Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con ricorso al TAR Puglia, sede di Bari, l’attuale appellante ha chiesto l’annullamento degli atti del procedimento espropriativo posto in essere dal Comune di Monte Sant’Angelo, finalizzato alla realizzazione del comparto edificatorio C1/1, adottato con deliberazione G.C. n. 73/1992 e successivamente approvato in via definitiva dal Commissario Straordinario con deliberazione n. 186/1993.
Tali atti sono: avviso di immissione in possesso, con allegato decreto di occupazione d’urgenza n. 37 dell’8/11/2001; nota prot. n. 10828 del 17/9/2001, contenente avviso di deposito atti di cui all’art. 10 L. n. 865/1971; deliberazione G. C. n. 131 del 14/6/2001; convenzione n. 102.656 registrata il 17/1/2000, stipulata tra il Comune ed il Consorzio il "G.I.".
La sig.ra V., proprietaria di un’area di oltre 14.000. mq. su cui insiste un fabbricato rurale di 200 mq. circa, censita in catasto al fg. 132 del Comune di Monte Sant’Angelo, in un primo momento aveva proposto ricorso straordinario al Presidente della Repubblica in data 15/1/2001 per l’impugnativa dei provvedimenti di cui in epigrafe, chiedendone l’annullamento.
Con ricorso in opposizione il controinteressato Consorzio "Il G.I." ha chiesto, ex art. 10 D.P.R. n. 1199/71, la trasposizione del gravame in sede giurisdizionale, la quale è stata ritualmente effettuata.
La ricorrente con l’atto di riassunzione innanzi al TAR ribadiva quanto già dedotto con il ricorso straordinario: lamentava che l’area oggetto del ricorso era sita in località Galluccio ed era interessata da procedura espropriativa da parte del Comune di Monte Sant’Angelo per la realizzazione del comparto edificatorio C1/1, adottato con le due citate deliberazioni del 1992 e del 1993. In sede di approvazione di detto comparto l’Amministrazione aveva deciso di destinare il 50% della volumetria residenziale ad edilizia residenziale pubblica, senza effettuare – a dire di essa ricorrente – tuttavia alcuna individuazione specifica.
Solo nel 1994 il Consiglio comunale aveva individuato i lotti da destinare ad edilizia residenziale pubblica, cui non è seguito alcun procedimento per l’adozione e l’approvazione dell’atto pianificatorio di tipizzazione (delibera C. C. n. 43/94).
A seguito dell’adozione di un nuovo piano particellare di esproprio, avvenuta con deliberazione di Giunta com. n. 131/2001 (in sostituzione di quello adottato nel 1994 ormai decaduto e di quello adottato con deliberazione di G. C. n. 201 del 25/2/1997 privo di autorizzazione regionale in merito al cambio di destinazione d’uso pervenuta poi all’Amministrazione intimata con deliberazione G. R. n. 666 del 26/6/2000), si è giunti all’emissione del decreto sindacale d’occupazione d’urgenza n. 37 del 8/11/2001, notificato alla ricorrente unitamente all’avviso di immissione in possesso in data 20/11/2001.
Successivamente, in data 14/12/2001, il Comune si è immesso nel possesso delle aree di proprietà della ricorrente.
Con l’atto di riassunzione la ricorrente deduceva i seguenti motivi:
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 L. U. n. 1150/1942 e della L. R. Puglia n.6/1979;
2) Eccesso di potere per erroneità dei presupposti e per travisamento dei fatti; Erroneità;
3) Violazione e falsa applicazione delle L. R. Puglia n. 13/2001; Incompetenza; Violazione e falsa applicazione dell’art. 13 della L. n. 2359/1865;
4) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e ss. della L. n. 241/90; Violazione del giusto procedimento.
Con motivi aggiunti depositati in data 25/06/2004 e ritualmente notificati è stato formulato il seguente ulteriore motivo:
5) Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della L. U. n. 1150/1942 e dell’art. 54 della L. R. Puglia n. 6/1979; Eccesso di potere per erroneità dei presupposti; Falsa rappresentazione dei fatti; Travisamento; Sviamento.
