Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. – Con ordinanza deliberata in data 13 maggio 2010, depositata in cancelleria il 24 maggio 2010, il Tribunale di Sorveglianza di Perugia dichiarava inammissibile l’istanza di semilibertà avanzata nell’interesse di E.S. per non aver superato (quale limite ostativo all’accesso di tale misura alternativa) il periodo ventennale stabilito per la pena dell’ergastolo.
Il giudice, in via di premessa, chiariva che l’istante si trova in espiazione pena, oltre che per la pena dell’ergastolo, anche per quella di anni diciotto di reclusione per il delitto di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti di cui alla sentenza della Corte di Appello di Catania in data 10 maggio 1993, nonchè per la pena ad anni dodici di reclusione per delitti di associazione a delinquere di stampo mafioso e di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti per i quali ha riportato condanna con sentenza della Corte di Assise di Appello di Palermo in data 11 dicembre 1991. Previo scioglimento del cumulo emesso dalla Procura Generale presso la Corte di Appello di Catania, la parte di pena relativa ai reati ostativi risultava espiata per avere l’ E. scontato anni venticinque, mesi quattro e giorni tre di reclusione cui andavano aggiunti 1.755 giorni beneficiati a titolo di liberazione anticipata. Una volta operato lo scioglimento del cumulo il giudice riteneva però non essere lo stesso più ricomponibile agli effetti del superamento del vincolo ostativo (costituito nella fattispecie dal periodo ventennale anzi indicato) proprio della pena dell’ergastolo.
2. – Avverso il citato provvedimento, tramite il proprio difensore, ha interposto tempestivo ricorso per Cassazione E.S. eccependo errata violazione di legge in relazione alla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 50; il Tribunale avrebbe dovuto aderire alla corrente giurisprudenziale della Corte di Cassazione che applica il principio della unicità del rapporto esecutivo in aderenza al dettato normativo di cui alla L. 26 luglio 1975. n. 354, art. 50 dovendosi comprendere, nel termine della pena già espiata, a prescindere dall’imputabilità di tale espiazione, anche quello attinente ai limiti espiali per l’ergastolo.
Motivi della decisione
3. – Il ricorso è destituito di fondamento e va rigettato.
3.1. – Ai fini del computo del periodo minimo di pena espiata, previsto dalla L. 26 luglio 1975, n. 354, art. 30 ter, come condizione per la concessione di un beneficio penitenziario, qualora nei confronti del condannato sia stato emesso un provvedimento di unificazione di pene concorrenti inflitte in relazione a reati diversi, taluni dei quali o-stativi alla concessione del beneficio richiesto, occorre innanzitutto procedere allo scioglimento del cumulo al fine di valutare l’espiazione della parte di pena conseguente alla condanna per il reato ostativo e, quindi, individuare il dies a quo che decorre dal momento in cui si è esaurita l’espiazione della pena relativa al reato ostativo e non dall’inizio della detenzione (Cass., Sez. 1, 27 febbraio 2007, n. 9346, rv. 236376; Cass., Sez. 1, 24 marzo 2005, n. 34054, rv. 232527;
Cass., Sez. 1, 7 ottobre 2003, n. 40301, rv. 226064; Cass, Sez. Un., 30 giugno 1999, n. 14, rv. 214356).
3.2. – Tale indirizzo interpretativo, prevalente nella giurisprudenza di legittimità pure a fronte di un orientamento di segno opposto (Cass., Sez. 1, 14 novembre 2001, n. 45735, rv. 220374; Cass., Sez. i, 2 maggio 2002, n. 21287, rv. 221481; Cass., Sez. 1, 15 maggio 2003, n. 25356, rv. 224940; Cass., Sez. 1,1 aprile 2003, n. 26780, rv. 224999), appare conforme ai principi affermati dalla Corte Costituzionale (sentenza n. 361 del 1994) che ha, fra l’altro, osservato come la tesi opposta della inscindibilità del cumulo genererebbe una inaccettabile diversità di trattamento a seconda della eventualità, del tutto casuale, di un rapporto esecutivo unico, conseguente al cumulo, ovvero di distinte esecuzione dipendenti dai titoli che scaturiscono dalle singole condanne.
Principi analoghi sono stati affermati dalla giurisprudenza di legittimità (Cass., Sez. Un., 30 giugno 1999, n. 14, Ronga, rv.
214355) in tema di reato continuato, laddove si è ritenuto possibile lo scioglimento del cumulo giuridico delle pene irrogate per il reato continuato, ai fini della fruizione dei benefici penitenziali in ordine ai reati che di questi non impediscono la concessione, sempre che in primo luogo il condannato abbia espiato interamente la pena relativa ai reati ostativi. Sarebbe, in ogni caso, illogico rendere inoperante il cumulo giuridico delle pene al fine di ritenere espiata la parte di pena imputabile al delitto ostativo e, a un tempo, farlo rivivere al fine di far decorrere fin dall’inizio il termine di pena espiata previsto dalla L. n. 354 del 1975, art. 30 ter.
3.3. – Infine, come osservato nel provvedimento impugnato, qualora si facesse decorrere il dies a quo dal primo giorno di carcerazione il principio dello scioglimento del cumulo opererebbe due volte a favore del condannato: una prima volta per consentire il beneficio penitenziario (e le misure alternative) anche in mancanza dei requisiti tassativi fissati dalla L. n. 354 del 1975, art. 4 bis, comma 1 e una seconda volta come pena espiata ai fini della decorrenza dei limiti minimi di pena previsti per usufruire dei benefici penitenziari, parificandolo così ingiustificatamente, a tutti gli effetti, ai condannati per reati non ostativi e ciò in evidente contrasto con lo scopo che il legislatore si prefiggeva con le disposizioni dell’art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario (Cass., Sez. 1, 26 novembre 2009, n. 49364, Paviglianiti, rv. 245645;
Sez. 1,10 dicembre 2009, n. 1446, Fracapane, rv. 245954; Sez. 1,1 aprile 2008, n. 19789, Ferrentino, rv. 239991).
4. – Al rigetto del ricorso consegue di diritto la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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