Cass. civ. Sez. III, Sent., 17-06-2011, n. 13336 contratti di agraria

Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/

Svolgimento del processo

Con ricorso depositato il 14.4.2005, I.A. e I. P. proponevano opposizione di terzo avverso la sentenza n. 35/2004, emessa dalla Corte di Appello di Salerno, sezione specializzata agraria, tra Ia.An., D.E. e i.a., esponendo: di essere venuti a conoscenza di detta sentenza avente ad oggetto il rilascio del fondo agricolo sito in (OMISSIS); che questa decisione pregiudicava i diritti di essi deducenti in quanto avevano condotto il fondo prima con il loro defunto genitore I.G. e poi individualmente; che la D. non aveva mai notificato il ricorso proposto innanzi al Tribunale di Vallo della Lucania, nè la sentenza susseguente, nè il precetto (nonostante fossero eredi legittimi di I.G. e in particolare I.A., pur residente all’estero, conducesse il fondo); che già la sentenza n. 17/2002 emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania era stata pronunziata a contraddittorio non integro in quanto nel corso del relativo giudizio contro il loro dante causa I.G., i difensori della D., al fine di impedire l’interruzione del processo avevano citato gli eredi mediante notificazione collettiva e impersonale; che anche la sentenza n. 17/2002 dava conferma di tale modalità di notificazione; che infine nel fondo in questione i deducenti avevano realizzato rilevanti miglioramenti.

Pertanto chiedevano dichiararsi nulla o comunque inefficace la sentenza n. 35/2004 emessa dalla stessa sezione agraria della Corte di Salerno.

Si costituiva la D., deducendo a sua volta la sussistenza di litispendenza tra la causa in oggetto e quella instaurata dagli stessi ricorrenti il 23.12.2004 innanzi al Tribunale di Vallo della Lucania, sezione agraria, in riassunzione di una precedente opposizione all’esecuzione basata su identiche ragioni; che la sentenza di appello oggetto dell’opposizione di terzo era meramente confermativa della sentenza di primo grado n. 17/2002; che pertanto l’opposizione avrebbe dovuto proporsi innanzi al Tribunale, oltre a essere improponibile L. n. 203 del 1982, ex art. 46, per il fiancato esperimento del tentativo di conciliazione. Che nel merito le avverse domande erano infondate.

Disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di Ia.An. e i.a., la Corte di Appello di Salerno, con la decisione in esame depositata in data 19.12.2005, così decideva:

accoglie parzialmente l’opposizione e, dichiarata la nullità della sentenza emessa con il n. 35/2004 per mancata evocazione in secondo grado dei litisconsorti I.P. e I.A., decidendo, in sede di rinnovazione del giudizio di appello, dichiara inammissibile l’appello proposto da I.A. quale erede di I.G., con ricorso depositato il 28.2.2003, nei confronti di D.E. avverso la sentenza n. 17/2002 emessa dal Tribunale di Vallo della Lucania, con integrazione del contraddittorio nei confronti di Ia.An., I. P. e I.A., quali ulteriori eredi di I. G..

Ricorrono per cassazione I.P., Ia.An. e I.A. con tre motivi; resiste con controricorso D. E..
Motivi della decisione

Con il primo motivo di ricorso si deduce omessa motivazione circa un punto decisivo della controversia prospettata dalla parte e rilevabile di ufficio, in relazione alla circostanza che la Corte di Salerno ha omesso di rilevare che I.A., residente all’estero ma conduttore del fondo in modo autonomo, non ha mai ricevuto, nella duplice qualità di erede del defunto padre G. e di conduttore del fondo, comunicazioni o notifiche di atti giudiziari relativi al fondo in questione.

Si aggiunge che pacifico è che la notifica, impersonale e collettiva, non è consentita nei confronti delle persone residenti all’estero, per cui nella fattispecie in esame gli artt. 142 e 143 c.p.c. sono stati del tutto disattesi. Si conclude affermando Giemme New S.r.l. chela sentenza n. 17/2002 del Tribunale di Vallo della Lucania fu pronunciata in contraddittorio non integro, con conseguente nullità, rilevabile anche di ufficio.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 300, 302, 303 e 305 c.p.c., in quanto i difensori della D., nel corso del giudizio contro I.G. deceduto in corso di causa, citavano gli eredi, pur non essendoci stata alcuna declaratoria di interruzione, mediante notifica collettiva e impersonale.

Con il terzo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in quanto "la Corte di Appello, dopo aver emesso la sentenza, la dichiara nulla e nonostante tale nullità condanna alle spese Ia.An.".

Il ricorso non merita accoglimento in relazione a tutte le suesposte censure.

Riguardo ai primi due motivi, da trattarsi congiuntamente in quanto aventi ad oggetto profili censori in ordine al medesimo thema decidendum della notifica collettiva agli eredi, deve rilevarsi che gli stessi sono infondati poichè correttamente detta notifica è stata effettuata, a seguito di dichiarazione resa in giudizio del decesso di I.G. da parte del suo procuratore, ai sensi dell’art. 303 c.p.c., comma 2, secondo cui "in caso di morte della parte il ricorso deve contenere gli estremi della domanda, e la notificazione entro un anno dalla morte può essere fatta collettivamente e impersonalmente agli eredi, nell’ultimo domicilio del defunto".

Nè rileva, ai fini dell’efficacia della notifica in questione, effettuata con le indicate modalità, l’eventuale residenza all’estero di detti eredi; in proposito va ribadito quanto già statuito da questa Corte (in particolare, Cass. n. 15122/2001), secondo cui in caso di riassunzione del giudizio nei confronti degli eredi della parte defunta, ancorchè effettuata con atto notificato agli stessi collettivamente ed impersonalmente ai sensi dell’art. 303 cod. proc. civ., comma 2, il processo prosegue, dopo detta riassunzione, non già nei riguardi del gruppo degli eredi, globalmente inteso, ma individualmente e personalmente nei confronti di ognuno di essi, noto od ignoto, costituito o contumace.

Infondato, infine, è il terzo motivo, avendo correttamente la Corte di merito condannato Ia.An. al pagamento delle spese processuali della fase di merito in virtù del principio della soccombenza (per essere stato dichiarato inammissibile l’appello dallo stesso proposto).

In relazione alla natura della controversia sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese della presente fase.
P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Testo non ufficiale. La sola stampa del bollettino ufficiale ha carattere legale.

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