Sentenza scelta dal dott. Domenico Cirasole direttore del sito giuridico http://www.gadit.it/
Svolgimento del processo
1.- Con il ricorso principale la società G.E.F.R.S. s.r.l. ha impugnato il decreto 6 luglio 2010, n. 10050, con il quale il dirigente generale del dipartimento delle attività produttive settore politiche energetiche della Regione Calabria ha sospeso l’efficacia del decreto 3 marzo 2010 n. 2142, avente ad oggetto l’autorizzazione unica alla costruzione ed all’esercizio dell’impianto eolico denominato "Piano barone".
Con ricorso per motivi aggiunti è stato impugnato il decreto 7 dicembre 2010, n. 17946, con il quale lo stesso dirigente ha disposto la revoca del decreto n. 2142 del 2010.
Considerato che il contenuto di entrambi i ricorsi è analogo si può procedere alla sua illustrazione in modo unitario.
1.1.- La ricorrente ha esposto che all’inizio del 2008 ha presentato alla Regione Calabria la domanda di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di un impianto eolico.
Il progetto è stato sottoposto alla procedura di verifica di assoggettabilità (c.d. screening ambientale) ai sensi del d.lgs. n. 152 del 2006 e la Regione ha dichiarato la non assoggettabilità dell’impianto all’ulteriore procedura di valutazione di impatto ambientale.
La Regione ha, pertanto, in applicazione di quanto previsto dall’art. 12, commi 3 e 4, del d.lgs. n. 387 del 2003, convocato la conferenza di servizi al fine di acquisire i necessari pareri, nulla osta ed autorizzazione da parte delle amministrazioni interessate alla realizzazione dell’impianto.
Nel corso delle riunioni tutte le amministrazioni intervenute hanno manifestato i loro pareri favorevoli, compresa la Società nazionale per l’assistenza al Volo (Enav s.p.a.), che si è espressa in data 30 giugno 2009.
L’ente nazionale per l’aviazione civile (Enac), invece, nonostante sia stato regolarmente convocato non ha mai partecipato alla conferenza di servizi né ha comunicato la propria giustificata assenza.
Nella seduta conclusiva del 20 ottobre 2009 la conferenza di servizi ha concluso i lavori, subordinando il rilascio dell’autorizzazione unica all’acquisizione del parere Enac e assegnando, sottolinea la ricorrente, a quest’ultima il termine di trenta giorni per fornire il predetto parere.
Stante il perdurante silenzio dell’Enac la Regione – considerato integrata, ai sensi dell’art. 14ter, comma 7, della legge n. 241 del 1990, la fattispecie del silenzio assenso – ha rilasciato la prescritta autorizzazione.
Successivamente, in data 16 giugno 2010, con nota prot. 0063505 l’Enac ha comunicato di non aver potuto esprimere parere favorevole, invitando la Regione a sospendere l’esecutività del decreto. In data 18 giugno 2010 ha trasmesso, inoltre, all’amministrazione regionale la nota del 14 dicembre 2009, mai prima di allora pervenuta alla Regione.
Con decreto 6 luglio 2010 n. 10050 il dirigente competente ha sospeso l’esecutività dell’autorizzazione unica rilasciata, disponendo, al contempo, la riapertura dei termini e lo svolgimento dei lavori della conferenza di servizi.
Tale decreto, unitamente alle due note del 16 e 18 giugno 2010 dell’Enac, sono state oggetto di impugnazione con il ricorso principale.
In data 15 ottobre 2010 la Regione ha avviato il procedimento di revoca dell’autorizzazione.
Con decreto 7 dicembre 2010, n. 17946 la stessa Regione ha revocato l’autorizzazione unica. Tale decreto, unitamente alle note 25 febbraio 2010, prot. n. 0013259 e 21 ottobre 2010, prot. n. 0125707, sono stati impugnati con ricorso per motivi aggiunti.
Tutti i predetti atti, nella prospettiva della ricorrente, sarebbero illegittimi per i motivi che verranno indicati nella parte motiva della presente decisione.
