Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo – Motivi della decisione
Con ordinanza del 10 giugno 2010 il Tribunale del riesame di Bari ha rigettato l’appello proposto nell’interesse di G. S., indagato per il reato di cui all’art. 609 bis c.p., avverso l’ordinanza del G.I.P. presso il Tribunale di Trani con la quale era stata rigettata la richiesta del P.M. di revoca della misura cautelare in carcere e imposto, ex art. 286 c.p.p., il trasferimento dell’indagato presso il reparto psichiatrico dell’Ospedale nonchè disposto il rinnovo di perizia sulla capacità di intendere e di volere dell’indagato e sulla sua pericolosità sociale.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale, pur rilevando – sulla base degli espletati accertamenti in sede di incidente probatorio – la sussistenza di una causa di punibilità (incapacità di intendere e di volere dell’indagato all’epoca del fatto) assolutamente preclusiva all’adozione di misura cautelare, manteneva ferma la parte dell’ordinanza del GIP relativa al ricovero del G. ai sensi dell’art. 73 comma, da intendersi non già come misura non cautelare ma come misura provvisoria in attesa delle determinazioni delle autorità competente per l’adozione delle eventuali misure sanitarie ex art. 73 c.p.p., comma 1. Con il ricorso in esame il difensore dell’indagato ha, con il primo motivo, addotto contraddittorietà ed illogicità della motivazione sotto il profilo di un contrasto tra la parte motiva della impugnata ordinanza nella quale veniva dato atto di una situazione di pericolosità sociale e mantenuto – pur non dovendosi applicare alcuna misura cautelare – il ricovero nella struttura psichiatrica dell’Ospedale Civile, e l’altra parte dell’ordinanza – confermativa di quella adottata dal GIP – con la quale ai sensi dell’art. 286 c.p.p. veniva disposta l’esecuzione della misura cautelare sotto forma di ricovero presso il servizio psichiatrico ospedaliero.
In particolare veniva rilevata la manifesta illogicità della decisione impugnata che, invece di annullare il provvedimento di rigetto da parte del GIP della richiesta di revoca della misura cautelare formulata dal P.M., pur avendo sostenuto l’inapplicabilità ex art. 273 c.p.p., comma 2 di una eventuale misura custodiale per effetto delle condizioni psicofisiche e volitive dell’indagato, e di invio dell’indagato al reparto psichiatrico, avrebbe dovuto revocare la misura cautelare e disporre ex novo, a tutto voler concedere, il ricovero provvisorio dell’indagato in una struttura psichiatrica ai sensi dell’art. 73 c.p.p., comma 2. Con un secondo motivo è stato denunciato vizio di motivazione in punto di disposto ricovero dell’indagato presso il reparto psichiatrico in via provvisoria ex art. 73 c.p.p., comma 2, pur in assenza del presupposto – del tutto indimostrato ed anzi escluso – della pericolosità sociale, con conseguente falsa applicazione della norma processuale penale. Il ricorso è infondato.
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del Riesame ha correttamente applicato il combinato disposto dell’art. 73 c.p.p. (relativo alla adozione di provvedimenti cautelari per soggetti affetti da turbe psichiche tali da imporne la cura nell’ambito del servizio psichiatrico) e art. 286 c.p.p. (relativo al ricovero provvisorio in idonea struttura psichiatrica ospedaliera in luogo della misura custodiale ordinaria nei confronti di persona affetta da incapacità totale o parziale di intendere e di volere), prevedendo l’adozione di una misura – il ricovero in luogo di cura presso un ospedale psichiatrico civile – da intendersi non come una misura cautelare in senso stretto ma come misura cautelare provvisoria atipica finalizzata alla cura della malattia affliggente l’indagato.
Per meglio comprendere la portata del provvedimento va ricordato che il G. – indagato per il reato di cui all’art. 609 bis c.p. – si trova sottoposto in atto ad una misura custodiale che – vista la sua inapplicabilità per le ragioni dianzi esplicitate – è stata sostanzialmente trasformata in una misura provvisoria di ricovero sostitutiva della custodia in carcere all’unico fine di salvaguardare la salute mentale gravemente compromessa dell’indagato proprio sul piano della pericolosità sociale.
Secondo quanto più volte affermato dalla giurisprudenza di legittimità in presenza di una infermità di mente che escluda o riduca grandemente la capacità di intendere e di volere dell’indagato (o imputato) sottoposto – come nel caso in esame – a custodia cautelare in carcere – il giudice, anche in assenza di una situazione di pericolosità può disporre che l’imputato (o indagato) in stato di detenzione venga ricoverato in una casa di cura: ciò in quanto tale misura provvisoria è collegata alla esigenza di cura di una specifica infermità mentale: infermità mentale della quale pacificamente il G. è risultato affetto.
In questo senso non è dato ravvisare alcuna contraddittorietà o illogicità nella motivazione dell’ordinanza impugnata.
Così come non è ravvisabile la segnalata illogicità anche nel punto dell’ordinanza con la quale è stata rappresentata l’esigenza di provvedere con urgenza al ricovero – anche a voler condividere l’assenza della pericolosità sociale (così come affermato dal perito in sede di incidente probatorio e ribadito in sede di chiarimenti) – pur in costanza della custodia in carcere non essendovi una inconciliabilità tra le due misure, proprio perchè la custodia cautelare in luogo di cura è una forma atipica di custodia cautelare che vale solo per garantire specifiche finalità di cura del soggetto infermo e che può dirsi sostanzialmente equivalente alla misura di sicurezza provvisoria ex art. 222 c.p.p..
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
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