Cass. pen. Sez. I, Sent., (ud. 18-11-2010) 21-01-2011, n. 1843 Esecuzione

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

1. J.A. ha proposto personalmente ricorso per Cassazione avverso l’ordinanza deliberata il 22 febbraio 2010 dal GIP del Tribunale di Palermo in funzione di giudice dell’esecuzione, il quale, investito della richiesta del ricorrente di sospendere nuovamente l’ordine di esecuzione della condanna a pena detentiva non superiore a tre anni emessa nei suoi confronti il 23 febbraio 2009, l’aveva rigettata, rilevando: per un verso, che il decreto di sospensione adottato dal PM il 30 settembre 2009 doveva ritenersi legittimamente revocato, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 8, dal momento che l’istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione presentata dal difensore che aveva assistito il condannato nella fase del giudizio, era stata dichiarata inammissibile dal Tribunale di sorveglianza con provvedimento del 17 dicembre 2009; per alto verso, che ai sensi della citata norma, comma 7 "la sospensione dell’esecuzione per la stessa condanna, non può essere disposta più di una volta", sicchè era irrilevante la circostanza che solo in data 28 novembre 2009 risultava in effetti notificato allo J. A. l’ordine di esecuzione ed il contestuale decreto di sospensione e che lo stesso avesse quindi presentato tempestivamente (nel termine di trenta giorni dalla notifica) autonoma istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione, sulla quale il giudice adito non si era ancora pronunciato.

2. A sostegno della proposta impugnazione J.A. deduce la illegittimità dell’ordinanza impugnata per violazione di legge (art. 656 c.p.p., comma 8 bis) e vizio di motivazione, evidenziando in ricorso: (a) che l’ordine di esecuzione della condanna, come riconosciuto dallo stesso giudice dell’esecuzione, gli era stato notificato, personalmente, soltanto il 28 novembre 2009, con la conseguenza che il termine per proporre istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione non poteva ritenersi ancora decorso, sicchè il decreto di sospensione emesso dal PM non poteva essere revocato prima che il tribunale di sorveglianza si pronunciasse sulla tempestiva istanza di concessione di misura alternativa alla detenzione, proposta personalmente; (b) che risultando dagli atti (decreto di Irreperibilità) provato o comunque probabile che esso condannato non avesse avuto conoscenza dell’avviso, contenuto ex lege nell’ordine di esecuzione, che entro trenta giorni poteva presentare istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione, trovandosi all’epoca all’estero nel suo paese di origine (Marocco), doveva senz’altro essere disposta, ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 8 bis, la rinnovazione della notifica dell’ordine, non potendo evidentemente ritenersi riferibile ad esso condannato l’istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione proposta dal suo difensore nella fase del giudizio, non essendo costui munito di apposita procura, con la conseguenza che tale atto doveva ritenersi improduttivo di effetti.

Motivi della decisione

1. L’impugnazione è basata su motivi infondati e va quindi rigettata. Come già affermato da questa Corte, infatti, in assenza di difensore "nominato per la fase della esecuzione", il difensore che ha assistito nella fase del giudizio il condannato (art. 656 c.p.p., comma 5A), è legittimato a presentare direttamente istanza di misure alternative, senza la necessità di ulteriore specifica "nomina" (in tal senso Sez. 1, Sentenza n. 40392 dell’8/10/2004 dep. 14/10/2004, imp. Palumbo, Rv. 230642).

Recita, infatti, l’art. 656 c.p.p., comma 6, che l’istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione "deve essere presentata dal condannato o dal difensore di cui al comma 5A, ovvero allo scopo nominato dal P.M…". Di conseguenza, poichè il provvedimento del 30 settembre 2009 emesso dal PM ai sensi dell’art. 656 c.p.p., comma 5, è stato correttamente notificato al difensore del condannato nella fase del giudizio, essendo costui pacificamente "non rintracciabile presso il luogo di residenza e di domicilio", del tutto legittimamente il predetto difensore ha presentato istanza di concessione della misura alternativa nell’interesse del proprio assistito, la quale, contrariamente a quanto opinato dal ricorrente, deve ritenersi produttiva di effetti, tant’è che solo dopo la declaratoria di inammissibilità della stessa da parte del competente giudice adito, ha avuto inizio, previa revoca del decreto di sospensione, la fase di esecuzione della condanna.

Acclarata la piena legittimità dell’istanza di concessione di una misura alternativa alla detenzione proposta dal difensore che ha assistito il condannato nella fase del giudizio, ne consegue che nessun profilo di illegittimità è allora fondatamente ravvisarle nel provvedimento impugnato per avere il giudice dell’esecuzione negato una nuova sospensione dell’esecuzione della condanna di cu trattasi, prevedendo la legge (art. 656 c.p.p., comma 7) un generale divieto di reiterazione della sospensione della medesima condanna, che risponde, come rilevato da autorevole dottrina, alla necessità di evitare che la presentazione di istanze a catena provochi il rinvio sine die della concreta espiazione della pena. Il rigetto del ricorso comporta le conseguenze di cui all’art. 616 c.p.p. in ordine alla spese del presente procedimento.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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