2.- Si è costituita in giudizio la Regione, la quale, in relazione al contenuto del primo ricorso, ha dedotto la mancanza di integrità del contraddittorio, non essendo stato lo stesso notificato a tutte le amministrazioni che hanno partecipato alla conferenza di servizi.
Nel merito ha chiesto il rigetto delle domande proposte.
2.1.- Con una successiva memoria la Regione ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile anche per la mancata impugnazione: a) del verbale della conferenza di servizi del 20 ottobre 2009, che espressamente subordinava il rilascio dell’autorizzazione unica all’acquisizione del parere Enac; b) del parere Enac del 14 dicembre 2009 ("richiamato a pag. 14 dei motivi aggiunti, ma apparentemente non impugnato"), conosciuto alla data del 20 marzo 2010, in quanto risulterebbe citato nella nota del legale rappresentante della ricorrente indirizzata all’Enac stessa; c) del provvedimento del 25 febbraio 2010, prot. 0013259, cui fa riferimento l’Enac nelle note impugnate con il ricorso principale; d) del regolamento Enac per la costruzione e l’esercizio degli aeroporti, richiamato nel parere del 14 dicembre 2009, sul quale il parere stesso e la note confermative del 21 ottobre 2010 si fonderebbero.
3.- Ha presentato una memoria l’Enac, con la quale, dopo avere rilevato che a seguito dell’adozione dell’atto di revoca non sussisterebbe più interesse alla definizione del ricorso principale, ha chiesto che il ricorso per motivi aggiunti venga dichiarato inammissibile per mancata impugnazione del diniego di autorizzazione emesso dall’Enac stesso in data 14 dicembre 2009, n. 88031. Si assume che tale nota era conosciuta dalla G. in quanto espressamente indicata nella nota Enac del 16 giugno 2010, impugnata con il ricorso introduttivo notificato il 30 settembre 2010.
4.- Si è costituito in giudizio il Comune di San Pietro a Maida il quale, avendo partecipato alla conferenza di servizi, ha chiesto che il ricorso venga accolto.
Motivi della decisione
1.- La questione posta all’esame di questo Tribunale attiene alla legittimità degli atti di sospensione e revoca dell’autorizzazione unica rilasciata alla ricorrente dall’amministrazione regionale ai fini della costruzione ed esercizio di un impianto eolico.
2.- La disciplina del procedimento autorizzatorio è contenuta nell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell’elettricità).
Tale norma stabilisce che l’attività che viene in rilievo in questa sede, per fini di semplificazione, è soggetta ad "una autorizzazione unica" rilasciata dalla Regione (o dalle Province delegate dalla Regione) "nel rispetto delle normative vigenti in materia di tutela dell’ambiente, di tutela del paesaggio e del patrimonio storicoartistico". E’ previsto, inoltre, che l’autorità procedente convochi una conferenza dei servizi "entro trenta giorni dal ricevimento della domanda di autorizzazione".
3.- In via preliminare, è necessario, al fine di stabilire quale sia la specifica normativa applicabile, individuare la tipologia di conferenza che viene in rilievo in questa sede.
Come è noto, gli artt. 14 e seguenti della legge n. 241 del 1990 contemplano tre diverse conferenze appartenenti al modello qualificabile, in ragione della diversità dei modi di svolgimento dei lavori, come istruttorio, decisorio e preliminare.
A) Il primo comma dell’art. 14 disciplina la conferenza di servizi istruttoria che può essere indetta "qualora sia opportuno effettuare un esame contestuale di vari interessi pubblici coinvolti in un procedimento amministrativo". La titolarità della competenza ad adottare la determinazione finale è di un solo soggetto. Gli altri partecipanti intervengono nell’ambito nell’unico procedimento soltanto per fornire, come risulta dalla dizione impiegata dalla norma riportata, un apporto sul piano istruttorio.
