Cons. Stato Sez. V, Sent., 21-03-2011, n. 1731 Giustizia amministrativa

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con atto notificato il 26 ed il 27 febbraio 2001 e depositato il 15 marzo seguente la dott. M.A.F., dipendente della Regione Abruzzo in qualità di dirigente amministrativo di prima qualifica, ha appellato la sentenza 14 gennaio 2000 n. 2 del Tribunale amministrativo regionale per l’Abruzzo, sezione staccata di Pescara, con la quale è stato dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il suo ricorso avverso le deliberazioni della Giunta regionale 3 luglio 1996 n. 2447, di affidamento nei suoi confronti della responsabilità dell’ufficio "istruttoria affari istituzionali e personale delle u.l.s.s." ricompreso nell’ambito del servizio "controllo atti delle u.l.s.s." del settore "sanità, igiene e sicurezza sociale" della Giunta regionale, e 11 settembre 1996 n. 3298, di affidamento, tra l’altro, al dott. E. M. dell’incarico di titolare dell’ufficio "affari istituzionali" del servizio "problemi organizzativi ed istituzionali" del predetto settore.

La dott. F. ha svolto ampie premesse circa le vicende occorsele dal 30 novembre 1994 (data di nomina in prova a seguito del superamento di corsoconcorso), anche successive al ricorso di primo grado, e circa la propria qualificazione professionale e culturale in base alla quale aveva richiesto espressamente l’assegnazione dell’incarico conferito, a suo avviso strumentalmente, al controinteressato.

Premesso ancora che con le predette deliberazioni erano pure impugnati gli atti connessi – in particolare la deliberazione n. 83/96 della stessa Giunta, recante criteri di conferimento degli incarichi dirigenziali, ed il parere negativo del settore "enti locali" all’affidamento a lei di incarico in quel settore – e che i motivi di gravame "che si richiamano integralmente" erano "così chiari, pertinenti e fondati che non mette conto di parlarne ancora", a sostegno dell’appello ha lamentato che il TAR non abbia tenuto conto come anche la seconda nomina sia stata formalmente contestata ed impugnata (con ricorso deciso con sentenza n. 42/2000 in pari data) e come, comunque, l’interesse al ricorso permanesse sempre, potendo la ricorrente legittimamente rivendicare, in ragione dell’effetto ripristinatorio dell’eventuale accoglimento del ricorso, la caducazione dell’atto rimasto in vita pregiudizievole alla propria posizione, anche considerato che nel pubblico impiego va tenuto conto degli effetti negativi eventualmente prodottisi nella sfera professionale e morale, come peraltro ritenuto dallo stesso TAR in analoga fattispecie riguardante la dirigente regionale corresponsabile dei buona parte delle accennate vicende. D’altra parte, la sopraggiunta carenza di interesse si potrebbe realizzare solo quando viene certamente a cadere, per espresso riconoscimento del ricorrente, dell’interesse a proseguire la causa avendo ottenuto integralmente giustizia sostanziale, cioè quando il suo interesse (diretto, attuale, concreto, materiale e morale ed anche strumentale) sia restato integralmente soddisfatto dalla p.a. anche per gli effetti futuri di proiezione funzionale. Analogamente sarebbe per l’altra deliberazione.

Ha perciò dedotto come la sentenza appellata sia "ictu oculi erronea, affetta da motivazione illogica, basata su presupposti erronei o inesistenti, contraddittoria, perplessa" e quindi da riformare "con conseguente integrale accoglimento del ricorso in sostanza non accolto, anche ai fini dell’evidente danno ingiusto subito e dimostrato".

Infine, ha contestato per illogicità ed erroneità il capo di sentenza relativo alla propria condanna al pagamento delle spese di causa, sostenendo che, anche ove la pronuncia in rito fosse corretta, tale condanna sarebbe possibile solo in caso di carenza di intesse iniziale e non sopraggiunta.

In data 30 marzo 2001 la Regione Abruzzo si è formalmente costituita in giudizio. Non si è invece costituito il dott. M..

In data 14 febbraio 2008 l’appellante si è costituita con altro difensore, in sostituzione dell’originario nel frattempo deceduto. Poi in data 6 agosto 2010 ha prodotto nuova istanza, sottoscritta anche personalmente, di fissazione d’udienza e documenti. Altri documenti ha depositato il 22 ottobre 2010. Infine, con memoria del 2 novembre seguente ha ampiamente insistito per l’accoglimento dell’appello anche alla luce della decisione 2390/2009 di questa Sezione, con cui, in parziale accoglimento di altro suo appello, è stato annullato il provvedimento di inserzione nel fascicolo personale della relazione negativa sul suo periodo di prova, invece da considerarsi tamquam non esset fin dalla data di perfezionamento automatico del detto periodo.

