T.A.R. Lombardia Brescia Sez. I, Sent., 21-03-2011, n. 449 Edilizia e urbanistica, Piano regolatore generale

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

La ricorrente impugna la deliberazione del Consiglio comunale di Calvagese 7. 4. 2009 n. 9 con cui veniva approvato definitivamente il PGT (che era stato adottato con deliberazione del 12. 11. 2008, non impugnata a suo tempo, ma impugnata congiuntamente con il presente ricorso).

La ricorrente ritiene il PGT di Calvagese lesivo dei propri legittimi interessi in quanto riduce la capacità edificatoria di aree di proprietà, per le quali il 7. 7. 2008 aveva richiesto permesso di costruire il cui rilascio non si era potuto perfezionare per l’entrata in vigore delle misure di salvaguardia connesse all’adozione del PGT.

I motivi che sostengono il ricorso sono i seguenti:

1. il provvedimento sarebbe illegittimo per sviamento di potere e difetto di motivazione, lo sviamento di potere sarebbe comprovato dalla circostanza che il Comune avrebbe preso tempo sulla istanza di permesso di costruire per aspettare l’adozione del PGT ed impedire così la formalizzazione del titolo abilitativo; il difetto di motivazione deriverebbe dal non aver considerato il sacrificio imposto alla ricorrente a fronte di un progetto che era giunto ad un iter molto avanzato;

2. il provvedimento sarebbe illegittimo per motivazione insufficiente, incoerente, contraddittoria perché le ragioni per cui il Comune ha ridotto la potenzialità edificatoria dell’area fondate sulla asserita necessità di evitare l’occlusione del nucleo antico di Terzago sarebbero risibili posta la tipologia di fondo di proprietà della ricorrente che avrebbe meritato (in tesi) ben altro sviluppo edilizio;

3. il provvedimento sarebbe illegittimo per eccesso di potere per mancata valutazione comparativa dell’interesse pubblico e dell’interesse privato, perché il Comune non ha adeguatamente spiegato perché ha sacrificato l’interesse edilizio della ricorrente.

Nel ricorso (segnatamente, nel primo motivo di ricorso) era formulata altresì istanza di risarcimento del danno subito "conseguente al colpevole ritardo dell’amministrazione nel provvedere sulla richiesta di permesso di costruire n. 4122 del 7. 7. 2008".

Si costituiva in giudizio il Comune di Calvagese, che deduceva l’inammissibilità del ricorso (per mancata notifica alla Provincia di Brescia, amministrazione che concorre all’approvazione del PGT), e comunque l’infondatezza dei relativi motivi.

Il ricorso veniva discusso nella pubblica udienza del 9. 3. 2011, all’esito della quale veniva trattenuto in decisione.
Motivi della decisione

I. Preliminarmente occorre dichiarare infondata la eccezione di inammissibilità del ricorso per mancata notificazione alla Provincia (coautrice del PGT impugnato, a giudizio dell’amministrazione resistente).

Sui PGT emanati in base alla normativa regionale lombarda e sugli oneri di notifica agli enti pubblici che lo hanno concepito, si richiama sul punto la decisione Tar Milano, II, n. 3 del 8/01/2010, secondo cui "in caso di impugnazione di deliberazione del consiglio comunale che approvi in via definitiva atti di P.G.T. ai sensi della L.R. 11 marzo 2005 n. 12, la mancata notificazione del ricorso alla Provincia è eccezione che non merita accoglimento in quanto, a seguito dell’entrata in vigore della stessa L.R. 12/05, la pianificazione urbanistica non si svolge più attraverso atti complessi, ma si configura come procedimento concentrato nell’ambito del Comune, in capo al quale l’art. 3, comma 20, L.R. 12/05 prevede soltanto la trasmissione alla Provincia – per conoscenza – del piano regolatore approvato", ed ad essa ci si conforma.

