Il caso giuridico in esame vede interessato il sig. CAIO che dichiara di essere stato adibito allo svolgimento di mansioni ulteriori rispetto a quelle di custodia, e precisamente delle mansioni di pulizia degli impianti e dei servizi igienici.
Caio assumeva l’illegittimità di tale ulteriore adibizione atteso che i nuovi compiti, non erano professionalmente equivalenti a quelle in precedenza assegnategli.
Caio chiedeva quindi la condanna del Comune al risarcimento del danno derivante dalla dequalificazione professionale.
Inoltre egli non poteva compiere dette mansioni perchè affetto da malattia cardiaca per la quale era stato riconosciuto invalido nella misura del 25% e non idoneo alla qualifica di operatore della nettezza urbana.
Il D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 52 prevede che il lavoratore deve essere adibito "alle mansioni per le quali è stato assunto o alle mansioni considerate equivalenti nell’ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi".
L’equivalenza deve essere valutata in concreto, valutando se le nuove mansioni abbiano pari valore professionale rispetto a quelle in precedenza svolte.
Sul concetto di equivalenza, è il giudice a valutare se determinate mansioni possono essere, in concreto, ritenute equivalenti, sulla base del bagaglio professionale necessario per svolgerle.
L’equivalenza contrattuale sta a significare che la disciplina collettiva che fa riferimento alla qualifica si applica di norma a tutte tali mansioni così accorpate, ancorchè espressione di diverse professionalità" (Cass. SS.UU., 24.11.2006, n. 25033).
In quest’ottica, affinchè le mansioni possano essere considerate equivalenti è sufficiente la previsione in tal senso della contrattazione collettiva. (Cass. SS.UU., 4.4.2008, n. 8740; Cass. sez. lav., 21.5.2009, n. 11835).