Cass. civ. Sez. II, Sent., 27-01-2011, n. 1898 Contratto preliminare Risoluzione del contratto per inadempimento

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con citazione del 21.2.1997 M.G., nella qualità di procuratore generale di D.R.V., convenne in giudizio davanti al tribunale di Bologna L.R. per dichiarare risolto il preliminare 20.12.1994, col quale era stato promessa in vendita al convenuto per il prezzo di L. 139.000.000 una porzione di fabbricato in (OMISSIS), condannarlo al rilascio ed al risarcimento dei danni. Espose che il convenuto, pur avendo eseguito opere edilizie, trascorso il termine del 31.12.1995 fissato per il definitivo, vanamente era stato diffidato ad adempiere.

Nella contumacia del convenuto che non si presentò nemmeno a rendere interrogatorio formale, istruita la causa con prove documentali e testimoniali, con sentenza 18.9.1998 fu accolta la domanda di risoluzione e di rilascio dell’immobile. Proposto appello dal L., resistette il M. nella qualità, il processo venne interrotto per morte della D.R. ed, a seguito della riassunzione, si costituì P.F., curatrice dell’eredità giacente.

Con sentenza 766/2004 la Corte di appello di Bologna rigettò l’appello con condanna alle spese osservando che, in tema di diffida ad adempiere, l’unico onere ai sensi dell’art. 1454 c.c. gravante sulla parte intimante è quello di fissare un termine entro il quale l’altra parte dovrà adempiere pena la risoluzione ope legis. Ricorre L. con tre motivi, resiste controparte.

Motivi della decisione

Col primo motivo si denunzia violazione dell’art. 1454 c.c., artt. 1476 e 1477 c.c. per avere la Corte bolognese ritenuto sufficiente intimare il pagamento senza convocare l’acquirente davanti al notaio.

La censura è infondata perchè la Corte di appello ha evidenziato che la scelta del notaio competeva all’acquirente che aveva l’onere di contattarlo per la stipula del definitivo.

In particolare la sentenza, alle pagine quattro e cinque, ha dedotto che, in tema di diffida ad adempiere, l’unico onere che, ai sensi dell’art. 1454 c.c., grava sulla parte intimante è quello di fissare un termine entro il quale l’altra parte dovrà adempiere alla propria prestazione, pena la risoluzione ope legis del contratto, poichè la ratio della norma citata è quella di fissare con chiarezza la posizione delle parti rispetto all’esecuzione del negozio, merce un formale avvertimento alla parte diffidata che l’intimante non è disposto a tollerare un ulteriore ritardo nell’adempimento (Cass. 28 giugno 2001 n. 8844).

Nel caso, in particolare, del preliminare di compravendita di un immobile, dove di regola la scelta del notaio rogante compete all’acquirente, l’assenza in seno alla diffida intimata alla controparte dal promittente venditore di un immobile, dell’indicazione del giorno, dell’ora e del luogo della stipula notarile, non rende inefficace la diffida, essendo comunque onere del promissario acquirente contattare il notaio per la stipula del definitivo (Cass. 9 settembre 1998 n. 8910).

Il ricorrente si limita a ribadire, sia pure sotto altro profilo la tesi, sostenuta nei motivi di appello, secondo cui la diffida sarebbe stata inefficace perchè mancante della disponibilità al trasferimento, senza superare la corretta e logica motivazione sopra riportata.

Col secondo motivo si lamenta violazione degli artt. 2721 e 2722 c.c. per non avere la Corte territoriale ammesso le prove dedotte dall’appellante sul presupposto che violassero gli artt. 2721 e 2722 c.c., perchè contrastanti col rogito Monizio 14.11.1996, ma la censura non riporta le circostanze articolate e non è autosufficiente.

Col terzo motivo si denunziano violazione degli artt. 1454, 2721 e 2722 c.c. e vizi di motivazione per non avere la sentenza considerato il comportamento concludente della D.R. che, successivamente alla diffida, aveva venduto parte dell’immobile oggetto del preliminare alle persone designate dal L., non valutando che solo quest’ultimo, che era nel possesso, poteva immettere i coniugi C.B. nel materiale possesso.

La censura è infondata.

La sentenza ha definito equazione di difficile comprensione la tesi che la vendita a terzi costituisse rinuncia alla risoluzione a seguito della diffida, rilevando che nel rogito i terzi non vengono indicati quali aventi causa del L. nè lo stesso poteva provare patti preesistenti o per i quali la prova per testi era inammissibile. Il ricorrente, anche in questo caso, ripropone genericamente il motivo di appello senza intaccare la motivazione della sentenza, nel tentativo di riesame del merito precluso in questa sede. In definitiva il ricorso va rigettato con condanna alle spese.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese, liquidate in Euro 2700, di cui 2500 per onorari, oltre accessori.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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