a cura del dott. Domenico CIRASOLE
La questione giuridica in esame vede interessato il sig. CAIO, che ha subito danni alla sua autovettura a seguito dell’impatto con un capriolo, che aveva improvvisamente attraversato la strada statale che egli stava percorrendo.
Il sig. CAIO procedeva a velocità moderata, e l’animale ha fatto irruzione sulla strada all’improvviso.
Negli ultimi tempi si erano verificati molti incidenti analoghi, sì che il danno era prevedibile ed avrebbero dovuto essere approntate misure di vigilanza, in particolare facendo predisporre adeguata segnaletica stradale.
E’ facilmente intuibile che la presenza di un eccesso di popolamento, e la determinazione poco oculata dei luoghi in cui gli animali trovano cibo ed acqua, nonché l’assetto e le modalità di delimitazione del territorio in relazione alla prossimità con le strade pubbliche, ecc., possono incrementare i rischi di interferenze con la circolazione dei veicoli.
Vi è dunque una responsabilità per il sinistro del comportamento della fauna selvatica ai quali non può applicarsi i principi di cui all’art. 2052 cod. civ., ma l’applicazione dell’art. 2043 cod. civ..
Va premesso che il caso in esame concerne il problema della responsabilità per i danni arrecati a terzi dal comportamento della fauna selvatica, sulla base dei principi generali in tema di illecito civile di cui all’art. 2043 ss. cod. civ.: materia su cui le leggi speciali, statali e regionali, che regolano competenze e responsabilità dello Stato e degli enti locali, nulla dispongono espressamente
La disciplina applicabile deve essere ricostruita sulla base dei principi generali in tema di responsabilità civile, che impongono di individuare il responsabile dei danni nell’ente a cui siano concretamente affidati, con adeguato margine di autonomia, i poteri di gestione e di controllo del territorio e della fauna ivi esistente, e che quindi sia meglio in grado di prevedere, prevenire ed evitare gli eventi dannosi del genere di quello del cui risarcimento si tratta.
Nel caso in esame si tratta di stabilire se tali poteri spettino alla Regione o alla Provincia (o ad entrambe): problema da risolvere con riguardo sia alle leggi nazionali che regolano le rispettive competenze, sia alle leggi della regione interessata; che quindi è suscettibile di diversa soluzione, nell’ambito delle diverse regioni. (Cass. civ., Sent., 08-01-2010, n. 80).
La L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 14, sulle autonomie locali attribuisce alle province le funzioni amministrative che attengano a determinate materie, fra cui la protezione della fauna selvatica (comma 1, lett. f), nelle zone che interessino in parte o per intero il territorio provinciale.
Mentre la L. 11 febbraio 1992, n. 157, destinata a regolare la protezione della fauna selvatica, attribuisce alle regioni a statuto ordinario il compito di "emanare norme relative alla gestione ed alla tutela di tutte le specie di fauna selvatica" (art. 1, comma 1) e dispone che le province attuano la disciplina regionale "ai sensi della L. 8 giugno 1990, n. 142, art. 14, comma 1, lett. f)" (art. 1, comma 3), cioè in virtù dell’autonomia ad esse attribuita dalla legge statale; non per delega delle regioni.
Da tali disposizioni si desume che la regione ha una competenza essenzialmente normativa, mentre alle province spetta l’esplicazione delle concrete funzioni amministrative e di gestione, nell’ambito del loro territorio.
La sentenza n. 8788/1991 della Corte di cassazione ha affermato che, ove la Regione affidi ad un concessionario la gestione di attività di propria competenza, sul concessionario grava la stessa responsabilità civile propria del concedente, così come va individuata nel concessionario la posizione di soggetto passivo dell’azione di responsabilità, per i danni arrecati a terzi.
“In sintesi, è da ritenere che la responsabilità aquiliana per i danni a terzi debba essere imputata all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc, a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, con autonomia decisionale sufficiente a consentire loro di svolgere l’attività in modo da poter amministrare i rischi di danni a terzi che da tali attività derivino”. (Cass. civ., Sent., 08-01-2010, n. 80).
Deve essere parimenti disatteso l’ulteriore argomento secondo cui la Regione dovrebbe essere tenuta comunque responsabile, quale ente che ha delegato i suoi poteri alla provincia.
In primo luogo, l’esercizio di funzioni o di attività per delega di altri non vale di per sè ad escludere la responsabilità del delegato per i danni arrecati a terzi, ove il delegato goda di autonomia di valutazioni e di scelte, rispetto al delegante, sufficiente a ricondurre alla sua personale decisione, il comportamento produttivo di danno.
Per ravvisare la responsabilità esclusiva del delegante, in tema di illecito civile, occorrerebbe dimostrare che il comportamento del delegato è stato interamente vincolato dalle direttive del primo (artt. 1390 e 1391 cod. civ.).
In secondo luogo, si è detto che la L. n. 142 del 1990, art. 14, comma 1, lett. f, attribuisce alle province, nell’ambito del proprio territorio, una competenza propria in materia di fauna selvatica; che le regioni approvano le norme relative alla gestione e alla tutela della fauna, e che le province attuano tali norme, ai sensi del citato art. 14 (L. n. 157 del 1992, art. 1, comma 1), cioè nel quadro di una competenza propria (Cass. civ., Sent., 08-01-2010, n. 80).
“In tale contesto, la responsabilità della regione potrebbe essere coinvolta solo se l’evento dannoso fosse riconducibile all’attuazione da parte della provincia di specifiche norme regionali; non invece ove si tratti di danni inerenti all’esercizio di attività meramente amministrative, quali il controllo sugli animali e sul territorio, il fare apporre sulle strade apposita segnaletica per gli automobilisti, e simili, relativamente alle quali le decisioni su come agire spettano esclusivamente o prevalentemente alla provincia.” (Cass. civ., Sent., 08-01-2010, n. 80).
La questione dovrà essere infatti esaminata con riferimento alla specifica posizione dell’ente.
In linea di principio:"La responsabilità aquiliana per i danni provocati da animali selvatici alla circolazione dei veicoli deve essere imputata all’ente, sia esso Regione, Provincia, Ente Parco, Federazione o Associazione, ecc, a cui siano stati concretamente affidati, nel singolo caso, i poteri di amministrazione del territorio e di gestione della fauna ivi insediata, sia che i poteri di gestione derivino dalla legge, sia che derivino da delega o concessione di altro ente (nella specie della Regione). In quest’ultimo caso, sempre che sia conferita al gestore autonomia decisionale e operativa sufficiente a consentirgli di svolgere l’attività in modo da poter efficientemente amministrare i rischi di danni a terzi, inerenti all’esercizio dell’attività, e da poter adottare le misure normalmente idonee a prevenire, evitare o limitare tali danni" (Cass. civ., Sent., 08-01-2010, n. 80).