La legge prevede nei confronti dei trasgressori delle disposizioni urbanistico-edilizie, in aggiunta alle sanzioni amministrative, civili, fiscali ed accessorie, sanzioni penali graduate secondo la gravità dell’illecito.
Le pene, già previste dalla L. 1150/42, sono state progressivamente inasprite ed attualmente l’art. 20 della L. 47/85 prevede quattro figure, di natura contravvenzionale, di abuso edilizio:
— la costruzione in parziale difformità dalla concessione edilizia o l’inosservanza delle norme di legge, di regolamenti edilizi e di strumenti urbanistici (art. 20, lett. a), punite con l’ammenda fino a 20 milioni;
— la costruzione in totale difformità o in assenza di concessione, ovvero la prosecuzione dei lavori nonostante l’ordine di sospensione (art. 20, lett. b), punite con l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 10 a 100 milioni;
— la lottizzazione abusiva a scopo edilizio (art. 20, lett. c), parte prima) nonché interventi edilizi in aree sottoposte a vincolo storico, artistico, archeologico, paesistico, ambientale, in variazione essenziale, in difformità totale o in assenza della prescritta concessione (art. 20, lett. c), parte seconda): fattispecie entrambe punite con l’arresto fino a due anni e l’ammenda da 30 a 100 milioni.
Trattasi di reati di competenza pretorile, procedibili di ufficio. Con la soppressione della figura del pretore (dal 2-6-1999) la competenza passa al Tribunale (D.Lgs. 51/98).
Il reato di costruzione edilizia senza concessione o in difformità da essa ha natura permanente e la permanenza cessa con il totale esaurimento dell’attività illecita, cioè con l’ultimazione dell’opera nel suo complesso, compresi i lavori di rifinitura anche esterni, quali gli intonaci e gli infissi.
I proprietari dei fondi confinanti sono legittimati a costituirsi parte civile nei procedimenti penali ed a chiedere il risarcimento dei danni a loro provocati dalla violazione delle norme edilizie. È altresì ammissibile la costituzione di parte civile del Comune, anche nella sua veste di ente rappresentativo degli interessi collettivi della comunità locale.
La costruzione abusiva può essere sottoposta a sequestro, non è confiscabile a norma dell’art. 240 c.p. ma il giudice, con la sentenza di condanna, deve ordinarne la demolizione se questa non sia stata altrimenti eseguita (art. 7, ult. co., L. 47/85).
L’azione penale è sospesa fino all’esaurimento del procedimento amministrativo di sanatoria.