A.1) Il terzo comma dello stesso articolo disciplina una ulteriore tipologia di conferenza istruttoria che, rispetto a quella per prima indicata, si caratterizza per il fatto che devono essere esaminati contestualmente "interessi coinvolti in più procedimenti amministrativi connessi, riguardanti medesime attività o risultati". In questo caso esistono una pluralità di soggetti titolari di autonome competenze che decidono, sempre per fini di semplificazione e in ragione del collegamento con altre sfere di attribuzione, di svolgere l’attività istruttoria nell’ambito di un solo procedimento. Si è, dunque, in presenza di un unico procedimento che conduce all’adozione di più provvedimenti da parte delle singole autorità pubbliche intervenute.
B) Il secondo comma dell’art. 14 si occupa della conferenza che può essere definita, come già sottolineato, decisoria, la quale deve essere "sempre indetta quando l’amministrazione procedente deve acquisire intese, concerti, nulla osta o assensi comunque denominati di altre amministrazioni pubbliche e non li ottenga, entro trenta giorni dalla ricezione, da parte dell’amministrazione competente, della relativa richiesta. La conferenza può essere altresì indetta quando nello stesso termine è intervenuto il dissenso di una o più amministrazioni interpellate ovvero nei casi in cui è consentito all’amministrazione procedente di provvedere direttamente in assenza delle determinazioni delle amministrazioni competenti". Le singole amministrazioni che partecipano ai lavori sono titolari, come emerge chiaramente dalla lettura delle riportata disposizione, di specifiche e autonome competenze che vengono esercitate, per ragioni di semplificazione che assumono in questo caso una valenza più pregnante, nell’ambito di un solo procedimento. Il modulo operazionale in esame si caratterizza, pertanto, per la presenza di più soggetti dotati di potere decisionale che concorrono, in una logica assimilabile, sul piano descrittivo, a quella che connota le vere e proprie decisioni pluristrutturate, alla formazione della volontà finale. Si considera acquisito, chiarisce il comma 7 dell’art. 14ter, l’assenso dell’amministrazione il cui rappresentante non abbia espresso definitivamente la volontà dell’amministrazione rappresentata. Al termine dei lavori – "valutate le specifiche risultanze della conferenza e tenendo conto delle posizioni prevalenti espresse in quella sede" – viene adottata "la determinazione motivata di conclusione del procedimento" (art. 14ter, comma 6). In questo caso, pertanto, pur esistendo più soggetti titolari di funzioni proprie, le stesse sono esercitate nell’ambito di un solo procedimento che si conclude – in applicazione della flessibile regola della prevalenza che, rispetto al metodo maggioritario, consente di valutare, in ragione della natura degli interessi coinvolti, l’importanza dell’apporto della singola autorità pubblica – con l’adozione di un unico provvedimento. La decisione assunta dalla conferenza non ha valenza provvedimentale e in quanto tale non è normalmente suscettibile di autonoma impugnazione.
B.1) Il quarto comma regolamenta una ulteriore fattispecie di conferenza decisoria che si ha "quando l’attività del privato sia subordinata ad atti di consenso, comunque denominati, di competenza di più amministrazioni pubbliche". In tali casi la conferenza di servizi è convocata, anche su richiesta dell’interessato, dall’amministrazione competente per l’adozione del provvedimento finale.
C) Infine, l’art. 14bis disciplina la cosiddetta conferenza di servizi preliminare che si differenza dalle altre sopra indicate perché, può dirsi in estrema sintesi, è finalizzata a valutare, in via preliminare, appunto, la fattibilità di un determinato progetto.
3.1.- Illustrate le tipologie di conferenze contemplate dalla legge n. 241 del 1990, deve ritenersi che, avendo riguardo al contenuto della norma di disciplina del potere regionale e della natura degli interessi implicati nel procedimento unico che viene in rilievo in questa sede, la conferenza di servizi cui fa riferimento l’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003 appartiene al modello decisorio previsto dal secondo comma dell’art. 14 della legge n. 241 del 1990. Nell’ambito del subprocedimento, che si inserisce nella procedura volta al rilascio dell’autorizzazione unica, devono, pertanto, essere acquisiti pareri, nulla osta e, più in generale, atti di assenso da parte di autorità pubbliche cui spettano specifiche e autonome competenze.