II. Nel merito, il ricorso è infondato.

III. Nel primo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per sviamento di potere e difetto di motivazione, lo sviamento di potere sarebbe comprovato dalla circostanza che il Comune avrebbe preso tempo sulla istanza di permesso di costruire per aspettare l’adozione del PGT ed impedire così la formalizzazione del titolo abilitativo; il difetto di motivazione deriverebbe dal non aver considerato il sacrificio imposto alla ricorrente a fronte di un progetto che era giunto ad un iter molto avanzato.

Lo sviamento di potere è soltanto asserito ma non provato, e riguarderebbe al più l’attesa nella definizione della pratica edilizia che però è oggetto di questo ricorso solo per la domanda risarcitoria che si esamina sub VI), ma non la deliberazione di natura urbanistica che qui viene impugnata. La delibera impugnata infatti non ha riguardato soltanto l’area della ricorrente, ma tutto il territorio comunale, ha prevedibilmente avuto la gestazione lunga che hanno tutte le delibere di approvazione di strumenti urbanistici generali, e si è mossa secondo linee conduttrici di tipo generale (che si affronteranno partitamente più avanti). Sostenere che il PGT (perchè questo è l’unico provvedimento impugnato) è stato voluto appositamente in spregio alla ricorrente non è plausibile.

Il difetto di motivazione, affermato in questo motivo di ricorso sotto il profilo della mancata considerazione del sacrificio del ricorrente a fronte di un progetto edilizio molto avanzato, non sussiste, atteso che è orientamento giurisprudenziale pacifico che i soli atti di piano che necessitano di una motivazione particolare in cui si spieghi il sacrificio imposto al ricorrente sono quelli che toccano interessi particolarmente qualificati dei privati (stipula di una convenzione di lottizzazione, annullamento con sentenza passata in giudicato di diniego di concessione edilizia, reiterazione di un vincolo espropriativo scaduto, cfr. Tar Toscana, 19 settembre 2007, n. 2725; Tar Lombardia, Milano, sez. II, 27 giugno 2007, n. 5290; Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025), che impongono all’amministrazione l’obbligo di motivare in modo specifico sul superamento degli stessi.

L’interesse – per di più del tutto generico (quando l’iter di una pratica edilizia in corso può dirsi giunto ad uno stadio tale da far maturare l’interesse particolarmente qualificato?) – vantato dal ricorrente non rientra pertanto tra tali interessi particolarmente qualificati.

IV. Nel secondo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per motivazione insufficiente, incoerente, contraddittoria perché le ragioni per cui il Comune ha ridotto la potenzialità edificatoria dell’area fondate sulla asserita necessità di evitare l’occlusione del nucleo antico di Terzago sarebbero risibili posta la tipologia di fondo di proprietà della ricorrente che avrebbe meritato (in tesi) ben altro sviluppo edilizio.

Anche questo motivo di ricorso affronta il problema della motivazione del provvedimento impugnato, sia pure in una logica di taglio più generale.

