Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 322 del 24 giugno 2004 il Tribunale di Arezzo – sezione agraria – dichiarava cessati i rapporti di affitto agrario intercorrenti tra D.G., da una parte, e B.C. e M.R., dall’altra, aventi ad oggetto appezzamenti di terreno con annessi fabbricati colonici siti in località (OMISSIS), ed ordinava al G. di rilasciare in favore della B., in proprio e quale erede della M., gli immobili al termine dell’annata agraria in corso. Avverso l’esecuzione per rilascio proponeva opposizione di terzo la Società semplice Agricola Valtiberina, in persona dei soci e legali rappresentanti F.A. e G.D., deducendo di condurre in affitto i terreni sin dal 2003 in forza di contratti verbali con la B., alla quale aveva corrisposto i canoni. La B. contestava che fosse mai esistito alcun contratto di affitto con la società. In esito al giudizio, il ricorso era respinto e l’Agricola Valtiberina interponeva appello. La Corte di Appello di Firenze rigettava l’impugnazione. Avverso quest’ultima decisione, la società ha quindi proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi.
Motivi della decisione
Con la prima doglianza, deducendo il vizio di insufficiente e contraddittoria motivazione, la società ricorrente censura la sentenza impugnata in quanto la Corte territoriale a suo avviso, dopo aver trascurato che la società si trovava nella detenzione dell’immobile fin dal 2003 ed aveva effettuato tramite G. D., suo legale rappresentante, il pagamento dei canoni accettati senza riserve dalla ricorrente, avrebbe motivato in maniera insufficiente e contraddittoria circa il fatto controverso e decisivo per il giudizio relativo alla sussistenza del rapporto di affitto agrario tra la proprietaria e la stessa Agricola Valtiberina.
Inoltre – ed in tale rilievo si sostanzia la seconda doglianza, articolata anch’essa sotto il profilo della motivazione insufficiente- la Corte territoriale avrebbe omesso di motivare adeguatamente in ordine alla decisione di non ammettere le prove orali articolate dall’appellante volte a provare l’accordo verbale di contratto di affitto agrario intervenuto tra la stessa società e la B..
I motivi in questione possono essere trattati congiuntamente proponendo profili di censura strettamente connessi tra loro. Sia l’una che l’altra censura non meritano però di essere prese in considerazione. Quanto alla prima, giova premettere che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il vizio di motivazione, sotto il profilo dell’insufficienza e della contraddittorietà della medesima, può dirsi sussistente solo quando nel ragionamento del giudice di merito sia rinvenibile traccia evidente del mancato o deficiente esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabile d’ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l’identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (Cass. n. 29203/08, n. 9368/06, n. 2399/04) e non può invece consistere in un apprezzamento dei fatti in senso difforme da quello preteso dalla parte perchè la legge non conferisce alla Corte di Cassazione il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico-formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice del merito. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha fondato la sua decisione sull’assoluta carenza di prove in ordine alla sussistenza del contratto di affitto agrario tra la B. e la società, sottolineando come la necessaria dimostrazione fosse stata affidata dall’appellante a strumenti totalmente privi di rilevanza probatoria nel senso desiderato ed ha evidenziato i seguenti rilievi: 1) la registrazione del presunto contratto verbale era atto compiuto su unilaterale iniziativa della società 2) i pagamenti dei canoni di affitto, a mezzo di bonifici, erano stati emessi con causali riferibili alla sola persona di G.D. senza che mai vi fosse spendita del nome della società 3) lo stesso G. nel giudizio promosso dalla B. per l’accertamento della fine del rapporto di affittanza si era qualificato come titolare della ditta individuale Agricola Valtiberina.
Ciò posto, la motivazione posta dalla Corte di Appello appare sufficiente, logica, non contraddittoria laddove i rilievi della parte ricorrente si esauriscono in una diversa valutazione in ordine all’interpretazione dei fatti di causa, senza individuare in alcun modo effettivi vizi logici o giuridici nell’impugnata decisione. Ne deriva l’inammissibilità della censura.
Ugualmente inammissibile è il secondo motivo di impugnazione sia pure per ragioni diverse. Al riguardo, deve premettersi che la ricorrente si è ben guardata dal riportare, in ricorso, i capitoli di prova orale che, a suo avviso, avrebbero fornito la prova dell’avvenuta stipulazione del contratto stipulato con la proprietaria degli appezzamenti di terreno. Ciò premesso, va rilevato che, secondo il consolidato orientamento di questa Corte, qualora sia denunciato, con il ricorso per cassazione, un vizio di motivazione della sentenza impugnata lamentando, così come è avvenuto nella specie, l’insufficienza e la inadeguatezza delle argomentazioni svoltevi in ordine alla mancata ammissione delle prove articolate e richieste, è opportuno e necessario, al fine di consentire al giudice di legittimità il controllo sulla decisività degli elementi di giudizio assuntivamente non considerati, che il ricorrente indichi puntualmente i capitoli di prova ai quali fa riferimento e ne specifichi il contenuto in dettaglio provvedendone all’integrale trascrizione nel ricorso, non essendo sufficienti il semplice richiamo ad essi e la prospettazione del loro asserito decisivo valore probatorio in contrapposizione alle valutazioni effettuate dal giudice.
E ciò, in quanto il ricorso per cassazione deve contenere in sè tutti gli elementi necessari a costituire le ragioni per cui si chiede la cassazione della sentenza impugnata ed a consentire l’apprezzamento da parte del giudice di legittimità della fondatezza di tali ragioni. Il controllo deve essere infatti svolto sulla base delle sole deduzioni contenute nel ricorso, alle cui lacune non è possibile sopperire con indagini integrative, mediante l’accesso a fonti esterne e l’esame diretto degli atti di causa, che resta precluso alla Corte di cassazione. La censura proposta in questa sede non risponde ai suddetti requisiti perchè la ricorrente si è ben guardata dal riportare in ricorso il testo dei capitoli di prova articolati per cui la doglianza deve essere ritenuta inammissibile per difetto di autosufficienza.
Alla stregua delle pregresse considerazioni, il ricorso per cassazione in esame deve essere pertanto rigettato, senza che occorra provvedere sulle spese in quanto la parte vittoriosa, non essendosi costituita, non ne ha sopportate.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.