSA DATA IN QUESTO BLOG.
LE VOSTRE TESTIMONIANZE INOLTRE VERRANO INVIATE A TUTTE LE FORZE POLITICHE NAZIONALI, AL PRESIDENTE DELLA REPPUBLICA, AL PRESIDENTE DELLA CAMERA E DEL SENATO, AL MINISTRO DEL LAVORO, AL PRESIDENTE BERLUSCONI, NONCHE AL PRESIDENTE IN CARICA DELLA COMMISSIONE EUROPEA J. M. BARROSO, AL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO EUROPEO HERMAN VAN ROMPUY E AL PRESIDENTE DEL PARLAMENTO EUROPEO JERZY BUZEK.
Se tutto ciò non bastasse, presenteremo una petizione al Parlamento europeo, ai sensi dell’articolo 227 del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, in merito all’applicazione in Italia della direttiva europea 1999/70/CE relativa all’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato che riafferma il principio secondo il quale i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori.
In detta petizione presenteremo tutte le forme di raggiro della norma europea, e chiederemo maggiori sanzioni per gli enti ed imprese che sfruttano il lavoratore precario, quale la trasformazione di diritto del contratto di lavoro da determinato a indeterminato.

INVIATECI LE VOSTRE ESPERIENZE A QUESTA EMAIL cirasole.do@libero.it L’ITALIA HA BISOGNO DI UNA NUOVA VOCE.

DOMENICO CIRASOLE
Il movimento “La nuova resistenza 25 aprile 2011”
http://precariesenzalavoro.blogspot.com/
cirasole.do@libero.it

Il contratto di somministrazione

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

L’art.1559 c.c. definisce la somministrazione ( o fornitura) come “il contratto con il quale una parte si obbliga, verso il corrispettivo di un prezzo, a eseguire, a favore dell’altra, prestazioni periodiche o continuative di cose”.
Tale contratto può trovare applicazione in diversi ambiti economici, in quanto si ricorre a tale forma contrattuale o per soddisfare esigenze dei consumatori o degli utenti (si pensi alla fornitura di gas, energia elettrica ecc.) o ancora nei rapporti tra imprese( si pensi ad una impresa che fornisce semi lavorati o materie prime ad un’altra azienda che successivamente immetterà il prodotto finito sul mercato, o ancora al panificio che fornisce quotidianamente pane a ristoranti o ad altri esercizi commerciali )
Elementi distintivi del contratto in esame sono:
1) pluralità delle prestazioni: le prestazioni sono molteplici ed hanno una loro autonomia;
2) unitarietà della causa che si concretizza con l’unicità del contratto:in pratica, viene stipulato un solo contratto che obbliga il somministrante-fornitore ad adempiere le prestazioni, in maniera periodica o continuativa;
3) è un contratto di durata (essendo appunto presenti molteplici prestazioni,reiterate nel tempo)
4) è un contratto consensuale e non formale: è sufficiente che le parti manifestino il proprio consenso, in qualunque maniera, non è necessario per la validità del contratto la forma scritta (tranne in alcuni casi ai fini probatori) .
5) è un contratto di scambio (do ut des; il somministrante fornisce la cosa, l’utente paga)
6) l’oggetto è dato dalla prestazione( determinata o determinabile) di cose; si potrà trattare di cose mobili o immobili, di energie o di titoli di credito.

La somministrazione si distingue dalla “vendita a consegne ripartite” ; questa infatti ha ad oggetto un’unica prestazione, divisibile, con pluralità di atti esecutivi di consegna, ( si pensi alla consegna ripartite di una quantità di terra acquistata per creare un giardino) nel caso dell’ esempio, la consegna di terra avviene in maniera ripartita solo per comodità, e per rendere più agevole l’esecuzione della prestazione,che è e rimane unica, invece nella somministrazione la periodicità è in funzione di un bisogno periodico dell’utente,e da vita ad una serie di prestazioni, si pensi all’imprenditore che produce pomodori pelati ed ha bisogno delle scatole di latta.

Più delicata è la distinzione tra somministrazione ed appalto. Molto si è discusso su tale problematica, ma a parere di chi scrive, appare degna di nota la tesi secondo cui nella somministrazione e nella vendita la cosa è negoziata come tale e non come risultante dall’attività altrui, attività che invece nell’appalto assume rilevanza in quanto l’imprenditore mette a disposizione i propri mezzi ed il proprio capitale per eseguire l’opera a favore del committente .