Per quanto interessa in questa sede, è certo che anche l’Enac sia titolare di una propria attribuzione in relazione al procedimento in esame, in virtù di quanto previsto dal secondo comma dell’art. 709 del codice della navigazione, secondo cui "la costituzione di ostacoli fissi o mobili alla navigazione aerea è subordinata all’autorizzazione dell’Enac, previo coordinamento, ove necessario, con il Ministero della difesa".
4.- Esposto ciò, si può passare ad analizzare le censure formulate nei due ricorsi. Invertendo l’ordine logico di trattazione che sarebbe imposto dal rispetto delle sequenza temporale degli atti (sospensionerevoca), si analizzeranno prima le doglianze, prospettate nel ricorso per motivi aggiunti, avverso l’atto di revoca dell’autorizzazione e dopo quelle contenute nel ricorso principale rivolte all’atto di sospensione dell’efficacia dell’autorizzazione stessa.
5.- Con un primo gruppo di motivi si deduce la violazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003, dell’art. 8 dell’Allegato sub 1 della legge della Regione Calabria n. 48 del 2008, dell’art. 14ter, comma 7, della legge n. 241 del 1990, dell’art. 24, comma 17, della legge della Regione Calabria n. 19 del 2001. Si fa valere anche l’invalidità degli atti impugnati per eccesso di potere per irragionevolezza della scelta effettuata.
In sintesi, la ricorrente si duole del fatto che il parere dell’Enac (di cui alle note del 14 dicembre 2009 e 21 ottobre 2010) sia stato reso – in contrasto con quanto previsto dal citato art. 14ter, comma 7, della legge n. 241 del 1990 – in applicazione della flessibile regola della prevalenza che, rispetto al metodo maggioritario, consente di valutare, in ragione della natura degli interessi coinvolti, l’importanza dell’apporto della singola autorità pubblica – al di fuori del suo ambito necessario di manifestazione rappresentato dalla conferenza di servizi.
Inoltre, il contenuto dei provvedimenti impugnati contrasterebbe con precedenti atti (si richiama, in particolare, la nota 28 aprile 2010), con i quali la Regione aveva ritenuto che, trascorso il tempo previsto dalla legge, il parere in esame doveva intendersi acquisito.
In definitiva, secondo la ricorrente, essendo il parere negativo dell’Enac stato reso al di fuori dei lavori della conferenza, sarebbe legittimo l’atto autorizzato del 3 marzo 2010 n. 2142 e invalida l’impugnata revoca dell’autorizzazione del 7 dicembre 2010 n. 17946.
5.1.- Le doglianze sopra indicate non sono fondate.
La normativa di disciplina delle modalità di svolgimento della conferenza di servizi impone, in effetti, che, in linea di principio, tutti gli eventuali dissensi all’adozione della determinazione finale siano manifestati all’interno della stessa conferenza. In questa prospettiva, l’autorità procedente avrebbe dovuto, pertanto, valutare la posizione espressa dall’Enac nell’ambito del modulo operazionale appositamente convocato.
Quanto esposto non significa, però, che le amministrazioni che partecipano ai lavori non possano – fermo restando le eventuali responsabilità in ordine al rispetto dei tempi di definizione del procedimento – decidere, anche qualora siano trascorsi i termini di manifestazione del dissenso eventuale, di condizionare l’efficacia della decisione finale all’acquisizione di un parere che reputano, in ragione della natura degli interessi tutelati da una determinata autorità pubblica, di particolare rilevanza.
E ciò è quello che è accaduto nella controversia all’esame di questo Tribunale.
Agli atti del processo è stato depositato il verbale del 20 ottobre 2009 con cui sono stati dichiarati conclusi i lavori della conferenza. Nondimeno, nel predetto atto si legge che, essendosi "costatata la mancanza del parere dell’Enac, ritenuto necessario per la vicinanza dell’impianto alla zona aeroportuale di Lamezia Terme", i provvedimenti successivi alla conclusione dei lavori sono stati "subordinati", senza predeterminazione di alcun termine, all’acquisizione del predetto parere. E’ evidente, pertanto, come la volontà finale delle amministrazioni che hanno concorso in un unico ambito procedimentale ad esprimere il loro punto di vista sia stata quella di condizionare espressamente l’efficacia delle determinazioni assunte all’acquisizione del parere del predetto ente.
