Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
1. Con decreto del 22/l/2009 il Tribunale di Sorveglianza di Firenze dichiarava inammissibile l’istanza di ammissione al gratuito patrocinio formulata dal condannato F.R.. Osservava il Tribunale che l’istante era gravato da una condanna definitiva per il delitto di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 74 e art. 80, comma 2, per cui, ai sensi del cit. D.P.R., art. 76, comma 4 bis, si presumeva la titolarità di un reddito superiore a quello limite consentito per il gratuito patrocinio e ciò inibiva il riconoscimento del beneficio.
Con ordinanza del 16/4/2009, resa in sede di opposizione al provvedimento, il Tribunale di Sorveglianza di Firenze confermava il decreto.
2. Avverso il provvedimento ha proposto ricorso il F. lamentando la violazione di legge ed il difetto di motivazione, non avendo il giudice di merito valutato lo stato di indigenza del ricorrente e non svolgendo in ordine ad esso alcun accertamento.
3. Il ricorso è inammissibile, ex art. 606 c.p.p., comma 3, perchè proposto per motivi manifestamente infondati.
Va ricordato che il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 76, comma 4 bis (T.U. Spese di Giustizia), stabilisce che "Per i soggetti già condannati con sentenza definitiva per i reati di cui all’art. 416 bis c.p., D.P.R. 23 gennaio 1973, n. 43, art. 291 quater, art. 73, limitatamente alle ipotesi aggravate ai sensi del D.P.R. n. 309 del 1990, art. 80, e art. 74, comma 1, nonchè per i reati commessi avvalendosi delle condizioni previste dal predetto art. 416 bis ovvero alfine di agevolare l’attività delle associazioni previste dallo stesso articolo, ai soli fini del presente decreto, il reddito si ritiene superiore ai limiti previsti". La disposizione, come reso palese dalla lettera della legge, prevede una presunzione di superamento del limite di reddito per quei soggetti già condannati per gravissimi reati, in relazione alla commissione dei quali, secondo massime di esperienza, si ritiene che l’autore abbia beneficiato di redditi illeciti.
Secondo una interpretazione costituzionalmente orientata della norma, detta presunzione deve ritenersi relativa e non assoluta, determinando semplicemente una inversione dell’onere della prova.
Ciò premesso, il ricorrente pretende di riscontrare una violazione di legge ed un difetto di motivazione nei mancati approfondimenti sul suo reddito e ciò in palese contrasto con la chiara disposizione normativa che onera il ricorrente, in tali casi, a fornire una convincente prova della insussistenza di redditi.
La manifesta infondatezza del ricorso, impone la declaratoria di inammissibilità.
Segue, a norma dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di Euro 1.000,00 (millecinquecento/00) a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.
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