ARIA DI CRISI NEGLI OSPEDALI. A NATALE MANCHERANNO MEDICI ED INFERMIERI.

Mentre la politica promette di salvare i sanitari (medici, infermieri, tecnici) precari, le ASL indicono avvisi pubblici e chiamano per mobilità firmando i primi contratti con i nuovi professionisti che presteranno servizio non prima di marzo.
Le ASL corrono ai ripari, per evitare lo svuotamento degli ospedali, con gli strumenti loro consentiti, e la politica contemporaneamente promette stabilità ai precari.
A chi credere??
Di certo vi sono solo i nuovi contratti!!
Il blocco delle assunzioni e delle proroghe dal 01.01.2011, imposto per legge, e l’assenza ad oggi di proroghe, spinge i professionisti della sanità a cercare in fretta ( entro il 31.12.2010), nuovi lavori, nuovi contratti, nuova occupazione.
Infatti, 4 su 10 professionisti della sanità (medici, infermieri, tecnici), hanno già trovato nuovo lavoro, licenziandosi in tronco, senza ulteriori attese e promesse.
I restanti professionisti delusi dalle promesse non mantenute, daranno le dimissioni nei giorni prossimi, a nostro avviso, senza preavviso, visto il blocco delle assunzioni che decorre dal 01.01.2011.
Dunque, la politica promette stabilità ai precari, ma le ASL assumono nuovi professionisti, che riempiranno gli ospedali solo da marzo.
I precari professionisti, invece si dimettono da subito, accettando incarichi entro il 31.12.2010.
E’ facile intuire che le bugie hanno le gambe corte, e che a pagarne le conseguenze è sempre il più debole.
E’ facile ipotizzare quale scenario trovare negli ospedali a partire dalle feste natalizie sino a quando i nuovi professionisti riempiranno nuovamente gli ospedali.
Le conseguenze più gravi si verificheranno nei Pronto Soccorso, nelle Rianimazioni, nei 118, nelle U.T.I.C., nelle cardiologie.
Conseguenze che rimarranno gravi anche dopo marzo, a causa della preparazione e affiancamento che i professionisti dovranno affrontare prima di essere del tutto autonomi.
Il comitato dei precari si auspica che le promesse della politica di prorogare i contratti dei professionisti in scadenza il 31.12.2010 di 36 mesi vengano realmente attuate, e che arrivino prima che sia troppo tardi.

In fede
Domenico CIRASOLE (dcirasole@libero.it)
PRESIDENTE COMITATO S.p.A. (Comitato sanitari precari)

Parere legale motivato di diritto civile.Responsabilità dell’amministratore per mala gestio, nei confronti della società, dei soci, e dell’erario perchè la società aveva come socio l’amministrazione pubblica.