Nonostante questa chiara presa di posizione la Regione ha ugualmente, con atto del 3 marzo 2010, adottato il provvedimento motivato di conclusione del procedimento, concedendo la richiesta autorizzazione nonostante medio tempore non fosse stato formalmente acquisito l’assenso dell’Enac.
Con successivo provvedimento, oggetto di impugnazione, la Regione ha revocato il predetto provvedimento richiamando il verbale della conferenza di servizi del 20 ottobre 2009 e rilevando proprio la mancanza del consenso dell’ente sopra richiamato che non poteva, nella specie, considerarsi manifestato mediante l’applicazione del moduli ordinari di funzionamento della conferenza.
Questo Collegio ritiene che tale atto di revoca si sottragga ai vizi prospettati dal ricorrente in quanto il provvedimento autorizzatorio non avrebbe potuto essere rilasciato dalla Regione in assenza del parere espresso dall’Enac. E ciò in quanto questa era stata la decisione assunta, all’esito della riunione del 20 ottobre 2009, da tutte le amministrazioni che avevano partecipato alla conferenza di servizi. Tale decisione – è importante rilevare – pur avendo determinato un arresto procedimentale, non è stata oggetto di tempestiva impugnazione.
Non avrebbe potuto, pertanto, la sola Regione "superare" quanto statuito in sede di conferenza, decidendo di adottare il provvedimento finale senza prendere in esame la prescrizione contenuta nel corso della citata riunione. Deve, infatti, ritenersi che, una volta conclusi i lavori, la determinazione finale adottata dal’autorità procedente sia di fatto vincolata alle risultanze della conferenza. Diversamente argomentando e cioè ammettendo che, nella specie, la Regione avrebbe potuto stabilire autonomamente di prescindere dal parere dell’Enac, verrebbero vanificate le specifiche competenze che la legge attribuisce alle autorità che partecipano alla conferenza decisoria.
Da quanto esposto ne consegue che la Regione ha legittimamente revocato l’atto di autorizzazione, in quanto quest’ultimo era stato adottato senza osservare la prescrizione contenuta nel verbale del 20 ottobre 2009 della conferenza di servizi decisoria.
Né rileva che la stessa Regione, con la nota 28 aprile 2010, avesse ritenuto che, trascorso il tempo previsto dalla legge, si potesse intendere acquisito il parere, in quanto questa decisione avrebbe potuta essere assunta soltanto in sede di conferenza.
6.- La ricorrente assume che sarebbe stato violato il principio del legittimo affidamento in essa ingenerato dal rilascio dell’autorizzazione unica, poi sospesa e revocata.
6.1.- La censura non è fondata, in quanto – a prescindere dalla conoscenza, ritenta sussistente dalla amministrazione resistente, da parte della società del parere negativo espresso già dall’Enac e dal breve tempo trascorso tra l’adozione dell’atto e la sua revoca – non si può creare alcun affidamento sul contenuto di un provvedimento palesemente in contrasto con quanto statuito all’esito della conferenza. In ogni caso, nella specie, deve ritenersi come l’amministrazione abbia ragionevolmente ritenuto prevalente l’interesse rappresentato dall’esigenza di assicurare l’incolumità pubblica connessa alla circolazione aerea.
7.- Con altri motivi di ricorso si deduce il difetto di istruttoria e di motivazione. In particolare, si rileva come la Regione non avrebbe preso in alcun modo in considerazione il parere favorevole rilasciato dall’Enav in data 30 giugno 2009.
7.1.- Le doglianze non sono fondate.
Per quanto attiene alla dedotta violazione del dovere di motivazione, è sufficiente rilevare come la Regione giustifichi la revoca mediante il richiamo, da un lato, al verbale della conferenza del 20 ottobre 2009, dall’altro, alle plurime note dell’Enac, di data anteriore e successiva all’adozione dell’atto di autorizzazione, con le quali si indicano in maniera puntuale le ragioni che depongono per la non concessione del richiesto titolo abilitativo.