Costituitesi le parti resistente e controinteressata, con ordinanza n. 1071/2004 il TAR disponeva incombenti istruttori. La documentazione è stata depositata in atti (tardivamente ed incompleta, secondo l’appellante) in data 28/1/2005.
Il TAR di Bari ha rigettato il ricorso, compensando integralmente le spese, con sentenza n. 1607/2005, avverso la quale la sig.ra V. ha proposto un corposo appello di quaranta pagine, seguito da altrettanto corposa "memoria finale", con la quale si ripropongono i motivi dedotti in primo grado, censurando i passi della sentenza relativi a ciascuno di essi.
Si sono costituiti in giudizio sia l’amministrazione comunale che il Consorzio, per contestare la fondatezza dell’appello.
L’appellante ha illustrato i motivi d’appello con ulteriore ampia memoria.
Alla pubblica udienza del 21 dicembre 2010 la causa è stata trattenuta in decisione.
Motivi della decisione
1 – L’appello è infondato.
Vale precisare in punto di fatto le seguenti circostanze che hanno caratterizzato l’annosa e complessa vicenda riguardante il comparto edificatorio in oggetto, come pure ben ricostruita nell’appellata sentenza.
L’area interessata dall’interevento edilizio di che trattasi ricade in zona di espansione C1, secondo il P.R.G. vigente nel Comune di Monte Sant’Angelo.
In virtù delle previsioni dell’art 31 delle N.T.A. del medesimo piano regolatore, l’attuazione dell’intervento edilizio risultava prevista per l’intero comparto edificatorio, con una ripartizione al 50% della volumetria tra edilizia economica e popolare ed edilizia residenziale privata, attraverso il ricorso ad un piano particolareggiato ovvero alternativamente ad un piano di lottizzazione.
I proprietari delle aree incluse nel comparto avevano costituito un consorzio – denominato " I.G." dal nome della contrada ove erano allocati i terreni – finalizzato alla proposizione ed attuazione di un piano di lottizzazione, concretamente presentato ed adottato dal Consiglio Comunale con delibera n. 73/92 e infine approvato con delibera n. 186/93.
Con successiva delibera C. C. n. 43/94 si è quindi proceduto all’individuazione dei lotti e delle aree da destinarsi all’edilizia pubblica.
L’attuale appellante in un primo momento aveva aderito al consorzio " I.G. ", avendo, successivamente, dovuto attendere, però, l’autorizzazione dell’Ente Regione Puglia in relazione al previsto mutamento di destinazione d’uso dell’area di sua proprietà, in quanto era emerso che la stessa era gravata da usi civici.
Nel frattempo, il consorzio iniziale è stato disciolto e ricostituito in data 27/7/99 con la parzialmente nuova denominazione " Il G.I.", con l’adesione della maggioranza qualificata dei proprietari delle aree tra i quali, tuttavia, non compariva più l’appellante, non avendo ella inteso aderirvi.
A seguito della non adesione della totalità dei proprietari coinvolti dal piano, è stata avviata la procedura espropriativa per consentire la realizzazione dell’intervento.
2 – Tutto ciò sinteticamente premesso, vale osservare che il TAR ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduceva la violazione dell’art. 23 della legge urbanisitca n. 1150 del 1942 e della L. R. Puglia n. 6/1979, in relazione alla circostanza che sarebbe stata omessa la notifica dell’invito ad aderire al consorzio e a manifestare entro il termine prescritto la volontà o meno di procedere alla edificazione del comparto.