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

La questione giuridica in esame vede interessato CAIO che all’epoca dei fatti era amministratore della società FIORE, ma non era dipendente della stessa società, perché legato ad essa solo da un contratto di collaborazione e poi di Consulenza.
La società SOLE ha conseguito e aggiudicato delle gare d’appalto, a condizioni meno vantaggiose per l’impresa appaltante FIORE.
Dunque la società FIORE ha dovuto attuare una retrocessione dal contratto, e dunque ha dovuto sopportare le spese occorse al recupero, nel corso dell’esecuzione del contratto, dei corrispettivi contrattuali convenuti, con la società SOLE.
Per la società FIORE è stato immancabile il danno patrimoniale costituito dalle spese sostenute.
Si tratta, all’evidenza, di tutti danni direttamente subiti dalla società.
La società FIORE ha come socio la pubblica amministrazione, che dalla questione in esame ha subito un danno arrecato all’immagine dell’ente.
Infatti, tale danno, anche se non comporta apparentemente una diminuzione patrimoniale alla pubblica amministrazione, è suscettibile di una valutazione economica finalizzata al ripristino del bene giuridico leso (Cass. civ., Sez. Unite, 02/04/2007, n. 8098).
Sorge dunque nel caso in esame la necessità di proporre azione per reagire ad un danno cagionato al patrimonio della società.
Non è configurabile alcun rapporto di servizio tra l’ente pubblico partecipante e l’amministratore della società partecipata, il cui patrimonio sia stato leso dall’atto di mala gestio.
Inoltre neppure sussiste in tale ipotesi un danno qualificabile come danno erariale, inteso come pregiudizio direttamente arrecato al patrimonio dello Stato o di altro ente pubblico che della suindicata società sia socio.
La ben nota distinzione tra la personalità giuridica della società di capitali e quella dei singoli soci e la piena autonomia patrimoniale dell’una rispetto agli altri non consentono di riferire al patrimonio del socio pubblico il danno che l’illegittimo comportamento degli organi sociali abbia eventualmente arrecato al patrimonio dell’ente, patrimonio che è e resta privato.
Il danno sofferto dal patrimonio della società è per lo più destinato a ripercuotersi anche sui soci, incidendo negativamente sul valore o sulla redditività della loro quota di partecipazione.
Ma l’art. 2497 c.c. in tema di responsabilità dell’ente posto a capo di un gruppo di imprese societarie, impone di tener ben distinti i danni direttamente inferti al patrimonio del socio da quelli che siano il mero riflesso di danni sofferti dalla società.
Dei danni diretti prodotti nella sfera giuridico-patrimoniale del socio solo lui è legittimato a dolersi.
Dei danni diretti prodotti nella sfera giuridico-patrimoniale della società, solo alla società compete il risarcimento, di modo che per il socio anche il ristoro è destinato a realizzarsi unicamente nella medesima maniera indiretta in cui si è prodotto il suo pregiudizio ( Cass. 5 agosto 2008, n. 21130).
Si capisce, allora, come il danno inferto dagli organi della società al patrimonio sociale può dar vita all’azione sociale di responsabilità ed eventualmente a quella dei creditori sociali, ma non è idoneo a configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti perché non implica alcun danno erariale, bensì unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la società).
Dunque è ipotizzabile nei confronti del sig. CAIO un’azione di responsabilità sociale e dei creditori sociali contemplate dal codice civile, attua ad ottenere il ristoro completo del pregiudizio subito dalla mala gestio dello stesso amministratore che ha agito con dolo e colpa grave.
La giurisdizione della Corte dei conti è configurabile nei confronti di chi, all’interno dell’ente pubblico partecipante, avesse omesso di adottare, un comportamento volto all’esercizio da parte del socio -pubblica amministrazione- dell’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore, con conseguente danno della società partecipata e, dunque, dell’ente pubblico partecipante.
Va affermata ulteriormente la giurisdizione delle Corte dei conti solo relativamente alla condanna di risarcimento del danno all’immagine subita dalla pubblica amministrazione.
Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti l’azione di responsabilità per il danno arrecato all’immagine dell’ente che anche se non comporta apparentemente una diminuzione patrimoniale alla pubblica amministrazione, è suscettibile di una valutazione economica finalizzata al ripristino del bene giuridico leso
(Cass. civ., Sez. Unite, 02/04/2007, n. 8098).
In detto caso di responsabilità per danno erariale, ovvero per danno arrecato all’immagine dell’ente, l’esistenza di un rapporto di servizio, quale presupposto per un addebito di responsabilità al detto titolo, non è limitata al rapporto organico o al rapporto di impiego pubblico, ma è configurabile anche quando il soggetto,benché estraneo alla Pubblica amministrazione, venga investito, anche di fatto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della Pubblica Amministrazione (Cass. Sez. Unite, 12/03/2004, n. 5163; Cass. S.U. n. 19661/2003).
Nella fattispecie è ravvisabile tale inserimento del sig. Caio nell’organizzazione della societa FIORE con l’assunzione di vincoli ed obblighi funzionali, poichè questi agiva nell’espletamento dell’attività consulenziale.
In tale ultimo caso la configurabilità dell’azione del procuratore contabile, tesa a far valere la responsabilità dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico quando questo sia stato direttamente danneggiato dall’azione illegittima, non incontra particolari ostacoli in sede civile dai citati artt. 2395 e 2476,sesto comma, poiché l’una e l’altra mirerebbero in definitiva al medesimo risultato.
Quel che appare certo è che la presenza dell’ente pubblico all’interno della compagine sociale ed il fatto che la sua partecipazione sia strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed abbia implicato l’impiego di pubbliche risorse non può sfuggire agli organi della società e non può non comportare, per loro, una peculiare cura nell’evitare comportamenti tali da compromettere la ragione stessa di detta partecipazione sociale dell’ente pubblico o che possano comunque direttamente cagionare un pregiudizio al patrimonio di quest’ultimo.
(CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezioni unite civili 19 dicembre 2009)

