Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con il ricorso in esame – notificato il 21.12.2010 e depositato il giorno successivo – T.G.M. – proprietario di due appartamenti adiacenti divisi da una tramezzatura, facenti parte, strutturalmente, di un’unica unità immobiliare, sita in Napoli, alla Piazzetta del Leone a Mergellina, n. 6, primo piano – ha adito questo Tribunale per l’accertamento dell’inesistenza dei presupposti per farsi luogo ai lavori realizzati nell’appartamento sovrastante il suo, di proprietà della controinteressata, C. A., ubicato al secondo piano, della predetta unità immobiliare, sulla base di una denuncia di inizio di attività (D.I.A.), presentata al Comune di Napoli in data 31.7.2009, in presunta violazione della ordinanza n. 2914 di accertamento del pericolo di crollo dell’immobile adottata dal Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli in data 27.7.2009, seguita dalle ordinanze sindacali contingibili ed urgenti nn. 1033/34/35 del 27.11.2009.
Parte ricorrente ha chiesto altresì l’adozione da parte dell’intimato Comune dei provvedimenti inibitori e repressivi dell’attività edificatoria denunciata e materialmente posta in essere, ivi compresa la riduzione in pristino di quanto nel frattempo realizzato, anche a salvaguardia della pubblica e privata incolumità, che sarebbe gravemente compromessa dagli interventi medesimi, non escluso il provvedimento di sgombero dell’immobile abitato dalla controinteressata, conformemente a quanto già statuito nella fattispecie in esame nella sentenza n. 9567/09 resa dalla V Sezione del T.A.R. Campania (confermata in appello con sentenza del Consiglio di Stato n. 3424/2010); ha, infine, chiesto la declaratoria di invalidità del certificato di eliminazione dello stato di pericolo dell’1.9.2010 presentato nell’interesse della controinteressata da tecnico di sua fiducia.
All’uopo, in punto di fatto, l’interessato esponeva:
– che il Comune di Napoli, dopo avere verificato lo stato di dissesto in parte del solaio di copertura del suo immobile e di calpestio di quello immediatamente sovrastante (di pertinenza della controinteressata C. A.), e l’incombente pericolo per la pubblica e privata incolumità che ne derivava, aveva, al contempo, disposto, tanto l’impraticabilità dei luoghi, quanto l’obbligo di procedere ai relativi interventi di sicurezza (ordinanza del Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli n. 2914 del 27.7.2009 ed ordinanze sindacali nn. 1033/34/35 del 27.1.2009);
– che a seguito dell’adozione della predetta ordinanza di sgombero del luglio 2009, ad oggetto il solaio di copertura del soggiorno di proprietà T. e di calpestio di quello sovrastante di proprietà C., di tutti i soggetti interessati, unicamente lui – in ottemperanza all’ordine per come sopra impartito – aveva immediatamente abbandonato l’alloggio (che ne rappresenta l’unica residenza), ma, ciononostante, non aveva potuto procedere all’esecuzione degli interventi riparatori ingiunti, a causa della mancata collaborazione della C., proprietaria dell’appartamento sovrastante e della resistenza opposta dall’occupante (per di più abusivo) di una porzione del suo appartamento, deciso a non rilasciarlo;
– che la Sezione, con la sentenza n. 9567 del 24.12.2009 (confermata dal Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 3424 del 4.5.2010), in accoglimento dell’impugnativa proposta avverso il silenzio del Comune di Napoli nel disporre lo sgombero coattivo dell’immobile, preso atto dell’effettivo stato di pericolo dei luoghi e, dunque, della necessità di procedere ai consequenziali lavori di messa in sicurezza, aveva intimato al Comune di disporre l’allontanamento dei predetti occupanti dell’immobile onde consentire al ricorrente di effettuare i necessari, urgenti ed improcrastinabili interventi che la proprietaria del piano sovrastante, C. A., profittando della sua forzata assenza (con modalità tali da integrare indebita violazione di domicilio), aveva eseguito lavori di radicale ristrutturazione della propria abitazione, consistenti, tra l’altro, non solo nella unilaterale rimozione di altro solaio in comune, del tutto distinto da quello già oggetto di attenzione da parte dell’Amministrazione Comunale e mai interessato da qualsivoglia fenomeno di dissesto, ma, addirittura, nella realizzazione di più soppalchi, di cui uno posizionato esattamente al di sopra del solaio dissestato, aggravandone inevitabilmente il carico e, dunque, il pericolo di rovina;
– che, preso atto trattarsi, nel caso di specie, di lavori realizzati in un immobile interessato da un’ordinanza di sgombero ed in relazione al quale dalla proprietaria dell’appartamento sovrastante al suo erano stati eseguiti interventi non idonei sotto il profilo statico ed edilizio, la cui mancata conoscenza gli impedisce di valutare l’eventuale aggravio determinatosi sul solaio e, perciò, le opere, per quanto di sua competenza, da eseguire, in data 25.8.2010 aveva richiesto al Comune di Napoli per accedere alla documentazione in base alla quale la C. aveva proceduto ai predetti lavori di ristrutturazione;
– che, nella pendenza del giudizio instaurato per la declaratoria di illegittimità del silenzio serbato dal Comune di Napoli sull’istanza del accesso e definito dalla Sezione con sentenza di improcedibilità, il predetto Comune aveva prodotto (tra altra documentazione tecnica) una D.I.A. presentata dalla C. in data 31.7.2009.
Tanto premesso e preso atto che, nell’occasione, il Comune aveva depositato in giudizio anche una nota del 30.9.2010 n. 3394/2010 nella quale i tecnici del Servizio Sicurezza Abitativa riferivano di un sopralluogo effettuato in data 24.9.2009 (quindi, dopo la presentazione della D.I.A.), tanto nell’appartamento del T., che in quello sovrastante della C., nel quale si riferiva espressamente che, relativamente alle diffide e successive ordinanze sindacali, nessuno dei due proprietari aveva posto in essere l’azione in esse intimate per la salvaguardia dell’incolumità delle persone e né, tantomeno, avevano provveduto alla redazione e trasmissione al Servizio Sicurezza Abitativa della richiesta certificazione di idoneità statica, in palese contrasto con il certificato dell’1.9.2010 prodotto dal tecnico della C. attestante l’avvenuta eliminazione di eventuali pericoli per la pubblica e privata incolumità, ed, inoltre, che la C. aveva rifatto un solaio (divisorio tra il secondo ed il terzo piano), diverso da quello corrispondente agli ambienti interessati dalla originaria diffida e dalla successiva ordinanza sindacale, il ricorrente ha intentato l’azione di accertamento in epigrafe finalizzata alla dichiarazione della illegittimità/illiceità di tutti i lavori effettuati dalla controinteressata invocando il doveroso intervento del Comune (che sinora non si sarebbe affatto attivato, trincerandosi dietro lo schermo delle competenze dei vari Uffici: Sicurezza Abitativa, Antiabusivismo, Municipalità) per ordinare l’immediata riduzione in pristino di quanto realizzato.
Al riguardo l’interessato, con il conforto della consulenza tecnica di parte da lui prodotta in giudizio, assume l’assoluta inidoneità della D.I.A. presentata dalla controinteressata per farsi luogo ai lavori posti in essere da quest’ultima, in quanto la citata denuncia risulterebbe assolutamente carente degli elementi minimali per dirsi idonea allo scopo e, ciò, sia per la violazione delle ordinanze sindacali n. 2914/2009 e n. 1033/2009 (in ulteriore violazione dell’art. 1 legge n. 1086/1971, art. 21, comma 1, art. 29, comma 3, art. 64, art. 93 del D.P.R. n. 380/2001, art. 8 D.M. 14.1.2008) nelle quali si sarebbe avvertito che "L’esecuzione di ulteriori opere dovrà essere autorizzata con apposita Concessione Edilizia (…….)", sia per la mancata indicazione dei lavori di messa in sicurezza del solaio dichiarato pericolante nelle citate ordinanze n. 2914/2009 e n. 1033/2009 e del quale, anzi, ne sarebbe stato aggravato il carico posizionando al di sopra dello stesso uno dei soppalchi, oltre alla sostituzione di altro solaio estraneo alla predetta ordinanza.
Preso atto che nella D.I.A. presentata non sarebbe stato menzionato lo stato di conclamato dissesto del suddetto solaio e non sarebbero state previste le opere necessarie per eliminarlo, il ricorrente conclude nel senso della sussistenza di un pericolo imminente di crollo della struttura, ragione per cui si troverebbe da tempo impossibilitato (anche per ossequiare l’ordine comunale di sgombero) ad abitare il proprio appartamento.
L’intimato Comune si è costituito in giudizio eccependo l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse.
Si è costituita in giudizio anche la controinteressata C. A., preliminarmente eccependo l’irricevibilità del ricorso e, nel merito, sostenendone l’infondatezza, atteso che i lavori da lei effettuati sarebbero stati pienamente legittimati dalla D.I.A. in precedenza presentata, come risulterebbe dalla brevi note tecniche depositate in giudizio.
Alla Camera di Consiglio del 20 gennaio 2011 di trattazione dell’istanza cautelare, il ricorso è stato ritenuto suscettibile di essere definito nel merito.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente rileva il Collegio che sussistono i presupposti per l’emanazione di una sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 del D.L. vo 2 luglio 2010, n. 104, in luogo dell’ordinanza sull’istanza cautelare, in quanto il contraddittorio è integro, non si ravvisano ragioni per accertamenti istruttori ed i difensori presenti alla Camera di Consiglio del 20 gennaio 2011 sono stati interpellati in proposito e non hanno opposto alcuna obiezione; tanto perché il ricorso è manifestamente fondato.
2. Pregiudizialmente vanno disattese le eccezioni di irricevibilità e di inammissibilità per mancata deduzione di motivi di gravame sollevate dalla controinteressata C. A..
2.1. Relativamente alla prima eccezione di tardività del ricorso la controinteressata asserisce che "il ricorso è stato proposto oltre il termine di sessanta giorni da quando il ricorrente è venuto a conoscenza dell’asserita lesività dell’intervento edilizio realizzato" e ciò si desumerebbe, sia dalla nota dell’1.7.2009, inoltrata dal ricorrente a mezzo del proprio difensore con raccomandata a.r., nella quale quest’ultimo si lamenta "per non aver notiziato il proprio patrocinato dell’avvenuta esecuzione dei lavori e per la mancanza di idonea giustificazione delle opere eseguite, assumendo altresì di avvenuti danneggiamenti a mobilio e suppellettili, nonché di asseriti sconfinamenti nell’immobile di quest’ultimo", sia dal successivo atto di citazione notificato in data 2.7.2010 nel quale il ricorrente aveva eccepito espressamente "il carattere inautorizzato e clandestino degli interventi eseguiti e l’assenza di alcuna autorizzazione amministrativa alla rimozione/rifacimento del solaio".
Tuttavia il termine di sessanta giorni previsto per l’esperimento dell’azione di accertamento prevista dal D.L. vo 2 luglio 2010, n. 104 (cod. proc. amm.), all’art. 133 lett. a, n. 3), non può che decorrere dalla conoscenza esatta e compiuta delle opere finite, non solo materialmente realizzate, ma anche per come segnalate nella D.I.A. della sussistenza (o meno) dei presupposti della quale si controverte; nel caso di specie, una tale conoscenza è avvenuto unicamente nel corso del giudizio instaurato (previa notifica del ricorso in data 28.10.2010) dal Tallarico per l’accertamento del suo diritto di accesso con l’ostensione dei documenti richiesti, tra i quali il resistente Comune ha prodotto in giudizio anche la D.I.A. inoltrata dalla C. in data 31.7.2009.
In tale situazione non può che prendersi atto della tempestività del ricorso, notificato in data 21 dicembre 2010, con cui è stato introdotto il presente giudizio.
2.2. Altra e successiva eccezione di inammissibilità sollevata dalla controinteressata si collega alla circostanza dal non avere parte ricorrente specificato con precisione i motivi del ricorso, risultando quest’ultimi del tutto generici ed addirittura non distinguibili.
In contrario deve rilevarsi, in primo luogo, che parte ricorrente non ha esercitato un’azione di impugnazione chiedendo l’annullamento della D.I.A., ma, correttamente, un’azione di mero accertamento dell’inesistenza dei presupposti per farsi luogo ai lavori previa presentazione della suddetta D.I.A. ed, in occasione dell’esperimento di un’azione siffatta, i motivi non rivestono la stessa rilevanza, a differenza di quanto avviene in un’azione di annullamento; in ogni caso, nella specie, i motivi (peraltro, sia pure incidentalmente, indicati per il tramite del richiamo in gravame alla consulenza tecnica prodotta in giudizio dal ricorrente, e ricondotti alla violazione dell’art. 1 legge n. 1086/1971, art. 21, comma 1, art. 29, comma 3, art. 64, art. 93 del D.P.R. n. 380/2001, art. 8 D.M. 14.1.2008) possono agevolmente ravvisarsi nella violazione delle ordinanze sindacali e, più in generale, della disciplina in tema di D.I.A. (art. 9 L. 7 agosto 1990, n. 241), nonché da quella di cui al D.L. vo 2 luglio 2010, n. 104 (cod. proc. amm.) che, all’art. 133 lett. a, n. 3), devolve alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di dichiarazioni di inizio di attività con poteri anche di mero accertamento dei "requisiti e presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale".
2.3. Ultima eccezione concerne la mancata evocazione in giudizio di altri soggetti, ritenuti contraddittori necessari dal ricorrente ed, in particolare, di T.G. e F.B. da una parte e di V.O., dall’altra, i primi quali occupatori abusivi di una parte dell’immobile di proprietà del T. e la seconda, nella qualità di proprietaria dell’altra unità immobiliare sita al 2° piano, pure destinataria dell’ordinanza n. 1034 del 27.11.2009.
Anche tale eccezione va disattesa perché, quanto ai primi, essi risultavano parti controinteressati del precedente giudizio intentato dal T. avverso il silenzio del Comune nel disporre lo sgombero coatto dell’immobile e definito con la sentenza n. 9567 del 24.12.2009 (confermata dal Consiglio di Stato, Sezione Quinta, n. 3424 del 4.5.2010), quanto alla seconda, essa risulta del tutto estranea al presente contenzioso il cui petitum resta circoscritto unicamente alle opere realizzate dalla C. nel proprio appartamento, previa presentazione della D.I.A. del 31.7.2009 e che il ricorrente assume illegittime, in quanto mancanti i presupposti per farsi luogo alle stesse in assenza di un espresso titolo legittimante, e lesive del proprio diritto dominicale.
3. Ciò premesso, nel merito con il presente mezzo parte ricorrente propone un’azione di accertamento dell’insussistenza dei presupposti per farsi luogo ai lavori edili realizzati dalla controinteressata, A. C. nel proprio appartamento al secondo piano, sovrastante il suo, entrambi facenti parte dell’immobile sito in Napoli, alla Piazzetta del Leone a Mergellina, n. 6, in violazione della prescrizione di cui alle ordinanze sindacali n. 1033/1034/1035, tutte del 27.11.2009, ed in relazione a quanto denunciato con D.I.A. presentata dalla controinteressata al Comune di Napoli in data 31.7.2009, e di declaratoria degli obblighi conseguenti del Comune di riduzione al pristino stato dei luoghi e di eventuale sgombero del predetto appartamento.
4. Il ricorso è fondato e, alla stregua di quanto di andrà esponendo, deve essere accolto.
5. Occorre premettere che, in relazione alla vicenda in esame, il Collegio dà per acquisite le risultanze processuali inerenti ai giudizi già svoltisi innanzi a questo Tribunale, ma tralascia di considerare aspetti collaterali della vicenda medesima – per i quali sono state adite altre sedi giudiziarie nelle quali potranno trovare più appropriata composizione, anche ai fini dell’accertamento delle eventuali responsabilità civili e penali – esulanti dall’oggetto del presente giudizio, tutto incentrato sull’accertamento dell’attività edilizia (di presunta manutenzione ordinaria e straordinaria) posta in essere dalla controinteressata, tenendo conto (ma non solo) della D.I.A. da lei presentata in data 31.7.2009 e dando rilievo esclusivo agli aspetti pubblicistici che la vicenda presenta, riconducibili al dato oggettivo costituito da una conclamata situazione di pericolosità per l’incolumità delle persone, originariamente segnalata dal Comune di Napoli nell’atto di ordinanza/diffida di cui al n. prot. 2914 del 27 luglio 2009 del Dirigente del Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli.
6. Pertanto la vicenda in esame prende le mosse, per quanto ha giuridica rilevanza, dagli atti – mai oggetto di impugnativa da parte di alcuno – adottati dal Comune di Napoli che di seguito si riportano:
a) l’atto di cui al n. prot. 2914 del 27 luglio 2009, sopra citata, con cui il Dirigente del Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli, "a seguito delle risultanze di sopralluogo eseguite da tecnico di questo Servizio, ai sensi dell’art. 6, comma 4, della Legge n. 25 del 24 luglio 2008", diffidava l’amministratore e/o proprietari dello stabile sito in Piazzetta del Leone a Mergellina, n. 6 "ad effettuare le opere di assicurazione strettamente necessarie ad eliminare il pericolo dei dissesti rilevati:
– l’immobile è ubicato al piano primo ed occupato dal sig. T.;
– Fessurazioni longitudinali alle travi ligneee del solaio di copertura soggiorno in comune con alloggio sovrastante sito al piano secondo ed occupato da persone non identificabili all’atto del sopralluogo;
– Nelle more delle opportune opere di assicurazione necessita il monitoraggio delle fessurazioni su indicate ed al termine delle operazioni emettere certificazione di idoneità statica attestante l’avvenuta eliminazione del pericolo;
– L’amministratore e/o i proprietari dovranno far pervenire al Servizio Sicurezza Abitativa ed alla Polizia Municipale, depositando presso il Protocollo Generale del Comune di Napoli in Piazza Municipio, certificato a firma di tecnico abilitato, dal quale dovrà risultare che, a seguito delle verifiche e dei lavori eseguiti, è stato eliminato ogni pericolo.
Per il risanamento necessita D.I.A. e/o autorizzazione Edilizia (……)";
b) le conseguenti ordinanze sindacali n. 1033/1034/1035, tutte del 27.11.2009, adottate ai sensi dall’art. 6, commi 4 e 7 della legge n. 125 del 24.7.2008, con cui, risultato che "il predetto stabile necessita di opere di assicurazione necessarie ad eliminare il pericolo derivante dalle fessurazioni longitudinali alle travi del solaio intermedio tra il 1° piano (soggiorno) occupato dal Sig. T. e l’alloggio sovrastante al 2° piano, necessita monitorare le fessurazioni indicate", si ingiunge ad entrambi i proprietari di "far eseguire ad horas gli opportuni accertamenti tecnici, e tutte le opere di assicurazione, strettamente necessarie per scongiurare lo stato di pericolo su indicato, consegnando nel termine di giorni dieci dalla data di notifica della presente ordinanza, all’ufficio protocollo (P. zzo S. Giacomo), il certificato unico, a firma di tecnico abilitato, iscritto all’albo professionale, dal quale dovrà risultare che, a seguito delle verifiche effettuate e dei lavori eseguiti, è stato eliminato ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità, sollevando l’Amministrazione Comunale da ogni responsabilità nei confronti dei terzi per quanto intimato nella presente ordinanza.
L’esecuzione di ulteriori opere dovrà essere autorizzata con apposita Concessione Edilizia (…….)".
6.1. La vicenda, allo stato attuale, è pervenuta alla presentazione da parte della controinteressata di una D.I.A. nella quale non v’è alcun riferimento allo stato di dissesto gravante su parte dell’immobile de quo ed al conseguente pericolo per l’incolumità delle persone, come sopra segnalato dal Comune di Napoli, anzi, sul punto, affermandosi che le opere denunciata "non arrecano pregiudizio alla statica dell’immobile".
7. La Sezione, in accoglimento del ricorso proposto dal T. avverso l’inerzia dell’Amministrazione nel disporre lo sgombero coatto dell’immobile, preso atto dell’effettivo stato di pericolo dei luoghi segnalato con la diffida prot. n. 2914 del 27 luglio 2009 del Dirigente del Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli, seguita dalle ordinanze sindacali, contingibili ed urgenti, n. 1033/1034/1035, tutte del 27.11.2009, e, dunque, della necessità di procedere ai consequenziali lavori di sicurezza, con la sentenza n. 9567 del 24.12.2009 (confermata dal Consiglio di Stato, Quinta Sezione, con sentenza n. 3424 del 4.5.2010), aveva intimato al Comune di disporre l’allontanamento dei predetti occupanti dell’immobile onde consentire agli interessati di effettuare i necessari, urgenti ed improcrastinabili interventi.
Assume, sul punto, parte ricorrente, a seguito dell’adozione della predetta diffida di sgombero del mese di luglio 2009, ad oggetto il solaio di copertura del soggiorno di proprietà T. e di calpestio di quella sovrastante di proprietà C. e rivolta a di tutti i soggetti interessati, di avere immediatamente e spontaneamente abbandonato l’alloggio, mentre altrettanto non avrebbe fatto la C., che non solo sarebbe rimasta inottemperante all’ordinanza di sgombero ma, profittando della forzata assenza del T., avrebbe eseguito lavori di radicale trasformazione della propria abitazione consistenti, tra l’altro, non solo nella unilaterale rimozione di altro solaio in comune (del tutto distinto da quello già oggetto di attenzione da parte del Servizio Sicurezza Abitativa del Comune e mai interessato da qualsivoglia fenomeno di dissesto), ma addirittura, nella realizzazione di più soppalchi, di cui uno posizionandolo esattamente al di sopra del solaio dissestato, aggravandone inevitabilmente il carico e, dunque, il pericolo di crollo.
Tuttavia un tale assunto risulta contestato nella memoria difensiva della controinteressata la quale asserisce di avere abbandonato l’alloggio e di essersi trovata nell’impossibilità di realizzare gli interventi ordinati per scongiurare lo stato di pericolo, originariamente segnalato nelle diffide e nelle ordinanze comunali, a cagione dell’ostinato rifiuto a collaborare opposto dal T., anche unicamente per permettere un sopralluogo onde accertare l’effettivo stato dei luoghi e concordare i lavori da farsi.
In ogni caso, sotto il profilo da ultimo segnalato ed ai fini del presente giudizio, scarso rilievo riveste la circostanza di quale dei due litiganti abbia effettivamente abbandonato l’alloggio, mentre con riguardo allo stato di pericolo per l’incolumità delle persone, ciò che è decisivo è che, in occasione del sopralluogo del 30 settembre 2010 prot. n. 3394 del Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli (successivo alla presentazione della D.I.A. ed anche su sollecitazione dell’Autorità Giudiziaria), alla presenza sia del T. che della C., relativamente alle diffide ed alle successive ordinanze sindacali, si riscontrava che "nessuno dei due proprietari aveva posto in essere le azioni in esse intimate atte alla salvaguardia dell’incolumità delle persone e né, tantomeno, avevano provveduto alla redazione e trasmissione al Servizio Sicurezza Abitativa della richiesta Certificazione di idoneità tecnica".
7. In tale situazione è" da escludere che le attività denunciate possano ritenersi consequenziali alle ordinanze comunali o anche, soltanto, ad avere in qualche nesso con le stesse, pure essendosi ingiunto nelle ordinanze in parola sia il T. che la C., ciascuno per quanto di competenza, a consolidare strutturalmente il proprio appartamento nelle sue parti pericolanti (nella specie, i soffitti).
Infatti in occasione del predetto sopralluogo del 30 settembre 2010, prot. n. 3394 si constatava, altresì che: "nel corso dei lavori di manutenzione dell’immobile al piano secondo occupato dalla Sig. ra C., era stato consolidato o rifatto un solaio diverso da quello corrispondente agli ambienti oggetto dell’originaria diffida e della successiva ordinanza sindacale emessa dal Servizio Sicurezza Abitativa"; inoltre, nella stessa D.I.A. asseverata dal tecnico incaricato si afferma che "le opere non arrecano alcun pregiudizio alla statica dell’immobile" e che "per le caratteristiche delle opere da eseguire (solo opere interne all’immobile) non risulta necessario ottenere alcuna autorizzazione dall’Amministrazione competente", da tali ultime osservazioni ed all’inverso ricavandone che le opere in parola in alcun modo possono considerarsi interferenti con eventuali misure idonee, sotto il profilo statico ed edilizio, a risolvere l’inconveniente statico dell’immobile segnalato nelle diffide ed ordinanze sindacali citate.
8. Nota il Collegio come appaia a dir poco singolare, specie per la circostanza che nella D.I.A. inoltrata è stata omessa la pur doverosa segnalazione dello stato di dissesto gravante su parte dell’immobile, siffatto modus operandi della C. che, in presenza di una conclamata situazione di pericolo di dissesto, pur reclamante la previsione di opere necessarie per eliminarlo, come si trattasse di ordinari lavori edilizi, comunque assentibili previa semplice verifica della congruità della D.I.A. e non, invece, di un immobile del quale i funzionari del Servizio Sicurezza Abitativa avevano segnalato lo stato di precarietà statica, intimando l’immediata esecuzione dei relativi interventi e richiedendo, quanto a qualsivoglia opere ultronea, l’inevitabile rilascio di uno specifico ed espresso titolo abilitativo, così come avvertito nella diffida e nelle ordinanze sindacali predette.
9. Dal contenuto della D.I.A. inoltrata in data 31.7.2009 è dato evincere che essa avrebbe ad oggetto opere di manutenzione ordinaria e straordinaria comprensive – tra l’altro – della: "demolizione e rifacimento di alcuni tramezzi, come da grafico allegato, per un migliore adeguamento igienico, tecnicofunzionale", "realizzazione di alcuni soppalchi destinati ad uso deposito", tuttavia – come rilevato nella relazione dei tecnici comunali del 30.9.2010 – tra le tra le opere realizzate è stato rifatto un solaio diverso da quello corrispondente agli ambienti della originaria diffida emessa dal Servizio Sicurezza Abitativa e delle successive ordinanze sindacali, in relazione ai quali mai alcuna opera era stata denunciata dalla controinteressata, men che meno con la D.I.A. presentata nel mese di luglio 2009, giustificata dalla C. con la pretesa esistenza di un pericolo statico che, diversamente dal caso del solaio oggetto di ordinanze, non è stato mai denunciato all’Amministrazione Comunale, né mai si è avverato.
9.1. Inoltre – alla stregua di quanto relazionato nella consulenza tecnica di parte ricorrente – risulterebbe incontrovertibile che, in presenza di un solaio in accertato dissesto statico, sul quale sarebbe stato addirittura installato un soppalco (senza che lo stato di pericolo fosse stato menzionato nella D.I.A. e senza che fossero state realizzate le opere all’uopo tecnicamente idonee), la proprietaria del secondo piano avrebbe, invece, rimosso un solaio completamente diverso (mai oggetto di problemi statici), al solo fine di guadagnare lo spessore necessario al passaggio di tubature per posizionare un nuovo servizio igienico.
In tal modo risulterebbe comprovato che la C., non solo non avrebbe eseguito alcun lavoro di rafforzamento del solaio dissestato – né, d’altronde, avrebbe potuto farlo da sola, necessitando un’intesa con il proprietario sottostante – ma, con altrettanto imprudenza ed imperizia, potrebbe averne aggravato il carico con la costruzione al di sopra di esso di un vano nuovo che, su di un lato, poggerebbe su di una semplice tramezzatura.
9.2. Appare quanto mai evidente che in tale situazione l’attività di supervisione e di controllo da parte del Comune di Napoli avrebbe dovuto essere straordinaria, tempestiva e continuativa ed invece, sotto tale profilo, essa si è rivelata non solo del tutto carente, ma tale da evidenziare elementi di contraddittorietà ed illogicità in quanto, pur avendo preso atto dello stato di pericolo originariamente segnalato nelle diffide, seguite dalle ordinanze sindacali, si è poi astenuto dalla doverosa verifica relativamente ai necessari ed improcrastinabili interventi di messa in sicurezza che pure aveva (sia pure astrattamente) imposto.
10. Com’è noto la D.I.A. è uno strumento di liberalizzazione in senso stretto dell’attività amministrativa a disposizione dei privati che con una mera loro dichiarazione (non esprimente indubbiamente alcuna volontà provvedimentale) possono dar corso all’attività materiale denunciata, auspicando che, da parte dell’Autorità amministrativa di settore, non intervenga, tempestivamente, alcun provvedimento volto conformare interdire o addirittura vietare l’attività iniziata; e, ciò, in alternativa con il consueto modulo amministrativo che inizia con la domanda del privato per attivare un procedimento giuridico al fine di ottenere un provvedimento favorevole di ampliamento della propria sfera giuridica, solo all’esito ed in esecuzione del quale potrà iniziare la materiale attività di esecuzione.
Tuttavia, onde evitare che, in caso di attività unicamente autodichiarata, la fattispecie trovi totale ed esclusiva conformazione ad opera dei privati e per fare in modo che l’attività denunciata si mantenga sempre in sintonia o, comunque, in una posizione non incompatibile con il soddisfacimento dell’interesse pubblico, è assolutamente imprescindibile che l’Autorità alla quale è indirizzata la denuncia effettui adeguati controlli e verifiche in relazione all’attività denunciata.
10.1. I poteri dell’Amministrazione a tanto competente sono delineati nell’art. 19 ("Segnalazione certificata di inizio di attività") della legge 7 agosto 1990, n. 241, che, ai commi 3 e 4, prevede che:
" 3. L’Amministrazione competente, in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti previsti dal comma 1, nel termine di sessanta giorni dal ricevimento della segnalazione di cui al medesimo comma, adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli effetti dannosi di essa, salvo che, ove ciò sia possibile, l’interessato provveda a conformare alla normativa detta attività ed i suoi effetti entro un termine fissato dall’Amministrazione, in ogni caso entro trenta giorni. E’ fatto comunque salvo il potere dell’Amministrazione competente di assumere le determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21quinquies e 21nonies. In caso di dichiarazioni sostitutive di certificazione e dell’atto di notorietà false o mendaci, l’Amministrazione, fatta salva l’applicazione delle sanzioni penali di cui al comma 6, nonché di quelle di cui al capo VI del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, può sempre e in ogni tempo adottare i provvedimenti di cui al primo periodo.
4. Decorso il termine per l’adozione dei provvedimenti di cui al primo periodo del comma 3, all’Amministrazione è consentito di intervenire solo in presenza del pericolo di un danno per il patrimonio artistico e culturale, per l’ambiente, per la salute, per la sicurezza pubblica o la difesa nazionale e previo motivato accertamento di tutelare comunque tali interessi mediante conformazione dell’attività dei privati alla normativa vigente ".
10.2. Pertanto, se da un lato la D.I.A. è un istituto di semplificazione dell’azione amministrativa che, nelle materie di cui al comma 1 dell’art. 19 L. n. 241/1990, consente al segnalante di sostituire ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione non costitutiva, permesso o nulla osta, comunque denominato, " il cui rilascio dipenda esclusivamente dall’accertamento dei requisiti e dei presupposti richiesti dalla legge o da atti amministrativi a contenuto generale, e non soggetti ad alcun limite o contingente complessivo o specifici strumenti di programmazione settoriale per gli atti stessi ", di porre in essere immediatamente l’attività oggetto della segnalazione all’Amministrazione competente dalla data della segnalazione stessa (Cfr. art. 9, comma 2, L. n. 241/1990), senza dover attendere il previo rilascio del titolo ampliativo della propria sfera giuridica, dall’altro, essa è uno strumento di "denuncia" per portare a conoscenza degli organi competenti le attività che si intendono porre in essere allo scopo di attivare il necessario controllo onde conformare alla normativa di riferimento le predette attività, prima che esse possano volgersi a danno dell’interesse pubblico o di terzi.
In buona sostanza per controbilanciare la liberalizzazione (in senso stretto) di un’attività che non può considerarsi meramente privata, muovendosi in un ambito non indifferentemente alle sollecitazioni dei pubblici bisogni, quanto denunciato vale anche a rendere edotta della predetta attività la competente Amministrazione facendo sorgere in quest’ultima l’obbligo di attivare i propri poteri di vigilanza, al fine di verificare se, per avventura, il privato denunciante si sia attivato in una direzione incompatibile con l’interesse pubblico alla cui cura è preposta la predetta Amministrazione.
11. Tali fondamenti dell’istituto in esame, partendo dal presupposto che la D.I.A. rimane pur sempre un atto di un privato, specie sotto il profilo dell’azione da esperirsi da parte del terzo che si assume lesa dall’attività denunciata hanno trovato adeguato sviluppo nella evoluzione giurisprudenziale.
Relativamente alla natura della D.I.A. ed alle controversie in tema di dichiarazioni di inizio di attività (con particolare riguardo all’azione a tutela del terzo leso) che – come rilevato – ai sensi il D.L. vo 2 luglio 2010, n. 104 (cod. proc. amm.), all’art. 133 lett. a, n. 3), sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in una recente pronuncia il Consiglio di Stato, Sezione VI, intervenendo in un annoso dibattito giurisprudenziale, ha affermato che la D.I.A. costituisce un atto di un soggetto privato e non di una P.A., che di tale atto è destinataria e, quindi, non riveste profili pubblicistici. Al terzo controinteressato – per l’effetto – sono attribuiti poteri di tutela giurisdizionale anche nel caso in cui l’intervento edilizio trovi il proprio fondamento nella D.I.A., atto privato, anzicché nel provvedimento: stante la natura privatistica della D.I.A. al terzo deve essere assicurata tutela. L’azione di accertamento è sottoposta al termine di decadenza di sessanta giorni previsto per l’azione di annullamento che il terzo avrebbe potuto esperire se l’Amministrazione avesse adottato un permesso di costruire (Cfr. C. di S., sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 717).
Ancor più di recente il Consiglio di Stato, Sezione VI, con la sentenza n. 2139 del 15 aprile 2010 ha affermato che: " La D.I.A. non ha natura provvedimentale, trattandosi, al contrario di un atto del privato, come tale non immediatamente impugnabile innanzi al T.A.R. L’azione a tutela del terzo che si ritenga leso dall’attività svolta sulla base della D.I.A. non è, quindi, l’azione di annullamento, ma l’azione di accertamento dell’inesistenza dei presupposti della D.I.A. Tale azione (che sebbene non espressamente prevista trova il suo fondamento nel principio dell’effettività della tutela giurisdizionale sancito dall’art. 24 Cost.) va proposta nei confronti del soggetto pubblico che ha il compito di vigilare sulla D.I.A. (verso il quale si produrranno poi gli effetti conformativi derivanti dall’eventuale sentenza di accoglimento), in contraddittorio con il denunciante che assume la veste di soggetto controinteressato (perché l’eventuale accoglimento della domanda di accertamento andrebbe ad incidere negativamente sulla sua sfera giuridica).
E’ appena il caso di precisare che la sentenza che accerta l’inesistenza dei presupposti della D.I.A. ha effetti conformativi nei confronti dell’Amministrazione, in quanto le impone di porre rimedio alla situazione nel frattempo venutasi a creare sulla base della D.I.A., segnatamente di ordinare l’interruzione dell’attività e l’eventuale riduzione in pristino di quanto nel frattempo realizzato.
Tale potere, in quanto volto a dare esecuzione al comando implicitamente contenuto nella sentenza di accertamento, deve essere esercitato a prescindere sia dalla scadenza del termine perentorio previsto dall’art. 19 L. n. 241/1990 per l’adozione dei provvedimenti inibitorirepressivi, sia dalla sussistenza dei presupposti dell’autotutela decisoria richiamati sempre dall’art. 19.
Non si tratta, infatti, né di un potere di autotutela propriamente e quindi non richiede alcuna valutazione sull’esistenza dell’interesse pubblico attuale e concreto prevalente sull’interesse del privato, né del potere inibitorio tipizzato dall’art. 19 L. n. 241/1990 (per il quale è previsto il termine perentorio).
Si tratta, al contrario, di un potere che ha una diversa natura e che trova il suo fondamento nell’effetto conformativo del giudicato amministrativo, da cui discende appunto il dovere dell’Amministrazione di determinarsi tenendo conto delle prescrizioni impartite dal giudice nella motivazione della sentenza.
Nel caso di specie, correttamente parte ricorrente ha esercitato un’azione (non di annullamento, ma) di accertamento, della quale sussistono i presupposti sostanziali e processuali: da un lato, infatti, il contraddittorio è stato correttamente instaurato sia con il Comune che con i soggetti controinteressati; dall’altro, l’intero ricorso è chiaramente volto a contestare la sussistenza dei presupposti legittimanti la D.I.A. (…..) ".
12. Il Collegio, esulandone dalle sue competenze e, d’altronde, non disponendo anche dei mezzi per accertarlo, non intende andare alla ricerca della responsabilità o della verifica di chi, nel caso di specie, sia il soggetto inadempiente alle diffide e prescrizioni sindacali (sul punto ciascuno dei due contendenti asserisce di aver prestata esecuzione alle ordinanze, ad iniziare da quelle di sgombero, attribuendo all’altro ogni inosservanza in ordine all’effettuazione dei lavori di consolidamento che la C. afferma apoditticamente di avere effettuato, mentre il T. afferma il contrario, unicamente per la mancata collaborazione offerta alla C.), ma è indubbio che l’interesse pubblico alla incolumità delle persone (che non può definirsi né pubblica né privata), originariamente emerso con la diffida e le conseguenti ordinanze comunali, è stato completamente perso di vista, per modo che non è più tollerabile che la vicenda continui ad evolversi ancora unicamente su ulteriore e esclusivo impulso delle parti e pervenga all’effettuazione di opere soltanto denunciate da uno dei due contendenti, senza che il Comune supervisioni e controlli se le predette opere non abbiano compromesso ulteriormente la statica dell’ edificio, limitandosi ad una mera (ed inutile) verifica formale se, per avventura, le opere concretamente realizzate non esulassero da quelle denunciate con la D.I.A. del 31.7.2009 (atteso, per quanto si è andato esponendo, l’impraticabilità di un tale strumento di liberalizzazione in senso stretto dell’azione amministrativa, quanto meno relativamente agli interventi segnalati nelle ordinanze sindacali di cui sopra).
Stante la contestualità con la vicenda al suo esame di un contenzioso civile e penale e considerata l’esistenza di un interesse pubblico implicato, il Collegio non può che chiamare il resistente Comune di Napoli a salvaguardare e tutelare l’interesse pubblico in sua attribuzione, evitando che la controversia si esaurisca in una mera lite fra privati, atteso che, a causa dell’atteggiamento dismesso, distaccato o, comunque, non sufficiente coinvolto finora dimostrato dal predetto Comune, la vicenda, per troppo, tempo si è evoluta in maniera incontrollata, quasi esclusivamente, sulla base delle iniziative unilaterali dei privati contendenti.
13. Nella fattispecie, a fronte della insufficiente presenza da parte dell’Amministrazione, i comportamenti, positivi o negativi di tutti i protagonisti (non escluso il ricorrente), hanno finito decisamente con il prendere il sopravvento e non sono apparsi trasparenti ed adeguati alla reale situazione fattuale, nonché ispirati alle regole della logica, del buon senso e della ragionevolezza, ma piuttosto comandati da logiche, talvolta imperscrutabili, ed, in ogni caso, rivolti in una direzione indubbiamente non in sintonia con l’interesse pubblico.
Orbene, in una situazione in cui appaiono prevalenti le iniziative unilaterali di ciascuno dei due protagonisti principali della vicenda, con inevitabile prevalenza dei loro particolarismi (la qual cosa avendo determinato l’inevitabili instaurazione di ulteriori contenziosi innanzi ad altre Autorità giurisdizionali), la logica conclusione è che si è finito con il perdere di vista l’interesse pubblico, la cui salvaguardia doveva essere garantita dal Comune il quale, però, per troppo tempo, ha preferito mantenersi a distanza dalla situazione quasi ritenendola un affare privato tra due contendenti, facendo prendere il sopravvento alla "forza del fatto".
Elemento sintomatico di questa emblematica "fuga dalla realtà" che ha contaggiato un po" tutti i protagonisti coinvolti, con conseguente perdita di vista dell’interesse pubblico, la offre la circostanza che entrambi i contendenti si contestano reciprocamente la mancata effettuazione delle opere di messa in sicurezza ordinate dal Comune, ed ancor prima, la mancata esecuzione delle ordinanze comunali di sgombero con l’abbandono dei rispettivi appartamenti.
Dal suo canto il Comune di Napoli, pur dimostrando di essere ben consapevole della situazione di pericolo in atto interessante la statica dell’intero fabbricato, con la prescrizione di cui alle ordinanze sindacali n. 1033/1034/1035, tutte del 27.11.2009, contingibili ed urgenti, per la quale "L’esecuzione di ulteriori opere dovrà essere autorizzata con apposita Concessione Edilizia (…….)", di fatto, ha poi lasciato ai diretti interessati ogni iniziativa al riguardo, dimostrando così di essere intervenuto solo in maniera formale, o, comunque, con il non sufficiente coinvolgimento che la situazione imponeva, finendo, così con il contribuire a non eliminare se non, addirittura, ad aggravare il pericolo di danno, non essendosi impegnato per ricercare insieme ai diretti interessati una definitiva soluzione "effettiva e sostanziale" di una problematica che non poteva restare circoscritta ad una mera controversia tra privati, in quanto involgente rilevanti profili pubblicistici che non potevano essere ignorati.
14. Al riguardo, anche se in relazione ad opere da realizzarsi su un lastrico solare condominiale (ma il ragionamento è estensibile anche per i solai divisori tra i singoli appartamenti), recente giurisprudenza ha rilevato che: " La necessaria distinzione tra gli aspetti civilistico e quelli pubblicistici dell’attività edificatoria non impedisce di rilevare la presenza di significativi punti di contattato tra i due diversi profili. In particolare non è seriamente contestabile che nel procedimento di rilascio dei titoli edilizi l’Amministrazione abbia il potere ed il dovere di verificare l’esistenza, in capo al richiedente, di un idoneo titolo di godimento dell’immobile, interessato dal progetto di trasformazione urbanistica, trattandosi di un’attività istruttoria che non è diretta, in via principale, a risolvere i conflitti di interesse tra le parti private in ordine all’assetto proprietario degli immobili interessati, ma che risulta finalizzata, più semplicemente, ad accertare il requisito di legittimazione del richiedente.
Nel caso di opere che vadano ad incidere sul diritto di altri comproprietari – come nel caso di un solaio, struttura portante per la statica di tutto il fabbricato – è legittimo che la P.A. esiga il consenso degli stessi (che può essere manifestato anche per fatti concludenti); qualora vi sia conclamato dissidio fra i comproprietari in ordine all’intervento progettato, la scelta dell’Amministrazione di assentire comunque le opere (in base al mero riscontro della conformità degli strumenti urbanistici) evidenzia un grave difetto istruttorio e motivazionale, perché non dà conto dell’effettiva corrispondenza tra l’istanza edificatoria e la titolarità del prescritto diritto di godimento " (T.A.R. Campania, Sez. II, 6 dicembre 2010, n. 26817).’
15. Orbene, a prescindere dalla circostanza di chi abbia o meno effettivamente abbandonato il proprio alloggio – per il quale pure pendeva una diffida datata 27.8.2009 del Servizio Sicurezza Abitativa "a non praticare e a non far praticare i luoghi pericolanti", mai eseguita motu proprio, ma coattivamente (essendo stata necessaria la nomina di un Commissario ad acta in sede di giudizio ottemperanza), nonostante la Sezione, con la sentenza n. 9567 del 24.12.2009, in accoglimento dell’impugnativa del silenzio del Comune nel disporre lo sgombero coatto dell’immobile, si fosse pronunciata nel senso di "apparire soluzione improntata a buon senso e ragionevolezza in grado di realizzare un equo contemperamento degli interessi di tutte le parti adottare un provvedimento di temporaneo allontanamento degli occupanti del secondo piano dell’immobile de quo onde consentire al ricorrente di effettuare i necessari, urgenti ed improcrastinabili interventi", i fatti dimostrano che quest’ultima, dal canto suo, ha potuto realizzare quello che il Comune non gli ha impedito, attraverso una puntuale e doverosa attività di controllo, mentre (unitamente al T. che asserisce come, con il suo comportamento ottemperante alle ordinanze, abbandonando l’alloggio, avrebbe dato via libera ai lavori incontrollati della C.), mentre ha omesso di effettuare altri interventi indispensabili di messa in sicurezza per eliminare lo stato di pericolo, invero soltanto genericamente ordinati dal Comune, alla fine presentando una D.I.A. per dare una copertura ad opere che erano del tutto diverse ed inutili rispetto al solaio pericolante e forse anche non conformi a quelle denunciate (soppalchi e rifacimento di solaio diverso da quello pericolante), così dimostrando di avere ignorato completamente il contesto di precarietà, sotto il profilo edilizio e statico, in cui versava buona parte del fabbricato; inoltre – come lamentato da parte ricorrente – pur di realizzare i lavori oggetto di denuncia, non esitava a provocare "il deposito di detriti sul pavimento all’interno dell’abitazione e dei fori dal solaio di copertura, poi richiusi, ove fatto un accurata visione dello stato dei luoghi, si evidenziava che il proprietario dell’appartamento superiore aveva rifatto parte del solaio dell’appartamento", circostanza che risulta avvalorata dal verbale di intervento dei Vigili del Fuoco dell’1.11.2009, relativamente al sopralluogo effettuato nell’appartamento del ricorrente a seguito della caduta dal solaio di detriti nel proprio appartamento.
Infine, a specifica richiesta di (ulteriore) sopralluogo tecnico avanzata dal T. e pervenuta al Servizio Sicurezza Abitativa in data 8.9.2010, quest’ultimo riteneva di avere già ottemperato a quanto richiesto, avendo eseguito sopralluogo tecnico in data 24.9.2010 "come ben noto allo stesso atteso che egli ha presenziato di persona al sopralluogo".
15.1. Tuttavia, ad avviso del Collegio e nonostante tale riscontro negativo, un intervento del Comune al fine di pervenire ad una definitiva soluzione della problematica in esame si presenta, oramai, quanto mai doveroso ed improcrastinabile per una serie di circostanze:
a) anzitutto perché, in occasione del sopralluogo del 30 settembre 2010 prot. n. 3394, il Servizio Sicurezza Abitativa del Comune di Napoli (successivo alla presentazione della D.I.A.), alla presenza sia del T. che della C., in riferimento alle diffide ed alle successive ordinanze sindacali, riscontrava che "nessuno dei due proprietari aveva posto in essere le azioni in esse intimate atte alla salvaguardia dell’incolumità delle persone e né, tantomeno, avevano provveduto alla redazione e trasmissione al Servizio Sicurezza Abitativa della richiesta "Certificazione di idoneità tecnica", affermazione che si trova in stridente contrasto con il certificato di eliminato pericolo redatto in data 1.9.2010 dal tecnico incaricato dalla C. di produrre la relazione asseverata di accompagnamento alla D.I.A. nella quale testualmente si afferma "di aver verificato lo stato dei luoghi e dell’esecuzione degli interventi necessari all’eliminazione di eventuali pericoli alla pubblica e privata incolumità interessanti esclusivamente la proprietà della sig. ra C."; sul punto la difesa della controinteressata asserisce che la dichiarazione del tecnico si riferiva alle opere di messa in sicurezza dei solai tra il secondo ed il terzo piano, nulla, invece avendo potuto riferire circa i solai tra il primo ed il secondo piano, in quanto il T. non avrebbe mai acconsentito all’ingresso nel proprio immobile, ma è evidente che nel predetto certificato si dà per certo l’eliminazione di ogni pericolo per l’incolumità delle persone senza alcuna distinzione tra i solai divisori che sarebbero stati riattati.
In proposito appare quantomeno singolare che l’eliminato pericolo avrebbe riguardato un solaio divisorio il quale non aveva creato fino a quel momento, anche dal punto di vista tecnico, alcun problema, rispetto a quello di divisione con la proprietà del T. con il quale erano in corso una serie di contenziosi conseguenti ad una situazione di maggior rischio di cedimento, come documentato con relazione tecnica di parte ("il solaio che copre gran parte dell’appartamento non è stato mai riattato alle nuove esigenze abitative ed alle nuove norme sismiche intervenute a seguito del terremoto del 1980, in conseguenza del quale evento un accertato dissesto statico comportò nell’immobile un intervento di mero puntellamento parziale della struttura. Al momento del sopralluogo era evidente lo sgretolamento del solaio e delle travi in legno dovuto alla vetustà della struttura e la caduta continua di pietrisco dalle fessure del tavellato.
La struttura complessiva potrebbe essere interessata da ulteriori fenomeni di dissesto.
In definitiva, la pericolosità della statica del solaio è piuttosto evidente: il cedimento dello stesso con grave pericolo per tutta la statica dello stabile potrebbe determinarsi per una concausa di fattori quali movimenti tellurici anche lievi infiltrazioni di acqua, accumulo di umidità, ovvero per un aggravio di pressione sulle strutture, conseguente anche solo alla ovvia possibilità che l’immobile venga nuovamente abitato".
b) poi ed ancor prima perché quanto asserito direttamente dalla denunciante nella D.I.A. presentata dalla C. ("gli interventi edilizi in epigrafe indicati non sono soggetti ad autorizzazione, né concessione") e dal suo tecnico nella relazione di accompagnamento alla stessa ("per le caratteristiche delle opere da eseguire – solo opere interne all’immobile – non risulta necessario ottenere alcuna autorizzazione dall’Amministrazione competente") contrasta con le ordinanze sindacali n. 1033/1034/1035, tutte del 27.11.2009, adottate ai sensi dall’art. 6, commi 4 e 7 della legge n. 125 del 24.7.2008, e, quindi di natura contingibili ed urgenti, nelle quali, constatato che "il predetto stabile necessita di opere di assicurazione necessarie ad eliminare il pericolo derivante dalle fessurazioni longitudinali alle travi del solaio intermedio tra il 1° piano (soggiorno) occupato dal Sig. T. e l’alloggio sovrastante al 2° piano, necessita monitorare le fessurazioni indicate", si ordinava ad entrambi i proprietari di "far eseguire ad horas gli opportuni accertamenti tecnici, e tutte le opere di assicurazione, strettamente necessarie per scongiurare lo stato di pericolo su indicato, consegnando nel termine di giorni dieci dalla data di notifica della presente ordinanza, all’ufficio protocollo (P. zzo S. Giacomo), il certificato unico, a firma di tecnico abilitato, iscritto all’albo professionale, dal quale dovrà risultare che, a seguito delle verifiche effettuate e dei lavori eseguiti, è stato eliminato ogni pericolo per la pubblica e privata incolumità, sollevando l’Amministrazione Comunale da ogni Responsabilità nei confronti dei terzi per quanto intimato nella presente ordinanza", concludendo nel senso che "L’esecuzione di ulteriori opere dovrà essere autorizzata con apposita Concessione Edilizia (…….)";
c) infine perché, nella predetta relazione del 30.9.2010, gli stessi tecnici comunali hanno dato conto della rifrazione di "un solaio diverso da quello corrispondente agli ambienti oggetto dell’originaria diffida e della successiva ordinanza sindacale emesse dal Servizio sicurezza abitativa", (circostanza, peraltro, che era emersa, pure se in maniera generica, anche in occasione del sopralluogo dei Vigili del Fuoco).
16. Pertanto allo stato attuale della vicenda necessita che il Comune di Napoli intervenga per conformare l’attività edilizia sinora portata avanti quasi esclusivamente dalla C., dando preminenza assoluta agli aspetti inerenti alla sicurezza statica dell’intero fabbricato, accertando, in particolare, con la dovuta dovizia tecnica e con il necessario coinvolgimento di entrambi gli interessati, se l’attività edilizia posta in essere e le opere realizzate dalla C. a seguito della D.I.A. presentata in data 31.7.2009 non abbiano contribuito ad ulteriormente aggravare il carico sul solaio dissestato divisorio degli appartamenti del T. e della C. (come ipotizzato da perizia tecnica prodotta dal ricorrente, ma contestato nelle brevi note tecniche depositate in giudizio dalla controinteressata), con particolare riferimento al solai divisori tra il primo ed il secondo piano, già dichiarati pericolanti nelle diffide ed ordinanze comunali.
16.1. D’altronde una tale esigenza è avvertita anche dalla controinteressata, atteso che nelle citate brevi note il tecnico di sua fiducia, dopo aver precisato che tutti gli interventi eseguiti sull’immobile di proprietà della C. sono opere di manutenzione straordinaria, come definite dall’art. 6 del regolamento edilizio del Comune di Napoli, pienamente conformi agli strumenti urbanistici, asserisce che "è chiaro che le fessurazioni riscontrate nella trave di legno non devono essere trascurate: i due proprietari del solaio, C. e T., devono nominare immediatamente tecnici di loro fiducia ai quali deve essere assegnato il compito di trovare e mettere in atto, di comune accordo, una soluzione tecnica che elimini la deficienza statica e restituisca al solaio i coefficienti di sicurezza posseduti prima dell’insorgere delle lesioni longitudinali ed anche per quanto riguarda la realizzazione dei soppalchi (peraltro presenti nella D.I.A.) occorre che i tecnici delle parti, all’uopo nominati, approfondiscano la problematica individuandone precisamente la tipologia, la forma, la dimensione, la caratterizzazione strutturale in modo da determinare univocamente la liceità statica ed amministrativa,correggendo quelle delle due (o entrambe) che dovesse risultare deficitaria (……)".
17. In definitiva, nella fattispecie in esame, una volta accertato, in sede di procedimento amministrativo o giurisdizionale, l’inesistenza dei presupposti per farsi luogo agli interventi necessari alla messa in sicurezza delle parti pericolanti del fabbricato, attraverso la mera presentazione di una D.I.A., sorge obbligo per la competente Autorità urbanistica – nella specie il Comune di Napoli – di intervenire adottando le misure necessarie per conformare o addirittura vietare l’attività illegittimamente denunciata, in funzione delle necessarie opere da effettuarsi per eliminare lo stato di pericolo per l’incolumità delle persone.
In particolare il resistente Comune dovrà ordinare ad entrambi i proprietari, in contraddittorio con i loro tecnici, gli interventi da effettuarsi (previo richiesta e rilascio di specifico ed espresso titolo autorizzatorio) da parte di ciascuno di essi, ma non in maniera generica e imprecisata, sebbene curando di indicare, sempre in concordia con i tecnici di parte, nei dettagli tecnici le opere a farsi e di vigilare anche sulla materiale esecuzione dei lavori, sullo stato di avanzamento degli stessi ed, infine, accertare l’eliminato pericolo.
18. Infine il Collegio, in ordine agli interventi nella fattispecie ritenuti necessari, in relazione alla domanda di accertamento proposta, richiamandosi alla sopra citata sentenza n. 717 del 9 febbraio 2009 del Consiglio di Stato, Sezione Sesta (secondo la quale, emanata la sentenza di accertamento dell’insussistenza dei presupposti per svolgere l’attività sulla base di una semplice denuncia di inizio di attività graverà sull’Amministrazione l’obbligo di ordinare la rimozione degli effetti della condotta posta in essere dal privato, sulla base dei presupposti che il giudice ha ritenuto mancanti), non ritiene di dovere andare al di là dell’accertamento negativo dell’insussistenza dei presupposti della D.I.A., con conseguente dichiarazione dell’obbligo del Comune di intervenire per porre rimedio alla situazione di instabilità, ma non ritiene doversi esprimere in ordine alla tipologia ed alla natura delle opere di messa i sicurezza da effettuarsi, rientrando una tale indicazione nelle incombenze del Comune, quale Autorità urbanistica a tanto preposta.
Resta inteso che saranno soggetti ai regolari controlli amministrativi, alla stregua della normativa edilizia di riferimento, gli interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria denunciati in data 31 luglio 2010 ed effettivamente posti in essere dalla C., per la parte in cui non ineriscano agli ordini di messa in sicurezza delle parti pericolanti degli appartamenti del T. e della C., con particolare riferimento al posizionamento dei soppalchi, in relazione ai quali la giurisprudenza, a seconda delle dimensioni degli stessi e della loro idoneità o meno a determinare una ristrutturazione sostanziale della preesistente unità immobiliare, ritiene sufficiente una D.I.A. ovvero esige il rilascio di un permesso di costruire (Cfr. T.A.R. Campania, Napoli, sez. IV, 10 dicembre 2007, n. 15871).
19. Le spese seguono la soccombenza e vengono quantificate come da dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Quinta Sezione, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe (n. 7226/2010 R.G.) proposto da T.G.M., così dispone:
a) dichiara, in accoglimento della domanda di accertamento, l’inesistenza dei presupposti per la D.I.A. presentata da C. A. al Comune di Napoli il 31.7.2009 ed il conseguente obbligo di tale Comune di ordinare la rimozione degli effetti della condotta posta in essere dal privato con eventuale interruzione dei lavori, se ancora in corso, ed eventuale riduzione dei luoghi in pristino stato (ovviamente, non al fine di verificare se le opere realizzate siano o meno ricomprese nella predetta D.I.A.), indicando ed ordinando le specifiche opere da farsi, se del caso, previo rilascio di apposito permesso di costruire, in concordia con i tecnici di parte e con spese a carico di queste ultime, per definitivamente scongiurare la situazione di pericolo, originariamente segnalata dal medesimo Comune di Napoli con le diffide e le ordinanze di cui in narrativa;
b) condanna in solido la controinteressata C. A. ed il Comune di Napoli in favore del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio, forfetariamente liquidate in euro 2.000,00, oltre IVA, CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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