3 – Il TAR, per respingere il motivo, ha considerato che l’attuazione del comparto in questione si era concretamente articolata in due fasi: nella prima, caratterizzata dalla piena partecipazione e adesione di tutti proprietari delle aree contenute nel comparto, compresa la ricorrente, attuale appellante, questi avevano presentato un piano di lottizzazione, adottato dal Comune con delibera C. C. n. 43 del 30/11/92 relativo all’intero comparto, mentre con successive delibere C. C. nn. 43 e 44 del 6/5/94, nonché con delibera n. 186/93 erano state individuate le aree per l’edilizia pubblica e per l’edilizia residenziale privata, procedendosi alle previsioni finanziarie relative alle opere di urbanizzazione e con delibera n. 73/92 erano stati definiti e approvati i progetti planovolumetrici, le opere di urbanizzazione, lo schema di convenzione.
In un secondo momento, per effetto di taluni frazionamenti di proprietà all’interno del comparto C1/1 e, soprattutto, per la liquidazione degli usi civici, autorizzata della Regione Puglia con delibera G. R. n. 666 del 26/6/2000, gravanti su alcune particelle e con relativo cambio di destinazione d’uso, si è disciolto il consorzio già costituito e si è proceduto alla costituzione del consorzio "Il G.I.".
4 – Alla fine dell’esposizione della successione provvedimentale sinteticamente riportata, il TAR ha ritenuto che lo scioglimento del consorzio originariamente costituito, per ragioni meramente tecniche e organizzative, così come la costituzione del consorzio "Il G.I." costituissero circostanze che non potevano determinare un azzeramento del procedimento, secondo l’iter già definito, tanto è vero che l’impugnata delibera di G. M. n. 131 del 14/6/2001, relativa all’attuazione del comparto edificatorio in questione, si basava sul presupposto dell’intervenuta adozione e approvazione del piano attuativo del p.d.l. e di tutte le determinazioni successive e consequenziali.
A seguito di tale considerazione, lo stesso Giudice ha respinto la tesi della ricorrente (attuale appellante) circa la necessità di un nuovo invito rivolto dal Sindaco ai proprietari delle aree e, in particolare, all’interessata, invito che presuppone, sempre secondo il TAR, addirittura l’assenza di un consorzio, ponendosi all’inizio dell’intero iter procedimentale.
Viceversa nel caso in esame gli atti impugnati si ponevano in una fase ulteriore e successiva, che vedeva addirittura già approvato il piano attuativo del p.d.l. con piena definizione delle previsioni planovolumetriche, opere di urbanizzazione ecc..
5 – Sulla scorta delle succintamente riportate osservazioni, il Giudice di primo grado ha ritenuto che nella fattispecie dovesse considerarsi pienamente realizzata la ratio legis, attraverso il rituale invito alla ricorrente di aderire al consorzio "Il G.I.", invito formalizzato con ben due note raccomandate a. r. (n. 534 del 28/7/99 e n. 6135 del 4/9/99), (provenienti dal predetto Consorzio: n.d.r.), nonché con la formale presa d’atto da parte del Comune degli inviti di adesione al costituito consorzio e dell’elenco delle ditte che non avevano inteso aderirvi.
Il percorso motivazionale del TAR è, pur nella sua sinteticità, assolutamente ineccepibile e di conseguenza va respinto il motivo d’appello, con cui l’interessata accampa un diritto ad una nuova notifica, da parte del comune, dell’invito ad aderire anche al secondo consorzio.
L’assunto, oltre ad essere illogico – in quanto comportante il rinnovo del procedimento per la realizzazione dei comparti edificatori ad ogni pur minimo cambiamento dell’assetto soggettivo consortile -, non trova riscontro nel quadro normativo che regola la materia.
6 – La norma statale sui comparti edificatori, di cui all’articolo 870 cod. civ., è quella di cui all’articolo 23 della legge urbanistica 1781942, n. 1150, secondo il quale "il Comune può procedere, in sede di approvazione del piano regolatore particolareggiato………, alla formazione di comparti costituenti unità fabbricabili, comprendendo aree inedificate e costruzioni da trasformare secondo speciali prescrizioni"
"Formato il comparto, il sindaco deve invitare i proprietari a dichiarare entro un termine fissato nell’atto di notifica se intendano procedere da soli, se proprietari dell’intero comparto, o riuniti in consorzio alla edificazione dell’area e alle trasformazioni degli immobili in esso compresi secondo le dette prescrizioni."