COME AL SOLITO, QUASI TUTTI ASSENTI.

Le forze politiche, istituzionali, e la dirigenza delle ASL hanno preferito essere assenti all’incontro organizzato dal comitato S.p.A. (Professionisti Sanitari Precari).
All’incontro organizzato dai precari previsto per sabato 11.12.2010, ad ALTAMURA presso la sala TOMMASO FIORE (Corso Federico II di Svevia 129) erano stati invitate tutte le forze politiche ed istituzionali, e la dirigenza delle ASL, affinché si facesse chiarezza sul futuro dei sanitari precari (medici, infermieri, tecnici), e sulle conseguenze gravose delle scelte attuate.
L’unico presente all’incontro era il consigliere regionale del SEL MICHELE VENTRICELLI, nonostante erano stati invitati (via email) tutti i consiglieri regionali, e comunali di Altamura (con deposito dell’invito presso l’ufficio protocollo del comune di Altamura), nonché il direttore generale N. PANSINI, il direttore sanitario A. CALASSO, ed il direttore amministrativo F.DEFILIPPIS (via fax).
Dunque, tutti assenti, questo fa intendere la poca attenzione alle problematiche dei precari, e alle conseguenze che i cittadini subiranno.
Infatti, si rammenta che a fronte di leggi nazionali dal 01.01.2011 non sarà possibile assumere o prorogare contratti a tempo determinato, con gravi conseguenze sul servizio garantito dagli ospedali.
Il personale precario dell’ ASL BARI tra medici ed infermieri e tecnici è vicino alle 600 unita, nella Puglia è vicino alle 8000 unità, in Italia si contano quasi 34.000 unità.
Il problema dunque è nazionale, regionale e da ultimo aziendale.
Per chiarezza la legge 122/10 prevede che in caso di gravi esigenze il personale può essere assunto con contratti atipici nella misura del 50%, questo significa che si è già constatato che la P.A. abbia delle necessità, ma non si comprende perché si debbano usare contratti atipici che bloccherebbero il processo di stabilizzazione del personale, imposto da direttive europee e da norme nazionali!!
Dunque sembra esserci un chiaro intento di destabilizzare la vita dei precari che ambivano ad una stabilità lavorativa come imposto dalle norme europee e nazionali.
Ovviamente come detto il problema riguarda tutte le regioni, ed analizzando i provvedimenti delle stesse si è appreso che molte hanno scelto di “stabilizzare il personale”, ovvero di “prorogare di 36 mesi” i contratti dei professionisti (medici, infermieri tecnici) precari.
In puglia le ASL in virtù dei pieni poteri dati dall’ASSESSORE ALLA SALUTE T. FIORE si comportano in maniera “atipica e non uniforme”.
Il comitato ha appreso nel dibattito tenutosi che alcune ASL e AZIENDE concedono proroghe anche di 12 mesi, ed altre di solo 2 mesi, e ancora che si preferisce concedere una proroga più lunga a medici e di pochi mesi (ridicola) agli infermieri.
Il quadro continua ad essere poco chiaro!!
Perché tali differenze all’interno della stessa Regione??
Perché trattare differentemente i professionisti precari (medici tecnici ed infermieri)??
Perché non equipararsi alle altre regioni d’Italia che stanno terminando i processi di stabilizzazione entro il 31.12.2010, e nello stesso periodo concedendo proroghe di 36 mesi??