All’odierna udienza pubblica anche il difensore dell’appellante è comparso, benché non avvisato, ed ha aderito al passaggio in decisione dell’appello, insistendo per il risarcimento del danno.
Motivi della decisione

Com’è esposto nella narrativa che precede, col ricorso di primo grado la dott. M.A.F., dipendente della Regione Abruzzo con qualifica di dirigente, impugnava le deliberazioni della Giunta regionale 3 luglio 1996 n. 2447, con la quale le veniva affidata la responsabilità dell’Ufficio "istruttoria affari istituzionali e personale delle U.L.S.S.", e 11 settembre 1996 n. 3298, con la quale, tra l’altro, è stata affidata al dott. E. M. la titolarità dell’Ufficio "affari istituzionali" del Servizio problemi organizzativi ed istituzionali del Settore sanità, igiene e sicurezza sociale.

Con la sentenza appellata il TAR ha ritenuto il ricorso improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse sostanziale e processuale in ordine alla prima deliberazione, stante la nomina della dott. F. ad altro incarico con conseguente venir meno della lesività di tale atto e, nel contempo, di utilità derivante dall’eventuale annullamento del medesimo atto, e processuale in ordine alla seconda deliberazione, giacché il posto da lei ambito è stato lasciato libero dal dott. M., passato ad altro incarico.

L’appellante contesta con vigore ed articolatamente siffatta pronuncia meramente processuale, ma omette del tutto di riproporre i motivi di primo grado.

Premesso che, com’è noto, l’erronea declaratoria di irricevibilità, inammissibilità o improcedibilità del ricorso di primo grado non comporta il rinvio della causa al primo giudice, giacché in tal caso spetta al Consiglio di Stato esaminare nel merito lo stesso ricorso, nella specie tale esame è precluso dalla predetta omissione, sicché, anche ove in ipotesi la contestata declaratoria dovesse restare superata, non sarebbe possibile pervenire ad una decisione sugli atti impugnati, con conseguente carenza di interesse dell’appellante ad ottenere una pronuncia di secondo grado limitata alla sola procedibilità del ricorso originario. Né può ritenersi idoneo a colmare la riscontrata carenza il rinvio agli atti di primo grado, occorrendo invece l’espressa riproposizione dei motivi non esaminati dal TAR, al chiaro fine di consentite al giudice d’appello una compiuta conoscenza delle specifiche questioni che l’appellante intenda devolvere alla sua cognizione ed alle controparti di contraddire consapevolmente sulle stesse. In assenza di tale riproposizione, il detto rinvio si traduce in una formula di stile, insufficiente a soddisfare l’onere di specificazione dei motivi d’appello (cfr. in tal senso, tra le tante, Cons. St., Sez. IV, 23 luglio 2009 n. 4662, 3 marzo 2009 n. 1219 e 18 dicembre 2008 n. 6369).

Dunque, per la parte che investe il capo in parola della gravata sentenza l’appello dev’essere dichiarato inammissibile.

Il medesimo appello è invece fondato con riguardo al parimenti gravato capo della sentenza riguardante la condanna della ricorrente al pagamento delle spese di causa.

Invero, come dedotto, la pronuncia di improcedibilità, e non di originaria inammissibilità, non comporta l’automatica condanna alle spese del ricorrente, specie quando, come nella specie, non dipenda da eventi derivanti dalla sua volontà bensì dall’intervento di ulteriori atti dell’Amministrazione. Anzi proprio in tale causa di improcedibilità nel caso in esame andavano ravvisate giuste ragioni per disporre la compensazione tra le parti delle dette spese di giudizio.

In conclusione, l’appello va accolto limitatamente alla statuizione di cui trattasi.

L’esito complessivo della controversia e la costituzione con atto meramente formale dell’appellata Regione consentono di pronunziare la compensazione delle spese anche per questo grado.
P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto, dichiara in parte inammissibile ed in parte accoglie l’appello stesso e, per l’effetto, in parziale riforma della sentenza appellata dispone la compensazione delle spese di primo grado.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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