Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
Con sentenza depositata l’8 febbraio 2006, il Giudice di pace di Roma rigettava l’opposizione proposta da A.P. avverso il verbale-avviso di accertamento elevato per violazione dell’art. 40 C.d.S., comma 2, da un ausiliario del traffico del Comune di Roma, convalidava il provvedimento opposto e condannava l’opponente al pagamento delle spese processuali liquidate in Euro 100,00.
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso l’ A. sulla base di un unico motivo, cui ha resistito, con controricorso, l’intimato Comune.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 375 c.p.c.; con ordinanza in data 23 luglio 2010, ne è stata disposta la trattazione in pubblica udienza.
In prossimità dell’udienza del 21 gennaio 2011, il ricorrente ha depositato memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c..
Motivi della decisione
Con l’unico motivo di ricorso, il ricorrente deduce violazione dell’art. 91 c.p.c. e della L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 11, in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.
Il ricorrente, premesso che il Comune, nel giudizio di merito, si è difeso a mezzo di un proprio funzionario e che quindi non può vedersi riconosciuti nè i diritti nè gli onorari ma solo le spese vive, censura la sentenza impugnata perchè ha liquidato una somma esorbitante a tale titolo.
Il Comune aveva invero depositato una nota spese articolata in due voci: spese di cancelleria, Euro 26,00, e deposito comparsa di costituzione e risposta, Euro 86,50, e cosi per un totale di Euro 112,50, del tutto eccedente rispetto alle spese vive effettivamente sostenute per la carta e l’inchiostro utilizzati per la redazione della comparsa di costituzione e per il trasporto del funzionario dagli uffici comunali all’ufficio del giudice di pace.
La liquidazione delle spese nella misura di 100,00 Euro, inoltre, sarebbe del tutto immotivata.
Il ricorso è infondato e va pertanto rigettato.
Il Giudice di pace, nel respingere l’opposizione a verbale di contestazione di violazione del codice della strada proposta da A.P., ha riconosciuto all’amministrazione comunale, che nel giudizio di opposizione si era costituita a mezzo di un proprio funzionario, la somma di Euro 100,00 a titolo di spese.
Il ricorrente deduce che il Giudice del merito, a fronte di una nota spese articolata su due voci, l’una di Euro 26,00 per spese di cancelleria, e l’altra di Euro 86,50 per deposito comparsa di costituzione e risposta, ha sì ridotto l’importo richiesto, ma tuttavia ha liquidato un importo assolutamente eccessivo con riferimento alle due voci da cui era composta la nota spese, sostenendo che sia per l’una che per l’altra voce le spese vive non potevano essere superiori a pochi Euro, e cioè al costo della carta e dell’inchiostro e al costo del biglietto per il mezzo pubblico di trasporto utilizzato dal funzionario delegato per recarsi presso la cancelleria del giudice di pace.
Una simile argomentazione non può essere condivisa.
Occorre premettere che, nella giurisprudenza di questa Corte, si è affermato che "in tema di liquidazione delle spese giudiziali, lo stabilire se gli esborsi dedotti dalla parte siano dimostrati e giustificati, in relazione alla natura della causa e alle attività da essa richieste, spetta al giudice del merito, il cui apprezzamento al riguardo, ove correttamente motivato, non è censurabile in sede di legittimità" (Cass., n. 1662 del 1977).
E’ peraltro consolidato l’orientamento per cui ove l’autorità amministrativa, che ha emesso il provvedimento sanzionatorio, stia in giudizio personalmente o avvalendosi di un funzionario delegato (come consentito dalla L. n. 689 del 1981, art. 23, comma 4), non può essa ottenere la condanna dell’opponente, che sia soccombente, al pagamento dei diritti di procuratore e degli onorari di avvocato, difettando le relative qualità nel funzionario amministrativo che sta in giudizio, per cui sono, in tal caso, in suo favore liquidabili le spese, diverse da quelle generali, che essa abbia concretamente affrontato in quella causa e sempre che tali spese risultino indicate in apposita nota (Cass., n. 2872 del 2007; Cass., n. 12232 del 2003;
Cass., n. 7597 del 2001; Cass., n. 6898 del 1998, Cass., n. 9365 del 1997; Cass., n. 8678 del 1993).
In sostanza, l’unico requisito che si richiede per la liquidazione delle spese vive, che rappresentano un qualcosa di diverso dalle spese generali di organizzazione del servizio per la difesa della singola amministrazione nei giudizi di opposizione a sanzione amministrativa, è che le stesse siano indicate in una apposita nota da parte dell’ente che ne chiede la liquidazione.
Rientra poi nella discrezionalità del giudice del merito determinare l’importo liquidabile a tale titolo, con l’avvertenza che detta discrezionalità, allorquando la nota rechi, come nella specie, degli importi esigui, è massima e si sottrae al sindacato di legittimità.
Ben può, quindi, il giudice del merito stabilire se l’importo indicato dall’amministrazione a titolo di spese di cancelleria e per il deposito della memoria di costituzione nella cancelleria del giudice adito, ovvero per il trasporto del funzionario presso l’ufficio giudiziario competente, a prescindere da una puntuale documentazione delle spese stesse, sia congruo in relazione alla tipologia della attività svolta e degli oneri sostenuti, senza che, ove detto importo si mantenga in termini ragionevolmente contenuti, vi sia uno specifico onere di documentazione della spesa della quale si richiede il rimborso, nonchè uno specifico obbligo di motivazione da parte del giudice del merito che a detta liquidazione proceda.
Nella specie, dunque, la sentenza impugnata – la quale ha tenuto conto della nota depositata dal Comune e ne ha ridotto l’importo – si sottrae alle proposte censure, in considerazione del fatto che il Comune ha formulato la propria richiesta e che l’importo è stato contenuto in termini del tutto congrui e ragionevoli rispetto alle voci di spesa indicate.
Il ricorso va quindi rigettato, con conseguente condanna del ricorrente, in applicazione del principio della soccombenza, alla rifusione, in favore del Comune di Roma, delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in complessivi Euro 600,00, di cui Euro 400,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.
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