Perché procedere ad indire avvisi pubblici, e procedure di mobilità se vige il blocco delle assunzioni??
Perché assumere e firmare i primi contratti con personale che inizierà a lavorare solo da marzo, se si parla di esuberi e tagli??
Perché in questo periodo di crisi, mandare a casa personale precario, e sostituirlo con chi ha contratti a tempo indeterminato??
Perché politicamente preferire di tutelare il diritto alla mobilità anziché il diritto al lavoro??
Perché scegliere di disapplicare le direttive europee e le leggi nazionali che impongono stabilità al personale precario, e addirittura impongono di “preferirlo“, nelle procedure concorsuali??
Perché da più di 15 anni mancano concorsi a tempo indeterminato per alcune figure professionali??
Perché si assume personale a tempo determinato per aprire e garantire il buon funzionamento di molti reparti e servizi (UTIC, 118, RIANIMAZIONE, PRONTO SOCCORSO), e poi si decide di mandarlo a casa, e sostituirlo con altro attraverso l’istituto della mobilità?
Perché insomma non essere chiari???
Il personale precario vuole chiarezza, perché i tempi stringono, e il 31.12.2010 è vicino.
La proroga di pochi mesi ci trasformerebbe da “precari a disoccupati” se venissero a mancare ulteriori proroghe, a causa del blocco del tour-over.
Molti professionisti che hanno già trovato lavoro hanno deciso di osservare la partita da una veduta migliore, hanno deciso di licenziarsi da subito nelle nostre ASL ed accettare incarichi di 24-36 mesi in altre ASL di altre regioni.
Molti altri professionisti stanno per firmare a breve (entro il 31.12.2010), nuovi contratti.
Insomma l’assenza delle forze politiche ha solo aumentato la confusione dei precari, che nonostante la prospettiva di buone aspettative avanzate dal consigliere regionale del SEL MICHELE VENTRICELLI, in molti hanno deciso di non accettare i 2 mesi di proroga e faranno le valigie.
Se gli ospedali si svuotano di chi è la colpa ??
I precari vogliono chiarezza!!
I pugliesi vogliono chiarezza!!
Tutte le forze politiche ed istituzionali sono responsabili del collasso della sanità che a breve si verificherà in puglia!!
Tutti, ed a tutti i livelli sono chiamati ad un atto di responsabilità per la popolazione pugliese e per i professionisti sanitari precari!!
Il comitato chiederà nei prossimi giorni di incontrare tutti i capigruppo del consiglio regionale, affinché si faccia chiarezza e si provveda a dare stabilità alla sanità pugliese ed ai professionisti sanitari precari.
Il comitato inoltre sensibilizzerà costantemente i consiglieri regionali, con volantinaggio nei pressi del palazzo della regione, in via lungomare Nazario Sauro 33, ed in particolare modo nei giorni 27-28-29 dicembre, date nelle quali sarà discusso e approvato il bilancio.
Altamura 11.12.2010
In fede Domenico CIRASOLE (dcirasole@libero.it)
PRESIDENTE COMITATO S.p.A.
(PROFESSIONISTI SANITARI PRECARI)

Parere legale motivato. Reato di concussione, illecita alterazione del prezzo degli appalti e del mercato, e presenza di danni non patrimoniali, per la lesione dell’immagine dell’Ente pubblico.

a cura del dott. Domenico CIRASOLE

La questione giuridica in esame vede interessata l’AZIENDA PUBBLICA G&G, e la società VENERE s.p.a. .

