Cass. pen. Sez. VI, Sent., (ud. 14-12-2010) 01-03-2011, n. 7908 Applicazione della pena

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Per mezzo dei suoi difensori S.G. ha proposto ricorso per cassazione contro l’ordinanza della Corte d’appello di Cagliari del 30 aprile 2010 con cui è stata rigettata la sua istanza di ricusazione nei confronti dei giudici G.S., V. L. e N.S., quali componenti del collegio del Tribunale di Lanusei, ritenuti incompatibili per avere emesso sentenza di applicazione concordata della pena ex art. 444 c.p.p. nei confronti di A.C., coimputato nel medesimo processo, in relazione agli stessi reati.

Il ricorrente ha dedotto l’inosservanza dell’art. 34 e segg., nonchè il vizio di motivazione, sostenendo che il Tribunale di Lanusei, con la citata pronuncia, avrebbe implicitamente espresso un apprezzamento di merito che non può non esplicare i propri effetti anche sul ruolo attribuito ai concorrenti del S., manifestando in questo modo un pregiudizio, rilevante ai sensi dell’art. 34 c.p.p.. In particolare, il ricorrente insiste sulla interdipendenza della sua posizione con quella degli altri coimputati derivante dalla stessa prospettiva accusatoria, che ha contestato a tutti l’aggravante della rapina commessa da più persone ( art. 628 c.p., comma 3, n. 1), ritenuta sussistente anche dalla sentenza di "patteggiamento" che ha riguardato A.C. e che, quindi, conterrebbe in sè un giudizio di merito circa la partecipazione degli altri imputati.

Sotto un diverso ma connesso profilo il ricorrente sottolinea come la richiesta di ricusazione trovi un ulteriore ragione nel fatto che il Tribunale, ai fini dell’adozione della sentenza di patteggiamento, ha preso visione del fascicolo del pubblico ministero, la cui cognizione nel giudizio ordinario sarebbe stata preclusa.

Successivamente, il difensore dell’imputato ha presentato una memoria difensiva con cui ha insistito nella richiesta di ricusazione, censurando quanto sostenuto nella requisitoria del sostituto procuratore generale.
Motivi della decisione

Il ricorso è infondato.

Secondo un orientamento pacifico di questa Corte, nel caso in cui il giudice abbia pronunciato una sentenza di applicazione della pena su richiesta nei confronti di un coimputato non necessariamente esprime valutazioni sulla responsabilità degli ulteriori concorrenti estranei al processo, sicchè questi non diviene automaticamente incompatibile nel giudizio sugli altri concorrenti che non abbiano patteggiato la pena. L’incompatibilità sussiste solo quando la sentenza di patteggiamento contenga una valutazione nei confronti dei coimputati non patteggiami che possa rappresentare una anticipazione di giudizio (Sez. 4, 8 novembre 2005, n. 14176, Foti).

Peraltro, è stato anche precisato che l’incompatibilità del giudice non si determina automaticamente nel procedimento a carico di persona imputata in concorso con altri, per effetto di una deliberazione sulla richiesta di applicazione della pena proposta dai concorrenti, neppure nei casi di concorso necessario, a meno che non risulti che il giudice, nel vagliare le altrui posizioni, abbia effettuato anche una concreta delibazione dell’accusa concernente l’imputato rimasto estraneo alla richiesta di patteggiamento (Sez. 5, 26 gennaio 2005, n. 8472, Cacciurri; Sez. 4, 23 settembre 003, n. 44511, Broch; Sez. 6, 14 luglio 2003, n. 32424, Tagliaferro).

Sicchè, perchè si verifichi la situazione di incompatibilità è necessario che venga dimostrato che il giudice del "patteggiamento", anzichè limitarsi al controllo giuridico della fattispecie contestata ed alla verifica della insussistenza di ipotesi di non punibilità, abbia invece proceduto a valutazioni di merito, tali da potere vulnerare la posizione del concorrente non patteggiante.

Nella specie, la Corte d’appello ha fatto una corretta applicazione dei dieta della giurisprudenza di legittimità, escludendo che fosse riscontrabile alcun pregiudizio nei confronti del coimputato non patteggiante, in quanto il giudice non ha espresso alcuna valutazione sulla responsabilità del ricorrente.

Per quanto riguarda la connessa questione proposta nell’altro motivo di ricorso, in cui l’incompatibilità viene sostenuta anche in considerazione del fatto che il giudice ha preso visione del fascicolo del pubblico ministero, si osserva che la mera conoscenza da parte del giudice del dibattimento degli atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero, senza che vi sia poi alcuna valutazione di merito, non rende lo stesso giudice incompatibile a partecipare al giudizio (Sez. 6, 30 ottobre 2001, n. 39944, Calabrò).

Sul punto sono intervenute anche le Sezioni unite di questa Corte, stabilendo, in tema di giudizio abbreviato – ma il principio resta valido anche per il "patteggiamento" – che quando l’imputato "rinnova" prima della dichiarazione di apertura del dibattimento una richiesta condizionata di accesso al rito già respinta dal giudice per le indagini preliminari (secondo il meccanismo di sindacato introdotto dalla sentenza costituzionale n. 169 del 2003), il giudice è chiamato ad effettuare, acquisendo gli atti del fascicolo del pubblico ministero in applicazione analogica dell’art. 135 disp. att. c.p.p., una valutazione solo incidentale delle risultanze raccolte, finalizzata alla verifica della prospettata necessità della prova integrativa richiesta, senza che ciò si traduca in giudizio sul merito dell’azione penale e dunque in causa di incompatibilità per il giudice stesso (Sez. un., 27 ottobre 2004, n. 44711, Wajib).

In conclusione, la previsione di cause di incompatibilità trova giustificazione nell’opportunità di assicurare l’imparzialità del giudice, che potrebbe risultare, o apparire, compromessa dal fatto che egli sia chiamato a compiere in tempi diversi, una valutazione di merito sullo stesso oggetto, con la conseguenza che la seconda valutazione potrebbe essere, o apparire, condizionata dalla propensione a confermare una propria precedente decisione. Nel caso dell’applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., il giudice non formula alcun giudizio di responsabilità dell’imputato, al quale applica la pena richiesta per il semplice fatto che non risulta l’innocenza dello stesso o l’esistenza di cause di estinzione del reato o di improcedibilità dell’azione; e ciò allo stato degli atti, sulla base del fascicolo del pubblico ministero. Quando invece il giudice, in seguito al dibattimento, pronuncia la sentenza nei confronti dei coimputati, deve esprimere un giudizio completamente diverso, trattandosi non già di vedere se risultino le situazioni sopra descritte, ma di stabilire se sia stata raggiunta la prova della colpevolezza degli imputati, in base all’istruttoria dibattimentale compiuta. Diversi essendo la valutazione che il giudice è chiamato a compiere e il materiale probatorio oggetto della valutazione, anche quando si tratti di reato plurisoggettivo o a concorso necessario, resta logicamente esclusa la possibilità che il giudizio possa essere o apparire condizionato dalla propensione a reiterare la propria precedente decisione.

Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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