Per quanto attiene al motivo di ricorso relativo al difetto di istruttoria, è agevole sottolineare come per giustificare la revoca fosse sufficiente l’acquisizione degli atti sopra indicati e menzionati nella motivazione del provvedimento stesso.
8.- Sotto altro profilo si rileva la contraddizione tra quanto disposto con il provvedimento di sospensione, con il quale la Regione aveva previsto la riapertura dei termini per i lavori della conferenza di servizi, e quanto stabilito con il provvedimento di revoca.
8.1.- Il motivo di ricorso non è fondato.
Sul punto deve rilevarsi come non sussista alcuna contraddizione tra le statuizioni adottate dall’ente regionale. Infatti, la Regione, accertata la illegittimità dell’atto autorizzatorio, ha provveduto alla sua revoca, senza che ciò contrasti con la decisione di riconvocare la conferenza di servizi al fine di adottare una eventuale diversa decisione.
9.- Con un ulteriore gruppo si fa valere la violazione degli artt. 707 e 709 del codice della navigazione, nonché degli artt. 9 e 12 del regolamento Enac. Inoltre, si deduce l’eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto, difetto di istruttoria e di motivazione.
In particolare, si contestano le valutazioni tecniche addotte nell’Enac nelle note del 14 dicembre 2009 e del 21 ottobre 2010.
9.1.- Prima di esporre nello specifico il contenuto di tali valutazioni e delle relative censure formulate, appare opportuno premettere che la giurisprudenza amministrativa è ormai costante nel ritenere che tali valutazioni siano suscettibili di sindacato giurisdizionale non potendo ritenersi che le stesse coincidano con il merito amministrativo. Si è definitivamente chiarito che è necessario distinguere l’opportunità, che identifica il merito, con la opinabilità, che connota l’esercizio della discrezionalità tecnica. Ne consegue che quest’ultima è sindacabile – anche eventualmente ricorrendo, quando necessario, all’ausilio di un consulente tecnico – quando risulta, in ragione del procedimento e dei criteri adottati, che la scelta tecnica sia irragionevole. Non è, però, possibile, in ossequio al principio di separazione delle funzioni giurisdizionali e amministrative, che il giudice sostituisca le valutazioni tecniche opinabili, ma non irragionevoli, espresse dall’amministrazione, con proprie valutazioni. Questo Collegio ritiene che tale ultima asserzione abbia una valenza ancora più incisiva quando l’ente che esprime il parere sia, come nella specie, un soggetto dotato di una particolare competenza tecnica in un determinato settore.
9.2.- Applicando questi principi al caso in esame ne discende l’infondatezza delle censure prospettate.
9.2.1.- Con un primo motivo l’Enac sottolinea che "il parco proposto sarebbe realizzato integralmente all’interno dell’ATZ di Lamezia in particolare nel quadrante SudEst che insieme al quadrante SudOvest costituisce l’unica area nella quale sono confinate le operazioni di circling e di sviluppo dei circuiti dei traffici vfr".
Su punto la ricorrente deduce come dalla normativa di settore risulti come l’ATZ avrebbe "lo scopo di evitare che si creino rischi di collisione tra gli aeromobili in volo nei pressi dell’aeroporto e non tra i velivoli ed il terreno o eventuali ostacoli su esso insistenti". In definitiva, si sostiene come "in nessuna norma attualmente in vigore viene mai indicata l’ATZ come area all’interno della quale non possano essere costruiti manufatti o sussistano rischi connessi allo svolgimento di talune attività". Inoltre, la valutazione sarebbe stata assunta senza previa istruttoria e motivazione. Sotto altro aspetto si sarebbe creata una disparità di trattamento, in quanto altri impianti analoghi sarebbero stati autorizzati.
La doglianza non è fondata.
