Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo e motivi della decisione
I ricorrenti sono tutti assegnatari di alloggi di edilizia residenziale pubblica in Roma, in area edificabile ricadente nel piano di zona Laurentino 38, per la concessione del cui diritto di superficie il Comune di Roma aveva a suo tempo determinato (1979) un acconto pari a Lit. 0,51/mc, per complessive Lit. 129.104.000.
I ricorrenti rendono nota l’emanazione della deliberazione del Consiglio comunale di Roma n. 54 del 31 marzo 2003 e della determinazione dirigenziale, dip.to IX, n. 1118 del 1° settembre 2009. In base a tali atti, il Comune di Roma ha ceduto in proprietà ai sensi dell’art. 31 della l. 23 dicembre 1998 n. 448 le aree ricomprese nei PEEP ex l. 18 aprile 1962 n. 167 e, per l’effetto, ha determinato, in applicazione dell’art. 35, c. 12 della l. 22 ottobre 1971 n. 865, l’importo definitivo dovuto per la concessione del diritto di superficie pure relativamente al predetto PDZ. Dal che il ricalcolo degli importi dovuti dai superficiari, a conguaglio delle somme a suo tempo indicate nelle convenzioni di concessione, anche nei riguardi dei ricorrenti, giusta quanto preteso dalla GEMMA s.p.a., quale agente della relativa riscossione per conto del Comune di Roma.
Avverso i predetti provvedimenti e tutti gli atti di conguaglio delle somme addebitate gli istanti hanno proposto il ricorso in epigrafe, deducendo in punto di diritto la prescrizione della pretesa patrimoniale del Comune di Roma e vari profili di censura sull’an ed il quantum debeatur. Resiste in giudizio il Comune intimato, che articolatamente eccepisce l’insussistenza dell’asserita prescrizione e, nel merito, la correttezza sia della formazione del titolo, sia del criterio di calcolo del conguaglio. Pure la controinteressata GEMMA s.p.a. s’è costituita nel presente giudizio, concludendo anch’essa per l’infondatezza della pretesa attorea.
La controversia dunque ha ad oggetto le richieste del Comune di Roma, per il tramite del soggetto incaricato della relativa riscossione, di ottenere dai ricorrenti, tutti assegnatari di alloggi d’edilizia residenziale pubblica in Roma, in area edificabile ricadente nel piano di zona Laurentino 38, il conguaglio del corrispettivo della concessione in diritto di superficie dei lotti a suo tempo assegnati ai ricorrenti medesimi o ai loro danti causa.
Tanto premesso, in diritto il ricorso risulta fondato in relazione alla fondamentale censura (di carattere dirimente) di prescrizione del diritto di credito del Comune.
Il termine di avvio per il recupero delle maggiori somme dovute ai proprietari espropriati per la realizzazione dei piani di zona di edilizia popolare viene fatto decorrere, per costante giurisprudenza, dal momento in cui l’Amministrazione ha avuto piena contezza della spesa effettiva derivante dal piano nella sua globalità.
Nel caso in esame le richieste di versamento integrativo di somme per la realizzazione dell’obbligo dettato dall’articolo 35 undicesimo comma della legge n. 865 del 1971 (che pone la piena copertura delle spese derivanti dall’acquisizione delle aree a carico dei concessionari del diritto di superficie) sono state rivolte ai ricorrenti con atto datato 11 gennaio 2010. Pertanto il termine decennale di prescrizione, applicabile nella materia secondo consolidata giurisprudenza (Consiglio di Stato 2003 n. 7820), deve ritenersi spirato qualora si dimostri che il Comune poteva far valere il diritto di credito anteriormente all’11 gennaio 2000.
Ora nell’atto impugnato la concessionaria Società G. afferma che la quantificazione del costo effettivamente sostenuto dall’Ente locale per gli espropri delle aree facenti parte del piano di zona 38 – Laurentino si è resa possibile solo al termine delle operazioni di esproprio, ma non indica nè la data né atti dai quali possa desumersi quanto tale evento si è verificato.
Nelle memorie delle parti resistenti si sostiene che il dies a quo per l’esercizio del diritto di recupero coinciderebbe con la data della sentenza della Corte di Cassazione n. 10680 dell’11 agosto 2000, di rigetto dei ricorsi avverso le sentenze di Corte di appello dell’anno 1998 che avevano statuito in ordine alla quantificazione delle somme da versare all’ultimo dei soggetti espropriati.
La tesi non può essere condivisa,
Infatti, ai sensi dell’articolo 373 del codice di procedura civile il ricorso per cassazione non sospende l’esecuzione della sentenza, salvo che il giudice che ha pronunciato la sentenza stessa disponga, su istanza di parte, che l’esecuzione sia sospesa.. Nel caso non risulta che siffatta sospensione sia intervenuta.
Neppure ha fondamento l’obiezione, avanzata negli scritti difensivi delle resistenti, secondo la quale il dies a quo per disporre i recuperi decorreva dalla data di adozione della delibera n. 50 del 24 febbraio 2000 del Consiglio comunale.
Il Collegio (in ciò rivedendo la diversa tesi esposta nella sentenza n. 6419 del 2009, nella quale tuttavia tale enunciazione era ininfluente) osserva che la delibera in esame ha mera natura ricognitiva del complessivo debito per indennità di esproprio come determinato in ottemperanza alla sentenza n. 3127 del 14 ottobre 1998 della Corte di appello di Roma, a seguito del deposito di somme presso la Cassa depositi e prestiti, di reperimento del necessario finanziamento e di riconoscimento del debito.
La stessa delibera dà invece atto di agire in esecuzione alla sentenza di appello, con riserva di recupero delle somme erogate in caso di favorevole esito del ricorso per Cassazione, con ciò smentendo la tesi difensiva avanzata in giudizio per cui le operazioni definitive di conguaglio potevano essere effettuate solo all’esito della pronuncia della stessa Corte di cassazione.
La delibera in questione tuttavia rappresenta un mero atto di ricognizione del credito da parte dell’Amministrazione e non è quindi rilevante al fine di interrompere il termine prescrizionale per la richiesta di maggiori somme ai soggetti sui quali ricadeva la spesa.
L’eccezione di prescrizione è quindi fondata e tanto determina l’accoglimento del ricorso, con annullamento degli atti impugnati, previo assorbimento di ogni altro motivo dedotto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione integrale tra tutte le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei sensi indicati in motivazione.
Compensa le spese di giudizio tra le parti di causa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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