Anche su questa deduzione, però, esiste giurisprudenza consolidata del giudice amministrativo che attribuisce alla delibera di adozione o approvazione di uno strumento urbanistico un’ampia discrezionalità nel modo di ponderare gli interessi pubblici e privati (T.A.R. Puglia Lecce, sez. I, 04 novembre 2008, n. 3139: il procedimento che culmina nella approvazione definitiva di un nuovo strumento urbanistico generale, come il Piano Urbanistico Generale, è caratterizzato da una sfera di discrezionalità elevatissima per gli organi di Amministrazione che compartecipano alle scelte di governo del territorio. Ne deriva che la volontà di imprimere ad un’area di proprietà privata una destinazione vincolistica in sede di nuova pianificazione generale non è censurabile nemmeno quando ciò si risolva nella riproposizione, per quel suolo, di un regime che ne comprime le potenzialità edificatorie anche considerato che l’aspettativa edificatoria del privato è recessiva rispetto all’esercizio in modo pieno dei poteri di pianificazione e di espropriazione previsti dal nostro ordinamento; T.a.r. Lazio, sez. II, 9. 6. 2008, n. 5660: le scelte effettuate dall’amministrazione in sede di pianificazione urbanistica sono connotate da un’ampissima discrezionalità e costituiscono apprezzamenti di merito che sono sottratti al sindacato di legittimità del g.a., salvo che non siano inficiate da arbitrarietà, irrazionalità od irragionevolezza, ovvero dal travisamento dei fatti in relazione alle esigenze che si intendono concretamente soddisfare; esse, inoltre, nel determinare la destinazione delle singole aree, non abbisognano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali – di ordine tecnico discrezionale – seguiti nell’impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l’espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione al piano regolatore generale, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiono meritevoli di specifiche considerazioni; Cons. Stato, sez. IV, 26 settembre 2008, n. 4648: "l’ente locale, relativamente all’individuazione delle aree da inserire in un piano per gli insediamenti produttivi nonché alla sua adozione ed approvazione, gode della più ampia discrezionalità, con l’unico limite dell’ adeguata motivazione e della non irragionevolezza o arbitrarietà della scelta stessa, essendo necessario che essa si fondi sull’idoneità del piano stesso ad apportare ricchezza per l’intero sistema economico").

Nel caso di specie, l’ampia discrezionalità è stata esercitata dall’amministrazione comunale in modo che è esente da vizi logici o errori di fatto relativamente al profilo di interesse per i ricorrenti, in quanto come nella risposta che è stata data all’osservazione presentata dalla ricorrente in corso di procedura si legge "che nella valutazione concessa si è tenuto conto del principio di non occlusione del nucleo antico di Terzago a ridosso del quale è ubicata l’area in disamina. Ulteriormente la disponibilità a non precludere in toto il diritto edificatorio acquisito con l’approvazione dello strumento urbanistico vigente si è conciliata con i principi ispiratori del PGT attraverso il mantenimento della volumetria assentita sul lotto con un vincolo all’edificazione di un solo fabbricato residenziale a tipologia edilizia di minor impatto. Ciò premesso si ritiene adeguata la volumetria assentita dal PGT adottato".

La risposta del Comune non presenta errori tecnici (l’area della ricorrente è effettivamente a ridosso del centro antico, come si evince chiaramente dalle mappe depositate), la circostanza che essa possa essere posta ad una quota più bassa (che sembra di capire essere il motivo su cui si fonda la contestazione della parte) non significa che essa non occluda ugualmente il centro antico, perché lo affoga comunque in un tessuto insediativo più compatto, che, oltre che peggiorarne la condizione sul piano strettamente paesisticoambientale, ne riduce anche la godibilità per i residenti (che è altro valore che pure un piano urbanistico deve tutelare). In definitiva, irrazionalità o errore tecnico non c’è, ed il resto rientra nella discrezionalità di piano.

V. Nel terzo motivo si deduce che il provvedimento sarebbe illegittimo per eccesso di potere per mancata valutazione comparativa dell’interesse pubblico e dell’interesse privato, perché il Comune non avrebbe adeguatamente spiegato perché ha sacrificato l’interesse edilizio della ricorrente.

Si tratta di una nuova riproposizione della questione della motivazione dello strumento di piano, stavolta vista sotto il profilo dell’eccesso di potere per mancata valutazione comparativa tra l’interesse pubblico e dell’interesse privato.

A sostegno il ricorrente cita giurisprudenza sulla necessità di motivare sul superamento di un interesse qualificato, ma come si è spiegato rispondendo al primo motivo di ricorso (in cui si diceva in sostanza la stessa cosa) quello di cui gode la ricorrente non è un interesse qualificato.

Gli interessi qualificati sono stipula di una convenzione di lottizzazione, annullamento con sentenza passata in giudicato di diniego di concessione edilizia, reiterazione di un vincolo espropriativo scaduto (cfr. Tar Toscana, 19 settembre 2007, n. 2725; Tar Lombardia, Milano, sez. II, 27 giugno 2007, n. 5290; Cons. St., sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3025). In nessuna di queste situazioni si trova la ricorrente.