L’Enac ha ritenuto che l’area in cui dovrebbe essere realizzato l’impianto eolico rientrerebbe nella zona ATZ. Non si può ritenere che la valutazione espressa sia illegittima soltanto perché nessuna specifica normativa attribuisce all’ente il potere di individuare tale zona. A prescindere dalla effettiva mancanza di tale disciplina, è sufficiente rilevare come, in ragione della finalità che connota l’azione dell’Enac e del particolare tecnicismo di un settore in continua evoluzione, l’ente sia titolare di un potere implicito, risultante dal complesso delle disposizioni che definiscono le sue funzioni, di individuare anche le zone in esame. In altri termini, non può ritenersi che violi il principio di legalità l’adozione di un atto con il quale si esercita un potere essenziale per il perseguimento dello scopo predeterminato dalla legge di assicurare, tra l’altro, l’incolumità pubblica mediante l’adozione delle misure tecniche necessarie. Nella specie, è bene precisare, in ragione della valutazione tecnica effettuata e della motivazione addotta, non è risultato necessario nominare un consulente tecnico d’ufficio.
9.2.2.- Con altri motivi l’Enac rileva le ulteriori seguenti criticità:
– "il parco verrebbe realizzato ad disotto della rotta LicaGirifalco, punto di riporto VFR obbligatorio; in prossimità di tale rotta sono stati già realizzati altri parti eolici a distanze comunque maggiori dall’aeroporto";
– la "proliferazione di impianti eolici, ognuno dei quali caratterizzato da una serie di aerogeneratori a notevole sviluppo verticale e consistente estensione territoriale, in aerea orografica accidentata, potrebbe comportare una situazione sia fisica che psicologica potenzialmente negativa ai fini della sicurezza della navigazione in particolari condizioni operative";
– "la presenza di numerosi parchi in un’area limitata di territorio potrebbe costituire elemento di confusione nella condotta della navigazione in particolare nelle condizioni di visibilità ridotta che in base a minimi applicabili al VFR speciale può scendere fino a 1.500 m per aeroplani e 800 m. per elicotteri".
Secondo la ricorrente la prima deduzione sarebbe erronea in quanto "nello studio aeronautico prodotto è stato dimostrato, anche mediante una simulazione tecnico visiva di avvicinamento seguendo le regole del volo a vista lungo la citata rotta (…) come tale rotta sia percorribile in assoluta sicurezza". Le altre osservazioni sarebbero illegittime perché generiche e non supportate da elementi oggettivi.
Le predette censure non sono fondate.
Come emerge dall’analisi del contenuto, sopra riportato, della nota, l’ente ha espresso una valutazione fondata sulla constatazione della presenza di molteplici impianti eolici nella zona con rischi concreti per la navigazione aerea. E’ questo un giudizio tecnico opinabile ma non inficiato, proprio in ragione della sua valenza, da alcuna anomalia sul piano del procedimento e dei criteri adottati. Non è, dunque, consentito in sede giudiziale sostituire a tale valutazione una diversa altrettanto opinabile.
E’ bene sottolineare, infine, come ciascuno dei motivi indicati dall’Enac per negare il proprio assenso, anche isolatamente considerato, sarebbe sufficiente a giustificare il parere negativo.
9.3.- Nell’ultima parte del ricorso si contestano anche le ragioni poste a fondamento della nota Enac del 14 dicembre 2000. A prescindere dalla considerazione circa l’avvenuto loro "assorbimento" in quelle espresse nella successiva nota del 21 ottobre 2010, non è necessario che si analizzi il contenuto di tale nota in quanto sono sufficienti le motivazioni sin qui esposte per ritenere che le valutazioni tecniche dell’Enac si sottraggono alle censure formulate.
10.- Esaminate le doglianze poste a base del ricorso per motivi aggiunti, si può passare ad analizzare quelle prospettate nel ricorso principale avente ad oggetto il provvedimento di sospensione. Tale analisi si impone in quanto non può ritenersi, in mancanza di una espressa dichiarazione della parte ricorrente, che la sopravvenuta revoca dell’autorizzazione faccia venire meno l’interesse ad una pronuncia sulla legittimità del precedente atto di sospensione.
Chiarito ciò, deve, in primo luogo, rilevarsi come nel ricorso principale vengano esposti tutti i motivi già esaminati e contenuti nel ricorso per motivi aggiunti, tranne, ovviamente, quello con cui si lamenta il contrasto tra atto di sospensione e di revoca.