"………………. I consorzi così costituiti conseguiranno la piena disponibilità del comparto mediante la espropriazione delle aree e costruzioni dei proprietari non aderenti."
" Quando sia decorso inutilmente il termine stabilito nell’atto di notifica il Comune procederà all’espropriazione del comparto.
Come è agevole cogliere dalle riportate disposizioni, il procedimento di attuazione del comparto persegue il fine di soddisfare un interesse pubblico per realizzare un corretto e coordinato assetto del territorio. Per tale fine l’autorità comunale viene dotata di ampi poteri autoritativi, che si sviluppano attraverso un percorso graduale, teso a conciliare le ragioni della proprietà privata con quelle di interesse pubblico, che si sviluppa sostanzialmente nelle seguenti fasi:
– predisposizione del comparto, previo riscontro dei presupposti per la sua costituzione, la determinazione della loro dimensione, le modalità di formazione, la scelta delle opere da eseguire, la ripartizione di oneri ed utili;
– invito al proprietario delle aree (se unico) ovvero ai proprietari, costituiti in apposito consorzio, a procedere alle edificazioni e alle trasformazioni degli immobili ricompresi secondo le dette prescrizioni;
– acquisizione coattiva in favore del costituito Consorzio di tutte le aree appartenenti ai proprietari dissenzienti;
– espropriazione di tutte le aree del comparto in caso di mancata costituzione del consorzio entro i termini assegnati.
7 – Per effetto delle riportate scansioni procedimentali, vengono a costituirsi una serie di rapporti giuridici fra comune, consorzio e singoli proprietari.
Non appare dubbio, infatti, che secondo i principi generali contenuti nelle norme codicistiche (sulle varie tipologie di consorzi "fondiari") ed urbanistiche, i consorzi di cui all’art. 870 cod. civ. e all’art. 23 L. U., a prescindere dalla loro esatta qualificazione giuridica in termini di personalità, costituiscono certamente centri di imputazione di effetti giuridici distinti dai loro consorziati (cfr. Cassazione civile, sez. II, 03 febbraio 1994, n. 1125). La creazione di un unico centro di imputazione separato dalle persone dei singoli componenti si pone come elemento necessario per la rapida ed efficace attuazione dello strumento edificatorio rappresentato dal comparto, elemento senza il quale l’amministrazione si troverebbe ad interloquire continuamente ed anche su aspetti marginali o complementari con una pluralità di proprietari individuali.
A tal riguardo, anche di recente, la suprema Corte ha avuto modo di evidenziare la necessità di tener ben distinto il rapporto tra proprietari di aree incluse in un piano di lottizzazione e Comune – ad esempio nella fase preliminare della richiesta di intenti in ordine alle modalità di realizzazione del comparto – dai rapporti interni dei proprietari stessi, rispetto ai quali il Comune rimane estraneo, con la precisazione che il modo di atteggiarsi della soggettività del Consorzio anche nei confronti del Comune è di fonte negoziale e va, perciò, ricercata non nelle statuizioni della convenzione urbanistica, ma nel rapporto interno associativo tra consorziati (Cassazione civile, sez. I, 26 aprile 2010, n. 9941; cfr. anche Cass., n. 1125/1994 cit.).
Anche questa Sezione, sempre con riguardo alla natura dei predetti consorzi, ha affermato che i consorzi urbanistici sono soggetti distinti dai singoli consorziati, tanto da poter costituire essi stessi organo indiretto dell’amministrazione comunale nell’ambito del procedimento espropriativo teso alla realizzazione degli strumenti urbanistici di rango sotto ordinato (Cons. Stato, sez. IV, 10 dicembre 2009, n. 7744).