VI. La domanda di risarcimento del danno è una domanda che ha alcuni tratti di anomalia. La ricorrente chiede infatti le sia risarcito il danno "conseguente al colpevole ritardo dell’amministrazione nel provvedere sulla richiesta di permesso di costruire n. 4122 del 7. 7. 2008" (si vedano le conclusioni, pag. 14 del ricorso).

Si tratta di azione per danno da ritardo, che viene proposta (peraltro prima dell’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, e cui dunque dovrebbero essere applicate le norme vigenti ratione temporis) senza aver mai impugnato i provvedimenti asseritamente dilatori, senza aver mai proposto azione per ottenere la declaratoria dell’illegittimità del silenzio dell’amministrazione, e che viene proposta congiuntamente all’azione per l’annullamento di altri provvedimenti successivi emessi in un procedimento diverso da quello in cui sarebbe maturato il ritardo.

A prescindere da tutto ciò, la domanda è comunque infondata.

Premesso che i tempi a disposizione tra la presentazione della domanda di permesso di costruire e l’adozione del PGT sarebbero stati comunque strettissimi (domanda presentata 4 mesi prima della delibera di adozione; procedimento che, nell’ipotesi più semplice di pratica edilizia perfettamente corredata, ha comunque un termine legale di 2 mesi e 15 gg.), va rilevato comunque che la scansione temporale del procedimento amministrativo in questione è la seguente:

– se non ci sono necessità di integrazione istruttoria: 60 gg. per l’istruttoria e 15 gg. per l’emissione del provvedimento,

– se ci sono necessità istruttorie, 15 gg. per la richiesta di istruttoria, più 60 gg. decorrenti dalla data di ricezione dei documenti richiesti, più 15 gg. per l’emissione del provvedimento.

Nel nostro caso versiamo nella seconda ipotesi.

I documenti sono stati richiesti il 10. 10. 2008, e depositati il 1. 12. 2008. Il termine endoprocedimentale per chiedere i documenti non è stato rispettato. Ma di per sé il decorso di un termine infraprocedimentale (in questo caso il termine istruttorio di cui all’art. 38, co. 5, l.r. 12/05) non può essere di per sé solo produttivo di danno trattandosi di un mero termine interno al procedimento di carattere sollecitatorio, ciò che assume rilevanza giuridica esterna è soltanto il termine di conclusione del procedimento.

Dal punto di vista del termine di conclusione del procedimento, allora:

– se il Comune avesse provveduto ad effettuare la richiesta istruttoria entro il 22. 7. 2008 (data di scadenza dei 15 gg. per il provvedimento istruttorio),

– la ricorrente – che ha impiegato 50 gg. per integrare la pratica, in quanto a suo dire l’acquisizione dei documenti ulteriori che le erano stati richiesti per la loro complessità richiedeva tempo (il che peraltro vuol dire indirettamente che la domanda originaria era molto lacunosa) – li avrebbe potuti depositare entro il 12. 9. 2008,

– dal 12 settembre sarebbero decorsi i 60 + 15 gg. a disposizione del Comune per emettere il provvedimento finale,

– il termine per emettere il provvedimento finale sarebbe pertanto scaduto il 27. 11. 2008, data alla quale era già stata approvata la delibera di adozione del PGT che aveva fatto scattare le misure di salvaguardia.

Ne consegue che il ritardo che è maturato nella pratica edilizia (imputabile peraltro in parte al Comune, ma in parte anche alla ricorrente) non ha fatto maturare alcun danno.

VII. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:

RESPINGE il ricorso.

RESPINGE l’istanza di risarcimento del danno.

CONDANNA la ricorrente al pagamento in favore del Comune di Calvagese della Riviera delle spese di lite, che determina in euro 3.000, oltre i.v.a. e c.p.a..

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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