Parere legale motivato di diritto penale – concorso di persone nel reato di omicidio in un contesto di rivalità di cosche mafiose.

a cura del dott. Domenico Cirasole

Il caso propone una fattispecie di concorso di persona.

Analizzando il caso vediamo che tizio, decide di vendicare, l’affronto subito dalla compagna, che intraprende una relazione con Caio.

Tizio e Caio, sono entrambi esponenti di spicco di cosche criminali rivali. Tizio incarica tre sottoposti di “gambizzare“ Caio, per vendicare il comportamento della compagna, ma anche per riparare alla grave lesione del suo prestigio criminoso, che ne è conseguito.

Dei tre sottoposti uno svolge il compito di vedetta in auto. Gli altri due in motocicletta usano le armi, che la cosca criminale aveva in dotazione, e colpiscono Caio, alle gambe, torace, addome, causandone la morte.

I tre sottoposti prima di dare atto all’esecuzione, studiano i movimenti di Caio, per mettere in atto il mandato criminoso ricevuto da Tizio, referente locale di spicco della cosca criminale.

Il giorno fissato i due sottoposti, nonostante fossero a distanza ravvicinata, e usando anche armi automatiche, sparano più proiettili all’impazzata uccidendo Caio, ma compiendo un atto diverso da quello commissionato da Tizio, che voleva semplicemente gambizzare Caio.

Dall’art. 18 della nostra Costituzione, ricaviamo che tutti i cittadini hanno diritto di associassi liberamente, per fini che non sono vietati dalla legge penale.

Inoltre tutti hanno diritto di propagandare la propria associazione. Le associazioni formate da tre o più persone, con lo scopo di commettere dei delitti, sono vietate e punite dal nostro ordinamento ( art. 416 cp ).

Lo stesso, il nostro ordinamento, vieta le associazioni formate da tre o più persone, che avvalendosi della forza d’intimidazione del vincolo associativo, e della condizione di assoggettamento, commette delitti, per acquistare, in modo diretto, o indiretto la gestione, il controllo dell’attività lecita e non lecite, di una determinata località ( art. 416 bis ).

Ulteriormente è vietato ed punita l’associazione armata (art. 416 bis ).

È definita associazione armata quando i partecipanti hanno la disponibilità, di armi, anche se occultate in luogo di deposito.

Il bene giuridico leso in dette associazioni, è il controllo di una zona, commettendo delitti, creando pericolo per l’ordine pubblico ed economico.

L’associazione si caratterizza dalla stabilità, e intensità del vincolo solidale. Detto vincolo, determina un’azione intimidatrice, nell’ambiente circostante.

Il metodo mafioso ( art. 416 bis ), si connota dal lato attivo, per l’utilizzazione da parte degli associati della carica intimidatrice, che nasce dal vincolo associativo, e dal lato passivo, per la situazione che tale forza intimidatrice sprigiona verso l’esterno dell’associazione (cass. Pen. 70/200).

L’avvalersi della forza intimidatrice può esplicarsi nei modi più disparati, anche ponendo in essere atti di violenza, che di per sé soli, sono irrilevanti, ma se vista in una condotta ampia del sodalizio, da essa deriva, ed esprima una forza associativa ed intimidatrice ( cass. Pen. 648/93 ).

L’aggravante della disponibilità di armi, per le finalità dell’associazione, ben può ritenersi finalizzata al conseguimento degli scopi propri dell’associazione ( cass. Pen. 9958/97 ).

In dette associazioni vi è la presenza di un responsabile ( capo mandamento della provincia ), organizzatori ( promotori ), e partecipi ( partecipazione al tessuto organizzativo del sodalizio ).

L’elemento soggettivo della condotta di tutti i soggetti dell’associazione è, la consapevole volontà di far parte della compagine criminosa, per condividerne le finalità e l’attività svolta ( cass. Pen. 592/01 ).

I capi, localmente hanno ruolo direttivo, e decisionale ( cass. Pen. 206/97 ).

Sussiste la responsabilità del “ capo “ a titolo di concorso nel reato, anche se da lui non commesso materialmente.

Nel caso in esame Tizio è capo, referente locale, di una cosca criminale. Tizio intende “ gambizzare “ Caio, prevalentemente per non perdere un prestigio criminale, che a parere dello scrivente, è tipica della condotta mafiosa, che pur di non perdere il controllo di una determinata località, compie atti che di per sé sono irrilevanti, ma vista con ottica ampia, aumentano la forza intimidatrice dell’associazione.

