a cura del dott. Domenico CIRASOLE
La questione giuridica in esame vede interessato CAIO che all’epoca dei fatti era amministratore della società FIORE, ma non era dipendente della stessa società, perché legato ad essa solo da un contratto di collaborazione e poi di Consulenza.
La società SOLE ha conseguito e aggiudicato delle gare d’appalto, a condizioni meno vantaggiose per l’impresa appaltante FIORE.
Dunque la società FIORE ha dovuto attuare una retrocessione dal contratto, e dunque ha dovuto sopportare le spese occorse al recupero, nel corso dell’esecuzione del contratto, dei corrispettivi contrattuali convenuti, con la società SOLE.
Per la società FIORE è stato immancabile il danno patrimoniale costituito dalle spese sostenute.
Si tratta, all’evidenza, di tutti danni direttamente subiti dalla società.
La società FIORE ha come socio la pubblica amministrazione, che dalla questione in esame ha subito un danno arrecato all’immagine dell’ente.
Infatti, tale danno, anche se non comporta apparentemente una diminuzione patrimoniale alla pubblica amministrazione, è suscettibile di una valutazione economica finalizzata al ripristino del bene giuridico leso (Cass. civ., Sez. Unite, 02/04/2007, n. 8098).
Sorge dunque nel caso in esame la necessità di proporre azione per reagire ad un danno cagionato al patrimonio della società.
Non è configurabile alcun rapporto di servizio tra l’ente pubblico partecipante e l’amministratore della società partecipata, il cui patrimonio sia stato leso dall’atto di mala gestio.
Inoltre neppure sussiste in tale ipotesi un danno qualificabile come danno erariale, inteso come pregiudizio direttamente arrecato al patrimonio dello Stato o di altro ente pubblico che della suindicata società sia socio.
La ben nota distinzione tra la personalità giuridica della società di capitali e quella dei singoli soci e la piena autonomia patrimoniale dell’una rispetto agli altri non consentono di riferire al patrimonio del socio pubblico il danno che l’illegittimo comportamento degli organi sociali abbia eventualmente arrecato al patrimonio dell’ente, patrimonio che è e resta privato.
Il danno sofferto dal patrimonio della società è per lo più destinato a ripercuotersi anche sui soci, incidendo negativamente sul valore o sulla redditività della loro quota di partecipazione.
Ma l’art. 2497 c.c. in tema di responsabilità dell’ente posto a capo di un gruppo di imprese societarie, impone di tener ben distinti i danni direttamente inferti al patrimonio del socio da quelli che siano il mero riflesso di danni sofferti dalla società.
Dei danni diretti prodotti nella sfera giuridico-patrimoniale del socio solo lui è legittimato a dolersi.
Dei danni diretti prodotti nella sfera giuridico-patrimoniale della società, solo alla società compete il risarcimento, di modo che per il socio anche il ristoro è destinato a realizzarsi unicamente nella medesima maniera indiretta in cui si è prodotto il suo pregiudizio ( Cass. 5 agosto 2008, n. 21130).
Si capisce, allora, come il danno inferto dagli organi della società al patrimonio sociale può dar vita all’azione sociale di responsabilità ed eventualmente a quella dei creditori sociali, ma non è idoneo a configurare anche un’ipotesi di azione ricadente nella giurisdizione della Corte dei conti perché non implica alcun danno erariale, bensì unicamente un danno sofferto da un soggetto privato (appunto la società).
Dunque è ipotizzabile nei confronti del sig. CAIO un’azione di responsabilità sociale e dei creditori sociali contemplate dal codice civile, attua ad ottenere il ristoro completo del pregiudizio subito dalla mala gestio dello stesso amministratore che ha agito con dolo e colpa grave.
La giurisdizione della Corte dei conti è configurabile nei confronti di chi, all’interno dell’ente pubblico partecipante, avesse omesso di adottare, un comportamento volto all’esercizio da parte del socio -pubblica amministrazione- dell’azione sociale di responsabilità nei confronti dell’amministratore, con conseguente danno della società partecipata e, dunque, dell’ente pubblico partecipante.
Va affermata ulteriormente la giurisdizione delle Corte dei conti solo relativamente alla condanna di risarcimento del danno all’immagine subita dalla pubblica amministrazione.
Rientra nella giurisdizione della Corte dei conti l’azione di responsabilità per il danno arrecato all’immagine dell’ente che anche se non comporta apparentemente una diminuzione patrimoniale alla pubblica amministrazione, è suscettibile di una valutazione economica finalizzata al ripristino del bene giuridico leso
(Cass. civ., Sez. Unite, 02/04/2007, n. 8098).
In detto caso di responsabilità per danno erariale, ovvero per danno arrecato all’immagine dell’ente, l’esistenza di un rapporto di servizio, quale presupposto per un addebito di responsabilità al detto titolo, non è limitata al rapporto organico o al rapporto di impiego pubblico, ma è configurabile anche quando il soggetto,benché estraneo alla Pubblica amministrazione, venga investito, anche di fatto, dello svolgimento, in modo continuativo, di una determinata attività in favore della Pubblica Amministrazione (Cass. Sez. Unite, 12/03/2004, n. 5163; Cass. S.U. n. 19661/2003).
Nella fattispecie è ravvisabile tale inserimento del sig. Caio nell’organizzazione della societa FIORE con l’assunzione di vincoli ed obblighi funzionali, poichè questi agiva nell’espletamento dell’attività consulenziale.
In tale ultimo caso la configurabilità dell’azione del procuratore contabile, tesa a far valere la responsabilità dell’amministratore o del componente di organi di controllo della società partecipata dall’ente pubblico quando questo sia stato direttamente danneggiato dall’azione illegittima, non incontra particolari ostacoli in sede civile dai citati artt. 2395 e 2476,sesto comma, poiché l’una e l’altra mirerebbero in definitiva al medesimo risultato.
Quel che appare certo è che la presenza dell’ente pubblico all’interno della compagine sociale ed il fatto che la sua partecipazione sia strumentale al perseguimento di finalità pubbliche ed abbia implicato l’impiego di pubbliche risorse non può sfuggire agli organi della società e non può non comportare, per loro, una peculiare cura nell’evitare comportamenti tali da compromettere la ragione stessa di detta partecipazione sociale dell’ente pubblico o che possano comunque direttamente cagionare un pregiudizio al patrimonio di quest’ultimo.
(CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Sezioni unite civili 19 dicembre 2009)