8 – La tesi delle necessità del rinnovo dell’invito alla dichiarazione d’intenti dopo lo scioglimento dell’originario consorzio è pertanto priva di fondamento, poiché, come esattamente evidenziato dal TAR, una volta costituito l’interlocutore consortile, le vicende di quest’ultimo con riferimento ai rapporti con i singoli consorziati – e quand’anche risolventisi nella costituzione di un ente formalmente nuovo – restavano del tutto indifferenti all’amministrazione pubblica, a nulla potendo valere le obiezioni mosse con i motivi aggiunti e riproposte in grado d’appello, per cui la convenzione urbanistica era stata stipulata con i singoli proprietari. Già si è osservato, al riguardo, che il problema della soggettività del Consorzio anche nei confronti del Comune è di fonte negoziale e va, quindi, risolto alla luce non delle clausole della convenzione urbanistica, ma nel rapporto interno associativo tra consorziati.
9 – Con il secondo motivo d’appello si ripropone la censura di illegittimità del comparto per avervi ricompreso anche aree destinate all’edilizia residenziale pubblica, senza tuttavia seguire lo speciale procedimento di cui all’articolo 6 della legge n. 167 del 1962.
Anche tale motivo non ha pregio.
Premesso che la tecnica del comparto può essere usata per addivenire ad un assetto residenziale sia pubblico che privato e che, pertanto, questo strumento ben può contenere la previsione della realizzazione anche di edifici di edilizia residenziale sociale, non si vede perché, una volta avviato il complesso procedimento unitario di attuazione del comparto, debba poi procedersi ad un nuovo, successivo e distinto procedimento di adozione ed approvazione di un piano di zona, che persegue gli stessi intenti ed usa le stesse tecniche di acquisizione coattiva delle aree necessarie nei confronti dei proprietari dissenzienti.
A tal riguardo, il motivo si manifesta anche inammissibile per difetto d’interesse, tenuto conto che comunque l’appellante, per effetto del proprio dissenso alla realizzazione volontaria del comparto, era pur sempre destinatario di provvedimenti ablatori, i cui effetti erano identici indipendentemente dalla finalità da essi perseguita, fosse essa di edilizia residenziale pubblica o privata.
Conclusivamente, deve ritenersi del tutto corretta la statuizione del TAR, secondo la quale gli atti deliberativi del Comune concernenti l’adozione e l’approvazione definitiva del comparto erano perfettamente idonei a contenere anche la specifica destinazione urbanistica a residenze pubbliche, nonché la conseguente attività espropriativa, ai sensi dell’art. 15 della L. R. Puglia n. 6/79.
10 – Con il terzo motivo viene riproposta la doglianza della mancata indicazione dei termini del procedimento espropriativo nella delibera n. 186 del 1993, di approvazione definitiva del comparto, la quale, comportando la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, avrebbe dovuto rispettate le prescrizioni dell’art. 13 della legge n. 2359 del 1865.
Anche tale motivo è infondato, perché, come già si è detto a proposito del complesso procedimento attuativo del comparto, l’esproprio delle aree in esso costituisce una fase non solo successiva alla deliberazione di approvazione dello strumento attuativo, ma addirittura eventuale e non necessaria, alla quale il Comune deve procedere solo ove i proprietari non diano volontariamente corso alle complessive opere di edificazione rifiutandosi di costituire l’apposito comparto.
Ciò che è appunto avvenuto nella specie, per effetto della mancata adesione di tutti i proprietari al neo costituito consorzio, la quale ha determinato l’attivazione del procedimento espropriativo, avvenuta soltanto dopo molti anni, con la deliberazione di Giunta comunale n. 131 del 14/6/2001, con conseguente e legittima previsione dei termini solo in tale sede, che, come esattamente rilevato dall’appellata sentenza, costituisce – nel concreto articolarsi della fattispecie procedimentale – il primo atto del procedimento espropriativo, prima solo eventuale in relazione alla ipotizzabile adesione al neo costituito consorzio da parte di tutti i proprietari già aderenti al precedente consorzio e che avevano tutti insieme proposto il piano di che trattasi, successivamente approvato.
