Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con atto di citazione in opposizione proposto ai sensi dell’art. 645 c.p.c. e notificato il 9 luglio 1986, il Comune di S. Felice del Molise (CB) conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Campobasso l’arch. F.C. per sentir dichiarare la nullità del decreto ingiuntivo emesso dal Presidente di quel Tribunale a favore del suddetto professionista, per il pagamento, a carico dell’ente opponente, della somma di L. 30.943.122, oltre interessi legali, spese e competenze, a titolo di spettanze relative alla progettazione e alla direzione dei lavori di completamento e sistemazione dell’impianto sportivo comunale.
Radicatosi il contraddittorio, l’opposto F.C. instava per il rigetto della formulata opposizione e, in via riconvenzionale, chiedeva la corresponsione degli interessi al tasso di sconto sulla prima parcella a decorrere dal 7 maggio 1983 e sulle restanti somme dal 5 febbraio 1986.
L’adito Tribunale definiva il giudizio con sentenza n. 112 del 1996, accogliendo parzialmente l’opposizione a decreto ingiuntivo e, nel revocare quest’ultimo, dichiarava dovuto all’opposto il solo compenso relativo al progetto del primo lotto, anche se nella misura richiesta con la seconda parcella, di maggiore importo rispetto alla prima, condannando il suddetto Comune al pagamento della relativa somma, oltre che degli interessi al tasso ufficiale di sconto, calcolati sull’importo del chiesto onorario professionale parti a L. 1.938.204 per il periodo dal 7 maggio 1983 al 9 febbraio 1986 e a L. 2.209.494 dal 10 febbraio 1986 fino all’effettivo saldo, con compensazione della metà delle spese del giudizio e con condanna dell’opposto al pagamento dell’altra metà.
In virtù di rituale appello interposto dal F.C., la Corte di appello di Campobasso, nella resistenza dell’appellato Comune di San Felice del Molise, con sentenza n. 87 del 2004 (pubblicata il 6 aprile 2004), in parziale riforma dell’impugnata sentenza, ferma restando la revoca dell’opposto decreto ingiuntivo, condannava l’ente appellato al pagamento, in favore dell’appellante,della somma di L. 30.943.122, ragguagliata a Euro 15.981,00, per compenso della progettazione del primo, secondo e terzo lotto dell’impianto sportivo oggetto di causa, oltre interessi come determinati nella sentenza impugnata, condannando lo stesso Comune di San Felice del Molise alla refusione delle spese del doppio grado e al pagamento delle spese di c.t.u.. A sostegno dell’adottata sentenza, la Corte territoriale respingeva, innanzitutto, l’eccezione (avanzata dal Comune appellato) di nullità della convenzione intercorsa con il professionista appellante per difetto dell’indicazione dell’imputazione di spesa e, comunque, per violazione del T.U.F.L. R.D. n. 283 del 1934, art. 284 e di tutte le vigenti norme in materia di finanza locale, e, nel merito, ravvisata la mancata proposizione dell’impugnazione avverso il capo relativo al riconoscimento del compenso per la progettazione del primo lotto del suddetto impianto, riteneva la fondatezza, per quanto di ragione sulla scorta dell’espletata c.t.u., anche della pretesa economica riguardante l’attività svolta con riferimento al secondo e terzo lotto.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Campobasso ha proposto ricorso per cassazione (notificato il 20 maggio 2005 e depositato il 6 giugno 2005) il Comune di San Felice del Molise, che risulta articolato su sette motivi, al quale ha resistito con controricorso l’arch. F.C.. Il difensore dell’ente ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo l’ente ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per violazione degli artt. 333 e 343 c.p.c., nonchè per violazione del R.D. n. 383 del 1934, art. 284, art. 1418 e dell’art. 1325 c.c., congiuntamente all’insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. 1.1. Con il secondo motivo il ricorrente ha prospettato, subordinatamente al primo motivo, la violazione del previdente art. 345 c.p.c., unitamente all’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in ordine all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. 1.2. Con il terzo motivo il ricorrente ha dedotto, ancora subordinatamente al primo motivo, la violazione dell’art. 345 c.p.c. (previgente) e art. 163 c.p.c., nonchè l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. 1.3. Con il quarto motivo il ricorrente ha denunciato la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c. in uno alla motivazione insufficiente e contraddittoria su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. 1.4. Con il quinto motivo il ricorrente ha dedotto la violazione, sotto altro profilo, degli artt. 112 e 115 c.p.c., oltre che degli artt. 1325, 1346, 1353, 1362, 2222, 2230 e 2697 c.c., congiuntamente alla insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. 1.5. Con il sesto motivo il ricorrente ha prospettato la violazione degli artt. 1183, 1353 e 1359 c.c., unitamente all’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5. 1.6. Con il settimo ed ultimo motivo ha denunciato la violazione degli artt. 1224, 1282, 1353 e 1359 c.c., oltre che della L. n. 143 del 1949, art. 9, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. 2. Rileva il collegio che il primo motivo articolato nell’interesse del Comune di S. Felice del Molise è fondato e deve, pertanto essere accolto, con conseguente assorbimento dell’esame degli altri.