Tali motivi, che non si riproducono per evidenti ragioni di sinteticità, sono infondati per le medesime ragioni esposte nei precedenti punti della presente sentenza.
10.1.- Con riferimento ai "motivi nuovi" viene in rilievo, in primo luogo, la censura con cui si lamenta la violazione dell’art. 7 della legge n. 241 del 1990, per non avere la Regione comunicato l’avvio del procedimento di sospensione.
La doglianza non è fondata.
Costituisce dato certo che, nella specie, sia mancata la comunicazione di avvio del procedimento.
Occorre, pertanto, accertare se, alla luce di quanto prescritto dall’art. 21octies della legge n. 241 del 1990, il contenuto del provvedimento non avrebbe ugualmente potuto essere diverso da quello in concreto adottato.
Sul punto è bene premettere che tale disposizione ha, ad avviso di questo Collegio, valenza sostanziale, imponendo al giudice di accertare se il rapporto controverso sarebbe stato lo stesso nonostante la presenza del predetto vizio procedimentale. Non è, pertanto, condivisibile l’orientamento giurisprudenziale che ritiene, in una logica prettamente impugnatoria, che in questo caso, in ragione della natura processuale della norma, debba essere adottata una sentenza di rito che rilevi, all’esito della verifica prescritta, la mancanza di interesse ad una decisione di merito. La parte, infatti, potrebbe avere interesse ad una pronuncia che dichiari illegittimo il provvedimento impugnato, in quanto la sola procrastinazione degli effetti potrebbe, in ipotesi, giovare al ricorrente. In altri termini, non è possibile ritenere in modo aprioristico e astratto che una eventuale sentenza di annullamento per violazione dell’obbligo di comunicazione del procedimento non potrebbe mai arrecare alcuna utilità alla parte che ha proposto l’azione.
Deve, pertanto, ritenersi – in linea con l’evoluzione, consacrata dal codice del processo amministrativo che ha introdotto il principio della pluralità delle azioni, che ha spostato sempre più l’oggetto del processo dall’atto al rapporto – che a fronte di una domanda di annullamento per il vizio procedimentale in esame il giudice debba accertare il rapporto dedotto nel giudizio per valutare se, nonostante l’illegittimità dell’atto, il contenuto di detto rapporto non sarebbe comunque mutato.
In definitiva, deve essere adottata una sentenza di accertamento che, valutato il rapporto, conduca al rigetto dell’azione di annullamento proposta.
Chiarito ciò, nella specie il provvedimento di sospensione dell’autorizzazione era vincolato, in quanto lo stesso, come già sottolineato, si poneva in contrasto con quanto statuito in sede di conferenza di servizi. La difesa regionale ha, pertanto, dimostrato, mediante produzione documentale, che anche se fosse stato comunicato l’avvio del procedimento l’esito finale del procedimento stesso non sarebbe mutato.
Ne consegue che l’accertamento in sede giudiziale che la determinazione finale avrebbe avuto lo stesso contenuto comporta che l’atto di sospensione, ancorché illegittimo, non conduce ad una sentenza di annullamento ma ad una decisione di accertamento con esito negativo per il ricorrente.
10.2.- Con un secondo motivo "nuovo" si fa valere la violazione dell’art. 21quater della legge n. 241 del 1990, in quanto l’atto di sospensione non conterrebbe, come richiesto dalla citata norma, il termine di durata della sospensione.
La doglianza non è fondata.
Il provvedimento impugnato non si limita semplicemente a sospendere senza termine l’efficacia del provvedimento autorizzatorio ma prevede la riapertura dei termini della conferenza di servizi. Né rileva in questa sede che la conferenza non sia stata poi concretamente tenuta.
11.- In definitiva, per tutte le ragioni sin qui esposte, i ricorsi proposti devono essere rigettati, con assorbimento di tutte le eccezioni preliminari di inammissibilità formulate dalle amministrazioni resistenti.
12.- La particolare natura della controversia giustifica l’integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sui ricorsi, come in epigrafe proposti, li rigetta, con integrale compensazione tra le parti delle spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
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