In tale contesto deliberativo, che rappresenta la sintesi del procedimento iniziato nel 1992 e con il quale, stante il lungo tempo trascorso e le complesse vicende intercorse, si è intesa ribadire l’efficacia delle precedenti assunte delibere dagli organi di governo del Comune, si giustifica pienamente, non solo sul piano logico, ma anche su quello sistematicoprocedimentale, che alla previsione dei termini – in deroga solo apparente al principio di separazione fra politica ed amministrazione – abbia provveduto la Giunta Municipale e non il dirigente preposto.
11 – Analogamente infondato è anche il quarto motivo d’appello, con il quale viene riproposta la censura per cui l’interessata avrebbe ricevuto l’avviso di cui all’articolo 10 della legge n. 865 del 1971 e dell’articolo 7 della legge n. 241 del 1990 assai tardivamente, solo a seguito della citata delibera G. M. n. 131/2001.
In disparte la genericità del motivo, non essendo dato comprendere quale sarebbe stato il provvedimento che le avrebbe dovuto essere comunicato preventivamente, nel merito vale ribadire che solo con la predetta delibera del 2001 l’amministrazione ha concretamente ed efficacemente dato avvio al vero procedimento espropriativo.
12 – Anche il motivo con cui vengono riproposti i motivi aggiunti formulati in primo grado, esattamente e correttamente il TAR ha osservato che essi erano inammissibili, in quanto con gli stessi non era stato impugnato alcun atto ulteriore e diverso rispetto a quelli già impugnati con il ricorso introduttivo, né erano stati dedotti profili, dapprima sconosciuti, di novità tale da legittimare l’estensione della materia del contendere.
Inoltre, con la stessa sentenza si è giustamente osservato che le censure mosse alla convenzione urbanistica attuativa del comparto in questione non avevano ragione di essere.
In particolare, è stato rettamente giudicato privo di consistenza il primo motivo aggiunto con cui si assumeva che, contraddittoriamente a quanto affermato nella citata delibera del 2001, non vi sarebbe stata una convenzione tra il Comune e il consorzio, "unico ente giuridico proponente la realizzazione dell’intervento", bensì tra il Comune e singoli proprietari.
Sul punto il TAR ha osservato, tra l’altro, che nella convenzione risultavano individuate come parti stipulanti il Comune di Monte Sant’Angelo ed il consorzio nelle persone dei singoli consorziati, i quali dunque partecipavano all’atto, sì, come proprietari, ma anche nella loro qualità di aderenti al consorzio "Il G.I.". Si trattava, in altri termini, di una tecnica negoziale prudenziale, giustificata anche in relazione alle sopra svolte osservazioni sul problema della soggettività piena o meno del consorzio.
13 – Ugualmente infondato è il motivo d’appello, recante ripetizione del secondo motivo aggiunto, con cui si ribadisce l’asserita violazione dell’art. 15 della L.R. n. 6/79 e dell’art. 23 L. U., in relazione ad una presunta espropriazione dei terreni di proprietà dell’appellante in favore dei singoli proprietari e non del comune: al riguardo si richiama l’articolo 9 della convenzione.
In primo luogo la richiamata clausola contrattuale, come pure riportata nell’appello, attribuisce ai privati esproprianti la sola "volumetria" da realizzare.
In secondo luogo è lo stesso articolo 23 della L. U. a disporre, come già visto, che "………………. I consorzi così costituiti conseguiranno la piena disponibilità del comparto mediante la espropriazione delle aree e costruzioni dei proprietari non aderenti". I soggetti beneficiari dell’espropriazione sono dunque non il comune, ma il Consorzio e, per esso, i singoli consorziati.
14 – L’appello va conclusivamente respinto. Le spese, anche in relazione alla parziale novità delle questioni, possono eccezionalmente essere compensate integralmente tra le parti.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, lo
respinge e, per l’effetto, conferma la sentenza qui appellata.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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