Con tale motivo l’ente ricorrente ha dedotto che, incorrendo nelle prospettate violazioni di legge, la Corte territoriale – pur qualificando inesattamente l’istanza come appello incidentale condizionato siccome subordinato all’accoglimento del ricorso principale – aveva erroneamente respinto l’eccezione di nullità della delibera dell’incarico e della successiva convenzione in favore dell’arch. F.C., per violazione R.D. n. 383 del 1934, art. 284 all’epoca vigente, sul presupposto che tale invalidità non ricorresse, malgrado l’erogazione dei compensi per il 2^ e per il 3^ lotto dei lavori indicati in narrativa fosse stata condizionata, rispettivamente, all’acquisizione di un mutuo e all’approvazione da parte della Regione (come, del resto, dalla stessa Corte di appello accertato).
Alla stregua delle stesse risultanze emergenti dalla motivazione della sentenza impugnata si desume, invero, che il Comune ricorrente aveva reiterato ritualmente in appello la suddetta eccezione di nullità ai sensi dell’art. 346 c.p.c., senza che, perciò, sulla relativa questione potesse essersi formato un giudicato interno, evenienza, peraltro, esclusa anche dalla stessa Corte territoriale che – sul presupposto della sua ammissibilità e dando atto che la questione relativa al riconoscimento del "quantum" del compenso dovuto per la progettazione del primo lotto non costituiva più oggetto del giudizio, siccome non direttamente impugnata in sede di gravame avendo il tribunale di prima istanza accolto l’opposizione al decreto ingiuntivo conformemente alla richiesta dell’ente di essere tenuto unicamente all’adempimento del compenso relativo a tale lotto siccome riferibile a fondi già accantonati – l’ha rigettata nel merito, ravvisando la fondatezza dell’appello del F. anche con riguardo alla pretesa economica riguardante le attività professionali riferibili al 2^ e al 3^ lotto. Così decidendo, però, la Corte molisana ha disatteso il costante indirizzo della giurisprudenza di questa Corte – ribadito anche a Sezioni unite (v. la sentenza 10 giugno 2005, n. 12195, con riferimento alla disciplina di cui al R.D. n. 383 del 1934, poi ripresa anche dalle stesse Sezioni unite, in ordine alla normativa sulle autonomie locali di cui alla L. n. 142 del 1990, nella sentenza 28 giugno 2005, n. 13831) – secondo il quale, nel vigore del combinato disposto del R.D. 3 marzo 1934, n. 383, artt. 284 e 288 (Testo unico della legge comunale e provinciale), la delibera con la quale i competenti organi comunali o provinciali affidavano ad un professionista privato l’incarico per la progettazione di un’opera pubblica, era valida e vincolante nei confronti dell’ente locale soltanto se conteneva la previsione dell’ammontare del compenso dovuto al professionista e dei mezzi per farvi fronte, con la conseguenza che l’inosservanza di tali prescrizioni determinava la nullità della delibera, la quale si estendeva al contratto di prestazione d’opera professionale poi stipulato con il professionista, escludendone l’idoneità a costituire titolo per il compenso (in tal senso v., fra le altre, già precedentemente alle richiamate pronunce delle SS.UU., Cass. 18 agosto 1990, n. 8410, e Cass. 30 maggio 2003, n. 7910, nonchè, successivamente, Cass. 2 luglio 2008, n. 18144, e Cass. 29 ottobre 2009, n. 22922).