La disciplina del contratto di somministrazione è contenuta negli artt.1559-1569 c.c.
L’entità della somministrazione (art. 1560 c.c) le parti possono naturalmente prevedere particolari modalità di determinazione dell’entità della somministrazione, c.d. a piacere, in cui il somministrante si obbliga a fornire la quantità di cose pretesa di volta in volta in piena discrezionalità dalla controparte; in mancanza di accordo, la somministrazione si intende pattuita in relazione al normale fabbisogno;
Il prezzo (art. 1561-1562 c.c.) è corrisposto, in caso di periodicità, all’atto delle singole prestazioni ed in proporzione di ciascuna di esse mentre in caso di continuatività esso è pagato secondo la scadenza d’uso. Quindi le parti possono stabilire che il prezzo non sia pagato al momento della consegna ma anticipatamente o posticipatamente.
Scadenza delle singole prestazioni(art. 1563 c.c.): la somministrazione cessa alla scadenza del termine fissato dalle parti. Il contratto può essere anche a tempo indeterminato ed in quest’ultimo caso, visto che il contratto non può durare all’infinito, la legge (art.1569 c.c.) attribuisce alle parti il diritto di recedere dando un congruo preavviso nel termine pattuito o in quello stabilito dagli usi avuto riguardo alla natura della somministrazione. In caso di recesso, trattandosi di contratto ad esecuzione continuata o periodica, gli effetti si producono ex nunc (da questo momento),cioè chi recede non può vantare diritti sulle prestazioni già eseguite o in corso di esecuzione (art.1373c.c.) Inoltre in caso di inadempimento di una delle parti, la parte adempiente può chiedere la risoluzione del contratto, purchè , avuto riguardo alla natura negoziale (leggasi natura del rapporto), l’inadempimento abbia una notevole importanza, ed abbia inficiato il rapporto di fiducia tra le parti tanto da temere inesattezze nei successivi adempimenti.(art.1564 c.c- risoluzione del contratto))
La sospensione della somministrazione (art. 1565 c.c): si tratta dell’applicazione del principio generale inadimplenti non est adimplendum (vale a dire non è inadempiente il contraente che non esegue la prestazione perché l’altro contraente non ha adempiuto la sua, in maniera ancora più chiara Tizio non paga perché ritiene che Caio non abbia eseguito a regola d’arte l’opera)) di cui all’art.1460c.c., esteso però, nel caso della somministrazione, anche all’ipotesi di lieve importanza dell’inadempimento.
Quindi,si possono verificare le seguenti circostanze:
– se, la parte che ha diritto alla somministrazione è inadempiente e l’inadempimento è di lieve entità e la sospensione da parte del somministrante non è contraria alla buona fede il somministrante può sospendere l’esecuzione del contratto (non può invece chiedere la risoluzione del contratto, perché per far ciò sono necessari la notevole importanza dell’inadempimento ed il venir meno della fiducia nell’esattezza dei successivi adempimenti) purché dia congruo preavviso;
-se invece l’inadempimento dell’utente non è di lieve entità il somministrante ai sensi dell’art. 1460 c.c. potrà sospendere immediatamente l’esecuzione del contratto, potrà utilizzando le parole dell’articolo ”rifiutarsi di adempiere la propria obbligazione”.
Patto di preferenza (art. 1566 c.c.) “il patto con il quale l’avente diritto alla somministrazione si obbliga a dare la preferenza al somministrante nella stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto, è valido purché la durata dell’obbligo non ecceda il termine di cinque anni. Se è convenuto un termine maggiore, questo si riduce a cinque anni.” L’impegno delle parti di preferire un determinato soggetto nella conclusione di un affare implica una ipotesi di prelazione convenzionale. Il legislatore prende in considerazione il patto che favorisce il somministrante, ma ciò non esclude la possibilità che le parti possano determinare una preferenza a favore del somministrato.
Unici limiti posti dal legislatore al patto di preferenza sono limiti temporali (l’obbligo non può superare i cinque anni) e limiti relativi all’oggetto (il patto deve essere riferito solo alla stipulazione di un successivo contratto per lo stesso oggetto)
Interessante è il problema relativo al rapporto intercorrente tra tale disposizione e quella contenuta nell’art. 2596 c.c “limiti contrattuali alla concorrenza” che appunto disciplina un’altra ipotesi di limitazione convenzionale della concorrenza con gli stessi limiti temporali e di oggetto.