In particolare vede interessati i signori CAIO e SEMPRONIO rispettivamente amministratore delegato e socio della predetta società VENERE s.p.a. che avevano corrisposto tangenti ad amministratori dell’AZIENDA PUBBLICA G&G per ottenere l’aggiudicazione di appalti pubblici.

In detto caso sembra evidente la possibilità da parte dell’ AZIENDA PUBBLICA G&G di chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali per l’illecita alterazione del prezzo degli appalti e del relativo mercato, e non patrimoniali, per la lesione dell’immagine dell’Ente pubblico.

Ma sembra ulteriormente evidente che vi sia stato concorso dei dipendenti dell’AZIENDA PUBBLICA G&G nella causazione del danno.

La predetta società VENERE s.p.a. chiede inoltre all’ AZIENDA PUBBLICA G&G di pagare i lavori di ristrutturazione per la stessa eseguiti.

Ma dette pretese non possono essere accolte, difatti l’elusìone delle garanzie di sistema a presidio dell’interesse pubblico (nella specie aggiudicazione dell’appalto a licitazione privata) prescritte dalla legge per l’individuazione del contraente privato più affidabile e più tecnicamente organizzato per l’espletamento dei lavori, comporta la nullità del contratto per contrasto con le relative norme inderogabili (L. n. 14 del 1973, L. n. 584 del 1977, L. n. 741 del 1981, L. n. 687 del 1984).

Ulteriormente la conclusione di un contratto le cui reciproche prestazioni sono illecite e la cui condotta è assolutamente vietata alle parti e penalmente sanzionata con la nullità del contratto, onde impedire che dalla commissione del reato derivino ulteriori conseguenze (cass. del 16 febbraio 2010 n. 3672).

Dunque va dichiarato nullo il contratto di appalto in esame e conseguentemente non dovuti, dell’ AZIENDA PUBBLICA G&G, i compensi.

CAIO e SEMPRONIO inseriti nell’organizzazione della società, avevano da molti anni assunto un ruolo determinante nelle trattative per favorire l’aggiudicazione degli appalti alla stessa società VENERE s.p.a, che della loro opera si era perciò avvalsa e alla quale conseguentemente dovevano esser imputate le conseguenze giuridiche, dunque è improponibile la richiesta dei compensi per le prestazioni eseguite.

Dunque ricapitolando nella fattispecie vi è una responsabilità contrattuale, extracontrattuale con danni risarcibili patrimoniali e non patrimoniali.

CAIO e SEMPRONIO nell’arco di dieci anni avevano versato tangenti nell’interesse della società VENERE s.p.a, a funzionari amministratori di enti pubblici per ottenere l’aggiudicazione dei lavori alterando le gare a licitazione privata a favore della predetta società, e perciò sussisteva il reato di corruzione e non di concussione, in mancanza di prova di pressioni degli agenti pubblici sulla società.

Ma al contrario la presenza di dette pressioni degli agenti capovolgono la qualificazione dei fatti come reato di concussione anzichè di corruzione.

Infatti nella fattispecie da tempo i pubblici amministratori abusavano delle loro cariche e poteri avanzando pretese e richieste in danno degli imprenditori.

Non solo CAIO e SEMPRONIO non avevano mai tentato di corrompere i funzionari, ma al contrario erano questi che avanzavano pretese e richieste.

Da ciò si evince la configurabilità del reato di concussione cd. "ambientale" .

E’ sufficiente l’accertamento di una situazione ambientale in cui sia diffuso il mercanteggiamento dei pubblici poteri e la pratica della cd. "tangente" , nonché prove di una situazione caratterizzata dalla volontà prevaricatrice e condizionante in capo al pubblico ufficiale che sì estrinsechi in una condotta di costrizione o di induzione qualificata, ossia prodotta con l’abuso della qualità o dei poteri, causa della dazione indebita, sì da poter configurare il diverso reato di concussione (cass. del 16 febbraio 2010 n. 3672).