Alla luce di tale condiviso orientamento giurisprudenziale deve, perciò, riaffermarsi la sussistenza della nullità del contratto di affidamento di un incarico professionale concluso dalla P.A. in base a deliberazione priva dei requisiti previsti dal R.D. n. 383 del 1934, citato art. 284, dato che dalla violazione di norme imperative (quali erano indubbiamente gli artt. 284 e 288 del citato R.D.) discende l’invalidità totale del rapporto contrattuale (rilevabile anche d’ufficio ex art. 1421 c.c.), espressamente comminata dall’art. 1418 c.c., comma 1, o, quanto meno, quella parziale ai sensi dell’art. 1419 c.c., qualora sia ravvisabile la nullità di singole clausole che non inficino l’intero contratto (come nel caso di specie nel quale è rimasto accertato che le parti avevano comunque validamente concluso la convenzione con riferimento alla commissione dei lavori inerenti il primo lotto siccome giustificata dalla già intervenuta copertura finanziaria, garantita da fondi preventivamente accantonati). In altri termini, sulla scorta della richiamata normativa di cui al R.D. n. 383 del 1934, l’ente comunale non poteva rimanere validamente vincolato da un contratto stipulato in esecuzione di una delibera nulla per violazione di norme imperative, tendenti a tutelare il patrimonio dell’ente pubblico contro l’assunzione illegittima di obbligazioni senza la previa disponibilità dei mezzi per farvi fronte e, quindi, senza la preventiva quantificazione dell’ammontare delle specifiche poste da erogare garantite da un impegno di spesa certo, attuale e concretamente disponibile (quale – con riferimento alla fattispecie in questione – non poteva essere quello condizionato, rispetto ai compensi per il 2^ e 3^ lotto, alla futura stipula di un mutuo e alla successiva erogazione di un finanziamento regionale, implicanti eventi incerti e tali da non comportare l’effettiva vincolatività dell’impegno contrattuale). In proposito è utile, infatti, evidenziare che la illegittimità della convenzione – nel vigore del R.D. n. 383 del 1934 – doveva considerarsi direttamente derivante dall’illegittimità delle delibere degli enti che avessero riguardato l’esecuzione di opere pubbliche e la relativa progettazione senza contenere la previsione attuale e concreta (e non, quindi, meramente ipotetica o potenziale) dei mezzi economici occorrenti, al cui adempimento avrebbe dovuto farsi luogo con la contestuale imputazione in bilancio e l’adozione del formale impegno contabile che avrebbe consentito di assicurare l’effettivo raggiungimento del risultato prefissato.
3. Per queste ragioni, in definitiva, in accoglimento del primo motivo del proposto ricorso (in relazione all’effettiva sussistenza della dedotta nullità, invece negata dalla Corte di appello) e con conseguente assorbimento degli altri motivi formulati (alcuni dei quali prospettati in via subordinata e gli altri comunque superati dalla statuizione adottata sul primo), deve provvedersi alla cassazione della sentenza impugnata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, decidere, ai sensi del previgente art. 384 c.p.c., comma 1 (corrispondente all’attuale comma 2), la causa nel merito, con il rigetto dell’appello proposto nell’interesse di F.C. (e la conseguente conferma della corretta sentenza di primo grado), cui consegue, in applicazione del principio della soccombenza, la condanna dello stesso F. al pagamento delle spese riguardanti sia il giudizio di appello che il presente giudizio di cassazione, liquidate, rispettivamente, nei sensi di cui in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri motivi; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’appello proposto nell’interesse di F. C. e condanna quest’ultimo al pagamento delle spese del giudizio di secondo grado, che liquida in Euro 1000,00 per onorari, Euro 600,00 per diritti ed Euro 200,00 per esborsi, nonchè di quelle del giudizio di cassazione, quantificate in Euro 2.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge.
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