Ci si domanda dunque il patto di preferenza, costituendo un patto limitativo della concorrenza in senso verticale (tra persone fisiche per intenderci, fornitori, clienti) è disciplinato anche dal disposto dell’art. 2596 c.c.?
Le soluzioni sono le seguenti:
1) se si ritiene che il 2596 c.c. si applichi al patto di preferenza relativo al contratto di somministrazione, sia nelle ipotesi di concorrenza tra imprese concorrenti (leggasi in senso orizzontale) sia tra fornitori, o a danno dei clienti (leggasi in senso verticale) la norma avrà applicazione diretta sul 1566 cc con conseguente necessità di forma scritta ad probationem e fissazione del limite temporale dei cinque anni
2) se invece si ritiene che la norma del 2596 c.c. si applichi solo alle ipotesi di concorrenza tra imprese concorrenti, essa potrà trovare applicazione analogica al patto di preferenza ed anche in questo caso sarà richiesta la forma scritta ad probationem per il patto di preferenza
Pur prescindendo da tali dibattiti teorici, a parere di chi scrive, sempre sterili, il disposto dell’art. 2596 c.c arricchisce di contenuto il disposto del 1566 c.c. e tra le due norme non vi è alcuna incompatibilità.
Il II comma dell’art. 1566 c.c. così recita :”l’avente diritto alla somministrazione deve comunicare al somministrante le condizioni propostegli dai terzi e il somministrante deve dichiarare, sotto pena di decadenza,nel termine stabilito,o in mancanza in quello richiesto dalle circostanze o dagli usi,se intende valersi del diritto di preferenza”.
Esclusiva a favore del somministrato (art. 1567-1568 c.c.)
Le parti possono inserire nel contratto la clausola di esclusiva a favore del somministrato (art.1567 c.c.) oppure la clausola di esclusiva a favore del somministrante (art.1568 c.c).Non vi è da aggiungere altro rispetto al contenuto letterale delle norme alle quali si rinvia.
Per quanto concerne il rapporto tra tali normative e l’art. 2596 c.c. (limiti contrattuali alla concorrenza) si pone il seguente quesito: l’art.2596 c.c è applicabile al patto di esclusiva?
Diverse sono le risposte:
1)secondo una parte della dottrina e della giurisprudenza l’art. 2596 c.c. è applicabile ai rapporti tra imprenditori con la conseguente limitazione della durata limitata ai cinque anni e la forma scritta ad probationem;
2)secondo altri invece il disposto dell’art. 2596 c.c. non può applicarsi se la clausola di esclusiva è la causa del contratto, cioè rappresenta la ragione economico sociale che con quel contratto si vuole raggiungere, di conseguenza solo se la causa è autonoma si applicherà l’art.2596 c.c.
Rinvio (art.1570 c.c) le norme di cui sopra contengono la disciplina generale del contratto di somministrazione, ma non la esauriscono, in quanto di volta in volta potranno essere integrate con la disciplina dei contratti cui corrispondono le singole prestazioni
Somministrazione e fallimento
Una menzione a parte merita la problematica relativa al rapporto tra disciplina codicistica e legge fallimentare.
L’art. 74 l. f. disciplina gli effetti del fallimento sulla vendita a consegne ripartite e sul contratto di somministrazione pendenti al momento della dichiarazione di fallimento, attribuendo rilevanza alle scelte del curatore circa l’esito di tali contratti:
A)in caso di fallimento del somministrato, l’esecuzione del contratto rimane sospesa, il curatore potrà scegliere e quindi dichiarare di subentrare nel contratto al posto del fallito, in maniera tale che il contratto rimanga in vita o altrimenti dichiarare di sciogliersi dal contratto. Il somministrante, se la risposta del curatore tarda ad arrivare, potrà ricorrere al giudice affinché questo assegni un termine al curatore di otto giorni, per decidere se subentrare o sciogliere il contratto. Decorsi gli otto giorni, in mancanza di una scelta da parte del curatore il contratto si intenderà sciolto.
b)in caso di fallimento del somministrante, se il contratto ha avuto esecuzione, il contratto non si scioglie. Nel caso in cui il contratto non abbia avuto ancora esecuzione, il curatore dovrà scegliere tra l’ esecuzione o lo scioglimento del contratto
Lo scioglimento del contratto avrà efficacia ex nunc, cioè non retroattiva,a differenza che nella vendita a consegne ripartite.