Di detti fatti dovrebbe rispondere anche la società VENERE s.p.a ai sensi dell’art. 2049 c.c., così come in relazione all’art. 28 Cost. sussisteva la responsabilità dell’ente pubblico per fatto del proprio dipendente nell’espletamento delle sue mansioni.

In altre parole nella fattispecie in esame vi è un pactum sceleris (art. 318 c.p.) tra funzionari pubblici e privati, tale concorso dei corresponsabili era da ritenere in pari misura sia per il danno patrimoniale che per quello morale.

Ma al contrario di quanto appena affermato la cass. del 16 febbraio 2010 n. 3672 in ambito di responsabilità penale, afferma che la corruzione del pubblico funzionario, comporta la responsabilità dell’amministrazione ai sensi dell’art. 28 Cost. nei confronti dei terzi, e non a favore dei danneggianti corruttori, come diminuente del loro concorso causale.

L’equiparazione tra agenti privati e pubblici è frutto di travisamento perchè la responsabilità della P.A. per fatto dei propri dipendenti è a favore dei terzi, non dei danneggianti.

Le tangenti, afferma la cassazione, hanno violato soltanto il diritto della P.A. al buon andamento dell’amministrazione.

In ambito di responsabilità civile il giudice deve indagare, in ordine all’eventuale cooperazione attiva dello stesso ente danneggiato.

Infatti in ambito civile (responsabilità extracontrattuale) a differenza dell’ambito penale la condotta, anche dolosa, del suo funzionario od impiegato comporta la conseguente riduzione della responsabilità civile del danneggiante ai sensi dell’art. 1227 c.c., comma 1, – richiamato dall’art. 2056 cod. civ. (Cass. 564/2005, 4954/2007) – ove i comportamenti dell’uno e dell’altro abbiano determinato una situazione tale che, senza uno di essi, l’evento non si sarebbe verificato (art. 40 cod. pen.).

Nella fattispecie in esame, in tema di responsabilità della P.A. per fatto lesivo cagionato dall’operato dei suoi dipendenti, al risarcimento dei danni non patrimoniali e tenuto non solo il dipendente ma anche, in solido, il responsabile civile. Pertanto l’ente pubblico committente di un appalto risponde direttamente della condotta dei suoi organi che partecipano alla procedura dell’aggiudicazione ed approvazione del contratto (cass. del 16 febbraio 2010 n. 3672).

La fattispecie in esame ci consente di ribadire inoltre l’esistenza della giurisdizione in materia di contabilità pubblica (comprensiva sia dei giudizi di conto che di quelli sulla responsabilità amministrativa patrimoniale) – sussistente, a norma dell’art. 103 Cost., comma 2, nei confronti di dipendenti di enti che maneggiano pubblico danaro (CASS. S.U. 3375/1989, 3970/1993, 12708/1998, 1945/2002) – è indipendente dalla giurisdizione civile per il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità contrattuale ed extracontrattuale anche quando il fatto materiale sia il medesimo (S.U. 5943/1993, 22277/2004, 20476/2005).

Infatti nei confronti dell’amministratore o impiegato pubblico, è rimessa all’iniziativa del P.G. della Corte dei Conti, tutore dell’interesse generale al corretto esercizio da parte dei pubblici dipendenti delle funzioni e del servizio loro affidati (responsabilità amministrativa patrimoniale di natura contrattuale), la volontà di agire a tutela dell’interesse dell’ente danneggiato.

E’ inveitabile per la Corte dei Conti agire quindi per vedere riconosciuto il danno non patrimoniale ravvisato nella lesione dell’immagine degli enti pubblici derivata dal discredito sociale degli stessi nella considerazione collettiva in conseguenza della violazione del bene giuridico, costituzionalmente tutelato, dell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione, leso da provvedimenti adottati per interessi privati anzichè della collettività, in violazione dei doveri di ufficio e di norme penali (cass. del 16 febbraio 2010 n. 3672).