Che Tizio fosse capo referente locale, lo si denota dal fatto che ha potere decisionale, dispone di armi dell’organizzazione, e usando il vincolo solidale organizzativo, può usare, per commettere il reato prefisso, anche degli affiliati ( partecipi ).

L’elemento psicologico di Tizio è a parere dello scrivente, la volontà di aumentare in maniera incontrastata il controllo criminale. Infatti sempre a parere di chi scrive l’aver agito per motivi abietti ( quale è vendicare l’affronto subito a seguito della relazione sentimentale della ex compagna di Tizio ), fa ipotizzare che la reale motivazione del reato voluto, sia da ascrivere al reato previsto ex art. 416 bis.

Infatti voler gambizzare Caio, perché scelto come nuovo compagno della sua ex, può risultare un semplice pretesto.

La morte di Caio a seguito dell’uso delle armi da fuoco, fa ascrivere nella condotta di Tizio, quale mandante, a capo locale dell’associazione, anche il reato d’omicidio ( art. 584 cp ), anche, se non voluto.

L’art. 586 cp prevede un aumento delle pene se da un fatto deriva, quale conseguenza non voluta dal colpevole, la morte di una persona. Infatti i concorrenti hanno accettato consapevolmente il rischio che le gravi lesioni programmate ( gambizzazione ), potessero trasmodare in omicidio.

Ne consegue che ricorre un’ipotesi di concorso ordinario ( art. 110 ), e non anomalo ( art. 116 cp ), nell’uso d’armi, in relazione al verificarsi di qualsiasi evento lesivo del bene vita ( cass. Sez. unite 337/09 ).

Tizio risponderà di omicidio preterintenzionale ( art. 584 cp. ) e non di omicidio volontario ( art. 575 cp ), per la diversità dell’elemento psicologico.

Infatti Tizio ha voluto l’evento minore ( gambizzazione ), e non la morte, anche se facilmente ipotizzabile ( dolo diretto eventuale ) ( cass. Pen. 169259/85 ).

Tizio in concorso con gli esecutori, partecipa moralmente all’evento morte di Caio, essendovi un rapporto di causalità tra la volontà di gambizzare, e l’evento morte (cass. Pen. 230836/04 ).

Purtroppo per Tizio, aggrava la sua situazione, l’aver cagionato la morte con l’uso delle armi, ( art. 585 cp ).

Ancora a Tizio può applicarsi l’aggravante 112 punto 2, per aver promosso, e organizzato l’attività dei tre sicari ( art. 112 punto 2 ).

In conclusione a parere dello scrivente per la morte di Caio, può essere imputato, anche a Tizio, il reato di Omicidio preterintenzionale ( 584 cp ), anche se non voluto, ma previsto, quale conseguenza del suo mandato ( art. 110 cp ).

Aggrava la situazione di Tizio l’aver promosso l’azione ( art. 112 punto 2 ), e l’aver cagionato la morte con l’uso delle armi ( 585 cp ).

Tutta la condotta di Tizio è conseguenza dell’appartenenza ad un’associazione di tipo mafioso ( art. 416 bis ), e la spedizione punitiva ( gambizzazione ) è il modus operandi delle associazioni mafiose ( Metodo mafioso ).

Ne consegue l’applicazione dell’art. 81 cp nei confronti di Tizio perché la gambizzazione di Caio, è reato facente parte del medesimo disegno criminoso dell’associazione mafiosa ( art. 416 bis ), prevedendo una pena aumentata fino al triplo. ( concorso formale 81 cp comma 2 ).

Tizio può proporre il giudizio abbreviato ( 438 cpp ), definendo il tutto allo stato degli atti all’udienza preliminare, ottenendo una diminuzione di pena di un terzo.

Poco probabile può realizzarsi una difesa di Tizio che partendo dall’art. 83 cp, preveda un errore nell’uso dei mezzi di esecuzione ( uso delle armi sproporzionato da parte dei due sicari, nonostante usino armi automatiche, e si trovano a distanza ravvicinata) per derubricare il reato di omicidio da preterintenzionale a colposo ( perché l’evento morte non era voluto ) ( art. 589 ).

Infatti dice la cassazione che ai sensi dell’art. 83, è addebitabile all’agente a titolo di colpa, soltanto se è assolutamente diverso.
Così non è quando l’evento è più grave di quello previsto ( cass. Pen. 1240/88 ).

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *