Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1. Al ricorrente, sig. D.A., con provvedimento n. 3/2010 del Questore della Provincia di Terni in data 29 marzo 2010, ai sensi dell’articolo 6 ("Divieto di accesso ai luoghi dove si svolgono manifestazioni sportive") della legge 401/1989, è stato vietato, per la durata di tre anni, di "accedere a tutti gli impianti sportivi siti su tutto il territorio nazionale e all’estero in cui si svolgono tutte le manifestazioni sportive calcistiche (…) nonché ai luoghi antistanti gli stadi in occasione di partite (…) alle stazioni ferroviarie interessate agli arrivi e alle partenze dei convogli delle tifoserie, in occasione dei citati incontri, ai piazzali adibiti alla partenza, arrivo e sosta degli autoveicoli che trasportino le tifoserie medesime, caselli autostradali, scali aerei, autogrill ed in tutti gli altri luoghi interessati alla sosta, al transito ed al trasporto di coloro che partecipano o assistono alle competizioni medesime (…).
1.1. Il c.d. DASPO è motivato con riferimento alla circostanza che il ricorrente è stato individuato tra i tifosi della Reggiana i quali, in data 13 dicembre 2009, in occasione dell’incontro TernanaReggiana, valevole per il campionato di calcio "Lega Pro1^ Divisione/Girone B", si sono resi responsabili presso lo stadio Liberati di Terni di comportamenti sanzionabili ai sensi della predetta disposizione.
1.2. La vicenda viene così descritta nel provvedimento: "A.D. è stato indagato per il reato di cui all’art. 110 – 336- 339 c.p. in relazione all’art.6 quater della Legge n. 401/89 per:- aver tentato di far entrare all’interno dell’impianto sportivo striscioni non precedentemente autorizzati, come previsto dalla vigente normativa e non avendo ottenuto il consenso da parte del personale addetto al servizio di ordine pubblico, unitamente ad altro tifoso identificato per E.U., incitava quelli già all’interno del settore loro assegnato ad uscire. Per la medesima ragione, capeggiava la protesta anche dopo il ribadito diniego da parte del personale addetto alla sicurezza dell’impianto sportivo, adottando in tal modo un atteggiamento propedeutico a destabilizzare l’ordine pubblico. Sia l’A. che l’altro sostenitore della Reggiana assumevano un atteggiamento provocatorio ed offensivo nei confronti del personale preposto alla sicurezza che sfociava in azioni violente concretizzatesi in un primo momento con calci alle aste delle bandiere, che andavano a colpire due dei responsabili della sicurezza. Il comportamento aggressivo del predetto, già entrato regolarmente all’intero dell’impianto tramite la vidimazione del biglietto attraverso il tornello di sicurezza, continuava supportato anche da E.U. e si portava nei pressi dell’uscita di sicurezza posta nelle immediate vicinanze del tornello dal quale era entrato. In tale frangente all’esterno di quella stessa uscita di sicurezza si assiepavano altri sostenitori delle squadra della Reggiana e quelli già entrati si portavano alle spalle dell’A. e del tifoso sopra citato. La situazione degenerava immediatamente. Poiché approfittando della confusione creata dagli stessi tifosi, A.D., sostenuto nell’azione da E.U., azionava la maniglia antipanico (apribile solo dall’interno dell’impianto) permettendo ai tifosi all’esterno, quantificati in una cinquantina, di entrare nell’area di massima sicurezza che dava diretto accesso al settore assegnato ai tifosi ospiti, senza transitare per i previsti tornelli, evitando i controlli di sicurezza e favorendo l’ingresso degli striscioni e delle bandiere oggetto dei precedenti dinieghi, in violazione anche del regolamento d’uso dell’impianto sportivo. Al fine di attuare detto proposito, l’A., coadiuvato da altro tifoso, usava violenza nei confronti di uno steward che tentava di mantenere chiusa la porta di sicurezza, spintonandolo ed allontanandolo con violenza dopo avergli provocato una ferita alla mano con la quale tentava di mantenere bloccata la maniglia antipanico".
1.3. A seguito dell’attività investigativa svolta non sorgono dubbi sul’identificazione in A.D. quale responsabile dei fatti suindicati commessi in concorso.
1.4. L’indice di insofferenza al rispetto della normativa in materia di sicurezza è avvalorato dalla circostanza che l’A. per precedenti violazioni è stato sottoposto per ben tre volte al divieto di cui all’art 6, l. n. 401/1989 per comportamenti violenti assunti in occasione di incontri calcistici.
2. Il ricorrente impugna il provvedimento, prospettando le censure – di violazione e falsa applicazione degli articoli 6 e 6bis, della legge 401/1989, di eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di motivazione e di istruttoria, difetto ed indeterminatezza dei presupposti – appresso esaminate.
3. Resiste per l’Amministrazione l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, che ha depositato il documenti di causa.
Motivi della decisione
4. Il ricorso è infondato.
4.1. L’articolo 6 sanziona con il divieto di accesso le persone che risultano denunciate o condannate anche con sentenza non definitiva nel corso degli ultimi cinque anni, per determinati reati ivi elencati, o comunque per aver preso parte attiva ad episodi di violenza su persone o cose in occasione o a causa di manifestazioni sportive, o che nelle medesime circostanze abbiano incitato, inneggiato o indotto alla violenza.
Tra i reati elencati vi sono quelli di cui agli articoli 6bis, commi 1 e 2, e 6ter, della medesima legge.
L’articolo 6bis, comma 2, sanziona penalmente, "Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, nei luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive, supera indebitamente una recinzione o separazione dell’impianto ovvero, nel corso delle manifestazioni medesime, invade il terreno di gioco (…)".
5. Dei motivi dedotti nei confronti del provvedimento, è infondato in punto di fatto il primo, nel quale si deduce che l’A. non avrebbe posto in essere il comportamento addebitatogli essendo rimasto distante dalla porta e dalla steward, rappresentando soltanto ai funzionari presenti il materiale che si intendeva portare all’interno dello stadio.
5.1. Dalla relazione in data 28 dicembre 2009 (all.to 7 al fascicolo dell’Avvocatura) l’A. e l’Errichello sono stati riconosciuti nei due soggetti che, pur essendo regolarmente entrati all’interno dello stadio, approfittando di uno stato di confusione avrebbero aperto la via di esodo azionabile solo dall’interno. L’A. sarebbe stato riconosciuto dal documento fotografico in allegato come la persona che avrebbe spintonato lo steward, allontanandolo con violenza provocandogli una contusione sulla mano destra.
5.2. E" pertanto innegabile che il comportamento dell’A. che ha spintonato lo steward ed ha azionato la maniglia antipanico integra la fattispecie di superamento indebito di una recinzione o separazione dell’impianto previsto dell’articolo 6bis, comma 2, l. n. 401/1989.
6. Nel secondo e nel terzo motivo (erroneamente rubricati sub 3 e sub 4) investono la pretesa indeterminatezza dell’oggetto del divieto, in quanto riferito a manifestazioni, luoghi, situazioni non specificamente indicati, né agevolmente percepibili da parte del soggetto tenuto a rispettare il divieto; così operandosi anche una sostanziale limitazione del diritto di circolazione, costituzionalmente tutelato.
6.1. Il Collegio è consapevole che la prevalente giurisprudenza amministrativa ritiene necessario che il provvedimento, nell’indicare "specificamente" i luoghi interessati dal divieto, sostanzialmente ne circoscriva la portata concreta. Ritiene peraltro di confermare l’orientamento di questo Tribunale (cfr., tra le altre, le sentenze: 14 giugno 2001, n. 335 e n. 336; 31 agosto 2004, n. 488 e n. 489; 11 novembre 2008, n. 723), nel senso che:
– una delimitazione della portata del divieto come quella contenuta nel provvedimento impugnato, meramente riproduttiva delle possibilità offerte dalla disposizione sanzionatoria, è certamente ampia, ma non è generica, né tale da determinare nel destinatario particolari incertezze o difficoltà di comprensione. Infatti, se nessun equivoco può derivare dal riferimento alle "stazioni ferroviarie" (la cui ubicazione è nota, e comunque sono ben visibili ed abbondantemente segnalate, al pari dell’esistenza dei treni speciali o degli esodi organizzati dei tifosi, limitati alle partite dei campionati professionistici e semiprofessionistici), sembra altresì evidente che il riferimento ai "luoghi antistanti gli stadi" ed ai "piazzali adibiti alla partenza, arrivo e sosta degli autoveicoli che trasportano le tifoserie", interpretati con aderenza al significato corrente delle parole, portano ad individuare gli spazi direttamente adiacenti agli impianti sportivi e quelli ufficialmente destinati, dalle amministrazioni locali e dalle autorità di pubblica sicurezza, allo stazionamento delle c.d. carovane di tifosi, non certo ad ogni strada che risulti utile al parcheggio da parte di chi si reca allo stadio. In sostanza, il divieto in esame scatta in presenza di un rilevante afflusso di massa di tifosi in occasione di manifestazioni calcistiche di notevole importanza, come tale agevolmente prevedibile e percepibile.
– si può convenire che la misura cautelare, così intesa, abbia una portata afflittiva notevole, ma essa appare proporzionata alla pericolosità dei comportamenti che intende prevenire, disincentivare e reprimere, così da rendere giustificato anche il particolare grado di attenzione e di commisurazione al contesto della propria condotta futura che il soggetto responsabile di tali comportamenti è tenuto ad avere.
7. Nell’ultima censura, il ricorrente lamenta che la Questura non avrebbe adeguatamente considerato le memorie difensive da essi presentate a seguito della comunicazione dell’avvio del procedimento.
7.1. Il Collegio rileva che la descrizione dei comportamenti e la qualificazione giuridica che sostengono il provvedimento appaiono puntuali, e non risultano scalfiti dalle argomentazioni del ricorrente (peraltro, riproposte in giudizio).
8. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente al pagamento in favore dell’Amministrazione resistente della somma di euro 2.000,00 (duemila/00) per spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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